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DIRITTI UMANI E TORTURA NEL XX SECOLO

I DIRITTI UMANI NEL ‘

L’impatto delle due guerre mondiali sullo sviluppo degli strumenti giuridici in difesa dei diritti umani è stato altissimo. Dopo la Grande Guerra venne fondata la Società delle Nazioni, in cui furono riposte invano grandi speranze per una pace duratura, e dopo la seconda Guerra Mondiale vide la luce l’ONU: la SDN aveva fallito miseramente i suoi obiettivi, e le Nazioni Unite rappresentarono “la nascita di un

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nuovo diritto internazionale esteso a tutti gli Stati come ordine giuridico mondiale, subordinato all’imperativo della pace e della sicurezza, per la promozione della cooperazione e la tutela dei diritti umani” (Bartoloni 2002, p. 16).

È importante notare che la Società delle Nazioni, sorta alla fine del primo conflitto mondiale, non aveva sviluppato alcun programma di diritti umani. Durante la seconda guerra mondiale, nel 1941, il presidente americano Franklin D. Roosvelt durante la relazione annuale al Congresso annunciò la dottrina dei quattro diritti fondamentali (libertà dalla paura, dal bisogno, di espressione e di culto) quali basi di ogni futuro ordine internazionale. Quattro anni dopo il suo intento fu tradotto nella Carta Internazionale dei diritti, redatta a San Francisco. Questo documento venne firmato da 51 paesi e stabilì ufficialmente la nascita delle Nazioni Unite. Come recita la Carta stessa (art. 13 e art. 1) l’obiettivo del nuovo organismo era individuato nel “contribuire alla realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali d’ogni uomo, senza pregiudizio di razza, sesso, lingua o religione”. Ciò rappresentava comunque solo il primo passo verso una più folta strumentazione giuridica che definisce e protegge i diritti umani: dal 1945 ad oggi sono infatti stati redatti numerosi documenti d’ampia portata e giuridicamente vincolanti a cui hanno aderito centinaia di Stati in tutto il mondo.

Il più importante è senza dubbio la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, elaborata nel 1948. Sebbene il suo contenuto oggi non sia messo praticamente in discussione, la redazione di questa dichiarazione richiese due anni di intenso dibattito, a dimostrazione di come a dispetto delle sue pretese universalistiche anch’essa fosse inevitabilmente figlia del proprio contesto storico.

Il mondo alla fine della seconda guerra mondiale era diviso in due sia sul piano della politica di potenza che su quello ideologico, e capitalismo e socialismo si differenziavano conseguentemente pure nella scelta dei diritti fondamentali. Il confronto tra liberal-democratici e comunisti era il confronto tra le libertà classiche dello Stato e le pretese economico-sociali che venivano avanzate dai cittadini nei confronti dello Stato stesso, tra la libertà e la sicurezza. Questa divisione non poteva

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non tradursi, all’interno delle Nazioni Unite, in un dibattito teso e serrato per far prevalere le proprie convinzioni.

Alla fine si riuscì a trovare un compromesso, partendo dalla Dichiarazione del 1789 relativa alle libertà classiche dell'individuo e dal suo incontro con pretese più recenti di natura politica, economica, sociale e culturale. Il documento non passò all’unanimità: il blocco orientale e altri due paesi si astennero, ma intanto si era arrivati ad elaborare una Dichiarazione universale rivolta a tutto il mondo.

Ora dovevano far seguito gli strumenti giuridici vincolanti: un passo importante furono i due Patti delle Nazioni Unite sui diritti umani, uno dei quali esprimeva le idee sovietiche mentre l’altro quelle occidentali. Durante la redazione del Patto

internazionale sui diritti economici, sociali e culturali l'Unione Sovietica e il suo

blocco ebbero l'appoggio dei paesi in via di sviluppo, desiderosi di proclamare la sovranità intangibile dello Stato e l’autodeterminazione nazionale. In questo patto ci si preoccupava del diritto al lavoro, di condizioni lavorative eque, della formazione di sindacati nonché della sicurezza, delle famiglie, di un tenore di vita decoroso, della salute e dell’istruzione. Nel preambolo si spiega che l'essere umano può essere libero solo dove ci sono delle condizioni tali da poter permettere il godimento dei propri diritti.

Il Patto internazionale sui diritti civili e politici invece “ha tutta l'aria di un contratto improntato ai canoni della tradizione occidentale”: a parte la ripetizione del diritto all’autodeterminazione dei popoli (di wilsoniana memoria ovviamente), la parola che ricorre più spesso nel documento è “libertà”: libertà nella scelta della collocazione politica e nel modello di sviluppo da adottare; libertà di circolazione, di pensiero, di fede, di associazione (Oestreich 1978, p. 143). È anche il primo documento di portata mondiale, dopo la Dichiarazione universale, a ripetere esplicitamente il divieto di tortura (art. 7).57

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Nel 1950, due anni dopo la Dichiarazione Universale, anche la Convenzione europea di

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali aveva vietato esplicitamente il ricorso alla tortura (art. 3).

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Nel corso degli anni sono state redatte decine di trattati regionali e internazionali, molti in materia di diritti umani. Per quanto concerne questa tesi, accenniamo semplicemente alla Convenzione ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti (1984).

La Convenzione contro la tortura è interessante in quanto è l’unico documento in cui viene fornita una precisa definizione di cosa viene inteso per tortura:

il termine «tortura» designa qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate.

Una definizione è necessaria per stabilire dei contorni precisi sulla materia, e distinguerla da più generici episodi di violenza. Che caratteristiche ha quindi la tortura che la rendono peculiare? Innanzitutto deve essere intenzionalmente inflitta dal carnefice, deve avere uno scopo preciso, deve procurare sofferenze acute. Curiosamente, in questa definizione la tortura viene messa in relazione al potere

pubblico.

Sicuramente, questa è una definizione generica: se occorre una definizione giuridica per determinare se un certo trattamento è da considerarsi o meno come tortura, mi sarei aspettato un ampio elenco di tecniche e pratiche magari non esauriente ma almeno che potesse fungere da esempio con cui confrontarsi. La mancanza di un elenco del genere favorisce la nascita di elenchi inversi, come quelli della CIA che

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sono stati recentemente resi pubblici, in cui vengono presentate liste di “metodi di interrogatorio” non considerati come tortura o equiparabili ad essa. Una delle più famose di queste tecniche è il waterboarding, ampiamente usato a Guantànamo e ad Abu Ghraib; la giornalista Julia Layton la descrive in questo modo:

Il waterboarding, com'è normalmente descritto, prevede che la persona sia legata ad un'asse inclinata, con i piedi in alto e la testa in basso. Coloro che svolgono l'interrogatorio bloccano le braccia e le gambe alla persona in modo che non possa assolutamente muoversi, e le coprono la faccia. In alcune descrizioni, la persona è imbavagliata e qualche tipo di tessuto ne copre il naso e la bocca; in altre, la faccia è avvolta nel cellophane. A questo punto, colui che svolge l'interrogatorio a più riprese vuota dell'acqua sulla faccia della persona. A seconda del tipo di preparazione, l'acqua può entrare effettivamente nelle vie aeree oppure no; l'esperienza fisica di trovarsi sotto un'onda d'acqua sembra essere secondaria rispetto all'effetto psicologico. La mente crede di stare per affogare.58

Questa tecnica è indubbiamente classificabile come tortura, ma l’ex direttore della CIA, Porter J. Gross la indicava semplicemente come “tecnica di interrogatorio professionale”, e dello stesso avviso era l’ex Vice Presidente Dick Cheney.59 Lasciare questo “anfratto oscuro” facilita l’applicazione di tecniche e metodi di interrogatorio che sono delle vere e proprie torture ma non sono esplicitamente vietate.

Un’altra osservazione, banale ma necessaria e che costituisce un secondo “anfratto oscuro”, è che non possiamo accettare nella definizione sopra citata la relazione

obbligatoria con i poteri pubblici. È vero che i trattati internazionali si rivolgono agli

Stati, ma la tortura è tale anche se è praticata da un privato! Affermare che c’è tortura solo quando è lo Stato che applica certi metodi, non potrebbe portare ad

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Layton 2011, traduzione mia da originale inglese.

59 V. Human Rights Watch 2005a e, per quanto riguarda Cheney, cfr. la trascrizione ufficiale della

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utilizzare in maniera occulta dei contractors per estrapolare delle informazioni desiderate? Per uno Stato non ci sarebbe niente di più semplice che negare ogni coinvolgimento nel caso in cui venissero scoperti i carnefici.

In ultimo, e con questo individuiamo il terzo “anfratto” di questa Convenzione, l’esclusione dalla definizione delle “sofferenze derivanti da sanzioni legali”: in linea di principio, se esiste una sanzione legale che prevede sofferenze “acute, psichiche o fisiche”, dovrebbe essere eliminata o modificata tale sanzione, non la legge. Se gli USA fossero stati firmatari di questa Convenzione, a livello legale sarebbero comunque usciti puliti da Abu Ghraib, in quanto le tecniche utilizzate (waterboarding, uso dei cani per terrorizzare i detenuti, tenere legati i prigionieri per ore in posizioni scomode, esecuzioni simulate, privazione del sonno, ecc.) erano state tutte approvate dai vertici dello Stato, e quindi legali.