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Ancora sulle misure protettive e cautelari

di Luciano Panzani, già Presidente della Corte d’Appello di Roma

3. Ancora sulle misure protettive e cautelari

L’imprenditore può domandare l’applicazione di misure protettive del patrimonio ai sensi dell’art. 6 del d.l. con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva domanda, presentata sempre attraverso la piattaforma telematica della camera di commercio. L’istanza di applicazione delle mi-sure è pubblicata nel registro delle imprese, unitamente all’accettazione dell’esperto se contestuale all’istanza di nomina di quest’ultimo. Spiega la legge che dal giorno della pubblicazione i creditori non possono acqui-sire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Non sono vietati i pagamenti spontanei.

Il meccanismo previsto dal legislatore, salvo che per i pagamenti, è lo stesso che regola la sospensione delle azioni esecutive nel concordato preventivo secondo il codice della crisi. L’effetto cautelare sospensivo è automatico ed è ricollegato alla formulazione della domanda di nomina dell’esperto o alla richiesta delle sole misure, se successiva, per il tramite della piattaforma telematica della camera di commercio. Esso però ha una breve durata e la sospensione deve essere confermata dal giudice. Ai sen-si dell’art. 7, co. 1, con ricorso presentato lo stesso giorno al tribunale com-petente ai sensi dell’art. 9 l.fall. e quindi al tribunale della sede dell’impresa, l’imprenditore chiede la conferma o la modifica delle misure protettive ed ove occorra, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative.

Va infatti sottolineato che il legislatore ha affiancato alle misure pro-tettive quelle cautelari che, a differenza dalle prime, scattano soltanto a seguito di un provvedimento del giudice.

La possibilità di chiedere provvedimenti cautelari, sia tipici che atipici, rappresenta un’innovazione di notevole importanza, la cui concreta por-tata dovrà verosimilmente essere chiarita dalla giurisprudenza, sia pur nell’ambito dei principi generali che regolano questo tipo di tutela. L’intero procedimento segue le regole del processo cautelare uniforme.

Questi provvedimenti debbono essere necessari per condurre a termi-ne le trattative e debbono dunque essere idotermi-nei a vincere una resistenza ingiustificata di un creditore o di un altro soggetto che sia parte della com-posizione negoziata. Pare evidente che deve sussistere il requisito

dell’ur-genza ed il fumus. Non vi è infatti nella legge nulla che autorizzi a ritenere possibile una deroga ai diritti legittimamente fatti valere dai creditori e dalle altre parti che partecipano alla composizione negoziata.

Torniamo alle misure protettive. Entro trenta giorni dalla domanda l’imprenditore deve chiedere la pubblicazione sul registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato. La mancata o ritardata presentazione dell’istanza di conferma o modifica e la mancata richiesta della pubblicazione del numero di ruolo generale sono causa d’i-nefficacia delle misure. Il decorso del termine di trenta giorni senza che sia stata chiesta la pubblicazione del numero di R.G. è causa di cancellazione dell’istanza di richiesta delle misure protettive dal registro delle imprese.

La pubblicità del numero di ruolo generale mira a verificare che l’im-prenditore abbia chiesto al tribunale la conferma delle misure protettive lo stesso giorno in cui ha inserito sulla piattaforma telematica l’istanza di applicazione delle misure stesse. Ciò spiega il rigore del legislatore nel regolare le conseguenze della mancata pubblicazione sul registro delle imprese: l’omesso o il ritardato deposito del ricorso è causa di inefficacia delle misure che deve essere dichiarata dal tribunale.

Segue la fissazione dell’udienza da parte del tribunale entro dieci giorni dal deposito del ricorso. Come si è detto il tribunale non fissa l’udienza e dichiara invece l’inefficacia delle misure protettive se accerta che il ri-corso non è stato depositato lo stesso giorno in cui è stata inserita sulla piattaforma telematica la richiesta di applicazione delle misure stesse. Gli effetti delle misure protettive cessano anche nel caso in cui il giudice non fissi l’udienza nel termine di dieci giorni dalla presentazione del ricorso previsto dall’art. 7, co. 17.

E’ previsto che l’udienza venga preferibilmente tenuta con sistemi di videoconferenza. Il decreto è notificato dal ricorrente con le modalità indi-cate dal tribunale ai sensi dell’art. 151 c.p.c., tribunale che deve prescrivere le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedi-mento. Tali modalità dovranno tener conto dell’elenco dei creditori depo-sitato dall’imprenditore insieme al ricorso. Per ognuno di essi deve essere indicato l’indirizzo PEC se disponibile oppure l’indirizzo di posta elettroni-ca non certifielettroni-cata per il quale sia verifielettroni-cata o verifielettroni-cabile la titolarità della casella. Poiché peraltro l’indirizzo di posta elettronica non certificata non consente di verificare l’effettivo buon fine della comunicazione, il tribunale dovrà prescrivere le forme di notificazione opportune per i casi in cui non vi siano indirizzi PEC disponibili. Va tuttavia tenuto presente che in linea di principio i creditori sono imprenditori, tenuti ad iscrivere l’indirizzo PEC a registro imprese.

Ai fini del contraddittorio occorre anche tener presente il disposto dell’art. 7, co. 4, secondo il quale se le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti incidono sui diritti dei terzi, costoro devono essere sen-titi.

Il tribunale deve sentire le parti, da intendersi come l’imprenditore ed i creditori ed i terzi incisi dalle misure protettive e dai provvedimenti cau-telari, l’esperto e provvede omessa ogni formalità non essenziale al con-traddittorio. Procede agli atti di istruzione indispensabili avvalendosi, ove occorra, di un ausiliario nominato ai sensi dell’art. 68 c.p.c.

Le valutazioni espresse dall’imprenditore, dai creditori e dai terzi, oltre che dall’esperto, possono pertanto essere oggetto di verifica anche tec-nica per il tramite dell’apporto dell’ausiliario. Il tribunale provvede con ordinanza con la quale stabilisce la durata delle misure protettive e dei provvedimenti cautelari che non potrà essere inferiore a trenta e superio-re a 120 giorni.

Occorre chiarire qual è l’oggetto del sindacato del tribunale. Il legisla-tore indica soltanto indirettamente le finalità delle misure, che non sono precisate nell’art. 6 del d.l., probabilmente perché tale norma si occupa sol-tanto dell’effetto automatico della protezione che discende direttamente 7. E’ questa norma che illustri commentatori (Costantino, Montanari) nei primi inter-venti a caldo in occasione di convegni e webinar ritengono violare il disposto dell’art.

24 Cost. ove non legata ad un’originaria carenza dell’istanza dell’imprenditore che impedisce di dar corso al procedimento. Anche così peraltro si darebbe vita ad un anomalo silenzio-rifiuto del giudice, difficilmente compatibile con il nostro sistema processuale.

dall’istanza dell’imprenditore.

Tuttavia l’art. 7, comma 5, chiarisce che la proroga può essere dispo-sta per il tempo necessario per assicurare il buon fine delle trattative e il comma 6 prevede che le misure possano essere revocate o che ne possa essere abbreviata la durata quando non soddisfano l’obiettivo di assicura-re il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al passicura-re- pre-giudizio arrecato ai creditori istanti.

Si può dunque ritenere che lo scopo delle misure, anche se il legislatore non l’ha detto espressamente, sia di garantire il buon fine delle trattative.

La relazione illustrativa al decreto legge indica anche l’obiettivo di mettere il patrimonio dell’imprenditore al riparo da iniziative che possono mette-re a rischio il risanamento dell’impmette-resa. E’ questa la funzione tradizionale delle misure protettive che seguono all’apertura di una procedura concor-suale: evitare la dispersione del patrimonio e dei beni con cui viene eser-citata l’attività d’impresa, la conseguente compromissione della continuità aziendale che potrebbe seguire alle azioni esecutive dei creditori ed an-che l’alterazione dell’ordine delle cause di prelazione in vista dell’apertura del concorso. Tale obiettivo, pur non espressamente enunciato, risulta con sufficiente chiarezza proprio dal contenuto delle misure qual è esplicitato dall’art. 6, comma 1, del d.l.: divieto per i creditori di acquisire diritti di prela-zione se non concordati con l’imprenditore e di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.

Ci si può domandare se questa finalità abbia valore assoluto. Nel regola-re la proroga o la regola-revoca delle misuregola-re il legislatoregola-re non considera il rischio di dispersione del patrimonio o la compromissione della continuità azien-dale, ma soltanto l’interesse alla prosecuzione delle trattative a fronte del pregiudizio che ne deriva per i creditori, pregiudizio che è in re ipsa, ma che ai sensi dell’art. 7, comma 6, non può essere sproporzionato rispetto all’esigenza di garantire tale prosecuzione. Non si fa qui cenno del rischio di dispersione del patrimonio o di compromissione dell’attività d’impresa.

A fronte di trattative che non vanno a buon fine il tribunale non potreb-be prorogare o non abbreviarne la durata per consentire all’imprenditore di chiedere l’omologa di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 11, comma 2, del d.l. o di accedere ad una procedura concorsuale ai sensi del comma 3 dello stesso articolo. Questa lettura sarebbe confermata anche dal decreto dirigenziale. Il punto 6.4 del Protocollo indica che l’esperto esprime il proprio parere in merito “alla sussistenza, a quella data, della praticabilità del risanamento dell’impresa, anche in via indiretta, e all’e-sigenza di prorogare le misure protettive per salvaguardare l’esito delle trattative”.

L’istanza di revoca o abbreviazione della durata delle misure può pro-venire anche dall’esperto, che è certamente il primo a comprendere che le trattative non possono andare a buon fine. L’esperto, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.l. quando non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all’esito della convocazione dell’imprenditore o in un momento successi-vo, ne dà notizia a quest’ultimo e al segretario generale della camera di commercio che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione nego-ziata. Il comma 8 aggiunge che l’esperto redige la relazione finale che co-munica all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari, al giudice che le ha emesse che ne dichiara cessati gli effetti.

Di conseguenza se l’esperto chiede la riduzione della durata delle mi-sure anziché redigere la relazione finale e far decadere le mimi-sure tout court, vuol dire che egli ritiene che vi sia ancora una possibilità di esito favorevole delle trattative. La riduzione del termine può essere usata per incentivare le parti a rompere gli indugi e per vincerne le resistenze. Per quanto si è sin qui osservato l’esperto non potrebbe richiedere l’abbre-viazione della durata delle misure come “ponte” in vista dell’apertura di una procedura concorsuale che non sia lo sbocco delle trattative stesse, esito questo certamente lecito e possibile non solo nel caso in cui sia in-dividuata una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi o insolvenza ai sensi dell’art. 11, comma 1, del d.l., ma anche nell’ipotesi in cui l’imprenditore richieda l’omologa di un accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa con riduzione della percentuale di adesione dei creditori al 60% perché il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale

dell’esperto. Si potrebbe infine immaginare che la riduzione della durata delle misure protettive possa essere oggetto della richiesta dell’esperto anche nel caso in cui l’imprenditore proponga la domanda di concordato semplificato ex art. 18 del d.l. e dalla relazione finale dell’esperto risulti che la proposta concordataria si fonda su di un contenuto sul quale si era già formato il consenso di una parte significativa di creditori nel corso delle trattative, sì che tale proposta si palesi essere una naturale prosecuzione delle trattative stesse.

Ma la lettura su cui si fondano le considerazioni sin qui svolte è l’unica possibile. Davvero la prosecuzione delle misure protettive non può rap-presentare un ponte in vista dell’avvio di un’altra soluzione della crisi d’im-presa?

L’art. 5, comma 7, del d.l. 118 prevede che l’incarico dell’esperto possa proseguire non soltanto quando vi è richiesta in tal senso di tutte le parti, ma anche quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricor-so dell’imprenditore al tribunale ai sensi degli artt. 7 e 10, cioè nel caricor-so di richiesta delle misure protettive e delle autorizzazioni ai finanziamenti ed alla cessione di azienda.

La prosecuzione dell’incarico dell’esperto è legata al ruolo che egli è chiamato a svolgere nei procedimenti in parola, dove, come si è visto, deve rendere specifici pareri. Ma se non vi sono elementi per ritenere che le trattative vadano a buon fine e l’esperto è pronto a redigere la relazione finale, cui segue il provvedimento del giudice che pone termine alle misu-re protettive, per quale motivo il suo incarico deve proseguimisu-re? E perché il tribunale deve autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti che saranno assistiti dalla prededuzione o a cedere l’azienda se le trattative non hanno più speranza di proseguire?

L’apparente aporia legislativa trova spiegazione soltanto ammetten-do che i provvedimenti autorizzativi del tribunale, ivi compresi quelli che riguardano la prosecuzione delle misure protettive, abbiano un’ulteriore finalità oltre a quella evidente collegata all’andamento delle trattative. Si tratta di consentire la prosecuzione della misure protettive per il tempo necessario a permettere all’imprenditore di accedere agli accordi di ri-strutturazione ai sensi dell’art. 11, comma 2, o ad una diversa procedura concorsuale, ivi compreso il concordato semplificato ai sensi dell’art. 11, comma 3. E l’autorizzazione alla cessione di azienda o a contrarre finanzia-menti assistiti dalla prededuzione potrà essere data, con le conseguenze che ne derivano ai sensi dell’art. 2560, comma 2, c.c. non solo quando essa sia coerente con l’andamento delle trattative, ma anche quando essa sia compatibile con la continuità aziendale e non rechi pregiudizio ai creditori, in vista di nuovo degli sbocchi previsti dall’art. 11, commi 2 e 3.

Ne deriva che il ruolo del tribunale assume una rilevanza ancora mag-giore di quanto potrebbe sembrare ad una prima lettura perché le valuta-zioni cui è chiamato il giudice possono assumere rilevanza anche oltre lo stretto orizzonte temporale della composizione negoziata, nella prospet-tiva del ricorso ad altre soluzioni della crisi d’impresa. Si tratta di una pro-spettiva inedita, che forse meriterebbe un ulteriore coordinamento con la disciplina del codice della crisi e dell’insolvenza.

Dagli elementi che abbiamo sin qui prospettato risulta evidente la cen-tralità delle decisioni cui è chiamato il tribunale. Si tratta ora di approfondi-re gli elementi su cui si può fondaapprofondi-re tale giudizio.

A tale proposito viene anzitutto in esame la documentazione fornita dall’imprenditore, che ai sensi dell’art. 7, comma 2, deve depositare:

a) i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando l’imprenditore non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta;

b) una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre ses-santa giorni prima del deposito del ricorso;

c) l’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponi-bili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella;

d) un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare;

e) una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla

base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può esse-re risanata;

f) il nominativo dell’esperto nominato ai sensi dell’articolo 3, commi 6, 7 e 8, con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

Il tribunale è quindi messo in condizioni di valutare le condizioni in cui si trova l’imprenditore e l’effettiva possibilità che le trattative vadano a buon fine.

Agli elementi di giudizio ricavabili dai documenti depositati dall’impren-ditore si aggiungono il parere dell’esperto, le circostanze esposte dalle parti nel corso del procedimento, i risultati dell’istruttoria che il tribunale può compiere e le conclusioni dell’ausiliario eventualmente nominato dal tribunale ai sensi dell’art. 68 c.p.c.

Pare utile spendere ancora qualche parola per sottolineare che il tri-bunale pronuncia nel contraddittorio delle parti. L’art. 7, comma 2, lett. c) richiede all’imprenditore nel deposito dell’elenco dei creditori di indicare i primi dieci per ammontare, che presumibilmente dovrebbero essere i maggiori controinteressati alla misura protettiva. Anche se l’art. 7 non si esprime chiaramente, pare evidente che il ricorso dell’imprenditore debba essere notificato a tutti i creditori. Il tenore dell’art. 6, comma 1, è nel senso che la misura protettiva determini la sospensione delle azioni esecutive in via automatica nei confronti di tutti i creditori. La limitazione della misura ad alcuni creditori soltanto può essere disposta soltanto in occasione della conferma delle misure su istanza dell’imprenditore, sentito l’esperto (art.

7, comma 4). Ne deriva che il contraddittorio deve essere garantito nei confronti di tutti i creditori perché tutti sono incisi dalla misura protetti-va. E proprio per questa ragione, tenuto conto delle esigenze di celerità del procedimento, l’art. 7, comma 3, prevede che il tribunale prescriva le forme di notificazione opportune. Come si è accennato, il tribunale dovrà anche tener conto dell’esigenza di agevolare la notificazione per tutti quei soggetti che non risultano titolari di PEC, anche se la maggior parte dei creditori saranno imprenditori iscritti al registro delle imprese e dovranno pertanto essere titolari di un indirizzo PEC.

Il contraddittorio va esteso a tutti i soggetti terzi nei cui confronti inci-dono le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti, ancorché non si tratti di creditori.

L’effettivo contraddittorio tra imprenditore e creditori è la vera diffe-renza tra la disciplina delle misure protettive secondo gli artt. 54 e 55 del codice della crisi e quella dettata dal d.l. L’art. 54 CCII prevede il contraddit-torio nel caso di provvedimenti cautelari richiesti dal creditore in penden-za del procedimento di apertura della liquidazione giudiziale, del concor-dato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione. Non vi è invece contraddittorio quando sia questione delle misure protettive chieste in pendenza della composizione assistita o della conferma della sospensione automatica che segue alla domanda di concordato preventi-vo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione, quando il debitore ne abbia fatto richiesta.

Il contraddittorio consentirà un effettivo dibattito processuale, nelle for-me del procedifor-mento cautelare uniforfor-me, sulla necessità della misura per evitare la dispersione del patrimonio e/o la cessazione della continuità aziendale e sull’utilità della misura per consentire la prosecuzione delle trattative. A tal fine l’esperto, secondo quanto risulta dal decreto dirigen-ziale, dovrà esprimere il suo parere con cui metterà in luce i risultati del test pratico sulla verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e l’attività già svolta relativa al confronto con l’imprenditore sulla coerenza del piano di risanamento con la lista di controllo. Come la lettura delle due sezioni del decreto richiamate dimostra, si tratta di una seria indagine aziendalistica che il tribunale potrà verificare sulla base dei documenti che l’imprenditore deve produrre. Su queste conclusioni e sul materiale acqui-sito, oltre che sull’eventuale ulteriore documentazione prodotta dalle parti, si incentrerà l’analisi del tribunale, che, ove sia necessaria una valutazione tecnica, potrà avvalersi di un proprio ausiliario.

Come si è accennato, il contraddittorio toglie genericità al controllo che il giudice è chiamato a svolgere e lo àncora alle questioni effettivamen-te dibattueffettivamen-te dalle parti. Non è escluso che ne possa derivare un salto di qualità della trattativa, che potrebbe proseguire davanti al tribunale e qui

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