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di Alberto Guiotto, Dottore commercialista in Parma

La negoziazione con i creditori e con gli altri soggetti interessati è l’elemento centrale di ogni istituto di soluzione della crisi. L’Autore formula approfon-dite riflessioni su come e a quali condizioni, nell’ambito della composizione negoziata, le trattative siano agevolate dalla presenza dell’esperto e su quali siano le modalità di conduzione delle trattative con i soggetti rilevanti, finalizzate a un’adeguata soluzione per il superamento della crisi dell’impresa.

Sommario:

1. La negoziazione quale strumento di soluzione della crisi 2. Lo svolgimento delle trattative e il ruolo dell’esperto 3. I doveri delle parti (e dell’esperto) nella negoziazione 4. Le trattative con le banche

5. Le trattative riguardanti i rapporti di lavoro subordinato 6. La negoziazione per modificare i contratti in corso

1. La negoziazione quale strumento di soluzio-ne della crisi

L’istituto della composizione negoziata della crisi, con il quale gli im-prenditori, i professionisti e i giudici saranno chiamati a confrontarsi nell’immediato futuro, trova quale elemento portante la necessità di fa-cilitare le trattative tra l’imprenditore, i suoi creditori e gli altri soggetti interessati al fine di individuare una soluzione idonea al superamento della crisi o, comunque, un efficace approdo a uno degli istituti richiamati dall’art. 11 del d.l. 118/20211.

Centrale è, a questo proposito, la figura dell’esperto nominato su richie-sta dell’imprenditore ai sensi dell’art. 3, comma 6, a cui la nuova normativa affida compiti non facilmente inquadrabili in figure e funzioni tipiche e già conosciute dall’ordinamento italiano.

Le funzioni dell’esperto descritte nel secondo comma dell’art. 2 sono, infatti, solo apparentemente nitide: è certamente vero che l’esperto è chia-mato ad agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati al fine di individuare una soluzione per il supera-mento della situazione di crisi o di insolvenza in cui versa l’impresa, ma il novero delle funzioni che gli vengono attribuite dalla lettera della legge è evidentemente riduttivo sol che si consideri, come faremo tra breve, l’am-piezza dei compiti che la legge intende affidargli.

Dando per acquisite le vistose differenze funzionali rispetto al com-missario giudiziale nel concordato preventivo e, ancora maggiormente, al curatore fallimentare2, la figura dell’esperto non coincide neppure con quella del consulente o con quella del professionista attestatore anche se una contaminazione tra i ruoli e i compiti di queste figure professionali riecheggiano più volte nella prima lettura offerta dalla dottrina3.

Compito principale dell’esperto è, infatti, quello di agevolare le trattati-ve con i soggetti rilevanti per il risanamento dell’impresa, primi tra tutti i creditori aziendali: è un concetto, questo, ribadito anche dal decreto della direzione generale degli affari interni del Ministero della Giustizia del 28

1. Per una visione complessiva degli obiettivi della composizione negoziata della crisi cfr. le prime considerazioni di M. Fabiani, La proposta della Commissione Pagni all’esame del Governo: valori obiettivi e strumenti, in dirittodellacrisi.it, 2 agosto 2021 e S. Leuzzi, Una rapida lettura dello schema di D.L. recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, in dirittodellacrisi.it, 5 agosto 2021; A.

Farolfi, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, in dirit-todellacrisi.it, 6 settembre 2021 e, più recentemente, F. Santangeli, Le finalità della composizione negoziata, in dirittodellacrisi.it.

2. Così, con sicurezza, L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in questa Rivista, 25 agosto 2021.

3. Cfr., ad esempio, A. Farolfi, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a pri-ma lettura”, cit. e S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistepri-ma concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 18 del 2021, in questa Rivista, 28 settembre 2021.

settembre 2021 (“Decreto Dirigenziale”) dove, nel protocollo di conduzio-ne della composizioconduzio-ne conduzio-negoziata, vieconduzio-ne ribadito ad abundantiam come l’esperto debba considerarsi terzo rispetto a tutte le parti, imprenditore compreso4.

L’esperto, dunque, è un soggetto terzo e indipendente, che non assi-ste l’imprenditore né si sostituisce alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata ma ha il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi5. Compito dell’esperto è, inoltre, quello di coadiuvare le parti nella comuni-cazione, nella comprensione dei problemi e degli interessi di ciascuna6. Solo dopo avere inquadrato con sufficiente chiarezza il ruolo dell’esperto e avere tracciato i confini tra il suo operato e quello dei consulenti dell’im-presa è possibile formulare alcune considerazioni sulla principale funzio-ne cui egli è preposto, che è quella di agevolare attraverso una sapiente opera di mediazione le trattative tra l’imprenditore (e i suoi advisors) e le controparti rilevanti per superare la situazione di crisi in cui versa l’azienda.

2. Lo svolgimento delle trattative e il ruolo dell’esperto

Una volta acquisita contezza della situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e delle linee guida per il suo risanamento già tracciate dall’im-prenditore con i suoi consulenti, l’esperto dovrà aiutare l’imdall’im-prenditore stesso ad elaborare una strategia negoziale che abbia adeguate caratteri-stiche di efficacia e di probabilità di successo, per poi attivarsi per attivare le trattative coi principali creditori.

Già in questo ambito, peraltro, il ruolo dell’esperto inizia ad assumere una coloritura più vivida rispetto a quanto tratteggiato dalla lettera della legge: all’esperto, infatti, viene chiesto dapprima di valutare la strategia e il piano di risanamento tracciati dall’imprenditore e dai suoi consulenti, e quindi di individuare – con l’imprenditore – le parti con cui è opportuno che vengano intraprese le trattative7: è, quest’ultimo, un elemento fondamen-tale nella strategia negoziale nell’ambito della crisi d’impresa posto che l’e-sperienza pratica insegna come le probabilità di successo delle trattative dipendano in buona misura dalla loro impostazione iniziale. Nell’ambito di 4. Cfr. P. Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto “facilitatore”, in Ristrutturazioni aziendali, 30 settembre 2021.

V. anche Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 8.1.

5. Per ulteriori approfondimenti sul ruolo dell’esperto, cfr. anche L. Calcagno, La figura dell’esperto, in dirittodellacrisi.it; L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit.; S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema con-corsuale ridisegnato dal D.L. n. 18 del 2021, cit.; L.A. Bottai, La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative, in Il Fallimentarista, 4 ottobre 2021.

6. Così, letteralmente, Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 8.2.

7. Cfr. Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 5.2.

istituti risoluzione della crisi diversi dalle procedure concorsuali è fonda-mentale, infatti, definire quali siano i creditori con cui intraprendere le trat-tative e quali invece da trascurare, perché portatori di crediti non rilevanti o perché notoriamente indisponibili alla negoziazione.

Altrettanto importante è l’individuazione della tempistica e della cro-nologia del coinvolgimento dei creditori, così come l’approccio: se per i creditori commerciali potrà essere preferibile una negoziazione separa-ta e bilaterale, anche per mantenere un adeguato livello di riservatezza, per la negoziazione con i soggetti finanziari la best practice suggerisce un approccio collettivo (il c.d. “tavolo interbancario”), in cui alla trattativa siano invitati contestualmente tutti gli istituti di credito e gli intermediari finanziari con i quali l’imprenditore abbia posizioni debitorie pendenti8. Per inciso, la necessità di una negoziazione contestuale e aperta a tutti gli istituti di credito è implicitamente richiesta anche dalla normativa vigente, allorquando l’art. 182-septies l. fall. e l’art. 182-octies l. fall. richiedono, per l’estensione degli effetti degli accordi, che i creditori (e principalmente i creditori finanziari) nei cui confronti si chiede l’estensione siano stati infor-mati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteci-parvi in buona fede.

L’impostazione delle trattative è, pertanto, un elemento di grande rile-vanza per le loro prospettive di successo e nella normalità dei casi l’im-prenditore viene assistito in questo delicato compito dai suoi consulenti di fiducia: il fatto che la legge (rectius: il Decreto Dirigenziale) ipotizzi di affidare questa attività anche all’esperto è probabilmente funzionale all’a-gevolazione delle trattative, ma tende a permeare la sua terzietà con ele-menti e funzioni tipiche della consulenza professionale.

Una volta individuati i creditori con cui intraprendere le trattative, il mo-mento introduttivo alla negoziazione è rappresentato, intuitivamente, dal-la richiesta di incontro da parte del debitore. Sotto questo profilo, né dal-la nor-ma di legge né quelle regolamentari prevedono un intervento diretto da parte dell’esperto, ancorché appaia evidente come l’esplicita indicazione della sua presenza, già al momento della convocazione delle parti o della richiesta di incontro, sia assai opportuna al fine di rassicurare i creditori sul percorso intrapreso e sull’intervento di un professionista istituzionalmen-te preposto alla facilitazione del processo negoziale.

Per quanto concerne le concrete modalità di svolgimento delle nego-ziazioni, non vi è dubbio che quelle riguardanti i creditori finanziari deb-bano avvenire attraverso riunioni in presenza o, in alternativa, attraverso strumenti di audio o videoconferenza che consentano un’effettiva parteci-pazione al dibattito da parte di tutti gli intervenuti. L’incontro in presenza o l’utilizzo di adeguati strumenti di telecomunicazione paiono da preferirsi anche per le trattative bilaterali con singoli creditori, anche se non può escludersi a priori la possibilità che per una moltitudine di creditori di pic-colo importo siano trasmesse proposte in via epistolare: quest’ultimo caso, peraltro, andrebbe considerato eccezionale e valutato con grande cautela considerate le limitate tutele in termini di riservatezza e l’oggettiva diffi-coltà da parte dell’esperto, in questo caso, a raccogliere informazioni e a svolgere le funzioni di facilitatore cui è preposto.

In caso di negoziazioni collettive è opportuno valutare anche l’op-portunità della redazione di un sintetico verbale della riunione da parte dell’esperto, previo consenso delle parti9: per quanto tale attività non sia richiesta da alcuna norma di legge10, è da ritenersi che l’annotazione delle date, dei soggetti presenti e del contenuto sommario della riunione pos-sa rivelarsi utile a posteriori per ricostruire la cronologia delle proposte e controproposte e l’effettiva dinamica delle negoziazioni al fine di giungere 8. Così, Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 8.7.

9. Sulla loro sicura utilità, cfr. P. Rinaldi, La struttura del percorso, in dirittodellacrisi.

it, 27 ottobre 2021. Il tema della verbalizzazione è, peraltro, da valutare con gran-de cautela al fine gran-del mantenimento gran-della riservatezza gran-delle trattative: salvo che il verbale non venga custodito personalmente dall’esperto, è mio parere che la sua redazione e diffusione tra le parti coinvolte debba essere subordinata al preventivo consenso delle parti.

10. Con l’unica eccezione, assai peculiare, del rapporto delle consultazioni con le rappresentanze sindacali previste dall’art. 4, comma 8. In quel caso, peraltro, il verbale sdarà redatto si soli fini della determinazione del compenso dell’esperto.

a una loro migliore conclusione.

Un ulteriore, rilevante elemento delle negoziazioni che l’esperto è chia-mato a influenzare è la loro tempistica: è esperienza comune, infatti, che le negoziazioni con i creditori possano spesso protrarsi per un periodo sostanzialmente più ampio rispetto a quanto pianificato. Anche in consi-derazione del termine di 180 giorni disposto dall’art. 5, comma 7, per l’indi-viduazione di un’adeguata soluzione della crisi, sarà compito dell’esperto serrare i tempi delle trattative fissando riunioni e incontri ravvicinati tra loro e sollecitando riscontri e controproposte finalizzate al raggiungimen-to di un tempestivo accordo tra le parti.

3. I doveri delle parti (e dell’esperto) nella ne-goziazione

Durante le trattative le parti si dovranno comportare secondo buona fede e correttezza (art. 4, comma 4). Questo principio, trasfuso dalla best practice in una specifica norma di legge, è evidentemente riferibile a tutte le parti coinvolte nella negoziazione.

Per quanto riguarda l’esperto, ammesso e non concesso che possa es-sere considerato “parte”, la sua terzietà impone che egli operi in modo pro-fessionale riservato, imparziale e indipendente (art. 4, comma 2) mentre all’imprenditore è imposto il dovere di rappresentare in modo completo e trasparente la propria situazione non solo all’esperto, ma anche ai creditori e agli altri soggetti interessati (art. 4, comma 5). Si tratta, questo, di un prin-cipio di grande importanza posto che un’adeguata disclosure della reale situazione del debitore è l’elemento di partenza per un flusso informati-vo efficiente e trasparente tra le parti, che a sua informati-volta è quasi sempre la chiave di volta per un processo decisionale rapido e non condizionato da sospetti e retropensieri. Non va sottaciuto, peraltro, che la diffusa ritrosia da parte degli imprenditori a fornire ai creditori bancari piena e completa evidenza della loro reale situazione sia riconducibile anche al (fondato) rischio di sospensione degli affidamenti e di limitazione degli utilizzi dei conti bancari che spesso ne consegue: sotto questo profilo, la legge preve-de ora disposizioni normative ad hoc preve-delle quali si darà brevemente conto nel prosieguo della trattazione.

Per quanto riguarda le controparti dell’imprenditore nelle trattative, il comma 7 dell’art. 4 prevede che queste abbiano il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto, e di non ostacolare le trattative con un comportamento ostruzionistico o rifiutando a priori il contraddittorio sulle proposte del debitore11.

Alle controparti viene inoltre chiesto di mantenere il necessario riserbo sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative che questi intende intra-prendere e, più in generale, sulle informazioni apprese in occasione delle trattative. Il tema della riservatezza è, in effetti, di importanza fondamenta-le nell’ambito di un processo di risanamento che preveda la prosecuzione dell’attività d’impresa12 posto che la reputazione dell’impresa sul mercato è un asset di grande valore, potenzialmente pregiudicabile da iniziative di concorrenti che intendano pregiudicare il buon nome dell’impresa sfrut-tandone la momentanea debolezza e diffondendo maliziosamente infor-mazioni sulla sua situazione di crisi.

Sotto questo profilo, la scelta dello strumento della composizione ne-goziata della crisi, in assenza di richiesta di misure protettive e della loro pubblicità, è potenzialmente idonea a mantenere un buon livello di riser-vatezza sulla situazione di crisi dell’impresa e a tutelare la sua reputazio-ne sul mercato. Se, peraltro, la reputazio-negoziazioreputazio-ne con i soli istituti di credito può effettivamente limitare il rischio di “fughe di notizie” ai soli operatori coinvolti non v’è dubbio che, nonostante gli obblighi imposti dalla legge, le probabilità di mantenere un elevato livello di riservatezza siano inver-samente proporzionali al numero degli altri creditori coinvolti nelle trat-tative: appare evidente, infatti, che l’instaurazione di trattative dall’esito

11. Così L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit.

12. Cfr. L.A. Bottai, La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative, cit.

fisiologicamente incerto con una moltitudine di creditori – alcuni dei quali probabilmente mal disposti nei confronti del debitore – presenti scarse garanzie di confidenzialità, nonostante gli ammonimenti sull’obbligo di riservatezza che l’esperto possa dispensare nel corso delle negoziazioni.

Una volta identificati e coinvolti i creditori e chiariti i rispettivi obblighi, assume fondamentale importanza la proposta che l’imprenditore inten-derà formulare per cercare di raccogliere il maggior numero di consensi.

Sebbene appaia evidente che la formulazione della proposta ai creditori spetti all’imprenditore e ai suoi consulenti, è fisiologico che l’esperto, in ra-gione delle funzioni che gli sono demandate e della sua personale compe-tenza e autorevolezza, contribuisca ad affinare gli elementi della proposta o, in casi particolari, a modificarne la struttura non in forza dell’autorità a lui attribuita ma con un’opera di moral suasion che eviti la formulazione di proposte manifestamente incongrue o inaccettabili. L’opera di facilitazio-ne demandata all’esperto impofacilitazio-ne, infatti, che le distanze tra le parti siano ridotte il più possibile, sino a far coincidere i rispettivi desiderata, sia attra-verso una sapiente negoziazione che tenga conto dei reciproci interessi sia, ancora prima, attraverso la formulazione di proposte ragionevoli, che non abbiano l’esclusivo obiettivo di mantenere uno spazio negoziale per massimizzare l’utilità per il debitore ma, piuttosto, quello di individuare sin da subito i punti di contatto tra le reciproche posizioni, al fine di giungere rapidamente a una sintesi di interessi e alla conclusione delle trattative.

In questa fase l’esperto, oltre a influenzare la proposta iniziale da par-te dell’imprenditore, può disporre di numerose leve per indirizzare la ne-goziazione, in parte derivanti dalla sua imparzialità e dalle funzioni che la legge gli attribuisce, e in parte riconducibili alla migliore conoscenza dell’intera situazione che egli sarà in grado di acquisire grazie alla facoltà, prevista dall’art. 4 comma 2, di chiedere all’imprenditore e ai creditori tutte le informazioni ritenute utili o necessarie per la migliore conduzione e de-finizione delle negoziazioni.

La fluidità della trattativa è, inoltre, agevolata dal già citato obbligo delle parti di condurle con lealtà e sollecitudine, accompagnato dal corrispon-dente obbligo di riscontare sollecitamente e in modo motivato le recipro-che proposte e richieste (art. 4, comma 7). È esperienza comune, infatti, recipro-che il rallentamento e la macchinosità di talune trattative siano spesso causati proprio dall’insufficiente qualità dei riscontri o persino dalla latitanza di al-cuni creditori che rendono estremamente difficoltosa la conduzione delle negoziazioni e improbabile il loro esito positivo.

4. Le trattative con le banche

Mentre la negoziazione con singoli fornitori è un’evenienza frequente ma non costante nel panorama delle crisi aziendali, la necessità di instau-rare trattative con le banche e i creditori finanziari per la ristrutturazione del debito finanziario riguarda invece pressoché la totalità dei tentativi di risanamento per ragioni che possono essere ricondotte alle specifiche caratteristiche del rapporto tra banche e imprese in Italia13.

La prima ragione è da ricondurre al costante e consistente indebita-mento bancario delle imprese italiane, stante la generalizzata sottocapita-lizzazione che le caratterizza e, soprattutto, lo scarso ricorso ad altre forme di finanziamento – quali obbligazioni e fondi di debito – che sono invece diffuse in altri Paesi occidentali. La seconda ragione è probabilmente ri-conducibile al fatto che le banche vengono considerate creditori profes-sionali, dai quali potersi aspettare un’uniformità di comportamento e con i quali intavolare trattative scevre da aspetti emozionali e rivendicativi, anche grazie alla loro solidità patrimoniale che molto raramente rischia di essere pregiudicata dal mancato pagamento del credito in discussione. La terza ragione riguarda la possibilità che le banche creditrici possano esse-re disposte a erogaesse-re nuova finanza, che a sua volta rappesse-resenta spesso un fattore di grande rilevanza per le probabilità di successo e la rapidità

13. Per considerazioni generali sulle caratteristiche del rapporto tra banche e im-presa nel panorama italiano, ci si permette di rimandare a A. Guiotto, Il finanziamento bancario e i rapporti tra banca e impresa, in Il Fallimento, 2021, 1199 ss.

del risanamento delle imprese14 e della quale si farà cenno tra breve.

Conscio dell’importanza di questa tipologia di creditori nelle soluzioni della crisi dell’impresa, il legislatore ha dedicato alle banche e agli inter-mediari finanziari due specifiche disposizioni, entrambe racchiuse nel se-sto comma dell’art. 4.

Viene, innanzi tutto, tenuto conto dell’eventualità, molto frequente nell’ultimo quinquennio, che la banca abbia nel frattempo ceduto il pro-prio credito ad istituti finanziari specializzati, ovvero che ne abbia affidato la gestione a un mandatario esterno (c.d. credit servicer). Viene quindi pre-visto che non solo le banche (originariamente) creditrici, ma anche i loro mandatari e cessionari siano tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato15. È, questo, un obbligo del tutto assimilabile a quello di tempestivo riscontro delle proposte da parte degli altri creditori, con una significativa differenza terminologica che tiene conto dell’effettiva e attiva partecipazione alle trattative da parte dei soggetti finanziatori, non limitata quindi al mero riscontro alle proposte del debitore.

La seconda disposizione, di grande portata, riguarda la circostanza che l’accesso alla composizione negoziata della crisi da parte dell’imprendito-re non possa costituidell’imprendito-re di per sé causa di dell’imprendito-revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore. Non è possibile, in questa sede, approfondire adeguatamente le numerose conseguenze e criticità di ordine giuridico e pratico che tale disposizione comporta: basti, qui, rilevare come questo divieto intenda contrastare il fenomeno, precedentemente illustrato, in cui alla disclosure della situazione di crisi da parte dell’imprenditore cor-risponda normalmente, quale prima reazione da parte degli istituti di cre-dito, la riduzione o il congelamento dell’operatività bancaria, finalizzata a limitare il suo rischio di credito ma destinata a peggiorare notevolmente le condizioni di svolgimento del tentativo di risanamento aziendale.

In questa fase, la presenza ai tavoli interbancari dell’esperto può ave-re indubbiamente un benefico effetto sulla fiducia ave-reciproca tra le parti, grazie alla sua imparzialità e indipendenza e alla possibilità di fornire una

In questa fase, la presenza ai tavoli interbancari dell’esperto può ave-re indubbiamente un benefico effetto sulla fiducia ave-reciproca tra le parti, grazie alla sua imparzialità e indipendenza e alla possibilità di fornire una

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