Lo strumento della composizione negoziata trova nel contenuto del decreto dirigenziale un presidio operativo importante. I tempi che caratterizzano lo strumento, assai più brevi rispetto a quelli consueti nella composizione della crisi d’impresa, impongono una piena comprensione del ruolo dell’esperto che non ha precedenti ed il cui contenuto è declinato in dettaglio nel protocollo. Quest’ultimo e le ulteriori indicazioni presenti nella piattaforma (test e check-list) permettono all’imprenditore di predisporre le informazioni occorrenti e nel contempo consentono l’adozione di un linguaggio comune da parte di tutti gli attori al tavolo delle trattative (l’imprenditore, i suoi professionisti, l’esperto e le parti interessate).
Sommario:
1. Un’indispensabile premessa 2. Il test di praticabilità e le sue finalità
3. La check-list e l’allegato recante l’indicazione per la formulazione delle proposte alle parti interessate 4. Il Protocollo di conduzione della composizione negoziata
5. Conclusioni: la vera sfida
1. Un’indispensabile premessa
Nell’ambito dello strumento della composizione negoziata, al decreto di-rigenziale del 28 settembre 2021 del Ministero della Giustizia è affidato un compito importante per la gestione della crisi e precisamente fornire chiare indicazioni all’imprenditore e all’esperto perché il tentativo possa essere condotto senza incertezze in tempi rapidi e con efficacia.
Per comprenderne l’esigenza e le finalità occorre risalire alla composizio-ne assistita del CCII e alle perplessità che erano sorte sulla sua concreta efficacia. Le misure di allerta del CCII avrebbero dovuto trovare nella fase volontaria della composizione assistita lo strumento per affrontare una crisi intercettata con tempestività. Invero, l’intervento del collegio degli esperti era poco disciplinato ed anzi le scarne indicazioni contenute nel-la norma presentavano più di un profilo di contraddittorietà: da una par-te infatti, il collegio degli esperti, su richiesta dell’imprenditore, avrebbe dovuto assisterlo (artt. 16, comma 1, e 18, comma 4, CCII) e redigere una relazione aggiornata sulla sua situazione (art. 19, comma 2, CCII); dall’altra, attestare la veridicità dei suoi dati (art. 19, comma 3, CCII) esponendosi, il collegio, al rischio di auto riesame dell’operato svolto; avrebbe inoltre dovuto individuare le misure (art. 18, comma 4, CCII) e negoziare accanto al debitore (art. 19, comma 1, CCII). In altre parole, da una parte avrebbe assistito l’imprenditore, dall’altra si sarebbe dovuto porre con il necessario agnosticismo dell’attestatore. Invero, il corpo normativo si limitava all’in-dicazione del contenitore lasciando indefinito il contenuto; quest’ultimo sarebbe stato tutt’al più oggetto delle buone pratiche che con il tempo si sarebbero formate. Nella fase iniziale ciascun collegio avrebbe dovuto indagare il proprio ruolo, anche alla luce delle richieste ricevute dall’im-prenditore, e domandarsi come condurre le attività senza in ciò disporre di alcun modello di riferimento. Da parte sua l’imprenditore che vi avesse fatto ricorso sarebbe stato abbandonato a se stesso, privo di indicazioni sul come prepararsi al più efficace impiego dello strumento. Fino a quan-do non si fossero formate le buone pratiche, il limitato tempo disponibile al collegio degli esperti per concludere le proprie attività sarebbe stato utilizzato per riuscire ad orientarsi e per permettere all’imprenditore di colmare le carenze informative, assai probabili in assenza di una chiara individuazione delle informazioni occorrenti. Chi scrive1 era rimasto isolato nel sostenere, da una parte, l’esigenza di definire protocolli di azione del Collegio dell’OCRI e, dalla parte opposta, di cercare di individuare il per-corso preparatorio che l’imprenditore avrebbe dovuto compiere prima di
1. R. Ranalli, Le misure di allerta – dagli adeguati assetti sino al procedimento avanti all’OCRI, Milano, 2019, p. 206 e ss.
richiedere l’intervento dell’OCRI.
In questa situazione, non conoscere in anticipo come il collegio dell’OCRI avrebbe agito e che cosa avrebbe richiesto all’imprenditore sarebbe stato sufficiente ad indurre quest’ultimo (o meglio i professionisti di sua fiducia) a temere l’insuccesso della composizione assistita, dissuadendolo dall’af-frontare il percorso.
Lo strumento della composizione negoziata del D.L. 118/2021, sotto que-sto profilo, tenta un radicale cambiamento di paradigma, cercando di in-trodurre un approccio metodologico e pragmatico nel superamento della crisi d’impresa attraverso la negoziazione. La conduzione di trattative in via informata attraverso la presenza di un esperto terzo ed imparziale con-sente anche al tribunale, nei numerosi giudizi previsti dal decreto, di co-gliere dal contraddittorio2 con i creditori e l’esperto l’effettiva concretezza delle prospettive di risanamento.
Il decreto dirigenziale previsto dal comma 3 dell’art. 3, interviene sul pun-to attraverso una serie di indicazioni pratiche rivolte a tutte le imprese, agli operatori e alle parti interessate, reperibili nella parte della piattafor-ma telepiattafor-matica accessibile al pubblico. Tali indicazioni arricchiscono con suggerimenti operativi di dettaglio il ruolo dell’esperto e l’intero percorso di risanamento. Si tratta di quattro distinti documenti costituiti dal test pratico di verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, dalla check-list (lista di controllo) particolareggiata per la redazione del piano di risanamento e l’analisi della sua coerenza, dal protocollo di conduzione della composizione negoziata, nonché dalle indicazioni per la formulazio-ne delle proposte alle parti interessate. Essi hanno lo scopo di guidare im-prenditore ed esperto nella composizione negoziata.
Il test e la check-list rispondono, tra l’altro, a quanto richiesto dalla Diretti-va Insolvency3 . che sollecita gli Stati membri a rendere disponibili online informazioni sugli strumenti di allerta precoce e liste di controllo partico-lareggiate per i piani di ristrutturazione, la direttiva dice “specialmente”
adeguate alle esigenze delle PMI e di agevole consultazione, recanti indi-cazioni per la loro redazione. Non può sottacersi che, a ben vedere, gli stru-menti di allerta di cui agli artt. 13 e 15 CCII mancavano sia della precocità necessaria, che di qualsivoglia indicazione operativa per la redazione di piani di ristrutturazione. Con particolare riferimento alla precocità, si deve dubitare che la struttura delle due norme consentisse un’adeguata tempe-stività, in quanto le soglie di rilevanza sia degli indicatori di natura esterna, che quelli di natura interna erano necessariamente tarate a livelli tali da 2. L. Panzani, Il D.L.”Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in dirittodellacrisi.
it, 25 agosto 2021.
3. Dir. EU 2019/1023, art. 8 par. 2 e considerando 17, nonché art. 3 par. 4 e conside-rando 22.
evitare il proliferare di ‘falsi positivi’. Il punto debole del sistema era infatti quello di rimettere, in ultima istanza, ad un algoritmo o ad un’indicazione quantitativa di sintesi l’individuazione dello stato di crisi al cui manifestarsi si sarebbero attivati, in automatico, una serie di conseguenze.
In tempi straordinari di pandemia tutto ciò avrebbe rischiato di portare schiere di imprese alla deriva. Ciò nonostante da più parti ci si lamenta del rinvio degli strumenti e delle misure di allerta del CCII4, ravvisando la perdita di un’importante opportunità per il sistema. Si trascura però che un’allerta che fosse stata fondata sulle segnalazioni passive, interne od esterne, ancorate a prefissate soglie di rilevanza, prima ancora di essere necessariamente tardiva, sarebbe stata inefficace, perché l’impresa tra-scinata di fronte all’OCRI, vi sarebbe arrivata per lo più impreparata e ciò sarebbe stato sufficiente a condurre l’imprenditore su un piano inclinato al cui termine vi sarebbe potuta essere la liquidazione fallimentare5. Ci si dimentica troppo spesso che la tempestività del risanamento dipen-de in primo luogo dalla volontà di affrontarlo. La composizione dipen-della crisi necessita, infatti, di una forte determinazione dell’imprenditore nel trovare una soluzione alle proprie difficoltà. Chi scrive ritiene che il primo a per-cepire lo stato di difficoltà sia quasi sempre lo stesso imprenditore; egli vi arriva prima dell’organo di controllo sulla base di elementi oggettivi, tanto basici quanto efficaci: ad esempio, il calo degli ordini, se esso assume ca-rattere strutturale, o il momento in cui la flessione delle risorse finanziarie diventa critica. Se ciò nonostante, egli rimane inerte, cosa che spesso ac-cade, il motivo, al di fuori di comportamenti che rientrano nella patologia e che fortunatamente non sono così frequenti, deve essere ricercato al-trove. L’imprenditore, e prima di lui i suoi professionisti di fiducia, esita ad intraprendere un percorso, quello del risanamento con gli strumenti della legge fallimentare, in quanto percepisce la certezza di costi elevatissimi a fronte della forte incertezza di un esito favorevole: ai suoi occhi, il rischio minore è quello di perdere l’azienda; più spesso quello di un lungo ed ac-cidentato percorso che porta al fallimento.
Sono sostanzialmente questi gli ostacoli che la composizione assistita, per la mancata coerenza nella definizione del ruolo e dei compiti del collegio degli esperti, non avrebbe superato.
L’imprenditore per accedere tempestivamente ad un strumento di com-posizione tempestiva della crisi deve trovare risposte alle sue legittime e comprensibili perplessità che possono essere sintetizzate nei seguenti interrogativi: ricorrendovi, non rischio di generare ulteriori sospetti presso i fornitori o i clienti? L’esperto che verrà nominato saprà come agire? Quali sono le probabilità di successo?
Il decreto dirigenziale aiuta l’imprenditore a rimuovere queste perplessità.
Il Protocollo di conduzione delle negoziazioni gli permette di conoscere in anticipo come si muoverà l’esperto; come meglio si vedrà in appresso, gli permetterà anche, ad un esame più attento, di cogliere il valore associato al fatto che l’esperto sia chiamato ad operare in modo imparziale rispetto a tutte le parti coinvolte. La check-list e gli esempi delle proposte che po-trà formulare alle diverse parti interessate gli chiariranno come perseguire il risanamento. Il test di praticabilità, infine, gli permetterà di valutare ex ante se “risulta ragionevole il risanamento dell’impresa” (art. 2, comma 1) e, finanche, di comprendere se, all’esito della prima convocazione o in un momento successivo, l’esperto potrà o meno ravvisare la sussistenza di
“concrete prospettive di risanamento dell’impresa”.
Invero, la perplessità dell’imprenditore di fronte alla composizione assisti-ta era anche un’altra: l’assenza di un’adeguaassisti-ta “cassetassisti-ta degli attrezzi” che consentisse di porre rimedio alle criticità dell’impresa. Le misure premiali di cui all’art. 14 (ed in particolare (i) la rateazione del debito tributario, (ii) la possibilità di ottenere la finanza prededucibile, (iii) quella di ottenere la de-roga all’art. 2560, comma 2, c.c., indispensabile per poter cedere anche solo 4. F. Lamanna, Nuove misure sulla crisi d’impresa del D.L. 118/2921: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il “de prufundis” per il sistema di allerti, in Il fallimenta-rista, 25 agosto 2021.
5. R. Ranalli Adeguatezza degli assetti organizzativi. ‘Indicatori’ e prevenzione della crisi tra tecnica e diritto, in Atti del Convegno: Crisi d’impresa, prevenzione e gestione dei rischi: nuovo codice e nuova cultura, Courmayeur 20-21 settembre 2019, Milano 2021, p. 57 e ss.
un ramo di azienda, (iv) la richiesta della rinegoziazione di alcuni contratti se indispensabile per la continuità aziendale, (v) la possibilità di ottenere finanziamenti da altre imprese del gruppo evitando la loro postergazione, (vi) il trascinamento rafforzato dei creditori non aderenti previsto dall’art.
11, comma 2, (vii) la possibilità stessa di circoscrivere l’automatic stay solo ad alcuni creditori) hanno l’ulteriore valenza di costituire gli attrezzi che potranno essere utilizzati allorquando necessari.
2. Il test di praticabilità e le sue finalità
Il test di praticabilità è volto a consentire, sia all’imprenditore che all’e-sperto, una valutazione preliminare della complessità del percorso per il superamento delle proprie difficoltà. Si tratta di una valutazione che può essere svolta anche in assenza di un piano d’impresa; è sufficiente dispor-re di una stima, dispor-realistica per quanto sommaria, dell’andamento a dispor-regime dell’impresa. Essa costringe l’imprenditore a seguire un iter logico che lo conduce ad una disamina critica della sua situazione, prescindendo da elementi non ricorrenti che possono, in particolare in questo momento storico, inquinare i dati contabili (ci si riferisce agli effetti del lockdown e a quelli di talune norme emergenziali).
Rispetto ad algoritmi di sintesi, quali il noto Z.Score di Altman6, e ai prodot-ti di intelligenza arprodot-tificiale, accumunaprodot-ti dal fatto che i razionali sottostanprodot-ti sono difficilmente padroneggiabili da fruitore non evoluto, la struttura del test, il significato della composizione dei suoi singoli addendi e la rilevan-za quantitativa dei loro effetti è immediatamente percepibile, al punto che il lettore può comprendere dalla sua disamina dove e come agire per riportare l’impresa in equilibrio finanziario ed assicurarne la sostenibilità economico-finanziaria7.
La finalità del test è quella di rendere evidente il grado di difficoltà che deve essere affrontato per nel risanamento dell’impresa. L’esercizio gli permetterà di determinare il debito che deve servire e di commisurarlo ai flussi che può porre annualmente al servizio dello stesso, compren-dendo se sussista l’esigenza, e nel contempo la sua misura, del rafforza-mento di tali flussi attraverso l’adozione di iniziative in discontinuità ri-spetto al passato.
Il debito è la somma di quello scaduto e di quello in scadenza (tendenzial-mente nei successivi due anni), ridotto degli interventi straordinari che è in grado di attuare (ad esempio, aumenti a pagamento del capitale sociale e dismissione di cespiti superflui), mentre i flussi sono quelli che, secondo la migliore valutazione dell’imprenditore, possono essere posti al servizio dello stesso. Essi sono desunti dall’andamento corrente, tenendo conto, laddove occorra, dell’esito delle iniziative industriali in corso di attuazione o che l’imprenditore intende adottare.
In termini invero riduttivi, la logica sottostante al rapporto è quella del tempo occorrente per rientrare del debito: maggiore esso è, più arduo è il risanamento. Quando il risultato del rapporto tra debito e flussi al suo servizio è particolarmente elevato, la continuità aziendale presenterebbe maggiori rischi di insuccesso e, nei casi più gravi, potrebbe essere perse-guita solo in via indiretta attraverso la cessione dell’azienda. Nemmeno la cessione dell’azienda potrebbe però essere sufficiente, dovendo essere comunque associata al raggiungimento di un accordo con i creditori per la riduzione dell’esposizione debitoria all’ammontare delle risorse che ne deriverebbero. Sotto questo profilo saranno sufficienti pochi incontri con i creditori per cogliere la praticabilità o meno del risanamento; in caso con-trario non si instaurerebbe nemmeno una vera e propria trattativa.
Il test non deve essere considerato alla stregua degli indici della crisi dell’art. 12 CCII. Per quanto esso presupponga che l’impresa sia in equi-librio economico o, per lo meno, che sia in grado di raggiungerlo, la sua 6. Fundamental Ratios and Market Values, 1968
7. La sostenibilità economica è stata ritenuta priva di ogni ancoraggio concettuale ed operativo (P. Liccardo, Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in Giustizia Insieme, 6 settembre 2021); in realtà essa è espres-samente prevista nei principi contabili (§ 32 dell’OIC 9) e all’art. 10, par. 3 della Diret-tiva Insolvency.
assenza è rilevante nel solo caso in cui l’impresa sia in difficoltà o in crisi, in quanto il mero disequilibrio economico, in assenza di un disequilibrio finanziario, anche solo prospettico, non comporta una situazione di crisi certa o probabile.
3. La check-list e l’allegato recante l’indicazione per la formulazione delle proposte alle parti interessate
Il risanamento richiede che l’imprenditore disponga di un piano d’impresa correttamente redatto e funzionale allo scopo. Il decreto dirigenziale ne sottolinea l’esigenza sia dal momento in cui egli decida di intraprendere il percorso di risanamento, pur precisando che la sua presenza non è impre-scindibile. Il piano d’impresa che assume la natura di piano di risanamento è, infatti, l’elemento che consente di definire la strategia da adottare e di misurarne in via prognostica gli effetti. È solo attraverso tale esercizio che potranno essere formulate alle parti interessate proposte adeguate per ricondurre alla sostenibilità il debito esistente8.
Non tutte le imprese dispongono però di un piano e molto spesso, an-che quando ne dispongono, esso non ha i requisiti necessari allo scopo. Il che è aggravato dal fatto che la redditività compromessa dell’impresa può necessitare dell’individuazione di iniziative in forte discontinuità rispetto al passato; ciò è fonte di complessità ulteriore e di incertezza maggiore nel conseguimento dei risultati prospettati. Obiettivo del risanamento è sempre quello di rendere sostenibile il debito attraverso i flussi liberi che possono essere posti al servizio dello stesso. Se un’impresa genera risul-tati operativi negativi essa distrugge valore e per ottenerne il risanamento occorre che venga innanzitutto recuperata la redditività. Il che impone un cambiamento di passo, un diverso agire rispetto al passato. Pur essendo sempre importante che la redazione del piano segua un processo rigoro-so; il rigore diventa vieppiù fondamentale quanto più si rendano necessa-rie iniziative in discontinuità.
L’iter logico è comune a quello che sorregge il test preliminare di praticabi-lità del risanamento, con la differenza che mentre quest’ultimo reca stime sommarie (essendo solo volto a comprendere la complessità del processo di risanamento che l’imprenditore si accinge ad intraprende), il piano è la bussola che lo orienterà nel tempo per il raggiungimento della meta.
La redazione del piano di risanamento e l’esame della sua adeguatezza derivano dalla Lista di Controllo. Essa reca indicazioni particolareggiate volte a stimolare riflessioni da parte di chi si accinge a redigere il docu-mento, utili a tutte le imprese ma rivolte in special modo alle PMI che sono meno avvezze alla redazione di piani d’impresa.
L’esigenza di una check-list discende dal fatto che il piano non è tanto un insieme di tabelle e numeri, come talvolta si crede, ma è innanzitutto un processo che partendo dallo stato dell’impresa e dalla manifestazione delle difficoltà percepite dall’imprenditore lo conduce ad individuare le cause e le iniziative necessarie per rimuoverle. La vera essenza del piano è l’indicazione di che cosa si intende fare nella conduzione dell’impresa, del perché e del come si intende farlo. La conversione di tali indirizzi in stime quantitative viene solo dopo la definizione della fondamentale par-te programmatico-qualitativa del piano. La check-list dunque costituisce il momento di confronto critico dell’appropriatezza e del grado di affidabilità del processo seguito nella costruzione dei numeri prognostici. Si sottoli-nea in essa l’esigenza di solidità del processo seguito nel presupposto, spesso trascurato, che l’affidabilità del dato in quanto tale non esiste, e non avrebbe nemmeno senso indagarla, essendo il dato la mera conse-guenza del processo.
8. È stato osservato (A. Jorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma!, in dirittodellacrisi.it, 1 ottobre 2021), che ‘assai più incisivamente di quanto previsto per l’accesso all’OCRI, l’imprenditore deve avere già chiara, e convincente, la prospettiva di uscita dalle difficoltà, una prospettiva da affinarsi nella collaborazione tra l’esperto e i professionisti dell’imprenditore, ma già presente nella visione di costui. In tal senso, anche P. Rinaldi, La composizione nego-ziata della crisi e i rapporti con gli intermediari creditizi, in Ristrutturazioni aziendali, 9 settembre 2021.
L’importanza della check-list deriva dal fatto che, diversamente rispetto ai dati consuntivi, per i dati previsionali non esiste alcun set preconfezionato di regole valide ad ogni uso e non esiste per un banale motivo: le rego-le di dettaglio dipendono da come è conformato il modello di business, da come è in concreto strutturata l’organizzazione dell’impresa, da quali sono le linee di responsabilità e quelle di riporto, dalla mappatura delle informazioni disponibili, dalla loro fruibilità, dal vaglio dell’adeguatezza del processo di rilevazione, impiego e condivisione tra le funzioni aziendali delle valutazioni condotte. In pratica, ogni impresa costituisce un habitat originale difficilmente replicabile in vitro. Per tale motivo, il manuale per la redazione del piano d’impresa non è un paper pronto all’uso, da applicare in modo automatico.
Il percorso di definizione interna delle regole di confezionamento del piano deve essere dunque scritto dalla singola impresa. Però, per quanto alla sua scrittura vi si giunga solo gradualmente, attraverso affinamenti successivi, l’esercizio della redazione del piano può essere avviato in qua-lunque momento senza attendere la definizione delle regole interne. Sarà anzi dall’esercizio condotto in vivo dall’impresa che deriveranno le regole da adottare anche in futuro. La PMI che si accinge per la prima volta alla redazione del piano d’impresa, al pari dell’impresa di dimensioni superiori
Il percorso di definizione interna delle regole di confezionamento del piano deve essere dunque scritto dalla singola impresa. Però, per quanto alla sua scrittura vi si giunga solo gradualmente, attraverso affinamenti successivi, l’esercizio della redazione del piano può essere avviato in qua-lunque momento senza attendere la definizione delle regole interne. Sarà anzi dall’esercizio condotto in vivo dall’impresa che deriveranno le regole da adottare anche in futuro. La PMI che si accinge per la prima volta alla redazione del piano d’impresa, al pari dell’impresa di dimensioni superiori