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La ridisegnata fisiopatologia delle condotte 1. Sulle responsabilità gestorie dell’organo

di Alberto Cimolai, Dottore commercialista in Pordenone

5. La ridisegnata fisiopatologia delle condotte 1. Sulle responsabilità gestorie dell’organo

am-ministrativo

Come risulta evidente dalla ricostruzione appena esposta, la compo-sizione negoziata ridisegna considerevolmente l’ambito delle responsa-bilità gestorie degli organi di amministrazione, mantenendo ad indirizzo esclusivo dell’imprenditore il governo del patrimonio e dell’impresa (l’e-sperto, come è noto, è normativamente definito terzo rispetto a tutte le parti) ma introducendo una serie di prescrizioni selettive ad intensità cre-scente modulate sulla gravità della crisi e volte a limitarne la potenziale dannosità.

In realtà, a ben vedere, non siamo in presenza di precetti particolarmen-te restrittivi rispetto alle ordinarie regole societarie; evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’impresa come gestire l’impresa nel prevalente interesse dei creditori (le due previsioni dell’art. 9), sembra-no infatti condotte immanenti al dovere di agire con diligenza di cui all’art.

2392 cod. civ., al dovere di conservazione dell’integrità del capitale sociale preveduto dall’art. 2394 cod. civ. e al rispetto del principio di corretta am-ministrazione regolato dal successivo art. 24034.

Un po’ meno chiara appare tuttavia la motivazione che ha indotto il Senato all’approvazione dell’emendamento che, riformulando il primo comma dell’art. 9, ha previsto, in caso di insolvenza, l’obbligo di gestione dell’impresa conformato al prevalente interesse dei creditori nell’ipotesi in cui esistano concrete prospettive di risanamento; come se, nel caso que-ste ultime non esique-stessero, la condotta gestoria potesse viceversa deviare da quell’obbligo di tutela.

È infatti del tutto evidente che, nel caso di mancanza di prospettive di recupero dell’equilibrio economico finanziario, in crisi o insolvente che fos-4. Cosi, in riferimento al dovere di agire evitando il pregiudizio alla sostenibilità eco-nomico-finanziaria dell’impresa, anche A. Rossi in Composizione negoziata nella crisi d’impresa, 25.10.2021 in dirittodellacrisi.it.

se l’imprenditore, si genererebbe l’obbligo in capo all’esperto (ex art. 5 co.

5) di avviare il procedimento di archiviazione della composizione; e, atteso il decorso fino a questo evento della sospensione della causa di sciogli-mento della società (ex art. 8 co. 1), contestualmente rivivrebbero gli obbli-ghi di gestione conservativa dell’impresa imposti dall’art. 2486 cod. civ. che rappresentano, appunto, il principale presidio posto a tutela dei creditori.

Considerato il testo originale del decreto, che prevedeva obblighi ge-stori solo in caso di probabilità di insolvenza, limitandoli al non pregiudizio della sostenibilità economico-finanziaria dell’attività, si può pensare che, di fronte ad un’indicazione gestoria esclusivamente business oriented che lasciasse il presidio ai creditori devoluto alla sola doppia interlocuzione imprenditore-esperto prevista dai successivi commi 2, 3 e 4, dunque di natura sostanzialmente informativa, si sia voluto introdurre un chiaro ri-chiamo valoriale inserendo la precisazione che, in caso di insolvenza, l’in-teresse prevalente virasse dalla sostenibilità dell’impresa alla protezione dei creditori5.

Precetti, tuttavia, per nulla agevoli da applicare in concreto di fronte alla complessità e, soprattutto, alla stretta interdipendenza dei processi azien-dali; operando in un sistema dinamico e interconnesso potrebbe anche accadere che, nell’agire unidirezionale a presidio di uno specifico interes-se si possa finire per arrecare al soggetto tutelato, interes-seppur indirettamente, un danno.

In un simile, incerto, contesto interviene molto opportunamente il de-creto dirigenziale che, proprio al fine di indirizzare l’impresa nei diversi contesti in cui si assumono le scelte gestorie, individua gli obiettivi econo-mici a cui l’imprenditore dovrà tendere, o le condotte a cui dovrà attenersi, declinandole in riferimento alle diverse condizioni di solvibilità in cui l’im-presa potrebbe dibattersi (in crisi o insolvente).

In particolare, per quanto attiene agli obiettivi economici da assicurare in caso di (sola) crisi ed al fine di non cagionare pregiudizio alla sostenibi-lità economico finanziaria dell’impresa, il decreto precisa che non vi sarà di regola danno quando ci si attende un margine operativo lordo (MOL) positivo6 o quando, in presenza di margine operativo lordo negativo, esso sia compensato dai vantaggi per i creditori derivanti, secondo una ragio-nevole previsione, dalla continuità aziendale (che possono, esemplificati-vamente, prodursi con una più proficua gestione del magazzino o con un più efficiente incasso dei crediti, oppure permettendo il completamento dei lavori in corso, ovvero, e soprattutto, consentendo la cessione del com-pendio aziendale in funzionamento rispetto alla liquidazione atomistica dei beni che lo compongono) (sez. II° par. 7.5 decr. dirig.).

Più sfumata, viceversa, l’indicazione relativa alle condotte che non risul-tano generative di pregiudizio agli interessi dei creditori, da osservare in caso di insolvenza. In questo caso viene solo citata l’assenza di pregiudizio nell’ambito dei finanziamenti quando essi siano necessari ad assicurare la continuità aziendale e l’impresa sia in grado di rimborsarli attraverso i soli flussi derivanti dalla continuità stessa, mentre il pregiudizio è viceversa accertato quando le utilità per i creditori vengano compromesse, anche solo parzialmente, dalla maggiore esposizione debitoria derivante dal fi-nanziamento (sez. II° par. 7.8 decr. dirig.).

La motivazione di questa meno articolata esemplificazione risiede, verosimilmente, nel disallineamento temporale fra la pubblicazione del decreto dirigenziale, intervenuta in data 28.9.2021, e la (successiva) appro-vazione da parte del Senato dell’emendamento al decreto legge che dis-socia le prescrizioni gestorie nei diversi casi di crisi e di insolvenza, inter-venuta in data 13.10.2021, dissociazione che risultava assente nella prima versione della norma e che dunque il decreto dirigenziale non poteva né conoscere né, appunto, articolare.

Ma non vi è alcun dubbio che la questione più delicata sulla quale riflet-5. Sul tema delle deviazioni valoriali presenti nel decreto offre ampi spunti di rifles-sione D. Galletti in Breve storia (stucchevole) di una (contro)riforma “annunciata” ne Il Fallimentarista, ed. Giuffrè.

6. Indicatore reddituale, noto anche come Ebitda, che è definito dalla differenza fra il valore della produzione caratteristica e i costi operativi (dunque al lordo degli ammortamenti, degli oneri finanziari e di quelli tributari) e che rappresenta una fon-damentale misura di redditività della gestione industriale.

tere è rappresentata dagli effetti derivanti dalla sospensione degli obbli-ghi sull’integrità del capitale.

La norma, in particolare, sterilizza gli effetti:

- degli articoli 2446, secondo e terzo comma, e 2447 (rispettivamente per la perdita di oltre un terzo del capitale, senza e con la riduzione al di sotto del minimo legale, per le società per azioni) e di quelli regolati dagli articoli 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma e 2482-ter del codice civile (rispettivamente per la perdita di oltre un terzo del capitale, senza e con la riduzione al di sotto del minimo legale, per le società a responsabilità limitata);

- della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4) (per tutte le società di capitali) e 2545-duodecies del codice civile (per le società co-operative).

La sospensione, nelle sue diverse articolazioni, è volta a garantire che nel corso delle negoziazioni l’imprenditore non venga assoggettato agli obblighi di ricapitalizzazione o di scioglimento a fonte di perdite superiori al terzo del capitale sociale; è infatti verosimile che le condizioni patrimo-niali di chi si approssima al percorso compositivo, e forse in una rilevante quantità dei casi, risultino marcatamente compromesse e che dunque si stia per generare, se non si è già generata, la causa di scioglimento con i connessi obblighi ricostitutivi.

La norma consente in questo modo di poter integrare i provvedimenti sul capitale nell’ambito dei piani di risanamento, cosi da poterli attuare nella loro fase esecutiva; con l’ulteriore effetto che le risorse per la ricosti-tuzione potrebbero anche autogenerarsi sottoforma, ad esempio, di con-versione di debiti in capitale oppure mediante rilascio di specifici appro-priati strumenti finanziari partecipativi ovvero mediante la generazione di utili, da imputarsi a capitale, rivenienti da sopravvenienze attive originate dalla riduzione concordata di debiti. Una mutazione della regola del “ri-capitalizza o liquida” che, in questo modo, evolverebbe in “ri“ri-capitalizza, liquida o rinegozia”7.

Ricapitalizzazione che, peraltro, si risolverebbe in una sanatoria di tutte le eventuali responsabilità per danni cagionati ai creditori da perdite incre-mentali maturate anche prima della richiesta di sospensione; ciò in quanto lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediata-mente salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reinte-grazione del capitale e quindi, con il verificarsi dell’anzidetta condizione, lo scioglimento verrebbe meno con effetto ex tunc8.

La perdita del capitale riverbera però i suoi effetti anche nel perime-tro di operatività dell’art. 2484, primo comma, n. 4) (per tutte le società di capitali) e 2545-duodecies del codice civile (per le società cooperative) configurando, come è noto, una causa di scioglimento della società, con il conseguente obbligo in capo agli amministratori, in forza del disposto di cui all’art. 2486 cod. civ., di gestire la società al solo fine di conservare l’integrità e il valore del patrimonio, pena la responsabilità risarcitoria - per-sonale e solidale - per i danni arrecati a società, soci e creditori per l’inos-servanza di tale norma; precetto all’evidenza incompatibile con il percorso negoziale e il processo di risanamento che, seppur orientati al riequilibrio della situazione economico-finanziaria, presuppongono la prosecuzione dell’attività, con la conseguente accettazione di nuovo rischio d’impresa che, all’evidenza, non preclude il conseguimento di nuove perdite di ge-stione.

Ad evitare questo ulteriore impedimento, il decreto interviene con la se-conda parte dell’art. 8, inertizzando l’effetto solutorio del contratto sociale e legittimando la prosecuzione della gestione imprenditoriale senza obbli-7. Ne parla diffusamente, e criticamente, P. Liccardo nel suo Neoliberismo concor-suale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in Giustizia Insieme, che ipotizza l’introduzione (surrettizia) di questa nuova regola giudicandolo distorsiva in quanto “l’impresa in crisi si rinsalda e si consolida nei suoi assets non per nuovo capitale di rischio ma per capitale indirettamente versato dal ceto creditorio nella negoziazione”.

8. Cosi F. Platania in Composizione negoziata: misure protettive e cautelari e so-spensione degli obblighi ex artt. 2446 e 2447 c.c. (citando Cass. 22 aprile 2009 n. 9619) ne Il Fallimentarista, ed. Giuffrè.

go di mantenimento della garanzia patrimoniale né aggravi di responsabi-lità per danni incrementali.

Andranno però attentamente esaminati sia i limiti temporali che quelli

“spaziali” di questa disposizione, in quanto la sua portata non risulta del tutto illimitata e il suo utilizzo genera conseguenze che andranno altret-tanto bene valutate.

Va preliminarmente osservato come l’ottenimento della sospensione non sia soggetto ad alcuna autorizzazione o conferma, né amministrativa né giudiziale; si tratta, dunque, di una vera e propria autodisattivazione de-gli obblighi di integrità del capitale e dell’automatico sciode-glimento dell’en-te sociale conseguiti mediandell’en-te una semplice espressione di volontà, che si manifesterà formulando una dichiarazione che potrà essere resa sia con l’istanza di nomina dell’esperto sia in un qualsiasi momento successivo, e la condizione permarrà inalterata fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione

La dichiarazione andrà però pubblicata presso il registro delle imprese, solo da quel momento decorreranno infatti i suoi effetti, e questo, va detto, genererà un non marginale contraccolpo relazionale in quanto la riserva-tezza del procedimento verrà inevitabilmente compromessa; d’altra parte, è altrettanto inevitabile che di tale perdita di garanzia vengano resi edotti coloro che accordano credito sul presupposto della sua legale esistenza e persistenza.

Per quanto viceversa attiene alle dimensioni “spaziali” della sospensio-ne, gli unici presidi posti a fronte di un’illimitata espansione delle perdite (incrementali) di patrimonio risiedono nelle precise condizionalità gesto-rie prevedute dal primo comma dell’art. 9, segnatamente nella preclusione al pregiudizio della sostenibilità economico-finanziaria dell’impresa o, in caso di insolvenza, all’interesse dei creditori.

Entro questi limiti, e dunque entro i confini della sostenibilità economi-co-finanziaria dell’impresa in crisi, saranno sopportate perdite incremen-tali se ed in quanto coerenti, e dunque finalizzate, all’esecuzione del piano di risanamento.

Solo in caso di insolvenza le perdite incrementali dovranno orientarsi verso l’interesse dei creditori, e dunque saranno introitabili solo se il risul-tato che si prefigurano è rappresenrisul-tato non tanto, o non solo, dal risana-mento dell’impresa ma (verosimilmente) da un maggior realizzo in sede di liquidazione.

Sarà dunque un preciso compito dell’esperto, preliminarmente edot-to della volontà di compimenedot-to di un atedot-to incoerente o dannoso e, dopo l’espressione di un eventuale dissenso, successivamente informato della sua esecuzione, non intervenire ovvero iscrivere il dissenso presso il re-gistro delle imprese ovvero ancora, nel caso più estremo, ossia quando l’atto dovesse compromettere le prospettive di risanamento, darne notizia all’imprenditore e alla struttura camerale per far disporre l’archiviazione della composizione.

E di tali atti e condotte gli amministratori ne risponderanno specificata-mente a creditori, soci o terzi in forza del disposto di cui agli articoli 2392 e seguenti cod. civ., posto che, come ricorda anche l’ultima parte del 1° com-ma dell’art. 9 (e con l’ulteriore richiamo, posto all’art. 12 in tecom-ma revocatorio, in ordine agli atti, i pagamenti e le garanzie, dannosi o incoerenti, compiuti nel corso del procedimento compositivo), restano del tutto ferme le re-sponsabilità dell’imprenditore.

Ma mentre danni specifici, rivenienti da atti lesivi o incoerenti, potranno essere sempre arrecati e quindi divenire risarcibili - inespresso, espresso o pubblicato il dissenso dell’esperto che sia - non potrà viceversa ritenersi mai inoperante la sospensione della responsabilità per perdite d’impresa incrementali, posto che il suo limite temporale si estende, incondizionato, fino alla conclusione delle trattative o, se antecedente, all’archiviazione della negoziazione.

Ma a questi fini andranno meglio approfonditi gli effetti connessi agli obblighi di natura informativa.

Ricordiamo che il quadro informativo che l’imprenditore è tenuto a condividere con l’esperto risulta estremamente ampio e particolareggiato;

esso dovrà infatti fornire a quest’ultimo, se richieste, tutte le informazioni utili o necessarie (art. 4 co. 2), rappresentare la propria situazione in modo

completo e trasparente (art. 4 co. 5), informarlo preventivamente della sua intenzione di compiere atti di straordinaria amministrazione (art. 9 co. 2) ovvero di eseguire pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle pro-spettive di risanamento (art. 9 co. 2) e, infine, condividere immediatamente l’intervenuto successivo compimento di atti straordinari nonché di paga-menti incoerenti in ordine ai quali l’esperto abbia espresso il dissenso (art.

4 co. 4).

Risulta del tutto evidente la finalità di questa condivisione: l’esperto è te-nuto ad operare una valutazione costante e concomitante sull’andamento della gestione in quanto, se e quando dovesse rilevare la compromissione delle prospettive di risanamento, le trattative e la composizione dovranno essere immediatamente interrotte. Appare dunque assolutamente centra-le che l’informativa finanziaria gli pervenga in modo integro, compcentra-leto e trasparente, e non risultino in alcun modo omesse notizie rilevanti.

Ma, per la delicatezza e l’importanza risolutiva di queste informazioni, è proprio in quest’ambito che potrebbero generarsi resistenze, opacità o vere e proprie dissimulazioni.

Ci si riferisce a tutte quelle passività certe o ancora potenziali, note all’imprenditore, che potrebbero essere celate o sottostimate per evitare che possano squilibrare o compromettere il risanamento e, con esso, il (già di per sé delicato e incerto) percorso negoziale.

Si citano, solo esemplificativamente, possibili garanzie rilasciate a clien-ti o a terzi che l’imprenditore cela in quanto, diversamente, si renderebbe-ro necessari apprenderebbe-ropriati accantonamenti; giacenze di magazzino dichia-rate utilizzabili in realtà legate a prodotti o processi in dismissione; crediti dichiarati esigibili ma, in realtà, connessi a forniture in contestazione; ri-chieste di risarcimento non rese manifeste, controversie con il personale non ancora approdate in giudizio, irregolarità tributarie o previdenziali non ancora formalmente accertate, danni ambientali commessi ma non anco-ra rilevati dalle autorità di controllo, e cosi via.

Appare evidente che, se l’omissione di una o più di queste informazioni risultasse determinante nel fuorviare il giudizio dell’esperto sulla perse-guibilità del risanamento, ci troveremmo di fronte ad un avvio, o ad una prosecuzione, del percorso compositivo carente di una imprescindibile condizione giuridico-economica e dunque del tutto illegittimo; e se si ri-levasse che la conoscenza degli elementi dissimulati si era rivelata deter-minante nel provocare l’archiviazione del procedimento, mentre lo stesso è stato comunque avviato o proseguito, potrà legittimamente sostenersi che la sospensione degli obblighi sull’integrità del capitale, se dichiarata, era illegittima e dunque inefficace fin da allora proprio per l’avveramento di una delle due condizioni terminali.

E, per l’effetto, fin da quel momento si dovranno considerare riespansi gli obblighi di ricostituzione del capitale e riattivata la clausola di sciogli-mento della società, con la conseguente reviviscenza delle prescrizioni in ordine alla gestione conservativa e alla responsabilità per danni da ag-gravamento.

5.2. Sulle responsabilità dell’organo di controllo

La segnalazione della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza rappresenta solo in apparenza il primo degli obblighi a cui ri-sulta soggetto l’organo di controllo dal decreto legge.

Va infatti considerato che, con l’introduzione nel marzo del 2019 della riscrittura dell’art. 2086 del codice, gli obblighi di rilevazione tempestiva della crisi, unitamente agli obblighi organizzativi per renderla efficace, ha reso la rilevazione degli squilibri economico-finanziari che la precedono - per il tramite della vigilanza sull’adeguatezza degli assetti organizzativi di cui è onerato dal disposto di cui all’art. 2403 cod. civ. – uno degli obblighi centrali ascritti all’organo di controllo.

Dal combinato disposto delle due normative, l’art. 15 del d.l. n. 118 e il 2°

comma dell’art. 2086, si desume che sarà proprio la segnalazione prevista dall’art. 15 la reazione naturale dell’organo di controllo di fronte alla rileva-zione degli squilibri economici o finanziari; segnalarileva-zione che, se tempesti-va, eviterà il decorso delle responsabilità per eventuali danni incrementali

successivi allo scioglimento della società per perdita del capitale mentre, se tardiva, di quel decorso ne segnerà unicamente la cessazione.

Ben più complessa si rivela, viceversa, l’individuazione delle responsa-bilità derivanti da omissione o inadeguatezza nel controllo sulle condotte dell’imprenditore successive all’avvio della composizione negoziale.

Al tradizionale quadro dei controlli sul rispetto della legge, dello statuto e delle regole aziendali, si sommeranno infatti, rientrandovi, le necessarie verifiche sull’osservanza delle condizionalità gestorie e sul rispetto degli obblighi informativi da parte dell’imprenditore.

Il controllo sul rispetto delle condizionalità si svolgerà seguendo i tra-dizionali schemi codificati nelle regole professionali e riferibili ai controlli cd. concomitanti che il collegio esercita mediante la partecipazione alle sedute degli organi di governo collegiali9 (ovvero mediante controlli perio-dici intensificati per le verifiche necessariamente ex post in caso di organi unipersonali10 ) e dovrà essere particolarmente accurato nella valutazione di coerenza di atti e i pagamenti con il mantenimento dell’equilibrio eco-nomico-finanziario; a questo fine sarà dunque imprescindibile:

1. l’esistenza di un piano aziendale ad orientamento prospettico che as-sicuri il raggiungimento di margini operativi lordi positivi (o, se negativi, che evidenzi se e come essi possano essere compensati dai vantaggi con-seguibili dalla continuità che, diversamente, andrebbero perduti) al quale poter riferire la coerenza dei singoli atti o pagamenti;

2. un pressochè costante monitoraggio degli scostamenti dalle previ-sioni di piano al fine di poter tempestivamente intercettare l’approssimar-si dello stato di insolvenza, al manifestarl’approssimar-si del quale l’approssimar-si genererà l’inver-sione delle priorità con il sovraordinamento gerarchico dell’interesse dei creditori rispetto all’equilibrio economico-finanziario dell’impresa;

3. in tale ultimo caso, la conseguente rifasatura del piano in modo tale da assicurare, oltre ai margini lordi positivi (o negativi compensati), la reversibilità di detto stato e, medio tempore, il necessario rispetto delle legittime clausole di prelazione, obiettivo imprescindibile della tutela dei creditori.

Oggetto di particolare attenzione da parte del collegio dovrà risultare anche l’osservanza dell’interlocuzione preventiva con l’esperto in ordine agli atti di straordinaria amministrazione, ovvero i pagamenti incoerenti ri-spetto alle trattative o alle prospettive di risanamento, nonché l’immediata comunicazione successiva sul compimento di quelli in ordine ai quali l’e-sperto abbia manifestato il dissenso.

Mentre l’interlocuzione preventiva potrebbe tuttavia risultare un evento fisiologico, sicuramente per gli atti straordinari ma anche per quelli inco-erenti in quanto potrebbero legittimamente generarsi valutazioni discor-danti, l’esecuzione di atti straordinari o pagamenti incoerenti in contrasto con il parere dell’esperto potrebbe viceversa rivelarsi causativa di danno risarcibile (oltre che non garantire l’esenzione da revocatoria se il dissenso

Mentre l’interlocuzione preventiva potrebbe tuttavia risultare un evento fisiologico, sicuramente per gli atti straordinari ma anche per quelli inco-erenti in quanto potrebbero legittimamente generarsi valutazioni discor-danti, l’esecuzione di atti straordinari o pagamenti incoerenti in contrasto con il parere dell’esperto potrebbe viceversa rivelarsi causativa di danno risarcibile (oltre che non garantire l’esenzione da revocatoria se il dissenso

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