1. “Nuova finanza” e gestione dell’impresa
In linea di principio la concessione di “nuova finanza”, intesa come la messa a disposizione di linee di credito precedentemente inesistenti o co-munque non operative, può costituire tanto un atto di gestione ordinaria dell’impresa; quanto un atto di amministrazione straordinaria.
Possono essere esempi della prima ipotesi le linee di credito cc.dd. “au-toliquidanti”, in quanto funzionali a rendere liquide disponibilità
finanzia-22. A. Dentamaro, op. cit., 11.
23. Per ciò che concerne la equiparazione, dal punto di vista della problematica qui in discussione, dei “pagamenti” agli atti di amministrazione straordinaria, v. infra, Parte IV, n. 2.
24. Infra, Parte IV, n. 3.
rie già acquisite dall’impresa – con l’esecuzione delle prestazioni regolate dai clienti in modo dilazionato -, ma scadenti in un momento successivo.
Possono essere esempi della seconda ipotesi i finanziamenti a medio/
lungo termine funzionali a sostenere degli investimenti rappresentanti atti di amministrazione straordinaria, per l’importo; per la natura; per il ca-rattere non ricorrente.
L’imprenditore che abbia chiesto ed ottenuto l’accesso alla “Composi-zione negoziata” della crisi di impresa non soffre di alcun limite nel com-pimento di atti anche di amministrazione straordinaria, compresi quelli aventi carattere finanziario: nel senso, che i relativi effetti sono opponi-bili senza riserve ai creditori ed ai terzi in genere (cfr. art. 9, co. 1, d. l. n.
118/2021).
Le conseguenze di ciò sono rappresentate principalmente dalle circo-stanze che:
a) le obbligazioni assunte dall’imprenditore, anche in conseguenza di un finanziamento qualificabile atto di straordinaria amministrazione, non accompagnato da alcun “accorgimento”, generano passività legittimate a concorrere con tutte quelle degli altri creditori; e
b) le garanzie costituite dall’imprenditore, anche attraverso atti ritenuti rientranti nella amministrazione straordinaria, saranno pienamente oppo-nibili agli altri creditori.
Diversi sono invece i presupposti di conseguibilità della “esenzione” da revocatoria25 .
IV. La “finanza bancaria” straordinaria (e i
“pagamenti”)
1. La disciplina dei finanziamenti comportanti il com-pimento di atti di straordinaria amministrazione
Fermo quanto già segnalato in merito alla validità ed opponibilità “sen-za riserve” degli atti (anche di finanziamento) posti in essere nel corso della “Composizione negoziata” della crisi d’impresa nonostante l’eventua-le carattere di straordinarietà, occorre immediatamente segnalare che la appartenenza dell’atto (o del finanziamento) posti in essere dall’imprendi-tore all’area della amministrazione straordinaria dell’impresa non è irrile-vante, allorché se ne intenda esaminare la disciplina.
Ferma restando, come detto, la validità e la opponibilità degli effetti dell’atto “a prescindere”, la legge tuttavia prevede per tale fattispecie:
(i) l’obbligo di informazione preventiva all’esperto, in forma scritta (art.
9, co. 2);
(ii) la segnalazione all’imprenditore ed all’organo di controllo, da parte dell’esperto e sempre per iscritto, dell’eventuale opinione circa la attitudi-ne dell’atto ad “arrecare pregiudizio al creditore, alle trattative o alle pro-spettive di risanamento” (art. 9, co. 3);
(iii) l’obbligo di informazione dell’esperto dell’eventuale compimento dell’atto, nonostante il dissenso ricevuto (art. 9, co. 4),
(iv) l’iscrizione del dissenso dell’esperto nel Registro delle Imprese, en-tro 10 giorni (dalla comunicazione del compimento dell’atto non condivi-so), possibile – in via generale -; o necessaria, “quando l’atto pregiudica gli interessi dei creditori”;
(v) la segnalazione della iscrizione del dissenso dell’esperto nel Regi-stro delle Imprese al Tribunale che avesse autorizzato “misure protettive”
in favore dell’imprenditore, per la loro eventuale revoca;
(vi) la soggezione dell’atto alle azioni revocatorie di cui agli artt. 66 e 67 l. fall., nell’ipotesi di iscrizione del dissenso dell’esperto nel Registro delle Imprese (ovvero nell’ipotesi di rigetto della richiesta di autorizzazione che fosse stata rivolta al Tribunale).
Con riguardo a quest’ultimo effetto ci si può domandare se la consegui-ta adesione dell’esperto al compimento dell’atto di straordinaria ammini-strazione programmato dall’imprenditore (oppure, comunque, la mancata pubblicizzazione del dissenso dell’esperto nel Registro delle Imprese) 25. A. Dentamaro, op. cit., 11.
possa essere valutata come “garanzia” di “permanenza” del beneficio esentativo; oppure se, in ogni caso, la ricorrenza dei presupposti per il suo riconoscimento possa essere soggetta alla valutazione discrezionale del Tribunale che fosse successivamente investito della revocatoria proposta contro l’atto in questione. Non è dubbio che la risposta debba essere indi-rizzata tout court ad escludere l’ammissibilità stessa dell’azione revocato-ria: nel caso contrario sarebbe inevitabile pretendere una modifica norma-tiva che preveda anche per il beneficio della esenzione da revocatoria un
“passaggio” di carattere giudiziale.
2. La disciplina dei “pagamenti”
Come già detto, pare opportuno segnalare la circostanza che in base al combinato disposto dagli atti 9, co. 2, e 12, co. 3 d. l. n. 118/2021 pare di poter concludere che i “pagamenti” siano assimilati sempre, per il profilo che interessa in questa sede, agli atti “di straordinaria amministrazione”.
Per essere esentati dall’azione revocatoria fallimentare ex art. 67, co. 2, l.
fall., infatti, non devono soltanto risultare “coerenti” con le trattative e con le prospettive di risanamento (art. 12, co. 2): ma devono anche (i) essere og-getto di informativa preventiva all’esperto (art. 9, co. 2); nonché (ii) essere accompagnati dalla condivisione da parte di questi, ovvero – per lo meno – dalla mancata pubblicizzazione del suo eventuale dissenso.
Si pongono a tale proposito alcune questioni connesse alla concreta applicazione della disciplina, così come rappresentata.
In primo luogo occorre stabilire se la “restrizione” rappresentata dalla equiparazione dei “pagamenti” agli atti di straordinaria amministrazione sia circoscritta a quelli che, pur posti in essere dopo la apertura del pro-cedimento, riguardino debiti pregressi; oppure si estenda anche a quelli estintivi di debiti sorti “in corso” di procedimento. La logica privilegerebbe la prima soluzione: ma la prudenza deve consigliare la seconda.
Oltre a ciò, occorre stabilire se la informativa preventiva, e la condivisio-ne (ovvero mancata pubblicizzaziocondivisio-ne dell’eventuale dissenso) dell’esper-to, possano riguardare anche pagamenti “seriali” – quindi essere, rispet-tivamente, attuate e conseguite una tantum –: oppure debbano trovare attuazione di volta in volta. L’esempio più ricorrente potrebbe essere rap-presentato dal pagamento di fatture, ricevute bancarie od altri titoli anti-cipati dalla banca in esecuzione di un contratto di credito “autoliquidante”
(proseguito perché già in essere, ovvero concluso ex novo), risultati inso-luti per il mancato pagamento da parte del “debitore ceduto”. La risposta che si fa preferire – se non in via generale, per lo meno per la fattispecie rappresentata e quelle alla stessa riconducibili – è la risposta positiva: l’au-torizzazione una tantum al regolamento degli eventuali insoluti dovrebbe bastare per tutta la durata delle trattative in corso, fino alla chiusura del procedimento.
3. La formalizzazione della adesione (o della inten-zione di non pubblicizzare l’eventuale dissenso) dell’esperto
Rimane infine da stabilire quale forma possa assumere la decisione dell’esperto, concernente la scelta di non dare pubblicità al proprio even-tuale dissenso, per garantire la operatività della protezione esentativa dall’azione revocatoria ex art. 67, co. 2, l. fall., sottraendo l’atto di straordina-ria amministrazione (anche bancastraordina-ria) programmato al rischio di un futuro assoggettamento alla revocatoria.
Atteso che il confronto tra imprenditore ed esperto, sulla condivisio-ne o meno dell’atto di straordinaria amministraziocondivisio-ne programmato, deve svolgersi per iscritto; e che ugualmente deve assumere forma scritta la comunicazione dell’imprenditore all’esperto di intendere porre in essere l’atto contestato nonostante il dissenso ricevuto; si deve ritenere che l’im-prenditore possa chiedere (ed abbia il diritto di ottenere) la risposta finale dell’esperto circa la ritenuta ricorrenza dei presupposti per dare corso alla publicizzazione del proprio dissenso con la prevista iscrizione nel Registro
delle Imprese.
Una volta ricevuta una risposta che prefigura il ricorso alla pubblicità descritta, l’imprenditore rimarrà libero di dare definitiva esecuzione alla propria decisione, compiendo ugualmente l’atto contestato, che rimarrà perfettamente valido (ed opponibile ai creditori), ma esposto al rischio (di tutti gli atti posti in essere nel contesto di una situazione di “crisi”, e cioè) di essere assoggettato ad una futura azione revocatori (la noma evoca gli artt. 66 e 67 l. fall., ma non si può escludere la permanente applicabilità del-le altre disposizioni della revocatoria “fallimentare”, nonché quella dell’art.
2901 cod. civ).
Una volta ricevuta invece una risposta che andasse nella direzione di escludere l’iscrizione del dissenso nel Registro delle Imprese, la eventuale proposizione di una successiva azione revocatori (di cui all’art. 67, co. 2, l.
fall.) dovrebbe essere giudicata inammissibile tout court.
V. I finanziamenti prededucibili
1. La prededuzione nella “Composizione negozia-ta” della crisi d’impresa
Diversamente da quanto disposto per i “Piani Attestati” (ed in analogia, invece, con quanto disposto per gli “Accordi di Ristrutturazione” e per il Concordato preventivo) la disciplina della “Composizione negoziata” della crisi d’impresa prevede altresì l’ ipotesi dell’attribuibilità del collocamento
“in prededuzione” ad una serie di crediti sorti nel corso del relativo pro-cedimento, alla condizione che i relativi “atti” risultino funzionali “rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori”. Come detto, tale effetto può riguardare esclusivamente i crediti derivanti da “fi-nanziamenti”, purché autorizzati dal Tribunale26 : e precisamente:
(i) finanziamenti assunti da terzi in genere;
(ii) “finanziamenti – soci”;
(iii) finanziamenti assunti da una o più società appartenenti al “grup-po” dell’impresa versante nella “Composizione negoziata”, come delineato dall’art. 13. d.–l. n. 118/2021.
Oltre a tutto ciò, per l’ipotesi di accesso al procedimento di “Compo-sizione negoziata” della crisi da parte di una impresa appartenente ad un gruppo societario, i finanziamenti eseguiti in favore delle controllate ovvero delle società sottoposte a comune controllo sono esclusi dalla postergazione di cui agli articoli 2467 e 2497 – quinquies c.c., purché l’im-prenditore ne abbia preventivamente informato l’esperto designato dalla competente Commissione, e poiché costui, dopo aver segnalato che l’ope-razione può arrecare pregiudizio ai creditori , non abbia iscritto il proprio dissenso nel Registro delle Imprese (ovvero – si deve ritenere – purché l’esperto non abbia formulato un giudizio di pregiudizievolezza).
2. I presupposti della prededuzione dei “fi-nanziamenti”
L’art. 10, co. 1, d. l. n. 118/2021, afferma che il Tribunale su richiesta dell’im-prenditore, lo può autorizzare “a contrarre finanziamenti prededucibili”, ai sensi dell’art. 111 l. fall.
I presupposti fissati dalla legge sono rappresentati dunque, in primo luogo, dalla circostanza che i crediti aspiranti alla prededuzione trovino 26. Tribunale al quale è altresì riconosciuta la competenza di autorizzare l’impren-ditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più dei suoi rami “senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma”, c.c. (responsabilità solidale dell’acqui-rente per i debiti risultanti dai libri contabili obbligatori: per la corrispondente disci-plina della vendita dell’azienda bancaria o di suoi rami nell’ambito delle procedure concorsuali bancarie v. S. Bonfatti, Risoluzione della banca “in crisi”: la responsabilità degli “Enti Ponte“ (e delle banche incorporanti) è regolata dalla disciplina della ces-sione d’azienda, in Rivista di Diritto Bancario, luglio 2018; ID., La responsabilità degli
“enti ponte” (e delle banche incorporanti) per le pretese risarcitorie nei confronti delle
“quattro banche” (vantate dagli azionisti “risolti”, e non solo), ivi, novembre 2017 – fermo però restando il disposto dell’art. 2112 c.c. -: cfr. art. 10, co. 1, lett. a), d. l. n. 118.
origine in “finanziamenti”: non potendo conseguire tale effetto, invece, i crediti prodotti da “forniture”; prestazioni di servizi; o altro 27.
Un secondo presupposto è rappresentato dalla “funzionalità degli atti [di finanziamento] alla continuità aziendale” e dalla “migliore soddisfazio-ne dei creditori”.
L’acquisizione del parere dell’esperto non è obbligatoria: ma si deve ri-tenere che sarà ugualmente sistematica (e potenzialmente condizionante il segno del provvedimento del Tribunale).
Il giudice (in Composizione monocratica) può avvalersi di “ausiliari”, ai sensi dell’art. 68 cpc: il provvedimento pronunciato è soggetto a reclamo davanti al Tribunale (e del collegio non può fare parte il giudice che lo ha pronunciato).
La prededuzione così disposta troverà la propria disciplina nelle dispo-sizioni dettate dall’art. 111 l. fall.
3. Le modalità di esercizio della prededuzione
L’art. 12, co. 1, d. l. n. 118/2021 dispone che “gli atti autorizzati dal Tribuna-le ai sensi dell’articolo 10 conservano i propri effetti se successivamente intervengono”: (i) un Accordo di Ristrutturazione omologato; (ii) un Con-cordato Preventivo omologato; (iii) un Fallimento; (iv) la L.C.A.; (v) la Am-ministrazione Straordinaria; (vi) ovvero, infine, il “Concordato Semplificato”
disciplinato dagli articoli 18 e 19.
Da ciò si deve trarre la conclusione che il principio (che sarà) affermato dal CCII, secondo il quale “la prededucibilità permane anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali”, in parte non trova applicazione (per ciò che concerne la esercitabilità della prededuzione nell’ambito di un “concorso” aperto dall’avvio di una procedura esecutiva individuale); in parte trova una applicazione più circoscritta (alle procedure di Composizione della crisi espressamente menzionate e) “consecutive”.
La prededuzione non opera nel corso dello svolgimento del procedi-mento di “Composizione negoziata”, essendo esso interessato dal regime dell’adempimento delle obbligazioni secondo la loro scadenza e non in base alla loro natura28.
La prededuzione opera nel contesto di una “procedura di crisi” (tra quel-le menzionate) “consecutiva”: ma ciò origina il probquel-lema della individua-zione di quali “masse” subiscono l’effetto della necessaria postergaindividua-zione ai crediti prededucibili così formatisi.
4. Segue. Il soddisfacimento dei crediti prededuci-bili, sorti nel procedimento di “Composizione ne-goziata”, nel concorso con i creditori e successivi
Nel diritto vigente manca la previsione delle modalità con le quali dare esecuzione alle disposizioni che attribuiscono il collocamento in prededu-zione ai crediti derivanti da finanziamenti erogati in funprededu-zione, nel corso, ovvero in esecuzione di una procedura di Composizione negoziale della crisi d’impresa nel momento in cui – poniamo, nell’ambito del fallimento consecutivo finale – questi abbiano a dover concorrere con crediti sorti dopo l’intervenuta chiusura della procedura – non essendo scontato che il concorso finale si apra contemporaneamente alla cessazione del proce-dimento pendente -.
L’attribuzione della prededuzione ai crediti per i quali sia disposta la
“permanenza” (più o meno accentuata) di tale effetto “premiale” comporta la postergazione di tutti i crediti pregressi (tralasciando per ora, e in questa sede, il problema dei crediti bensì pregressi ma assistiti da garanzie reali e per i quali dovrebbe comunque trovare l’applicazione la regola contenu-ta nell’art. 111-bis, co. 3, l. fall.) al preventivo soddisfacimento integrale dei crediti prededucibili.
27. Per la nozione di finanziamento ritenuta preferibile v. supra, Parte II.
28. In argomento v. anche L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del Covid, in dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021.
Ove si ritenesse che i crediti prededucibili de quibus debbano trova-re una collocazione ptrova-refetrova-renziale, nella procedura “concorsuale”, rispetto all’intero passivo fallimentare, comprensivo dei debiti sorti dopo la chiu-sura della “Composizione negoziata” – per esempio, in conseguenza di un
“contratto” ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett a), d. l. n. 118/2021; o di una Conven-zione di moratoria poi finita nel nulla; eccetera -, si dovrebbe dare luogo al soddisfacimento preventivo dei primi, e poi al soddisfacimento dei secon-di in concorso con i cresecon-diti pregressi29.
Ove si ritenga invece – come a chi scrive appare preferibile – che la prededuzione ex artt. 10 d. l. n. 118/2021 riguardi il concorso dei finanzia-tori della “Composizione negoziata”, con i (soli) credifinanzia-tori pregressi rispet-to alla sua apertura, la necessaria postergazione di cosrispet-toro ai crediti così prededucibili ne implicherebbe la postergazione anche rispetto a tutti i creditori successivi: perché i crediti prededucibili, che si dovessero rite-nere pur concorrenti con i crediti posteriori all’omologazione (nell’ipotesi che non si ritenga che debbano essere anteposti anche a questi!), non potrebbero avere trovato soddisfacimento integrale (come condizione per la partecipazione al riparto dei crediti pregressi postergati) se non in concomitanza con il corrispondente soddisfacimento integrale anche dei creditori successivi.
Risultando tale conclusione difficilmente accettabile – non avendo avu-to a suo tempo i crediavu-tori pregressi alcun elemenavu-to di valutazione su quale avrebbe potuto essere l’entità finale complessiva dei crediti successivi alla chiusura del procedimento di “Composizione negoziata” (diversi da quelli per i quali fosse espressamente prevista la collocazione in prededuzione);
e che nell’ipotesi qui presa in considerazione sarebbero destinati a riceve-re anch’essi un soddisfacimento priceve-refericeve-renziale rispetto all’indebitamento pregresso – , pare necessario dare esecuzione alla prededuzione qui presa in considerazione attraverso una tecnica diversa da quella ricavabile dalla semplice antergazione / postergazione di categorie di creditori30 .
Tale tecnica può essere rappresentata dall’ammissione dei crediti pre-gressi a concorrere anch’essi nella ripartizione del ricavato dalla liquida-zione “fallimentare” – quindi, insieme ai crediti prededucibili (nel nostro caso, in quanto derivanti da finanziamenti erogati in base alla richiamata disposizione comportante tale effetto “premiale”); ed insieme ai crediti maturati successivamente in corso di esecuzione del contratto o dell’ac-cordo conclusivo della “Composizione negoziata” - ma con attribuzione delle pertinenti quote di riparto ai titolari dei crediti prededucibili, sino a 29. L’idea che i crediti pregressi debbano trovare soddisfazione preferenziale sul patrimonio esistente alla data della chiusura della “Composizione negoziata”, alla stregua di un “patrimonio separato”, pare di difficile attuazione pratica (stante la pre-vedibile difficoltà di ricostruzione delle attività che lo compongono), e risulta priva di qualsiasi supporto normativo - giudicato peraltro necessario laddove il principio è stato ritenuto meritevole di affermazione: cfr. art. 12, co.3, ultima parte, l. n. 3/2012 (“Accordo di Composizione della crisi”); art. 12 – ter, co.2, ultima parte, l. n. 3/2012 (“Pia-no del consumatore”); art. 14-duodecies, co. 1, l. n. 3/2012 (“Liquidazione del patrimo-nio”) –.
30. Ricorre questa ipotesi nella fattispecie di postergazione convenzionale, pattu-ita tra i singoli creditori con efficacia per c.d. “interna”. Il fenomeno è abbastanza ricorrente nei rapporti tra banche e soci di società di capitali in cerca di nuovo so-stegno finanziario. Le banche condizionano spesso la disponibilità a concederlo alla condizione che i soci acconsentano alla postergazione dei propri crediti (derivanti, di norma, da finanziamenti pregressi) rispetto al preventivo soddisfacimento integrale della “nuova finanza” bancaria. Si comprende che in caso di assoggettamento della società ad una procedura concorsuale, la condizione del preventivo pagamento in-tegrale della “nuova finanza” bancaria assume la portata di una “postergazione uni-versale”, dal momento che al soddisfacimento integrale del passivo bancario può pervenirsi soltanto a condizione di realizzare il soddisfacimento (altrettanto) integra-le di ogni altra passività collocata nello stesso grado (di norma, al chirografo). Taintegra-le effetto non corrisponde in nulla alla volontà delle parti, che aspiravano a sacrificare il soddisfacimento dei soci al soddisfacimento integrale preventivo del solo passivo bancario, non già dell’intero passivo societario. Deve allora ritenersi che la posterga-zione convenzionale in questione comporti non già l’esclusione del credito del socio interessato dai riparti del ricavato dalla liquidazione dell’attivo societario, bensì l’attri-buzione alla banca antergata – fino a concorrenza del soddisfacimento integrale del credito antergato – delle quote di riparto spettanti al creditore-socio; e la successiva partecipazione di costui agli altri riparti, in concorso con i restanti creditori.
soddisfacimento integrale.
Questa tecnica, che dovrebbe essere quella da utilizzarsi in via generale ogni qualvolta ci si trovi di fronte a postergazioni (di norma convenzionali) a singoli creditori (ovvero a singole categorie di creditori), richiama quella prevista dall’art. 62, co.3 l. fall., in materia di obbligazioni solidali. Anche in quel caso è affermato il principio che il coobbligato solidale del fallito è
“postergato” al creditore solidale, nel senso che “il regresso … può essere esercitato solo dopo che il creditore (solidale) sia stato soddisfatto per l’in-tero credito” – art. 61, co. 2 -: ma laddove tale risultato economico non sia conseguibile con la semplice “postergazione” dell’esercizio del regresso al soddisfacimento integrale del creditore preferito – il ché accade quando un credito di regresso, sia pure parziale, è già sorto, e non può essere fatto valere che dal coobbligato solidale escusso, laddove il creditore solidale può insinuare soltanto il credito residuo: art. 62 -, il soddisfacimento pre-ferenziale integrale del creditore solidale è perseguito non già escluden-do dal concorso il soggetto destinato ad un soddisfacimento postergato, bensì disponendo che egli concorra con il creditore destinato ad essergli preferito, ma con la previsione che “il creditore ha diritto di farsi assegnare la quota di riparto spettante al coobbligato, fino a concorrenza di quanto dovutogli” (art. 62, co.3).
In tal modo i creditori pregressi risulterebbero postergati ai soli finan-ziatori dell’Accordo, o del Concordato, giacché dopo che costoro avessero ricevuto soddisfacimento integrale – anche con il concorso delle quote spettanti ai creditori pregressi – questi ultimi continuerebbero a percepire e diventerebbero legittimati a trattenere quanto così percepito.