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Gli obiettivi del legislatore

di Antonio Rossi, Associato di diritto commerciale nell’Università di Bologna

6. Gli obiettivi del legislatore

Svolta un’indagine sui “presupposti” di accesso al percorso di CNC, si tratta ora di chiedersi “a cosa serva” questo nuovo istituto. Non è così sem-plice fissare gli obiettivi che il legislatore si è dato per uno strumento di regolazione della crisi che, visto l’art. 11, può avere gli esiti più disparati, dalla chiusura di un accordo tra debitore e creditori che risolva la crisi su un piano squisitamente contrattuale (cfr. art. 11.1) ad una qualsiasi procedu-ra disciplinata dalla legge fallimentare (cfr. art. 11.3.c)39. D’altra parte, come non c’è un accertamento giudiziale dei presupposti per il ricorso alla no-mina dell’esperto, così, redatta da parte di questo la relazione finale, non c’è un provvedimento di chiusura del percorso40. Manca quindi un formale riscontro del successo della CNC e, per immaginare quali obiettivi si sia veramente dato il legislatore, può essere utile guardare alla disciplina del compenso dell’esperto, per verificare quando il risultato della sua attività sia stato così buono da meritare un supplemento di remunerazione.

Dalla lettura dell’art. 16, è agevole constatare che l’esperto arreca la massima utilità al sistema quando risolve la crisi e procura il risanamento dell’impresa (ai sensi dell’art. 11.1: individua “una soluzione idonea al su-peramento della situazione di cui all’articolo 2, comma 1) attraverso un accordo su base contrattuale, pur se mediato dall’intervento dell’autorità giudiziaria (cfr. art. 16.5). Sono i casi: (i) del contratto con uno o più creditori che sia idoneo “ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni”; (ii) della convenzione di moratoria; (iii) dell’accordo assimilabile, quanto agli effetti, al piano attestato di risanamento ex art.

67 c. 3°, lett. d), l. fall.41, dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. In queste ipotesi di uscita dalla CNC, l’esperto fruisce di un bonus pari addirittura ad un +100% del suo compenso (che diventa un + 120% in caso di sottoscri-zione da parte dell’esperto dell’accordo assimilabile al piano attestato di risanamento: cfr. art. 16.6). Si tratta di ipotesi piuttosto eterogenee, in alcu-ne delle quali veramente la chiusura del percorso avviealcu-ne sulla base della sola “forza di legge” del contratto (sono i casi del contratto di cui all’art.

11.a e dell’accordo assimilabile quoad effectum al piano attestato di risa-namento), mentre in altre occorre o è possibile l’intervento sia dell’autorità giudiziaria, sia del principio maggioritario (sono i casi della convenzione di

39. Cfr. V. Zanichelli, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in questa Rivi-sta, 26 ottobre 2021.

40. Cfr. P. Liccardo, op. cit., p. 3: “l’esito negativo della composizione negoziata è caratterizzato dall’assoluta irrilevanza concorsuale della archiviazione del procedi-mento”.

41. Resta singolarmente fuori dall’applicazione del bonus la trattativa che porti alla predisposizione di un piano di risanamento, pur non sottoscritto dall’esperto ma at-testato dal professionista indipendente ex art. 67 c. 3°, lett. d), l. fall., specie allorché il bonus, a seguito della conversione del D.L., è stato esteso anche all’ipotesi di chiusura con una domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, che richiede pur sempre l’intervento del professionista attestatore.

moratoria e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti).

In generale, tuttavia, in tali ipotesi il lavoro dell’esperto merita il mas-simo premio, considerato che la crisi è risolta con un nullo o minimo di-spiego di risorse giudiziali e sulla base di una soluzione integralmente o ampiamente condivisa dai protagonisti delle trattative.

Dal punto di vista sistemico, tuttavia, balza agli occhi anche il (minor) premio riconosciuto all’esperto “in caso di vendita del complesso azienda-le o di individuazione di un acquirente da parte dell’esperto”, pari al 10%

del compenso base e previsto dall’art. 16.3.d). Si tratta, per vero, di un bonus pari solo ad un decimo di quello riconosciuto nelle ipotesi contemplate dall’art. 16.5, ma è in sé rilevante perché consente di ritenere che, tutto sommato, il legislatore possa dirsi soddisfatto anche se, all’esito della CNC non si risolve la crisi dell’imprenditore su base negoziale ma, semplice-mente, si riesce a trovare all’azienda una collocazione alternativa rispetto a quella dell’imprenditore in crisi. Torna cioè alla ribalta la continuità azien-dale indiretta, che di per sé consente il risanamento dell’impresa, seppure nelle mani dell’imprenditore acquirente l’azienda.

Tutto ciò considerato, si può ritenere che l’esperto abbia fatto un ottimo lavoro, se ha rimediato alla crisi dell’imprenditore e così risanato anche l’impresa; ma può altresì ritenersi che abbia fatto un buon lavoro, anche se non ottimo, se ha procurato o agevolato la vendita l’azienda dell’im-prenditore in crisi o addirittura anche soltanto “individuato” un suo acqui-rente, a prescindere dalla circostanza che la crisi dell’imprenditore si sia risolta oppure no. In questo secondo caso, sembra del tutto irrilevante se la cessione avvenga nel corso o all’esito delle trattative, magari con l’autorizzazione alla disapplicazione dell’art. 2560 c. 2° c.c. prevista dall’art.

10.1.d). Anche se, individuato l’acquirente dell’azienda da parte dell’esperto, la cessione avvenga dopo la redazione della relazione finale ex art. 5.8 e nel corso di altra, conseguente procedura concorsuale, che sia un concor-dato semplificato, o un concorconcor-dato preventivo o addirittura un fallimento, la CNC avrà realizzato l’obiettivo della riallocazione dell’azienda e, dunque, del risanamento dell’impresa.

E i creditori? Può dirsi che la CNC sia funzionale anche ad un loro otti-male, se non migliore, soddisfacimento?

Sul punto occorre tenere distinti i piani. Se, infatti, le trattative si conclu-dono con un vero contratto (sono le ipotesi dell’art. 11.1.a e dell’art. 11.1.c), il soddisfacimento dei creditori sarà self-executing, perché ogni loro ade-sione corrisponderà al massimo sacrificio dagli stessi accettabile su base esclusivamente e puramente volontaria.

Al di fuori di questa ipotesi, tuttavia, non c’è spazio per introdurre il mi-gliore soddisfacimento dei creditori tra gli obiettivi che si dà la CNC42, an-che perché solo nel confronto con un piano o un accordo già perfezionato può ragionarsi di un soddisfacimento dei creditori (promesso dal piano o dall’accordo) migliore rispetto alle alternative soluzioni liquidatorie. Nel caso di specie, se l’uscita dalle trattative avviene con un contratto, come visto, non ci si pone il problema; se le trattative sfociano invece in altro strumento di regolazione della crisi, il livello di soddisfacimento dei crediti sarà quello eventualmente imposto dalla disciplina di questo strumento.

Quae cum ita sint, sembra difficile riconoscere una valenza sistemica al requisito della “migliore soddisfazione dei creditori” quale condizione per il rilascio delle autorizzazioni previste dall’art. 10, perché, in assenza di un accordo già (magari solo a grandi linee) definito, se non anche stipu-lato, sarà estremamente difficile avere un termine di paragone affidabile, anche considerato che, ad esempio, in mancanza di un vincolo di desti-nazione già pattuito con i creditori, sarà molto difficile costringere l’im-prenditore a devolvere l’intero prezzo di cessione di un ramo d’azienda al soddisfacimento dei creditori piuttosto che all’alimentazione di altra parte della continuità aziendale.

Alla fine dei conti, o i creditori trovano la loro tutela nella stipulazione di un contratto che dia loro soddisfazione, o la disciplina della CNC non offre loro particolari tutele. Anche nel caso in cui la gestione dell’impresa nel corso delle trattative sia del tutto diseconomica e foriera di distruzio-ne di patrimonio responsabile, è lecito dubitare del fatto che l’art. 9.1, pur 42. Cfr. L. Panzani, op. cit., p. 20.

come novellato dalla legge di conversione, imponga all’imprenditore la cessazione dell’attività d’impresa, se questa è funzionale alla conservazio-ne dell’azienda in esercizio al ficonservazio-ne della sua cessioconservazio-ne as a going concern.

E solo una lettura (molto) estensiva dell’art. 9.2 può condurre l’esperto a segnalare all’organo di amministrazione e all’organo di controllo, nonché alla successiva iscrizione del dissenso nel registro delle imprese se non anche alla comunicazione dello stesso al tribunale che abbia concesso misure protettive o cautelari, la conduzione di un’attività, piuttosto che il compimento di un atto, che possa arrecare pregiudizio ai creditori43.

Addirittura, come visto, un dato essenziale per consentire ai creditori di adottare scelte razionali nel corso delle trattative, quale la stima del valore di liquidazione dell’intero patrimonio del debitore, sarà acquisibile al set informativo dei creditori solo se accetteranno di condividere il co-sto della stima, con un evidente corto circuito che impedisce il dispiegarsi della credibilità della minaccia del concordato semplificato, sempre aleg-giante nello svolgimento delle trattative, minaccia che, per essere credi-bile e fungere da efficace moral suasion alla partecipazione dei creditori alle trattative, presuppone la piena conoscenza da parte dei creditori del risultato realizzabile all’esito di un percorso di liquidazione del patrimonio responsabile.

L’impressione offerta dal sistema normativo, dunque, è quella di un isti-tuto che, sempre e comunque, deve realizzare il risanamento dell’impre-sa, vero e proprio comune denominatore delle ipotesi di uscita dalla CNC che vedano “premiato” l’esperto: pur in assenza di alcuna seria aspettativa di accordo con i creditori, le trattative potranno essere condotte anche solo al fine della riallocazione dell’azienda, a prescindere dal quantum di soddisfacimento dei creditori44. Questi potranno ricevere un trattamento buono o cattivo, effettivamente negoziato o imposto da un concordato preventivo (in cui almeno vale una maggioranza di crediti) o semplificato (in cui i creditori “mandano giù” la proposta loro riservata e omologata dal tribunale): si tratta di circostanza che non incide sulle “concrete prospet-tive di risanamento” e, dunque, che non condiziona la percorribilità della CNC da parte dell’imprenditore, in un contesto firm oriented, ancor più che debtor oriented45.

7. Ma funziona?

Alla terza domanda si può tentare di dare risposta solo in relazione agli obiettivi individuati nel precedente paragrafo: un tentativo di CNC 43. V. anche S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, in dirittodellacrisi.it, 28 settembre 2021, p. 4: “L’e-sperto parrebbe chiamato a dire la sua solo sull’attività straordinaria. Sul piano delle operazioni correnti, pertanto, potrebbero consumarsi iniziative opache”.

44. V. Decreto Dirigenziale, Sezione I, par. 8: “Se la continuità aziendale può essere perseguita solo in via diretta, occorre stimare le risorse realizzabili attraverso la ces-sione dell’azienda o di rami di essa e compararle con il debito che deve essere servito per comprendere la praticabilità del risanamento”. Le ambiguità di questa parte del test sono molte; soprattutto, una volta stimate le risorse (il valore-prezzo dell’azien-da), constatato che tendenzialmente il prezzo ritraibile dalla cessione dell’azienda sarà inferiore alla massa passiva, il risanamento dell’impresa sarà comunque sempre praticabile attraverso la cessione dell’azienda, a prescindere dal soddisfacimento (in-tegrale) del debito. In tal senso sembra indirizzare l’interprete anche la Sezione III, par. 2.4, del Decreto cit.: “Se l’esperto ravvisa … la presenza di uno stato di insolvenza, questo non necessariamente gli impedisce di avviare la composizione negoziata.

Occorre però che l’esperto reputi che vi siano concrete prospettive di risanamento … perché dovranno essere valutate sulla base della effettiva possibilità di accordi con i creditori o di una cessione dell’azienda i cui proventi consentano la sostenibilità del debito. Si terrà conto del fatto che, a fronte (i) di una continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) dell’indisponibilità dell’imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) dell’assenza di valore del compendio aziendale, la probabilità che l’insolvenza sia reversibile sono assai remote indipendentemente dalle scelte dei creditori, e dunque che [solo, n.d.r.] in questi casi è inutile avviare le trattative”.

45. Cfr. V. Minervini, op. cit., p. 13: “E’ l’impresa in senso obiettivo, intesa dunque come organizzazione (e non il soggetto-imprenditore) a essere al centro del giudizio di risanabilità e, con esso, dell’azione di salvataggio volta a sottrarla alla possibile di-sgregazione a causa della pandemia”.

può essere intrapreso e proseguito se e solo se l’azienda dell’imprendito-re, nonostante la sua crisi, sia ancora appetibile ed in grado di sollecitare un “rifinanziamento” dell’imprenditore stesso o una proposta di acquisto dell’azienda. Costituisce, tutto sommato, una positiva eventualità – ma non una necessità - la conclusione del percorso di risanamento dell’impresa che si accompagni anche ad una soluzione della crisi dell’imprenditore, con uno degli accordi previsti dai commi 1° e 2° dell’art. 11 che, se del caso, comportino una ristrutturazione su base negoziale dei suoi debiti.

Si potrebbe sostenere che, come in tutti gli strumenti di regolazione della crisi, l’effettiva praticabilità della CNC dipenda dalla composizione della massa passiva o dalle esigenze della continuità aziendale o dalle altre caratteristiche dell’organizzazione che fanno di ogni impresa un uni-cum di relazioni e di problemi. Ciò che, tuttavia, caratterizza il nuovo istitu-to è che, se si condivide la conclusione testé esposta circa l’individuazione degli obiettivi, lo svolgimento delle trattative può prescindere dall’an e dal quantum del soddisfacimento dei creditori e, in ultima istanza, dall’effet-tiva possibilità di risolvere su un piano negoziale la crisi dell’imprenditore.

Data questa premessa, la CNC si presenta come uno strumento double face.

Ci saranno condizioni in cui la presenza di un esperto che agevoli la rinegoziazione di contratti e rapporti obbligatori, tramite la sua autorevo-lezza e la spinta gentile consentita dalle norme che riguardano – tra l’altro - gli obblighi delle parti, la rinegoziazione dei contratti, la spada di Damo-cle dell’alternativa liquidatoria del concordato semplificato, sarà decisiva per cogliere effettivamente il risultato di una soluzione della crisi che di-penda in gran parte dalla volontaria adesione dei creditori e marginalizzi l’intervento dell’autorità giudiziaria.

Sarà il caso, tipicamente, di un ricorso estremamente anticipato alla no-mina dell’esperto, cui giova senz’altro l’allerta prevista dall’art. 15, ben più early di quella dell’art. 14 del CCII, compromessa da una definizione di crisi tipica ex art. 2.a CCII troppo vicina all’insolvenza per potersene effettiva-mente distinguere e per imporre veraeffettiva-mente una reazione tempestiva agli organi di controllo46. Allora, si potrà immaginare che si possa rimediare alla condizione di squilibrio mediante poche rimodulazioni di rapporti obbliga-tori con un club ristretto di crediobbliga-tori o altri forniobbliga-tori di fatobbliga-tori della produzio-ne (anche i lavoratori, cui si riferisce opportunamente ed espressamente il comma 8° dell’art. 4), in un contesto dialogico che conservi una rigorosa riservatezza, se ed in quanto il tempestivo ricorso alla CNC consenta la prosecuzione dell’attività d’impresa senza dover ricorrere alle protezioni

“pubbliche” offerte dagli artt. 6, 7 e 8.

Se l’imprenditore fosse afflitto solo da una temporanea difficoltà di adempimento crisi, l’esperto potrebbe senz’altro agevolare la stipulazione di una convenzione di moratoria ex art. 182-octies l. fall. che consenta al primo di acquistare il tempo necessario al ripristino dell’equilibrio econo-mico-finanziario. Soprattutto, però, costituirà terreno naturale di ricorso (quasi necessario) alla CNC il tentativo di risolvere la crisi tramite un accor-do di ristrutturazione dei debiti, in funzione del quale magari l’imprendito-re abbia già aperto il tavolo delle trattative prima della richiesta di nomina dell’esperto. In tale situazione, l’intervento dell’esperto indipendente sarà utile a smussare gli ultimi spigoli e ad agevolare la conclusione dell’accor-do anche grazie allo scivolo offerto dall’esaltazione del principio maggio-ritario prevista dall’art. 11.247.

In questi esempi si specchia il volto virtuoso della CNC, ma purtroppo non è l’unico.

Innanzitutto, infatti, sembra evidente che le dimensioni e la comples-sità dell’organizzazione d’impresa da condurre al risanamento e la diffu-sione della crisi attraverso le entità di un gruppo di società (cui pure è dedicato l’art. 13) renderà estremamente improbabile un ricorso alla CNC che possa effettivamente risolvere la crisi dell’imprenditore o del gruppo.

46. Salvo la reviviscenza della rilevanza di una crisi atipica anche nel vigore del CCII:

cfr., se si vuole, A. Rossi, op. cit., p. 296.

47. L’art. 11.2 consente la riduzione della maggioranza richiesta per l’estensione de-gli affetti dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-septies l. fall. dal 75%

al 60%, con una sempre maggiore competitività dell’istituto rispetto al concordato preventivo.

In tali contesti, l’esperto potrebbe pensare di avvalersi generosamente dei consulenti dell’imprenditore (che possono partecipare alla conduzione delle trattative ex art. 5.5, con un significativo distacco della disciplina del D.L. dal senso di diffidenza nei loro confronti di cui è permeato il CCII e che trova plastica manifestazione nell’art. 6.3 CCII), così mutando il suo ruolo da one (super)man band a direttore d’orchestra, ma rischiando così di perdere quella indipendenza che costituisce caratteristica necessaria dell’esperto e che consiglia a questo di “avvalersi di [propri, n.d.r.] sogget-ti dotasogget-ti di specifica competenza”48, sostenendone i costi, senza potersi quindi appoggiare in toto al team di consulenti dell’imprenditore (pur te-nuti a fornire all’esperto tutte le informazioni utili e necessarie allo svolgi-mento delle trattative).

Se la CNC riguardi un’impresa poco più che piccola, quindi, il lavoro dell’esperto rischia di essere improbo a prescindere (oltre che poco remu-nerativo, se la complessità dell’impresa gl’impone di costruirsi e pagarsi una suo team di coadiutori) e fonte di potenziali sue responsabilità qua-lora, privo di veri e propri poteri di controllo della gestione, non riesca ad intercettare per tempo atti o attività dell’imprenditore pregiudizievoli per la massa dei creditori.

Ma ciò che rende veramente insidiosa la CNC è la sua utilizzabilità an-che in presenza di uno stato di insolvenza dell’imprenditore. Al di là dell’e-speribilità di un serio tentativo di stipulare un accordo di ristrutturazione dei debiti, infatti, dubito che la CNC si presti bene a governare una situa-zione di decositua-zione che realisticamente impedisca il raggiungimento di un accordo con i creditori, data la necessità di coinvolgere nelle trattative una massa di creditori privi di un coordinamento, di una regola di allineamen-to degli interessi paragonabile al principio della par condicio (cerallineamen-to non imposto nello svolgimento delle trattative), caratterizzati da propensioni alla regolazione del proprio credito del tutto soggettive ed impossibili da ricondurre ad unicum.

In questi casi, però, l’obiettivo del risanamento dell’impresa sarà comun-que perseguibile (normalmente) tramite la cessione dell’azienda, anche a prescindere dal livello di soddisfacimento dei creditori, e ciò consentirà all’esperto di condurre comunque trattative, seppure finalizzate in primis alla ricerca di un potenziale acquirente dell’azienda. Nella migliore delle ipotesi, il tempo delle trattative sarà limitato a questo minimale (ma pur

“premiato”: v. art. 16.3.d) obiettivo.

Nella peggiore, considerate le diffidenze che potrebbero comunque essere generate dall’acquisto di un’azienda da parte di imprenditore insol-vente al di fuori di una procedura concorsuale, si rischia l’intrapresa di un percorso che alla fine si traduce in una “fase di osservazione” all’esito della quale – raccolta una qualsiasi Relazione Finale dell’esperto, in cui si dia atto dello svolgimento delle trattative “secondo correttezza e buona fede”

(limitatamente all’intervento dell’imprenditore, sembra di poter sostene-re) – la CNC possa trovare sfogo nel concordato semplificato o in qualche altra procedura più acconcia alla fattispecie concreta. Quasi un surrogato extra-giudiziale del concordato “in bianco”, insomma, con le mani dell’im-prenditore lasciate però innegabilmente più libere.

Questo, se si vuole, è il lato oscuro della CNC, che può giustificare l’ap-passionata levata di scudi che si è registrata tra alcuni commentatori, specialmente di estrazione giurisprudenziale49. Di certo, abbiamo a che fare con un istituto estremamente flessibile, destinato ad introdurre nella panoplia degli strumenti di governo della crisi una modalità d’intervento unica per ampiezza di applicazione nell’ordinamento nazionale, destinata ad imprenditori commerciali ed agricoli, grandi e piccoli50, organizzati in

48. Peraltro, a loro volta “non legati all’impresa o ad altre parti interessate all’ope-razione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale”, nel testo dell’art. 4.2 risultante dalla conversione in legge del D.L.

49. Ci si riferisce soprattutto a F. Lamanna, Nuove misure sulla crisi d’impresa del

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