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di Massimo Montanari, Ordinario di diritto processuale civile nell’Università di Parma

Il presente lavoro si prefigge l’obiettivo di illustrare e coordinare tra loro le diverse disposizioni che trovano posto all’interno del D.L. n. 118/2021 in funzione regolatrice dei rapporti tra il nuovo strumento, nell’occasione coniato, della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa e le molteplici procedure che popolano la galassia dell’ordinamento concorsuale italiano.

Sommario:

1. Notazioni introduttive: le ragioni del problema

2. I rapporti con le procedure liquidatorie: a) la sfera applicativa della norma regolatrice 3. Segue: b) l’inserimento della norma regolatrice nel quadro delle misure protettive 4. Segue: c) il contenuto della norma regolatrice

5. I rapporti con le procedure compositive

1. Notazioni introduttive: le ragioni del problema

Se il nuovo istituto, introdotto dal D. L. 24 agosto, 2021, n. 118, convertito, con modifiche, nella L. 21 ottobre 2021, n. 147, della composizione negozia-ta per la soluzione della crisi d’impresa dovesse fungere esclusivamente, come suggerito dalla lettera dell’art. 2, comma 1, del testo normativo in questione, da strumento per “l’aggressione tempestiva”1 delle situazioni di difficoltà economico-finanziaria non ancora degenerate nella vera e pro-pria crisi o insolvenza2, il problema, cui è dedicato il presente lavoro, dei rapporti di detta composizione negoziata con i procedimenti regolati dal diritto concorsuale vigente non avrebbe chiaramente ragione di essere, dal momento che, trattandosi di procedimenti invariabilmente radicati su una situazione di crisi o insolvenza già in atto, diversi ne risulterebbero automaticamente i presupposti applicativi.

Le cose, però, non stanno nel modo che si è appena ipotizzato. Come recita testualmente la relazione illustrativa del citato decreto, l’intento che ha mosso il legislatore nell’approntare l’inedita figura della composizione negoziata è stato quello di mettere a disposizione delle imprese in diffi-coltà un nuovo strumento deputato non soltanto a “prevenire l’insorgenza di situazioni di crisi” ma anche ad “affrontare e risolvere tutte quelle situa-zioni di squilibrio economico-patrimoniale che, pur rivelando l’esistenza di una crisi o di uno stato di insolvenza, appaiono reversibili”. E questa ul-teriore, e forse addirittura preminente, dimensione funzionale dell’istituto è attestata da molteplici spunti normativi, in primis, quello rappresentato dall’art. 11 D.L. n. 118 del 2021, il quale, nel tracciare un ampio ventaglio dei possibili epiloghi delle trattative condotte nel segno dello strumento in esame, vi include anche, e a tacer d’altro, l’accesso, inconcepibile in difet-to della sussistenza di un autentico stadifet-to di crisi o d’insolvenza, a taluna

“delle procedure disciplinate dal regio decreto n. 267 del 1942, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39“

(comma 3, lett. c)3.

1. L’espressione è mutuata da F. Santangeli, Il D.L. 118/2021. Spunti per la conversio-ne, in dirittodellacrisi.it, 21 settembre 2021, p. 2.

2. La legittimazione ad attivare l’istituto in rassegna è difatti riconosciuta, dalla nor-ma cui s’è appena fatto riferimento nel testo, all’“imprenditore […] che si trova in con-dizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza”.

3. Nel senso per cui, dello strumento in esame, potrebbero avvalersi anche imprese che già versino in stato di crisi o d’insolvenza, v. pure L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021, p. 12; S. Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in www.ristrut-turazioniaziendali.ilcaso.it, 23 agosto 2021, p. 7 ss.; R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’e-ra Dnell’e-raghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, ivi, 8 settembre 2021, p. 3 s. Per conclusioni parzialmente divergenti sul punto, incentrate sul rilievo

Il problema dei rapporti della composizione negoziata con le procedure che compongono l’ordinamento concorsuale ha dunque motivo di esse-re posto; e senz’altro giustificata si dimostra pertanto la pesse-reoccupazione, avvertita dal legislatore, di dettare una regolamentazione di quei rap-porti, nella consapevolezza altresì che, non essendosi certo messo capo, con l’introduzione della composizione negoziata, a una nuova species di procedura concorsuale4, non sarebbe stato possibile rinviare, a quel fine, all’elaborazione giurisprudenziale in tema di rapporti tra fallimento e con-cordato preventivo o accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis L. fall. né, tantomeno, alle indicazioni di sistema che si possono ricavare, sul punto, dall’art. 7 CCII.

Detta regolamentazione è stata impostata sul filo, per certi versi ob-bligato, della classica distinctio tra procedure liquidatorie e procedure compositive, giacché è evidente che dove, come è per le procedure del secondo tipo, il potere d’iniziativa competa in esclusiva a quel medesimo soggetto, ossia il debitore, che ha l’esclusiva dell’attivazione del nuovo strumento di prevenzione/regolazione della crisi, diverse e, giocoforza, fortemente semplificate siano le questioni destinate a venire in gioco rispetto alle ipotesi (leggi: procedure del primo tipo) dove il potere d’ini-ziativa è riconosciuto anche a soggetti terzi. Ai rapporti con le procedure liquidatorie è dedicata la disposizione di cui all’art. 6, comma 4, D.L. n. 118 del 2021; mentre è al successivo art. 23, comma 2, che occorre fare riferi-mento per i rapporti con le procedure compositive: ed è appunto su queste norme che, fugato, si spera, ogni dubbio circa la loro rispondenza a un’ob-biettiva necessità, dobbiamo ora focalizzare lo sguardo. Non senza, invero, aver previamente rilevato come interferente sulla presente materia sia anche la disposizione del summenzionato art. 11, ult. comma, del decreto in rassegna, dove il legislatore, come s’è visto, senza distinguere tra l’una e l’altra categoria di procedure concorsuali e scontando l’eventualità che le intavolate trattative non siano in grado di produrre l’auspicato risultato di una soluzione negoziale della crisi, prevede che a segnare l’epilogo del percorso della composizione negoziata, ove ancora, del caso, formalmen-te in atto, possa essere la domanda di accesso, da parformalmen-te dell’imprenditore, ad una delle procedure regolate dalla L. fall. ovvero all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nell’una o nell’altra (v. al pros-simo § 2) delle sue distinte configurazioni5.

della mancanza di elementi testuali veramente risolutivi nella direzione qui accolta e della presenza, per contro, di spunti di segno contrario, si veda peraltro la diffusa trattazione di A. Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa, presupposti e obiettivi, in dirittodellacrisi.it, 25 ottobre 2021, p. 3 ss.

4. Sul punto, in luogo di altri, v. S. Ambrosini, op. cit., p. 11 s.; ad avviso di Guidotti, op.

cit., p. 14, non sarebbe implausibile distinguere in proposito a seconda che vi sia stato o meno intervento del giudice, con inquadramento entro il genus delle procedure concorsuali ove ricorra la prima ipotesi.

5. Per l’analoga disciplina degli effetti, sulla composizione negoziata della crisi delle

2. I rapporti con le procedure liquidatorie: a) la sfera applicativa della norma regolatrice

Ai sensi del menzionato art. 6, comma 4, D.L. n. 118 del 2021, “dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 [sul significato di questo riferimento, v. al successivo § 3] e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza di-chiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata”.

I provvedimenti giurisdizionali espressamente richiamati dalla disposi-zione ne rivelano la diretta attinenza ai rapporti della composidisposi-zione nego-ziata con le procedure di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza, tanto nella versione “ordinaria” di cui al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, che in quella “speciale”, riservata alle imprese di più rilevanti dimensioni di cui al D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, conv., con modifiche, nella L. 18 febbra-io 2004, n. 39. Ma l’àmbito applicativo della medesima richiede, da parte dell’interprete, una più puntuale ridefinizione.

In particolare, se, come scolpito nella norma appena riportata, la pro-posizione dell’istanza di cui al relativo comma 1 viene ad ergersi quale impedimento (sulla cui natura e valenza dovrà indagarsi nel successivo

§ 4) rispetto all’apertura delle procedure di fallimento, liquidazione coat-ta amministrativa e amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, questo non sembra, però, possa valere con riguardo alle ipote-si in cui la liquidazione coatta non riposa sul fondamento dell’insolvenza o, comunque, di una situazione di dissesto economico dell’imprenditore, bensì sopravviene come risposta e sanzione nei confronti della violazione di obblighi comportamentali attinenti alla governance dell’impresa, ossia è chiamata a far fronte a una situazione qualificabile nei termini onnicom-prensivi della “crisi di legalità”6: ciò, almeno, nella misura in cui sia dato ritenere che d’ostacolo all’apertura della liquidazione coatta in siffatte cir-costanze e con siffatte funzioni non possa rilevare neppure uno strumen-to di composizione negoziale della crisi ben più strutturastrumen-to e presidiastrumen-to di quello in rassegna, come il concordato preventivo7. Resta inteso che, una volta avviata la procedura di liquidazione coatta per effetto dell’apposito decreto dell’autorità amministrativa – cui, a quel punto, può naturalmente seguire la dichiarazione giudiziale dello stato d’insolvenza, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 202 L. fall. -, una trattativa dell’imprenditore con i cre-ditori in vista della sistemazione del proprio dissesto non abbia più alcun senso di essere, così da rendere impercorribili le vie della composizione negoziata e inevitabile decretarne l’archiviazione

Ancor più problematica si palesa la definizione dei rapporti con l’ammi-nistrazione straordinaria riservata alle imprese di più rilevanti dimensio-ni. A differenza dell’amministrazione straordinaria “di diritto comune”, la procedura, nel caso ora in considerazione, non si radica sulla declaratoria giudiziale dello stato d’insolvenza, bensì sull’istanza di c.d. ammissione immediata, rivolta dall’imprenditore medesimo all’autorità amministrativa competente – oggi: Ministero dello Sviluppo Economico –, e sul conforme decreto ministeriale, cui la declaratoria giudiziale in questione è destinata a sopravvenire in funzione di consolidamento dei relativi effetti. Orbene, non può escludersi che, dopo aver presentato l’istanza di cui ora s’è detto, l’imprenditore ritorni sui propri passi e decida di intraprendere un percorso di uscita o sistemazione dalla/della crisi in via negoziale. Ma questa scelta è attuabile anche una volta che l’autorità amministrativa abbia decretato l’avvio della procedura? Per quanto accreditata dalla littera legis, una ri-imprese sotto soglia, della domanda di accesso del debitore ad una delle procedure riservate a quella tipologia di imprese, v. sub art. 17, comma 6, D.L. n. 118 del 2021.

6. Per questa locuzione, v., in luogo di ogni altro, S. Bonfatti, La liquidazione coatta amministrativa nel nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – I. Struttura della nuova disciplina, in dirittodellacrisi.it, 14 maggio 2021, p. 3.

7. Cfr. C. C. Costa, sub Artt. 2-3 L.F., in AA. VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da Jorio e coordinato da M. Fabiani, I, Bologna, 2006, p. 81 s.; G. D’Attorre, Manuale di di-ritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2021, p. 393; R. Battaglia, Liquidazione coatta amministrativa e fallimento, in AA. VV., Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. Jorio, I, Milanofiori Assago (MI), 2016, p. 303 s., con ulteriori e più risalenti riferimenti.

sposta affermativa all’interrogativo or formulato appare francamente im-proponibile: basti, in proposito, tener presente come il disegno normativo della composizione negoziata si regga sul presupposto che l’imprenditore abbia la piena disponibilità del proprio patrimonio e della propria impresa, laddove, nel caso, si avrebbe a che fare con un soggetto che versa in stato di spossessamento pieno e che la gestione di patrimonio e impresa vede integralmente affidata al commissario straordinario nominato con il prov-vedimento amministrativo di cui si discorre.

Non sembra quindi avventato opinare che la valenza impeditiva dell’i-stanza di nomina dell’esperto investito della composizione negoziata ab-bia già e direttamente spiegarsi nei confronti del decreto ministeriale di ammissione immediata all’amministrazione straordinaria, anziché del suc-cessivo accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza. Una forzatura, indubbiamente, del dato testuale: ma non si vedono alternative a quello che sarebbe l’absurdum di un negoziato “in affiancamento” al commis-sario straordinario; senza contare che non si tratterebbe, comunque, di forzatura eccessiva, visto che con un divieto di far luogo alla declaratoria giudiziale dello stato d’insolvenza si avrebbe in ogni caso a che fare, sia pure come effetto riflesso dello sbarramento opposto in prima battuta al provvedimento amministrativo che ad essa declaratoria prelude.

Nel sancire la possibilità di accedere alla composizione negoziata an-che per i c.d. imprenditori sotto soglia, come tali soggetti alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, l’art. 17, comma 7, D.

L. n. 118 del 2021 rinvia, in quanto compatibili, a una serie di disposizioni dello stesso testo normativo, tra cui il presente art. 6. Naturale verrebbe, pertanto, pensare che l’inibitoria ivi comminata con espresso riguardo alle sentenze di fallimento o accertamento dello stato di insolvenza debba operare anche nei confronti del decreto di apertura della liquidazione del patrimonio di cui agli artt. 14 ter ss. L. 27 gennaio 2012, n. 3. Ma a smentire questa supposizione è sopravvenuta la riscrittura, attuata in sede di con-versione in legge del decreto n. 118/2021, del relativo art. 23, comma 2, che ha visto estesa alla domanda di apertura della liquidazione la stessa efficacia, quale causa di improponibilità dell’istanza di avvio della compo-sizione negoziata (v. amplius infra, § 5), che la norma già riannodava alle domande di ammissione al concordato preventivo e di omologa degli ac-cordi di ristrutturazione.

Ad essere valorizzato in tal senso è stato, verosimilmente, quel profilo, che accomuna la liquidazione del patrimonio alle procedure compositive testé richiamate, rappresentato dalla legittimazione (tendenzialmente: v.

appresso) esclusiva del debitore a promuovere la procedura: circostanza, a ben vedere, non decisiva, se solo si considerano e confrontano le scelte, di cui s’è appena dato atto, compiute dal legislatore sul versante dell’ammini-strazione straordinaria per le imprese insolventi di più rilevanti dimensio-ni, dove parimenti vige una regola di legittimazione esclusiva del debitore ad attivare la procedura, senza, per questo, che sia inibito ad esso debitore di instare per la composizione negoziata dopo essersi rivolto all’autorità ministeriale per l’ammissione immediata alla procedura medesima.

Se quanto appena osservato può rappresentare motivo di critica, in ra-gione degli elementi di discrasia sistematica che ne risultano, nei confron-ti della revisione di cui è stata in parte qua oggetto la disposizione dell’art.

23, comma 2, D.L. n. 118 del 2021, altrettanti spunti critici non possono in-vece ritrarsi da quell’ulteriore circostanza costituita dalla presenza, nel si-stema specifico della liquidazione del patrimonio, di ipotesi in cui il potere di iniziativa è riconosciuto anche ai creditori del soggetto sovraindebitato.

Parliamo infatti dei casi, di conversione nella liquidazione di alternative procedure di sovraindebitamento non andate a buon fine, di cui all’art. 14 quater L. n. 3 del 2012, dove alla composizione negoziata non dovrebbe essere concesso spazio alcuno, stante la sperimentata impercorribilità, nell’occasione, delle vie negoziali di soluzione della crisi dell’impresa.

3. Segue: b) l’inserimento della norma regolatrice nel quadro delle misure protettive

Il divieto temporaneo di pronunciare il fallimento o addivenire alla di-chiarazione giudiziale dello stato d’insolvenza nei confronti

dell’imprendi-tore che abbia promosso la composizione negoziata della crisi risponde in pieno al modello normativo delle così definite misure protettive, quale tracciato a livello dell’art. 2, lett. p), CCII nei termini di quelle che sarebbero le “misure temporanee disposte dal giudice competente per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza”. E sistematicamente ineccepibile si dimostra, pertanto, la scelta operata dai conditores del D.L. n. 118 del 2021 di inquadrare la disposizione istitutiva di detto divieto all’interno di quell’art. 6 dello stesso decreto che, in una al successivo art. 8, l’intero palinsesto delle misure pro-tettive connesse all’avvio della composizione negoziata viene a dispiega-re. Senza dimenticare l’opportunità di una comminatoria espressa di tale divieto, evitando, dunque, di postularlo come implicitamente ricompreso in quello dettato in via generale con riguardo alle azioni esecutive, l’appar-tenenza al cui genus dell’azione per la declaratoria di fallimento o per l’ac-certamento dello stato d’insolvenza del debitore è tutt’altro che incontro-vertibile, come attesta il dibattito apertosi sul punto in sede di definizione dell’orbita applicativa del divieto di agire in executivis posto in relazione alle istanze di ammissione al concordato preventivo e, soprattutto, di omo-loga degli accordi di ristrutturazione8.

Se in toto partecipe dei profili funzionali che contrassegnano le misu-re in discorso, l’inibitoria in esame se ne discosta sensibilmente, però, in quanto attiene al relativo regime processuale.

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 6, comma 1, il debitore ha il potere di provocare automaticamente lo spiegamento delle misure protettive ivi re-golate – inammissibilità/improcedibilità delle azioni esecutive e cautelari esperibili o già pendenti nei suoi confronti; divieto di acquisizione di diritti di prelazione non concordati con esso debitore -, mediante la mera propo-sizione, e annessa pubblicazione nel registro delle imprese, della richiesta di applicazione di quelle misure medesime, da presentarsi congiuntamen-te all’istanza di nomina dell’esperto o con atto successivamencongiuntamen-te deposi-tato9. Al fine di preservare in vita quelle misure ed evitarne l’immediata caducazione, il debitore è però gravato dell’onere, a mente del successivo art. 7, comma 1, di chiederne la conferma al giudice, con ricorso presen-tato a pena di decadenza nello stesso (o, comunque, non oltre il) giorno della pubblicazione della predetta richiesta e dell’accettazione dell’esper-to: ricorso che vale ad investire il giudice adito del potere, in alternativa a quello di conferma, di revoca o modifica delle misure dianzi venute in essere nonché di determinazione (e, del caso, rimodulazione) del relativo periodo di durata.

Ebbene, di questo complessivo regime, l’inibitoria relativa alla dichiara-zione di fallimento o all’accertamento giudiziale dello stato d’insolvenza condivide solamente il tratto iniziale. Come sancito mediante il richiamo compiuto all’istanza di cui al comma 1 del presente art. 6, anche ai fini dell’innalzamento di quella barriera preclusiva è necessaria, ma, al contem-po, sufficiente, un’apposita richiesta della parte interessata, da formularsi congiuntamente all’istanza di nomina dell’esperto o con atto successivo.

A partire da quel momento, però, le cose cambiano radicalmente e, v’è da aggiungere, pour cause. È di solare evidenza come un’eventuale apertura del fallimento o di altra procedura di liquidazione varrebbe automatica-mente a decretare la fine dell’esperimento, dianzi promosso, di composi-zione negoziata per la solucomposi-zione della crisi. E poiché non è pensabile che le sorti di quell’esperimento possano essere in balìa delle scelte rimesse al giudice intorno all’operatività e alla durata di una determinata misura pro-tettiva, il legislatore ha stabilito che, una volta calata, la suddetta barriera preclusiva debba tassativamente protrarsi “fino alla conclusione delle trat-tative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata”, con tutto quanto ciò significa, in termini di: a) emancipazione della misura dai limiti temporali di durata di cui all’art. 7, commi 4 e 5; b) sottrazione della stessa 8. Per i dovuti ragguagli in merito a questo dibattito, sia consentito rinviare a M.

Montanari, La protezione del patrimonio dell’imprenditore in crisi, in AA. VV., Il ruolo del professionista nei risanamenti aziendali, a cura di M. Fabiani e A. Guiotto, Torino, 2012, p. 160 ss.

9. Analoghi automatismi caratterizzano la produzione degli effetti protettivi di cui al successivo art. 8.

ai poteri giudiziali di revoca e abbreviazione della durata di cui al comma 6 dello stesso art. 7; c) insussistenza dell’onere di chiederne la conferma in sede giudiziale ex art. 7, comma 1, non essendovi ragione alcuna per sottoporre al vaglio del giudice una misura su cui lo stesso, per quanto s’è appena visto sub a) e b), non avrebbe modo di interferire.

4. Segue: c) il contenuto della norma regolatrice

La dizione testuale della norma i cui contenuti si vanno ora ad analizza-re paranalizza-rebbe suggerianalizza-re che quella ivi codificata non sia una analizza-regola d’indole processuale. La norma, infatti, non prevede che, a partire dalla proposizio-ne dell’apposita istanza ex art. 6, commi 1 e 4, D. L. n. 118 del 2021, rectius, a partire dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese, la domanda diretta alla sentenza dichiarativa del fallimento o di accertamento dello stato d’insolvenza del debitore non possa essere proposta ovvero, se già pendente, non sia proseguibile il relativo e susseguente giudizio. Dice piuttosto e semplicemente che quelle sentenze non possono essere pro-nunciate: il che farebbe pensare che quello che ivi si riconnette all’istanza in parola sia configurabile come impedimento d’ordine sostanziale rispet-to alle pronunce de quibus, il cui accertamenrispet-to non soltanrispet-to conduca alla definizione del procedimento in luogo della sua mera sospensione ma anche a una definizione per ragioni di merito e non in termini di absolutio

La dizione testuale della norma i cui contenuti si vanno ora ad analizza-re paranalizza-rebbe suggerianalizza-re che quella ivi codificata non sia una analizza-regola d’indole processuale. La norma, infatti, non prevede che, a partire dalla proposizio-ne dell’apposita istanza ex art. 6, commi 1 e 4, D. L. n. 118 del 2021, rectius, a partire dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese, la domanda diretta alla sentenza dichiarativa del fallimento o di accertamento dello stato d’insolvenza del debitore non possa essere proposta ovvero, se già pendente, non sia proseguibile il relativo e susseguente giudizio. Dice piuttosto e semplicemente che quelle sentenze non possono essere pro-nunciate: il che farebbe pensare che quello che ivi si riconnette all’istanza in parola sia configurabile come impedimento d’ordine sostanziale rispet-to alle pronunce de quibus, il cui accertamenrispet-to non soltanrispet-to conduca alla definizione del procedimento in luogo della sua mera sospensione ma anche a una definizione per ragioni di merito e non in termini di absolutio

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