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Anna Salfi*

Nel documento La discriminazione per maternità e dintorni (pagine 142-146)

Acquisite le diverse nozioni e rese più consapevoli delle sfaccettature che le discri- minazioni di genere possono avere, a me sta il compito di affrontare l’aspetto della progettazione e della realizzazione di azioni di contrasto alle discriminazioni realiz- zate o realizzabili attraverso la contrattazione collettiva.

Abbiamo visto come esista un rapporto “circolare ” tra norme, leggi e società: come, cioè, le diverse normazioni si concretizzino a valle – e come risultato – di più o meno lunghi processi sociali e come gli stessi contenuti normativi, una volta assunti e for- malizzati, determinino – a loro volta – altrettanti comportamenti e fenomeni sociali. E, tuttavia, pur essendo state – le norme antidiscriminatorie – formulate con l'inten- to di regolamentare aspetti attinenti alle relazioni sociali, spesso, nella loro messa in pratica vengono trascurate la relazione e l'interazione esistenti tra norme, culture e prassi dei dettami normativi. È questo un fatto di particolare rilievo che si rivela, spesso, come causa dell'inefficacia degli stessi contenuti normativi.

Questa è una considerazione che abbiamo potuto rilevare in più occasioni, anche nella predisposizione e nella pratica delle diverse azioni negoziali. Pertanto, nell’a- vanzare semplici istanze o vere e proprie piattaforme per la contrattazione colletti- va, bisognerà tenerne conto per poter raggiungere risultati reali ed efficaci. Bisogna cioè considerare come imprescindibile il fatto di mantenere un rapporto costante tra interventi di tipo culturale e sociale e azioni più squisitamente contrattuali, siano queste svolte nei luoghi di lavoro attraverso la contrattazione collettiva di categoria, oppure svolte nella contrattazione collettiva sociale che si realizza verso le diverse Istituzioni locali (Comuni, Unioni dei Comuni, Distretti socio-sanitari, Regioni). Per fare un esempio concreto: nell’agire in un’azienda, in un servizio privato o pub- blico bisognerà tenere in conto che la semplice richiesta “materiale” per un miglior salario, per un più equo inquadramento o anche per l’adozione di codici anti-mole- stie dovrà essere costantemente accompagnata da iniziative o azioni più “immate- riali”, incidenti sul contesto-clima aziendale o sul contesto sociale-territoriale. Ed è così che la rivendicazione contrattuale volta ad ottenere l’adozione di codici o

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di misure contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, come previsto negli accordi quadro siglati da parte datoriale e sindacale a livello nazionale o regionale, dovrà essere anticipata, affiancata e seguita da azioni che sollecitino la piena e completa consapevolezza da parte delle donne e degli uomini che lavorano in quel posto di lavoro, che lo dirigono, che lo frequentano. Non farlo può significare o non raggiun- gere il risultato cui si mirava o anche – e questo non è meno grave – raggiungere una conquista meramente apparente ma di sostanziale inefficacia.

Ne consegue la necessità di calcolare e progettare azioni rivendicative che si atta- glino allo specifico contesto di riferimento. In questo campo vale, più che in altri, il principio secondo il quale che ciò che va bene in un posto, non va bene in un altro, sia in termini di contenuti propri delle azioni sia con riguardo alle rappresentanze datoriali o sindacali. Un’azione negoziale di contrasto alle discriminazioni di genere deve essere progettata con molta attenzione per valutare innanzitutto i rischi e le opportunità presenti negli specifici contesti produttivi e/o di servizi sia privati che pubblici, se parliamo di contrattazione collettiva realizzata nelle diverse attività pro- duttive oppure dei rischi e delle opportunità presenti nei diversi luoghi e/o ambiti, se parliamo, invece, della contrattazione collettiva confederale svolta nei territori. Di conseguenza, acquista una rilevanza fondamentale la conoscenza del contesto (dove sono, con chi tratto, chi rappresento, perché lo faccio, dove intendo arrivare e in quanto tempo) e la sua analisi attenta, non tanto o non solo in termini di dati (utilissimi se fondati sulla disaggregazione di genere), ma anche fondata sull’osser- vazione del luogo e dell’ambito in cui si opera e degli eventi che lo attraversano (crisi, novità occupazionali, migrazioni, eventi eccezionali etc.) per saper cogliere la prospettiva giusta e proporre l’azione più utile e più appropriata.

Altro elemento centrale, ma che si collega a quanto specificato prima, è la relazione con le altre parti sociali, con le donne della politica e delle istituzioni e con gli uomini che, sempre più, appaiono disposti ad unirsi a noi o che, per lo meno, appaiono più di prima interessati a tali questioni. Soprattutto, è necessario coltivare il rappor- to intergenerazionale attraverso – anche qui – azioni e progettazioni che affronti- no aspetti culturali, di storia, di memoria e/o di narrazione, prevedendo, nel caso, anche sperimentazioni congiunte tra generazioni diverse. Ciò perché la percezione delle discriminazioni di genere è fatto che, se eclatante ed evidente, viene percepito indistintamente da giovani o meno giovani. Esistono tuttavia profonde differenze nei modi e nelle sensibilità soggettive con riguardo al modo di viverle, che vanno tenute in conto perché la vertenza, singola o collettiva che sia, non venga vissuta come distante o altro da sé.

Uno dei maggiori ostacoli che si incontra, impegnandosi sul terreno sia progettuale che della realizzazione, è quella dello “spontaneismo” che a volte accompagna gli interventi di contrattazione collettiva di genere e che si riscontra anche nelle inizia- tive che hanno per finalità quella di realizzare azioni contrattuali antidiscriminatorie.

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Lavorare con le donne e/o per le donne in chiave antidiscriminatoria deve mettere e mette in relazione elementi e soggetti di un mondo nel quale alta è la componente di adesione emotiva e di partecipazione. Ciò è di assoluta rilevanza e anche molto bello per la dimensione collettiva che esprime e per la solidarietà che si incontra nella realizzazione di progetti o azioni non facili né scontati. Tuttavia, questa par- ticolare caratteristica può talvolta determinare quelle condizioni di discontinuità nell’impegno che sono proprie delle attività volontarie. Caratteristiche che richie- dono una specifica capacità di gestire questo tipo di relazioni connotate da notevoli elementi di slancio, di entusiasmo, ma anche da momenti di caduta di impegno, di improvvisazione o di non continuità. Sono aspetti propri e particolari di quella dimensione collettiva necessaria da agire, che potrebbero, tuttavia, apparire anche come limiti con riguardo all’efficacia delle azioni e per l’ottenimento dei risultati attesi. Infatti se è vero che le discriminazioni di genere appaiono palesemente come fatti dannosi e ingiusti è altrettanto vero che sono di complessa definizione sociale e di difficile contrasto. Agire in chiave antidiscriminatoria di genere a favore delle donne richiede di fornirsi di competenze, di risorse materiali e umane, di tempo, di continuità. Vuol dire sviluppare, in chi agisce, una consapevolezza, una determina- zione, una costanza del tutto particolare poiché ci si avvia, come si diceva, lungo un percorso non breve e non semplice, per molti versi nuovo e che non rappresenta ancora una delle priorità nelle organizzazioni sindacali. Praticare una contrattazione collettiva di genere comporterà anche operare delle scelte in termini di priorità, consapevoli che l’azione più urgente ci farà agire al centro delle opinioni correnti: la più semplice potrà darci un risultato immediato e la più opportuna potrà renderci protagoniste di una stagione di cambiamento. E sarà solo l’attenta valutazione del contesto di riferimento a sapercelo dire.

Infine va considerato e contrastato un ulteriore rischio: quello di porsi come se ogni giorno fosse il primo. E’ un atteggiamento ricorrente e non utile. Accanto alla va- lutazione delle nostre azioni a posteriori, è necessario acquisire la consapevolezza di quanto raggiunto. Anche nei casi in cui il risultato può apparirci parziale, esso è parte di un processo molto più lungo, che viene da lontano e che si pone l’obiet- tivo di guardare al futuro. L’ambizione di voler cambiare consolidati assetti socia- li, ancor prima che fatti materiali o economici, deve puntare al consolidamento e all’acquisizione di una consapevolezza personale e collettiva relativamente a quanto raggiunto. A 25 anni dalla Conferenza mondiale delle donne di Pechino, dopo aver sperimentato la pratica dei due principi del mainstreaming (trasversalità delle poli- tiche di genere) e dell’empowerment (rafforzamento del ruolo delle donne) anche nel mondo sindacale, nelle politiche contrattuali e nelle pratiche di contrattazione collettiva, possiamo legittimamente sottolineare come ulteriore meta la pratica del- la self-awareness auto-consapevolezza dei e nei ruoli ricoperti, nelle funzioni eser- citate e dei risultati raggiunti.

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sotto forma di proposta di legge di iniziativa popolare presso il Parlamento italia- no, ha individuato nella contrattazione “inclusiva” quella particolare modalità per la quale temi e soggetti esclusi finora da una piena tutela e da adeguate garanzie possono e devono essere valorizzati. La contrattazione di genere si pone quindi a pieno titolo, per gli uomini e per le donne della CGIL, come uno degli aspetti più rilevanti di tale contrattazione poiché mira ad includere una moltitudine di soggetti diversi, le donne, sino ad ora non adeguatamente rappresentate nei loro bisogni sia nei contenuti che negli obiettivi sindacali.

È una sfida appassionante e giusta, non facile, ma neanche impossibile. È la sfida per cui vale la pena di lottare ogni giorno.

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Il contrasto alla discriminazione legata all’identità di

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