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Discriminazione razziale al momento della assunzione

Ordinanza Tribunale di Torino, 18 maggio 2018, contenuto pubblicato sul sito Asgi - Discriminazione relativa all’accesso al lavoro

Ecco uno stralcio della sentenza:

“Le domande proposte dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione ai sensi degli art. 44 d.lgs. 286/1998, 4 d.lgs. 215/2003 e 28 d.lgs. 150/2011 hanno a og- getto l’accertamento del carattere discriminatorio del “Bando di selezione per la formazione di una graduatoria volta all’assunzione di personale operaio addetto alla manutenzione del verde”, emesso dall’Azienda Servizi Territoriali Genova Spa con avviso del 19/10/2017, nella parte in cui indica tra i requisiti per l’ammissione la “Cittadinanza italiana o di Stato appartenente all’Unione Europea”, con adozione dei conseguenti provvedimenti idonei a rimuoverne gli effetti e, in subordine, con- danna al risarcimento del danno (ric. p. 14 – 15).

Respinte le eccezioni di carenza di giurisdizione, di incompetenza territoriale e di interesse ad agire, passando al merito – premesso che l’art. 43 c. 2 lett. e) d.lgs. 286/1998 definisce come atto di discriminazione del datore di lavoro “qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche in- direttamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza … ad una cittadinanza …” –, va precisato che l’attrice chiede la modifica del bando al fine di consentire la partecipazione, in via principale, “a tutti i cittadini di paesi terzi in possesso di un

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titolo che consenta di lavorare” e, in subordine, a coloro che siano “in possesso di uno dei titoli di soggiorno” di cui all’art. 38 d.lgs. 165/2001 (ric. p. 14).

L’illegittimo contenuto configura una discriminazione secondo i principi afferma- ti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, essendo idoneo “a dissuadere for- temente determinati candidati dal presentare le proprie candidature e, quindi, a ostacolare il loro accesso al mercato del lavoro” (Corte Giust. Ue, 10/07/2008, causa C-54/2007).

Per tutti gli esposti motivi, risulta accertato il carattere discriminatorio del bando in esame, nella parte in cui indica tra i requisiti per l’ammissione la “Cittadinanza italiana o di Stato appartenente all’Unione Europea”, con conseguente necessità di adottare “ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti” ex art. 28 c. 5 d.lgs. 150/2011.

PQM

.. ordina all’Azienda Servizi Territoriali Genova Spa di modificare il bando del 19/10/2017, indicando che è consentita la partecipazione a tutti i cittadini di Paesi terzi in possesso di un titolo di soggiorno che consenta l’accesso al lavoro e fissando un nuovo termine per la presentazione delle relative domande”.

Tribunale di Nola, sez. Lavoro ordinanza 13 settembre 2018, n. 21248 Giudice Di Palma: solo estetiste italiane

Si legge in sentenza:

“È di tutta evidenza che la fattispecie sottoposta al vaglio dell’odierno giudicante sia perfettamente riconducibile all’ipotesi di cui alla let. C) dell’art. 3 summenzionato, venendo in rilievo un avviso pubblico indetto dal comune convenuto per l’accesso ad un corso gratuito di formazione per make up artist, riservato alle sole donne di cittadinanza italiana o di altro stato UE, residenti nel Comune di Palma Campania, di età compresa tra 18 e 45 anni, prive di occupazione e qualifica professionale. Tratta- si di requisiti tutti posseduti dalla ricorrente ad eccezione della cittadinanza italiana o Europea. Peraltro il principio di parità di trattamento nell’accesso alla formazio- ne è espressamente previsto dal TU Immigrazione d.lgs. 286/98, ai sensi del quale lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano. Lo stesso Testo Unico, all’art. 43 defini- sce espressamente in termini di discriminazione, qualunque comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose (...).

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La violazione del divieto di discriminazione nel caso di specie appare dunque evi- dente, non avendo il Comune nemmeno addotto eventuali ragionevoli motivazioni che potessero giustificare l’esclusione in ragione della nazionalità

P.Q.M.

Il Tribunale così provvede:

- accoglie la domanda e per l’effetto condanna il Comune convenuto a modificare l’avviso fissando un nuovo termine per la presentazione delle domande, ammet- tendo tutte le straniere non comunitarie alle stesse condizioni di quelle italiane o comunitarie;

- rigetta nel resto; (nulla sul danno)

- condanna parte resistente al rimborso delle spese di lite che, compensate per metà, liquida nel residuo in Euro. 500,00, oltre spese forfetarie, iva e cpa come per legge con attribuzione.

Così deciso in Nola il 13 settembre 2018. Depositata in Cancelleria il 13 settembre 2018”

Discriminazione per motivi religiosi

Divieto di indossare burqa e niqab in uffici pubblici, Tribunale di Milano, sentenza del 20 aprile 2017

“Con ricorso ex art. 44 d.lgs. 286/1998 l’ASGI – Associazione degli Studi Giuridici sull’Immigrazione -, l’APN – Avvocati per Niente Onlus -, la Fondazione Guido Pic- cini per i Diritti dell’Uomo Onlus e il NAGA – Associazione Volontaria di Assistenza Socio-sanitaria e per i diritti dei cittadini stranieri, rom e sinti (), hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la Regione Lombardia deducendo: che il 10.12.2015 la Giunta regionale Lombarda aveva approvato la delibera n. X/4553, avente ad oggetto il “rafforzamento delle misure di accesso e permanenza nelle sedi della giunta regionale e degli enti società facenti parte del sistema regionale”; che nella predetta delibera si evidenziava come le tradizioni ed i costumi religiosi non potessero rappresentare giustificati motivi di eccezione, ai sensi dell’art. 5 della l. 152/1975, e si disponeva l’”adozione di misure idonee al rafforzamento del siste- ma di controllo, identificazione e sicurezza”, vietando “l’uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona” presso gli enti individuati dall’art. 1 della l.r. 30/2006 (tra i quali erano compresi, a ti- tolo di esempio, anche le Aziende Ospedaliere, le ASST ed enti pubblici quali l’Aler); IL RICORSO VENIVA RESPINTO in quanto si riteneva che fossero ragioni di sicurezza

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ad impedire l’accesso nelle strutture a volto coperto, in qualsiasi modo il volto fosse coperto, veli, caschi o altro”.

Discriminazione di genere, durante il rapporto di lavoro