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Evoluzione della nozione di discriminazione vietata

Stefania Scarponi*

6. Evoluzione della nozione di discriminazione vietata

Come si è già ricordato, l’influenza dispiegata dalla normativa di fonte sovranaziona- le ha permesso di approdare alla nozione oggettiva di discriminazione, distinguendo rispetto alla fattispecie di atto o negozio viziato da motivo illecito determinante, con rilevanti conseguenze sotto due profili. Il primo riguarda l’alleggerimento dell’onere probatorio, non dovendo essere più fornita la prova dell’animus nocendi dell’autore della discriminazione, e il secondo la possibilità di affermare la sussistenza della discriminazione anche in presenza di altri motivi concorrenti, non ricorrendo più la necessita che si tratti di un motivo illecito unico e determinante. Ciò permette di allargare lo spettro delle situazioni che ricadono sotto il regime dei divieti di di- scriminazione ampliandone la sfera di protezione. Un caso esemplare al riguardo è stato deciso molti anni fa, in cui 2 lavoratori avevano commesso un’infrazione disciplinare per la quale soltanto uno, tuttavia, era stato sanzionato con il licenzia- mento. Il giudice indagò oltre la esistenza della mancanza commessa per stabilire se il provvedimento fosse comunque discriminatorio. Altri esempi potrebbero riguar- dare l’esistenza di discriminazioni pur in presenza di ragioni organizzative a sostegno di determinati provvedimenti assunti dal datore di lavoro.

Un altro aspetto rilevante della nozione di discriminazione attiene alla sua natura anche solo potenziale. È pacifico che anche il mero annuncio può avere contenuto discriminatorio, per es. se si tratta di offerte di lavoro che fanno riferimento a re- quisiti discriminatori vietati, o di altre manifestazioni discriminatorie, come nel caso di un noto avvocato che aveva espresso la volontà di non voler avere collaboratori gay per timore di perdere la sua clientela. Al riguardo occorre citare una sentenza importante della Corte di Giustizia attinente al caso di un datore di lavoro che ave- va pubblicamente dichiarato di non voler assumere lavoratori di colore, qualificata

come discriminazione diretta22. Il criterio opera anche dal lato del lavoratore, se

questi manifesta l’intenzione di fare qualcosa che dà luogo ad un provvedimento discriminatorio, ove è rilevante il collegamento temporale tra la manifestazione del lavoratore e il provvedimento negativo nei suoi confronti. In tema si possono citare i casi di un lavoratore che aveva manifestato al datore di lavoro la volontà di sotto- porsi ad un’operazione per mutare sesso, onde richiedere giorni di congedo, ed era stato licenziato pochi giorni dopo23; e quello della lavoratrice che aveva manifestato

al proprio datore di lavoro l’intenzione di sottoporsi alla PMA per informarlo che avrebbe avuto necessità di assentarsi durante il periodo dell’intervento, ed era stata licenziata, che formato oggetto della citata sentenza Cass. 6575/2016.

Un’altra interessante evoluzione della nozione di discriminazione, derivante dalla giurisprudenza della CGUE, riguarda la discriminazione “associata” che protegge la persona che abbia rapporti diretti con il soggetto coperto dai divieti di discrimina- zione. Originato dalla materia dei divieti di discriminazione nei confronti del disabile

(CGUE Coleman24) per tutelare i familiari che se ne prendono cura, tale nozione è

22 CGUE 10.7.2008 C-54/07 Feryn e CGUE 25.4.2020 C-507/18 NH. Avvocatura LGBT.

23 CGUE 30.4.1996, P .v. S. e Cornwall County, C-15/94. 24 CGUE 17.6. 2008 Coleman C-303/06.

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stata estesa ad altre situazioni ed è ricca di potenzialità applicative. Particolarmen- te interessante la recente sentenza (CGUE Cetz), già citata, riguardante il caso di un’etnia rom abitante in un condominio nel quale l’ente gestore della fornitura elet- trica aveva deciso di mantenere ad un’altezza molto elevata i contatori per timore di manomissioni. Un inquilino abitante nello stesso stabile, benché non apparte- nente alla medesima etnia, aveva lamentato di subire un particolare svantaggio per la difficoltà ad accedere a servizi elettrici e la sentenza ha accolto tale ricorso, non ritenendo pertanto necessario, come già visto, dimostrare un particolare livello di gravità dello svantaggio dovuto al fatto di essere in rapporto di vicinanza all’etnia tutelata dai divieti di discriminazione. Si tratta dunque di un principio interpretativo fecondo di possibili ampie applicazioni.

Acquisisce sempre maggiore importanza, infine, la caratteristica di intersezionalità delle discriminazioni, ovvero di concorso di più fattori che aumentano il rischio e la gravità delle discriminazioni, come nel caso di disabilità che si aggiunga all’essere di diversa etnia, oppure di genere femminile, oppure di diverso orientamento ses- suale, ma altri esempi possono aggiungersi. In questi casi l’attenzione deve essere moltiplicata, data anche la maggiore difficoltà del soggetto discriminato a potersi difendere personalmente, che accentua l’importanza del ruolo delle istituzioni sia pubbliche che private e degli enti esponenziali nell’azione di tutela. Possono sor- gere anche questioni di individuazione della norma applicabile, tenuto conto della molteplicità delle fonti di regolamentazione. Così per es. nel caso citato della lavo- ratrice musulmana qualificato come discriminazione indiretta è stata segnalata la possibilità, ove si verificasse un caso analogo nel nostro paese, di applicare il T.U. sull’immigrazione, all’art. 43, c.2 e i relativi criteri concernenti le giustificazioni del datore di lavoro che non sono del tutto coincidenti con quelli derivanti dai decreti legislativi 215 e 21625.

In merito va ricordato, per ciò che attiene in particolare gli aspetti lavoristici, il ruo- lo delle consigliere e dei consiglieri di parità, che sono dotati di legittimazione ad agire in caso di discriminazioni collettive, anche se non ne siano immediatamente identificabili le vittime, e pertanto possono ricorrere al giudice in casi come quelli ricordati di bandi di concorso o annunci di lavoro contenenti requisiti discriminatori. Altri soggetti chiamati ad operare controlli nella fase preassuntiva sono le agenzie di selezione del personale o le agenzie di lavoro interinale, tenute altresì al rispetto del divieto di indagine affermato dall’art. 8 Statuto del Lavoratori, che impone di pren- dere in considerazione esclusivamente gli aspetti che costituiscono requisiti di ido- neità all’attività lavorativa che dovrà essere svolta dal lavoratore o dalla lavoratrice.

25 N. Colajanni Il velo delle donne musulmane tra libertà religiosa e libertà di impresa, https://www. questionegiustizia.it/articolo/il-velo-delle-donne-musulmane-tra-liberta-di-religione-e-liberta-d-im- presa_21-03-2017.php; nello stesso senso M. Peruzzi, La prova del licenziamento ingiustificato e di-

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Il licenziamento discriminatorio