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IV. DOPO IL 1997: HONG KONG IN CINA

5. Occupy Central e la Rivoluzione degli Ombrelli

In seguito al successo delle proteste del 2012, sembrava che molti cittadini si fossero dimenticati delle promesse fatte dall'Assemblea Nazionale del Popolo. Il problema della riforma elettorale tornò ad essere al centro dell'attenzione generale grazie al professore Benny Tai Yiu-ting. Tai, esperto di diritto costituzionale e, fino a quel momento, poco conosciuto a livello pubblico, lavorava allora alla facoltà di legge dell'Università di Hong Kong. Agli inizi di gennaio 2013, egli propose che, se la riforma elettorale non avesse incontrato le aspettative di Hong Kong, ci sarebbe dovuto essere un atto di «disobbedienza civile» in protesta362. Tai evocava una resistenza non violenta e si ispirava a quella di So Sau-chung contro la Star Ferry Company nel 1966.

Nella primavera del 2013, il professor Tai, Chan Kin-man, professore di sociologia all’Università Cinese di Hong Kong, e Chu Yu-ming, reverendo battista, formarono un

360 Cfr. Ibid.

361 Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 43.

362 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

Australia 2017, p. 72, cita Tai, Yiu-ting Benny, «公民抗命的最大殺傷力武器» (L’arma più letale della disobbedienza civile), Hong Kong Economic Journal, 16 gennaio 2013, consultabile al link: http://oclp.hk/index.php?route=occupy/article_detail&article_id=23.

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gruppo chiamato Occupy Central With Love and Peace (OCLP) per organizzare le proteste. Occupy Central suggerì un sit-in di protesta nel distretto finanziario di Hong Kong, da tenersi il 1° ottobre 2014, giorno di festa nazionale, se Pechino non avesse mantenuto le promesse fatte nel 2007. Si prevedeva la partecipazione di circa tremila persone.

Joshua Wong, con Scholarism, partecipò con interesse a questo ciclo di proteste, rilasciando diverse interviste con Benny Tai. A giugno 2014, Occupy Central organizzò un referendum, non ufficiale, in cui chiese ai cittadini di scegliere tra tre diversi sistemi per l’elezione del capo dell'esecutivo nel 2017. Parteciparono 800.000 cittadini, un abitante su nove a Hong Kong363. La scelta ricadde sul sistema «che poneva l'accento

sulla cosiddetta nomina civica, nel senso che i candidati potevano essere nominati in prima battuta dai singoli cittadini per impedire che Pechino li preselezionasse»364.

Quando, il 31 di agosto 2014, il Comitato permanente dell'Assemblea Nazionale del Popolo annunciò la riforma elettorale, la delusione per i cambiamenti inseriti fu tanta ma, allo stesso tempo, non c’era sorpresa: «la società civile poteva discutere quanto voleva di nomine, candidature e di tutti i temi connessi alle elezioni, ma alla fine era Pechino che prendeva le decisioni»365. Il meccanismo proposto consisteva nella formazione di una commissione di nomina di 1200 membri, simile alla commissione d’elezione già esistente. La commissione di nomina avrebbe dato il nome di due o tre candidati. I candidati avrebbero poi dovuto ricevere l'approvazione di più della metà dei membri della commissione di nomina. Infine, tutti gli elettori di Hong Kong avrebbero votato per eleggere uno dei candidati come capo dell’esecutivo366.

Era chiaramente un processo progettato per garantire che solo i candidati approvati da Pechino potessero correre per la carica. Per Joshua Wong, Pechino aveva trovato un modo per offrire una parvenza di suffragio universale, senza però concederlo.

Poco dopo l'annuncio, il professor Tai avvisò i suoi sostenitori di non avere altra scelta che quella di portare avanti il progetto di protesta di Occupy Central per il 1° ottobre.

363 Cfr. Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 49. La votazione poteva avvenire tramite vere e proprie urne organizzate e posizionate nel campus universitario o attraverso un’app.

364 Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 49.

365 Ibid.

366 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

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Come due anni prima, gli studenti furono i primi a passare all’azione. Mentre Occupy Central si preparava alla manifestazione di ottobre, la Federazione degli Studenti di Hong Kong e Scholarism annunciarono un boicottaggio di cinque giorni nelle otto università di Hong Kong e l'organizzazione di assemblee studentesche in diversi istituti. Alla fine di settembre, la campagna congiunta portò a raduni giornalieri di protesta a Admiralty, con più di 10.000 partecipanti367.

Le proteste culminarono nella notte di venerdì 26 settembre 2014. Gli studenti presero d'assalto Civic Square, simbolo del successo delle proteste di due anni prima e che, con la giustificazione della sicurezza pubblica, era stata transennata dalla polizia con una recinzione di tre metri. Un gruppo di dimostranti, guidati da Wong e dal leader della HKFS, Lester Shum, scalarono la recinzione e iniziarono il sit-in. Di quel momento Wong ha raccontato:

«in pochi minuti le forze dell'ordine arrivarono e cominciarono a spruzzare spray al peperoncino. Mentre a mia volta stavo scavalcando la rete, fui tirato giù da un poliziotto che era apparso dal nulla e fui arrestato sul posto. Persi gli occhiali e una scarpa mentre otto poliziotti mi trascinavano per le braccia e le gambe attraverso la folla, diretti a un'auto della polizia. […] Era la prima volta che venivo arrestato. Avevo diciassette anni. Fui messo in una cella di detenzione nella più vicina stazione di polizia, dove passai le successive quarantasei ore isolato dal mondo esterno»368.

Il 28 settembre, Benny Tai, riconoscendo che ormai la situazione era fuori controllo, decise di anticipare di qualche giorno la manifestazione di Occupy Central. Dopo le parole di Tai, sempre più manifestanti si recarono verso Admiralty, arrivando a circa 200.000 persone. La polizia formò un cordone attorno alla zona per impedire alla folla di crescere. La gente continuò ad arrivare e a spingere contro la linea creata dalle forze dell’ordine, in maniera da raggiungere gli altri manifestanti dall'altra parte della barriera. È a questo punto che la polizia iniziò a utilizzare spray al peperoncino e lacrimogeni contro i manifestanti, senza nessun avvertimento. Joshua Wong, che da sempre si era chiesto come mai gli adulti non facessero nulla, lasciando che gli studenti manifestassero da soli contro le ingerenze di Pechino, ha commentato: «l'utilizzo del gas lacrimogeno il 28 settembre fu la scossa che servì agli adulti per risvegliarsi»369.

367 Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 50.

368 Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 51.

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La risposta della polizia nei confronti dei manifestanti fu sproporzionata rispetto alle azioni della folla stessa, la quale era armata unicamente di ombrelli, utilizzati per bloccare gli spray al peperoncino e i lacrimogeni. Il 28 settembre fu il giorno di inizio del movimento di occupazione di 79 giorni e che la stampa soprannominò “Rivoluzione degli ombrelli”. Si trattò perlopiù di sit-in e occupazioni pacifiche nelle zone di Causeway Bay, Tsim Sha Tsui e Mong Kok, oltre che a Admiralty. Ovunque si trovassero i manifestanti si poteva vedere un ombrello giallo, diventato simbolo del movimento. Alla fine, la polizia si rese conto di non avere abbastanza uomini per sgomberare le strade, per cui si ritirò lasciando il posto ai manifestanti370.

Erano quattro le richieste chiave della gente in protesta: le dimissioni del capo dell'esecutivo Leung Chun-ying; la revoca della decisione dell’Assemblea Nazionale del Popolo circa l'elezione del capo dell'esecutivo; un nuovo processo di elezione che permettesse la “nomina civile” dei candidati (ossia che questi potessero essere selezionati tra i cittadini e non tra persone scelte da Pechino); l'organizzazione di un suffragio universale autentico371.

Nei giorni successivi, il governo di Hong Kong tentò in tutti i modi di placare la gente arrabbiata per il dispiegamento delle forze di polizia in tenuta antisommossa contro manifestanti pacifici, ma non servì a molto. Il numero dei manifestanti continuava ad aumentare. A Harcourt Road si creò una vera e propria tendopoli ben organizzata. Si instaurò un autentico senso di comunità. Joshua Wong ha testimoniato a tal proposito:

«In giro per la città si vedevano cittadini di ogni età e professione che regalavano ai manifestanti cibo, acqua e medicinali. Durante le pause pranzo gli impiegati scendevano in strada per farci una donazione in denaro; i genitori e i pensionati facevano a turno per gestire i rifornimenti e gli studenti assistevano a una lezione di educazione civica che nessuno a scuola poteva impartire loro. […] Affinché questa comunità potesse resistere, qua e là sorsero punti di rifornimento e centri medici. Mi colpì in particolare una biblioteca, allestita in un tendone arredata con mobili donati, dove file e file di studenti delle superiori con ancora indosso le uniformi leggevano e facevano i compiti sotto la supervisione di insegnanti volontari»372.

Il governo si rifiutava di impegnarsi a discutere con i manifestanti. Antony Dapiran ha ipotizzato che probabilmente il governo di Hong Kong ritenesse che la strategia migliore fosse quella di attendere il momento in cui i manifestanti si fossero stancati, o

370 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

Australia 2017, p. 75-76.

371 Cfr. Ivi. p. 77.

372 Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

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avessero perso interesse e, una volta ridotto il numero, la polizia sarebbe potuta intervenire per disperdere i restanti373. Non andò così, anzi; i numeri aumentarono374, soprattutto dopo le dichiarazioni di Carry Lam, allora capo segretario del governo Leung, sul fatto che la quantità dei partecipanti alle proteste stesse calando e che i manifestanti stessero perdendo sostegno.

I media di stato cinesi iniziarono ad accusare gli studenti attivisti di aver ricevuto il sostegno di governi stranieri, ipotizzando anche teorie complottiste che vedevano i leader delle manifestazioni legati ai servizi segreti inglesi e americani375. Il giornale comunista

People’s Daily dichiarò che i manifestanti avevano imparato le loro tattiche dal Sunflower

Student Movement376 a Taiwan, movimento che per primo aveva ottenuto il supporto di

USA e Regno Unito377. Secondo quanto riportato su the Guardian, il People’s Daily

scrisse che Luisa Greve, direttrice del National Endowment for Democracy (NED), gruppo no-profit con sede a Washington, era entrata in contatto con i manifestanti per portare avanti la strategia statunitense di minare i governi stranieri per promuovere la democrazia378. Il Dipartimento di Stato USA rifiutò categoricamente le accuse di interferenza:

«Quello che sta succedendo riguarda il popolo di Hong Kong, e qualsiasi affermazione contraria è un tentativo di distrarre dal problema in questione, ossia che la gente esprime il proprio desiderio di suffragio universale in un'elezione che garantisca una scelta significativa di candidati rappresentanti la volontà dei propri elettori»379.

Disse la portavoce Marie Harf.

In un articolo rilasciato da Quartz, è singolare leggere come i manifestanti anti- Occupy Central e i pro-democratici si trovassero concordi nel sostenere che gli USA non

373 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

Australia 2017, p. 77.

374 Solamente ad Admiralty c’erano più di 2000 tende cfr. Ivi, p. 78.

375 Cfr Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 54.

376 Movimento di protesta a Taiwan, formato da una coalizione di studenti e gruppi civici, che protestò tra

marzo e aprile 2014 contro il Cross-Strait Service Trade Agreement, accordo commerciale tra il Guomindang (partito che governa a Taiwan) e la RPC.

377 Cfr. «香港佔中 中國怪罪台灣太陽花學運 - 國際» (Hong Kong Occupy Central, la Cina incolpa il

movimento studentesco Taiwan Sunflower), 自由時報電子報 (Liberty Times Net), 30 settembre 2014, disponibile al link: https://news.ltn.com.tw/news/world/breakingnews/1118976

378 Cfr. Hua, Yiwen, « 美 国 对 “ 颜 色 革 命 ” 为 何 乐 此 不 疲 ?» (Why is the US so keen on ‘Color

Revolutions’?), Traduzione dell’articolo del People’s Daily diponibile al link: http://en.people.cn/n/2014/1011/c98649-8793283.html

379 Cfr. «Chinese state-run paper blames US for Hong Kong democracy protests», the Guardian, 11 ottobre

2014, diponibile al link: http://www.theguardian.com/world/2014/oct/11/chinese-paper-blames-us-hong- kong-democracy-protests

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potessero essere un esempio di democrazia e libertà da imitare. Il sito riporta anche le parole di Emily Lau, legislatrice pro-democrazia a Hong Kong. Il giornalista domandò se secondo lei i pestaggi dei manifestanti da parte della polizia di Hong Kong fossero un segno del fallimento dello stato di diritto della città, la Lau rispose: «certo», aggiungendo «Non è l'America dove la polizia uccide le persone. A Hong Kong non siamo abituati a questo»380.

Il Regno Unito, davanti alla richiesta di democrazia della popolazione di Hong Kong, auspicò l’avvio di un «dialogo costruttivo». Il portavoce del ministero degli esteri britannico disse: «Ci auguriamo che le trattative consentano un passo avanti significativo verso la democrazia a Hong Kong e rivolgiamo un appello a tutte le parti a discussioni costruttive in questa direzione»381. In seguito a queste dichiarazioni, Hua Chunyng,

portavoce del ministero degli esteri di Pechino dichiarò: «Hong Kong è cinese. È una regione cinese ad amministrazione speciale e gli affari di Hong Kong sono esclusivamente affari interni cinesi»382.

Il 21 ottobre 2014, i manifestanti riuscirono a ottenere un importante risultato quando il governo accettò di partecipare a un dibattito televisivo con i leader degli studenti. Ciò diede a questi ultimi la possibilità non solo di legittimare il movimento, ma anche di discutere della loro causa direttamente con alcuni membri del governo. I cinque rappresentanti dell’amministrazione di Hong Kong, che erano stati nominati per partecipare al dibattito, si limitarono a recitare un copione senza fare niente per tentare di migliorare l'immagine del governo davanti agli studenti. Dal canto loro, invece, i leader del movimento studentesco sembrarono essere «veri politici»383, parlando con passione non solo della questione politica ed elettorale, ma portando all’attenzione dei membri del governo e dell’opinione pubblica anche altre tematiche, come la disparità di reddito, la disponibilità di alloggi e l’influenza crescente dei tycoon a Hong Kong. Chiaramente il dibattito venne vinto dagli studenti, ma purtroppo, a questo non seguirono nuovi incontri tra i manifestanti e il governo.

380 Cfr. Timmons, Heather, «The US is no role model in Hong Kong’s democracy fight», Quartz, 20 ottobre

2014, disponibile al link: https://qz.com/281933/the-us-is-no-role-model-in-hong-kongs-democracy-fight/

381 Cfr. «Hong Kong, governo ritira la polizia. Cina avverte Usa e occidente: "Non vi immischiate"», la

Repubblica, 29 settembre 2014, disponibile al link:

https://www.repubblica.it/esteri/2014/09/29/news/hong_kong_governo_ritira_la_polizia_ma_chiede_ai_d imostranti_di_disperdersi-96890336/

382 Cfr. ibid.

383 Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group, Australia

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A metà novembre, iniziarono a formarsi delle crepe all'interno della coalizione dei manifestanti. Durante quei mesi non c’erano stati molti progressi; lo scontento, quindi, cominciava a circolare tra chi protestava. Molti «erano particolarmente irritati dall’ingenuità e dall'atmosfera di inconcludenza che regnava a Admiralty e guardava la nostra coalizione con lo stesso sdegno che riservano al governo»384 ha spiegato Wong. Iniziò a formarsi una frattura tra moderati e radicali all'interno del movimento. «Questo fece il gioco di Chun-ying Leung e dei suoi capi a Pechino, che speravano in una guerra di logoramento con scissioni e rivolte interne, che avrebbero portato il movimento a indebolirsi e infine dissolversi»385.

Alla fine di novembre, alcune compagnie di taxi e minibus riuscirono ad ottenere un’ordinanza dall’Alta Corte di Hong Kong per smantellare i blocchi nelle zone di protesta, con l’accusa che i manifestanti stessero danneggiando le attività commerciali. L'ordinanza dava l'autorizzazione agli ufficiali giudiziari di richiedere l'assistenza della polizia in modo da farla rispettare. Molti manifestanti non opposero resistenza, consapevoli che prima o poi il movimento avrebbe dovuto concludersi. Tuttavia, alcuni, tra cui Joshua Wong386, rifiutarono di arrendersi e di conseguenza furono arrestati per aver violato l'ordinanza del tribunale che vietava di avvicinarsi alla zona di protesta di Mong Kok.

Il 3 dicembre 2014, i fondatori di Occupy Central si consegnarono alla polizia di Hong Kong, venendo poi rilasciati senza accuse. In tutto vennero arrestate 955 persone, mentre circa 1.900 denunciarono la polizia per le violenze subite387. Il 9 dicembre, la polizia annunciò in un comunicato che anche il sito di protesta a Admiralty sarebbe stato sgomberato. «Questa fu la fine»388. Nei giorni seguenti, fino al 15 dicembre, le aree una volta occupate dagli attivisti vennero invase da ruspe e camion della spazzatura, pronti a eliminare ogni traccia delle manifestazioni. Erano passati 79 giorni.

In conclusione, se analizziamo le proteste del 2014 nel complesso, possiamo affermare con certezza che la Rivoluzione degli Ombrelli fu un fallimento ma anche, in

384 Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 55.

385 Ibid.

386 Lui e gli altri attivisti vennero condannati a una pena tra i 6 e gli 8 mesi di carcere; nel febbraio 2018 la

Corte Suprema di Hong Kong ordinò di proscioglierli. V. s.a., «La crisi di Hong Kong, spiegata bene», il

Post, 17 agosto 2019, disponibile al link: https://www.ilpost.it/2019/08/17/crisi-hong-kong-spiegata/

387 Cfr. ibid.

388 . Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

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un certo senso, un successo. Si trattò di un fallimento perché il governo di Hong Kong e di Pechino non accettarono le quattro richieste chiave fatte dai manifestanti. Uno dei difetti fondamentali di queste proteste, secondo Dapiran, fu proprio l'insistenza sulle richieste chiave che chiaramente non sarebbero mai state accolte da Pechino; era impensabile, infatti, che ciò potesse accadere. Anche la natura eterogenea del movimento di protesta, a cui mancava una leadership, fu d’ostacolo al raggiungimento di un accordo con Pechino. Lo stesso Benny Tai, agli inizi di settembre, prima delle manifestazioni, affermò che la sua idea iniziale era quella di minacciare l’occupazione di Hong Kong, in modo da mettere sotto pressione Pechino prima che l'Assemblea Nazionale del Popolo prendesse una decisione sulle elezioni. Quando ad agosto Pechino annunciò il provvedimento, Tai riconobbe che la sua minaccia non era stata efficace389. La riforma

politica, però, era solo uno degli obiettivi. È nel risveglio e nella sensibilizzazione degli hongkonghesi che possiamo individuare il successo delle manifestazioni; la reazione del pubblico ne fu la prova. La Rivoluzione degli Ombrelli dette agli abitanti di Hong Kong, soprattutto alle generazioni più giovani, la sicurezza necessaria per sfidare La Cina comunista390. Come ha scritto Joshua Wong: «il movimento poteva anche essersi concluso con lo smantellamento dell’ultimo sito di protesta, ma la sua eredità e il suo spirito sarebbero sopravvissuti»391. La battaglia dei giovani di Hong Kong non era ancora terminata.

Dall’inizio delle manifestazioni, la comunità internazionale in maniera compatta aveva espresso la sua preoccupazione, supportando il diritto a manifestare e la richiesta di suffragio universale degli hongkonghesi. La Russia fu l’unica voce fuori dal coro. I media di stato russi appoggiarono il sospetto cinese di un sostegno straniero ai manifestanti, sostenendo che le proteste a Hong Kong fossero un’altra rivoluzione colorata, appoggiata dall’occidente, come Euromaidan in Ucraina a febbraio 2014392.

389 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

Australia 2017, p. 84, cita Lam, Jeffie e Joyce Ng, «Is this goodbye to Occupy Central? Co-founder Benny Tai admits, 'We failed'», South China Morning Post, 2 settembre 2014, disponibile al link: https://www.scmp.com/news/hong-kong/article/1583636/occupy-centrals-strategy-has-failed-and-

support-waning-benny-tai