La Pet-Therapy
APPRENDIMENTO, MEDIATORE ANIMALE E DIDATTICA INCLUSIVA
Roberto Marchesini spiega che la zooantropolo- gia è la disciplina che si occupa dello studio della relazione uomo – animale, ovvero del dialogo tra uomo e animale e del ruolo referenziale che l’ani- male assume all’interno della relazione. Per “re- ferenza animale” intendiamo il valore di ruolo as- sunto dall’animale nel processo relazionale, il suo essere in grado di indurre nell’uomo disposizioni espressive, educative, assistenziali e la sua capa- cità di apportare all’interlocutore umano “effetti beneficiali”.
Secondo la zooantropologia è necessario consi- derare l’ambito del rapporto uomo-animale ope- rando una distinzione tra interazione e relazione. Per interazione si intende il rapporto dove non è possibile parlare di una struttura dialogica perché la controparte animale non ha facoltà di parola a causa della sua diversità. Invece per relazione bi- sogna intendere il rapporto in cui è presente una struttura dialogica, un interscambio e un piano di incontro-confronto perché l’animale è rico- nosciuto in quelli definiti dall’etologo di Bologna ‘predicati di alterità’, cioè quello stato dell’inter- locutore che prevede l’attribuzione di una sog- gettività, la definizione di una propria diversità, l’accreditamento di una propria peculiarità e di un valore referenziale per l’uomo e l’attribuzione di un ruolo.
La zooantropologia si basa sui seguenti principi:
1. Principio di relazione: la relazione è un evento intersoggettivo e dialogico; ciò presuppone che vi siano elementi di reciprocità ed una parteci- pazione attiva dei due soggetti coinvolti, ovvia- mente nel rispetto del carattere di alterità del soggetto non umano, che deve essere sempre valutato nelle sue imprescindibili qualità di indi- viduo.
2. Principio di referenza: nelle situazioni relazionali l’animale svolge un ruolo di polo di interlocu- zione che produce una particolare struttura di scambio che modifica l’interlocutore umano (ef- fetti beneficiali o compromissori). Non parliamo, quindi, di utilizzo del cane ma di coinvolgimento perché entrambi sono parte attiva della relazio- ne.
3. Principio di dimensione: le situazioni relazionali prevedono una dimensione di relazione che va- ria a seconda delle situazioni di incontro, ovve- ro a seconda di come i soggetti si propongono nell’incontro e nella reciprocazione ed è data dalla motivazione che sostiene i partecipanti all’incontro, dal tipo di contenuti interscambiati (interessi) e dai giochi di ruolo che si sviluppano nel tempo dell’incontro.
4. Principio di specificità: il rapporto uomo-anima- le non sostituisce quello uomo-uomo, occorre appunto valutarlo per la sua specificità, ossia proprio nella differenza rispetto al rapporto in- terumano. Il principio di specificità è fondato sul concetto di “emergenza”, inteso come evento capace di mettere in campo qualità e contenuti non presenti prima della relazione, ma riferibi- li alla relazione stessa. Ciò significa che viene messo in atto il processo di “decentramento”, cioè la capacità del singolo di porre fine all’au- toreferenzialità e accettare il rischio della dialet- tica.
Rispetto al principio di dimensione è importante specificare l’esistenza di diverse dimensioni di re-
lazione, nello specifico sei, che definiscono il tipo di incontro-confronto tra i due poli della relazione, il tipo di interscambio e le motivazioni che sosten- gono l’incontro stesso. Le dimensioni di relazione sono le seguenti:
• Dimensione ludica, si basa sul gioco, come ele- mento capace di unire i due soggetti e di stimo- lare in loro un interesse che favorisce la crescita della relazione. È una dimensione in cui il fruito- re, ovvero il soggetto umano, ha la possibilità di allontanarsi dalla realtà quotidiana, dai pensieri assillanti ed ha quindi una valenza distraente. Genera inoltre simpatia, contagio emozionale e divertimento.
• Dimensione epistemica, riguarda l’acquisizione di conoscenze sul soggetto animale che porta- no a sviluppare interesse e rispetto per la sua diversità. Inoltre la relazione animale stimola anche il ricordo del bambino che sarà porta- to a lavorare sulla narrazione e a riesaminare esperienze passate attribuendogli, in seguito alle nuove conoscenze acquisite, un nuovo si- gnificato.
• Dimensione affettiva, come spiega Marchesini nell’opera su citata «prende in considerazione un particolare tipo di interscambio basato sull’affi- liazione, sull’intimità, sulla condivisione emozio- nale, sugli archetipi parentali, sulla protezione, sulla rassicurazione vicendevole e reciprocante, sull’offerta richiesta di aiuto». Si tratta quindi di una dimensione in cui la distanza tra i poli di in- terazione si accorcia significativamente, il livello di intimità è molto alto e consente l’attivazio- ne del decentramento del bambino, lavorando su autoefficacia ed autostima. Prendersi cura dell’eterospecifico, non accresce solo l’autostima del soggetto, ma sulla strutturazione del modo di essere, il bambino si sente importante, utile, riconosciuto ed accreditato. La presenza di un animale inoltre è in grado di colmare eventuali deficienze nell’area dell’attaccamento, magari ri- conducibili all’ambiente familiare o ad esperienze vissute.
• Dimensione edonica, è fondata sul piacere in- trinseco alla relazione stessa, il piacere che il bambino prova nel venire a contatto con un al- terità ed essere riconosciuti da essa, per l’este- tica stessa dell’animale e per il suo forte potere distraente.
• Dimensione sociale, fondata sulla collabora- zione, sul decentramento e sulla capacità di pensarsi insieme all’altro, è la dimensione più importante per la costruzione della relazione. L’animale assume il ruolo di referente capace di ampliare il dominio relazionale e cognitivo del soggetto umano, una sorta di ridefinizio- ne dell’identità della persona, la quale divie- ne capace di trasferire all’interno del rapporto quelle relazioni apparentemente irrisolvibili o frustranti, richiedendo l’aiuto ed il supporto dell’altro.
• Dimensione affiliativa, riguarda più che altro il rapporto tra il cane ed il suo “padrone” e l’appar- tenenza dell’animale al gruppo famiglia. Ognuna delle dimensioni di relazioni lavora, a suo modo, sullo sviluppo della persona, si deduce che la re- ferenza animale è quindi in grado di promuovere diverse attività educative:
• Educazione all’affettività: nell’area socio-affetti- va, la referenza animale promuove:
• Il decentramento: il bambino passa dall’auto- referenzialità alla disposizione al dialogo con l’altro e a considerare quest’ultimo come por- tatore di una visione prospettica del mondo differente dalla propria ma ugualmente valida. Il decentramento è alla base delle capacità re- lazionali successive e favorisce lo sviluppo della capacità di condividere, dell’empatia e dell’ac- coglienza.
• La sicurezza affettiva: è legata ai processi di at- taccamento di cura quindi è da considerarsi cen- trale nell’evoluzione del bambino. La referenza animale tende a rinforzare le aree della cura for-
nendo alla persona sicurezza ed autostima.
• L’espressione affettiva: il rapporto con l’anima- le favorisce la strutturazione di comportamenti pro-sociali, superando la barriera della timidezza e dell’aggressività.
• La costruzione dei legami: grazie al rapporto con gli animali il bambino è portato a comprendere che la costruzione dei legami affettivi richiede impegno e dedizione, ma è anche necessario il superamento delle tendenze egoistiche a favore della costruzione di compromessi e soprattutto è necessario strutturare la capacità di rispecchia- mento, vale a dire capacità di essere empatici nei confronti del’atro polo di relazione.
• Educazione emozionale: il rapporto con gli animali viene vissuto soprattutto nella condi- visione a livello emozionale, il bambino a par- tecipare emotivamente, a lasciarsi coinvolgere dalle emozioni degli altri e a condividere ciò che prova. Inoltre si definisce l’assetto emoziona- le, ovvero il modo in cui il bambino si posiziona normalmente a livello emozionale, cioè il modo in cui reagisce verso il mondo se in modo aperto e fiducioso o chiuso e diffidente. Inoltre il bam- bino impara a gestire e a controllare le proprie emozioni attraverso le diverse attività zoo an- tropologiche.
• Educazione cognitiva: il rapporto con l’animale stimola una serie di attività cognitive molto im- portanti per il bambino:
• La costruzione di rappresentazioni mentali, gra- zie al cane il bambino può fruire di un maggior numero di modelli che arricchiscono il suo imma- ginario e gli consentono di vivere in maniera più profonda le esperienze della vita.
• Le funzioni cognitive, le attività di zoo antropo- logia, siano esse di referenza o di presenza, faci- litano lo sviluppo delle funzioni cognitive ovvero dei processi di elaborazione delle informazioni
provenienti dall’esterno.
• L’esploratività, ovvero la tendenza a percepire ciò che è diverso, nuovo, incognito con interesse e stupore e non con diffidenza. In tal modo nel bambino cresce la voglia di conoscere, di esplo- rare e di relazionarsi con ciò che non fa ancora parte del suo mondo.
• Educazione sensoriale: in ambito sensoriale, l’a- nimale è un supporto per l’arricchimento delle esperienze. Infatti:
- sollecita le aree sensoriali neglette, ovvero quello aree poco sviluppate a causa del tipo di vita che il bambino conduce, ciò consente una conoscenza più profonda del mondo poiché il bambino si immerge in esso con un maggiore coinvolgimento sensoriale;
- promuove l’uso concertato di più sensi,
- favorisce la formazione di mappe sensoriali e quindi di rappresentazioni più ricche e articola- te del mondo esterno che gli consentiranno di muoversi con maggiore sicurezza nel mondo;
- garantisce la profondità esperienziale, vale a dire che lo sviluppo delle competenze senso- riali fa si che il bambino possa avere un rap- porto positivo con il mondo esterno e con la propria organicità.
• Educazione somato-motoria: la referenza ani- male in questo ambito svolge un ruolo molto im- portante, in quanto favorisce:
- l’acquisizione di feedback orientativi: grazie all’incontro con l’animale il bambino impara a calibrare il proprio movimento anche in base agli effetti che provoca e di mettere in corre- lazione la propria cinestesi ai feedback prove- nienti dall’esterno;
- lo sviluppo di repertori performativi, il bambino impara a muovere il proprio corpo con maggio- re consapevolezza esercitando, poco per volta i diversi complessi muscolari, in tal modo im- para a collocare il proprio corpo nello spazio- tempo in maniera adeguata. Tale consapevo- lezza oltre che ad essere spendibile in attività
di tipo ginnico o sportivo favorisce lo sviluppo di un certo grado di sicurezza in ambito comu- nicativo e relazionale;
- l’acquisizione di expertise e script comporta- mentali, nelle attività di zoo antropologia ap- plicata l’animale funge da polo di motivazione e spinge l’utente ad apprendere nuovi script e nuovi expertise.
• Educazione all’autostima: la relazione con l’ani- male promuove una maggiore consapevolezza di sé anche perché distoglie il bambino dal rapporto con l’adulto che, in ogni caso, non è mai libero dal giudizio e gli consente di esercitarsi nel ruolo di guida. In questo ambito le attività di zoo antro- pologia facilitano:
- Le attività di confronto, il bambino infatti ha la possibilità di interessarsi all’altro senza il ti- more di essere giudicato, deriso, emarginato o di entrare in competizione. In questo contesto protetto il bambino può esercitarsi ad affron- tare i timori prima citati lavorando in autoef- ficacia.
- L’accreditamento sociale, nelle attività di re- lazione con il cane il bambino potrebbe com- piere con quest’ultimo le attività che gli adulti mettono in pratica nei suoi confronti. In tal modo le attività degli adulti vengono mag- giormente interiorizzate e quindi comprese dal bambino che si sente accreditato del ruo- lo di “insegnante”. Esprimendo visibilmente le competenza acquisiste il bambino riceve, inoltre, accreditamento anche dal gruppo dei pari, rafforzando ulteriormente la propria au- tostima.
- La diminuzione delle paure, un aspetto molto importante, sicuramente da non sottovalu- tare, è il potere distraente e rilassante delle attività di zoo antropologia, queste infatti al- lontanano i brutti pensieri, lo stress, l‘ansia, le ossessioni. Tale effetto fa si che il bambino possa misurarsi in attività che gli consentono di aprirsi verso il diverso, verso il mondo e di rafforzare, di conseguenza, la propria autosti- ma.
• Educazione alla cura: anche in questo ambito la referenza animale apporta grandissimi contribu- ti. L’attenzione e l’interesse verso il cane porta- no il bambino ad attivarsi per comprendere quali siano i bisogni dell’interlocutore eterospecifico e rispondere agli stessi in modo adeguato. Attra- verso l’attivazione di questi meccanismi il bam- bino impara a prendersi cura di sé, degli altri e degli spazi di vita. Inoltre, la relazione con il cane promuove lo sviluppo delle capacità organizzati- ve e gestionali.
• Educazione espressiva: il cane, proprio per la sua funzione motivazionale, pone il bambino nella condizione di voler esprimere, di voler portare fuori ciò che ha dentro, di partecipare e mettersi alla prova.
• Educazione alla comunicazione: il bambino è fortemente motivato a comunicare con l’ani- male per poter entrare in relazione con lui, co- mincia quindi a porre maggiore attenzione agli aspetti della comunicazione non verbale, alla prossemica, alla postura ed ai movimenti del suo corpo in generale sviluppando maggiori capacità attentive, osservative e comunicati- ve.
• Educazione alla socialità: è molto importante per tutti gli individui vivere in modo equilibra- to la complessa rete di relazioni sociali che li circonda, a questo proposito, è necessario ri- cordare che la relazione con l’animale educa il ragazzo al continuo interscambio e promuove il rispetto per l’altro, la collaborazione, la ne- goziazione del compromesso e l’accettazione della diversità.