responsabilità
professionale
dello psicologo
dott.ssa LorussoDipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione Università degli Studi di Bari Aldo Moro
dott. Grattagliano
Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione Università degli Studi di Bari Aldo Moro
sua insorgenza e nel suo mantenimento nel tem- po: alcune di queste componenti sono di natura esclusivamente biologica, mentre altre chiamano in causa la totalità della personalità individuale e del- le sue relazioni sociali, che a loro volta rimodellano lo stesso substrato biologico dal quale emergono. La modificazione peggiorativa assume significato medico-legale quando ad essa si collega un effetto giuridico; perciò il danno alla persona consta di due componenti:
• Il danno biologico, o materiale: questo tipo di danno è rappresentato da un’alterazione di ordi- ne fisico o psichico dell’organismo;
• Il danno giuridico, o formale: è rappresentato dal bene o interesse tutelato dalla legge, il cui pre- giudizio suscita una reazione dell’ordinamento giuridico rivolta alla riparazione del danno. Chi cagiona un danno alla persona, compromet- tendone lo stato di salute, lede un diritto costitu- zionalmente garantito ed è pertanto chiamato a rispondere di un’eventuale azione od omissione ed è proprio l’errore commesso, infatti, a costitui- re la fonte dalla quale scaturisce la responsabilità professionale. Per attribuire un fatto alla condot- ta dell’uomo e risalire alla responsabilità penale o civile del soggetto agente nell’ambito del diritto è fondamentale individuare il nesso di causa, la quale può essere definita come l’antecedente necessario e sufficiente a produrre l’effetto, cioè idonea sia in senso qualitativo, che quantitativo e modale. La re- sponsabilità civile sussiste quando un certo evento dannoso può essere qualificato come danno ingiu- sto o inadempimento e se questo può essere im- putato ad un soggetto responsabile. La funzione della responsabilità civile è quella di individuare un responsabile su cui cade l’obbligo del risarcimento in caso di danno provocato a terzi. Tale responsa- bilità svolge la funzione di pareggiare la perdita della vittima qualificata come danno. È necessario distinguere la responsabilità extra-contrattuale (2043 c.c.) e la responsabilità contrattuale (1218 c.c.): nel primo caso si sarà chiamati a rispondere per essere venuti meno all’obbligazione di carat- tere generale di non arrecare danno ad alcuno, nel secondo, invece, si sarà chiamati a rispondere per
non avere adempiuto all’obbligazione oggetto del contratto. La responsabilità penale, invece, mira a punire e a rieducare il reo, nonché a garantire la tu- tela della collettività. Questo tipo di responsabilità sorge quando la violazione dei doveri costituisce un reato previsto dal Codice penale o da altre leggi dello Stato e dipende dall’inosservanza di divieti o dall’inadempienza ad obblighi inerenti all’esercizio della professione. Questa responsabilità è dolosa, preterintenzionale o colposa a seconda dell’inten- zionalità del colpevole (art. 42 c.p.). Nel primo caso si tratta di trasgressioni volontarie e coscienti, tali da presupporre il dolo e risultano collegate all’eser- cizio della professione e riguardano fatti di natura delittuosa, commissivi od omissivi, di diversa natu- ra; per quanto riguarda la responsabilità preterin- tenzionale l’azione è voluta ma l’evento è previsto in forma meno grave di quella che poi in realtà si verifica; la responsabilità colposa si può presentare quando, senza volerlo (per negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi o re- golamenti) si cagiona la lesione personale o la mor- te del paziente (art. 43 c.p.).
Lo strumento che stabilisce le concrete regole di condotta nell’esercizio di una specifica attività pro- fessionale è il “Codice Deontologico”. I contenuti dei codici deontologici possono comunque essere presentati con riferimento ai seguenti parametri: indicazioni riguardanti le caratteristiche generali dell’esercizio della specifica professione (il segreto professionale, la riservatezza e l’anonimato); indi- cazioni di comportamento in situazioni specifiche (pubblicità sanitaria); valutazione di aspetti pret- tamente etici (la tutela della vita e della salute, il rispetto della dignità, dell’autonomia, della libertà e dei diritti umani); infine, richiamo alle conseguen- ze disciplinari, infatti, la violazione delle norme è punibile con sanzioni disciplinari e il professionista sanitario deve sempre manifestare consapevolezza e maturità e considerare il codice come una guida per un comportamento responsabile. In particolare, le sanzioni disciplinari contemplate dall’art. 40 del d.P.R. 221 del 1950, sono l’avvertimento, la censu- ra, la sospensione (da uno a sei mesi) dall’esercizio della professione, e la radiazione (secondo l’art. 41
del d.P.R. 221 “la radiazione è pronunciata contro l’iscritto che con la sua condotta abbia compromes- so gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria”).
In particolar modo nell’elaborazione del Codice De- ontologico degli psicologi italiani (42 articoli) sono state individuate quattro finalità principali:
• La tutela del cliente, inteso sia come commit- tente che come utente dei servizi professionali dello psicologo, come persona o ente che entra in relazione con il professionista per portare ad esso una sua domanda teso a soddisfare un suo bisogno;
• La tutela del professionista nei confronti dei col- leghi, direttamente collegata al principio di soli- darietà;
• La tutela del gruppo professionale, considera- to come il complesso di regole che riguardano il decoro e la dignità della professione, l’autonomia nei confronti di altre professioni (art.6), o l’obbli- go di denunciare casi di abusivismo (art. 8); • La responsabilità nei confronti della società, re-
sponsabilità dalla quale discende il dovere di uti- lizzare le conoscenze sul comportamento umano per promuovere il benessere psicologico dell’in- dividuo, del gruppo e della comunità (artt. 3, 34). Vi sono poi una serie di strumenti che a livello Ordi- nistico ed a livello di Società Scientifiche, forniscono un ottimo contributo per orientare, valutare, indi- rizzare le attività professionali di coloro che sono iscritti all’albo degli Psicologi, ad esempio la legge del 18 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della pro- fessione di psicologo), “la professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di in- tervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli or- ganismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito” e la “Diligenza nell’inadempimento” del primo comma dell’art. 1176 c.c. Sono, inoltre, rilevanti le Linee guida sull’ascolto del minore te- stimone che hanno come oggetto la partecipazione attiva del minore e implicano, di conseguenza, di- verse forme di ascolto, così come differenti sono gli
effetti che l’ascolto medesimo può avere nel pro- cesso. Il principio di base è che la salute e l’integrità psichica del bambino siano da considerarsi come un “bene superiore” che va tutelato esponendo il mi- nore al più ridotto numero di situazioni stressanti. Vi sono poi le Linee guida sull’ascolto del minore nei casi di separazioni e divorzi che focalizzarsi sui suoi bisogni, per una riduzione dell’intensità e della du- rata del conflitto genitoriale, per uno sviluppo della resilienza e per la percezione di miglioramento del- la relazione con i genitori. Vi sono, inoltre, “Le linee guida per lo psicologo forense” (approvate dal Con- siglio Direttivo nell’Associazione Italiana di Psicolo- gia Giuridica a Roma il 17 gennaio 1999) che hanno lo scopo di definire il ruolo dello psicologo nelle aule di giustizia e di facilitare la capacità di assumere e mantenere un comportamento corretto e sono composte da 17 articoli cui attenersi nell’esercizio dell’attività psicologica in ambito giuridico. Un altro strumento fondamentale, infine, è rappresenta- to dalla “Carta di Noto” che ha il fine di garantire l’attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni, assicurando nel contempo al minore la protezione psicologica, nel rispetto dei principi costituzionali del giusto pro- cesso e degli strumenti del diritto internazionale. Le Buone Prassi per lo psicologo che viene nomina- to consulente tecnico d’ufficio o consulente tecnico di parte in ambito civile, elaborate da uno specifico Gruppo di Lavoro dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, vogliono essere un riferimento per chi già opera o intende operare in tale contesto. Raccolgo- no una sintesi delle norme condivise e già diffuse attraverso testi, linee guida, documenti e risponde all’esigenza di fornire risposte chiarificatrici ai molti quesiti che e alle frequenti domande e problemati- che, anche di natura deontologica, legate alla cre- scente richiesta di prestazioni psicologiche prove- nienti dal mondo giudiziario.
CASISTICA
Si presentano di seguito quattro situazioni in cui un’inadeguata formazione o formulazioni di giudizi tecnicamente erronei o ancora illeciti professionali da parte di psicologi, siano state tradotte in azioni
penali contro gli stessi.
Caso 1 (2017). La quinta penale della Corte di Cas- sazione (sentenza 40291/17) ha annullato il pro- scioglimento del Gip di Arezzo nei confronti di due dirigenti scolastici, una psicologa e due insegnanti, accusati dai genitori di un bambino di sette anni, con presunti problemi comportamentali. Lo psico- logo avrebbe compiuto una vera e propria “analisi”, durata due mesi, sul bambino, della quale i genitori dello stesso ne sarebbero stati informati solamen- te al termine dell’anno scolastico, durante un col- loquio con l’insegnante. La Cassazione ha, quindi, dichiarando che la presenza di uno psicologo in aula scolastica senza consenso è “violenza priva- ta” e costituisce reato. Trattandosi poi di un’attività svolta da pubblico ufficiale, la mancata registrazio- ne nel protocollo dell’istituto rappresenta un falso per soppressione. Non è, infatti, ammissibile in al- cun modo che altre figure, dirigenti e/o insegnanti, possano avvalersi dell’osservazione in via precau- zionale da parte dello psicologo per la valutazione clinica di un minore.
Caso 2 (2010). Caso di affidamento di minore nel contesto di una causa particolarmente conflittua- le. Due coniugi, genitori di due bambini, si separano dopo circa 10 anni di matrimonio. Viene nominato C.T.U. uno psicologo che redige una relazione nella quale sono molto evidenti l’incapacità di mantene- re il dovuto ruolo di terzietà e la palese collusione acritica con una delle parti. A tale errore metodo- logico seguono una serie di errori di tipo deontolo- gico e procedurale, quali la mancata conoscenza e inosservanza delle norme giuridico-procedurali che regolano l’attività peritale, l’omessa valutazione di importanti documenti contenuti nel fascicolo pro- cessuale (documentazione medica e testimonianze dei minori stessi), la manipolazione del contenu- to dei colloqui, un’erronea, e perciò inutilizzabile, risposta ai quesiti posti dal giudice (valutazione centrata sulla presunta capacità coniugale e non sulla capacità genitoriale, sulla quale unicamente verteva il quesito) ed, infine, un’evidente confusio- ne tra ruolo terapeutico e ruolo peritale (dopo aver consegnato la consulenza d’ufficio, lo psicologo si offriva di prendere in cura i due minori). Tali errori
hanno avuto come conseguenza non solo il fatto che il giudice abbia disatteso le conclusioni della consulenza d’ufficio, ma anche successive denun- ce all’Ordine Professionale degli Psicologi, nonché querele penali contro lo psicologo C.T.U. Colluden- do con le emozioni e le aspettative di un genitore, quindi, lo psicologo in questione non ha solo dero- gato al proprio ruolo, ma ha nel contempo cagiona- to un ulteriore aumento del tasso di conflittualità, invece di favorirne l’attenuazione, senza badare alla vera finalità dell’accertamento tecnico indicato dal giudice, ovvero il bene esclusivo del minore. Caso 3 (2010). Viene nominato come CT del pubbli- co ministero uno psicologo, per quanto riguarda il caso di un uomo denunciato per abuso sessuale su due fratellini con alle spalle una prolungata storia di maltrattamenti e abbandoni e che, proprio per que- sto, erano ospiti nella struttura nella quale costui operava. La relazione dello psicologo fu contraddi- stinta da una serie di gravi errori metodologici, che consisteva essenzialmente nella mancata cono- scenza della criteriologia medico-legale in tema di nesso di causalità tra esperienze riferite e sintomi non allegati, specie in ordine al misconoscimento del criterio di esclusione di altre cause, oltre che nelle seguenti manchevolezze:
omissione dell’indagine anamnestica sulle presun- te vittime; interpretazione aprioristica ed unidire- zionale del significato dei sintomi lamentati; inade- guate modalità di colloquio con le presunte vittime (ad esempio formulazione di domande suggestive, presenza di commenti inferenziali, ecc…); credibilità dei minori valutata in assenza di un valido criterio di falsificazione (ad esempio racconti giudicati atten- dibili soltanto sulla base di descrizioni accurate e precise del contesto ambientale, peraltro poi risul- tate false); assenza di consapevolezza della diver- sità del proprio ruolo, rispetto a quello dell’organo giudicante, sostanziata dall’assunzione di un atteg- giamento di costante verifica unidirezionale della colpevolezza dell’imputato; valutazione inappro- priata degli indici di abuso, che più comunemente vengono identificati in disturbi di tipo ansioso-de- pressivo, disturbi della sfera alimentare, disturbi comportamentali e difficoltà cognitive.
Caso 4 (2003). La consulenza in questione è richie- sta dal PM relativamente all’ipotesi di abuso ses- suale subito da una minore, la quale accusa il nonno paterno. L’elaborato peritale dei C.T.U presenta una serie di imprecisioni e inesattezze:
1. Il colloquio e la somministrazione dei test alla minore sono avvenuti in presenza dei genitori e non è, inoltre, stato precisato quanti colloqui siano stati effettuati, né se ai test sia stata de- dicata una seduta a parte; è stato anche effet- tuato un colloquio con i genitori, sua sulla storia della bambina, sia per sentire la loro visione dei fatti; non è, però, specificato se la minore fosse o meno presente;
2. Per quanto riguarda le modalità di conduzione del colloquio, i C.T.U. hanno chiesto alla minore di “raccontare i fatti in forma cinematografica ovvero tramite scene che illustrano l’accadu- to in maniera sequenziale” e non è chiaro se il resoconto sia stato ricavato esclusivamente da questo metodo o se vi sia stato anche, in un
momento diverso, il colloquio vero e proprio. Tale metodo ha valenza altamente induttiva e suggestiva, poiché è noto che, soprattutto in età evolutiva, i bambini possono confondere strut- turalmente la realtà dalla fantasia e per questo tale procedura non garantisce assolutamente maggiore credibilità al racconto ma, al contrario, potrebbe esasperarne gli eventuali aspetti fan- tastici. Nel resoconto, inoltre, non si sofferma su alcuni elementi biografici emersi quali segni di disagio citati dalla minore in età precedente all’episodio in questione;
3. Non è poi chiaro se per i test utilizzati sia sta- ta dedicata almeno una seduta apposita; sono stati, inoltre, citati test grafici non allegati all’e- laborato. Per quanto riguarda il test di Rorscha- ch, manca il protocollo in allegato e l’interpre- tazione del test sembra essere stata condotta seguendo i medesimi criteri che si utilizzano per gli adulti, senza tener conto dell’esistenza di un apposito materiale per i bambini. Il materiale
raccolto sembra essere stato utilizzato per ave- re conferma circa l’identità dell’autore del reato. Trattandosi, inoltre, di una perizia per valutare l’attendibilità, sarebbe stato preferibile effet- tuare anche un test di livello per ricavare l’età mentale della testimone e dedurne la compe- tenza a livello critico.
4. Infine, le conclusioni dell’elaborato sono ambi- valenti e contengono incongruenze riguardo gli stati emotivi della minore.
In conclusione, tale consulenza era stata richiesta per valutare l’attendibilità della testimone, ma i C.T.U. hanno focalizzato l’attenzione sulla veridicità del racconto, fino a spingersi all’individuazione del colpevole.
RISULTATI
Sulla base della casistica esemplificativamente presentata e dei documenti e protocolli operativi internazionali e nazionali, è evidente che in ambito forense ogni intervento psicologico deve necessa- riamente presupporre una rigorosa distinzione tra attività di ordine clinico e di ordine valutativo, un adeguato utilizzo delle metodologie e il rispetto di vincoli sia normativi appartenenti ai codici di proce- dura che riguardano la perizia, che di quelli apparte- nenti ai codici deontologici.
Discussione
L’eticità del comportamento del professionista, so- prattutto in ambito sanitario, risiede essenzialmen- te nel corretto adempimento professionale. Il bene del malato consiste senza dubbio nella vita e nella salute, con l’aggiunta di correttezze professionali, ad esempio il segreto professionale. L’obbligo dello psicologo di adottare un comportamento diligen- te corrisponde all’obbligo dello stesso di ricorrere a tutti quegli accorgimenti e all’utilizzo attento dell’at- trezzatura professionale in funzione di obiettivi definiti nel modo più rigoroso, fondato e razionale. Comportarsi in maniera diligente significa, quin- di, adeguarsi ad una serie di regole di condotta per rendere realizzabile la migliore tutela dell’interesse del cliente. In caso contrario s’incorrerà nella colpa professionale che consisterà in quei comportamenti
che non si presentano come idonei a permettere il raggiungimento delle finalità del singolo caso cui si rivolge l’opera del professionista/psicologo, il quale è tenuto a scegliere quelle modalità di intervento che trovano un preciso riscontro nella scienza uffi- ciale. La non osservanza, da parte dello psicologo, della diligenza professionale nello svolgimento della sua attività, sfocia nella colpa professionale, ovvero nell’osservanza di quelle regole di condotta che non rientrano nei doveri di comportamento cui è neces- sario fare riferimento. In qualunque ambito di azione professionale sanitaria è necessario, in conclusione, che venga adoperata una certa correttezza delle procedure e coerenza delle metodologie.
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RIASSUNTO
Il presente lavoro nasce dal desiderio di realizzare