sarebbe pensato che Olivia fosse tutta in quella
risata, mentre invece era tutta nella sua
cicatrice. Philiph Roth, Indignazione
dott.ssa Cirasinodi assai difficile realizzazione. Se fossimo mona- di di leibniziana memoria ed esclusi da una realtà di reciproco scambio sociale, non conosceremmo una delle emozioni caratterizzanti il nostro essere umani e animati: la vergogna. Il volto, latore di una magnifica potenza espressiva, tradisce un rossore o si nasconde dietro mani sempre troppo piccole per contenere interamente tutta la vergogna di cui si tinge. Da dove giunge questo precipitato emoti- vo? chi lo innesca?
Nel momento in cui l’incontro con l’altro diventa misura del nostro stare al mondo, la sua presenza ci pone nella condizione di vergognarci. In un’opera di raffinata analisi esistenziale, il filosofo Jean Paul Sartre ne L’essere e il Nulla descrive l’esperienza della vergogna come un modo di coscienza ed un esempio vibrante di ciò che una certa filosofia te- desca suole chiamare Erlebnis.
Mi trovo per caso o no a compiere un gesto malde- stro o volgare, sono nell’intimità della mia persona. Quel gesto, aderisce a me e per tale motivo non lo giudico: mi limito a viverlo e a compierlo. D’un tratto, sollevo lo sguardo ed ecco: qualcuno era lì e ha visto. È questo l’istante in cui il mio agire, ini- zialmente non ricoperto dal giudizio, mi risulta, allo sguardo altrui, vergognoso. La mia vergogna non ha nulla di riflessivo perché non nasce nella solitu- dine della mia coscienza ma davanti alla presenza altrui. Lo sguardo che si è posato sulla mia persona mi fa precipitare in un abisso che è vergogna di me- di-fronte-ad-altri.
UNA STORIA DI AMORE E VERGOGNA
David Lurie, un 50 enne docente all’università di Cit- tà del Capo, dopo il secondo divorzio conduce una esistenza piuttosto ritirata. L’unica occasione che si concede per sfuggire alla monotonia quotidiana risiede nella frequentazione di diverse partner ses- suali. Invaghitosi di una sua allieva, David oltrepas- sa la soglia del consentito lasciandosi trasportare dalla passione per la giovanissima Melanie che, pur non respingendolo, lo denuncia per molestie ses- suali, costringendolo ad abbandonare la docenza. Affatto pentito del suo gesto, David è piuttosto di- sgustato dall’ipocrisia dell’ambiente universitario e
dei suoi colleghi. Libero dagli incarichi istituzionali, decide di approfittare del congedo per recarsi in vi- sita della sua unica figlia Lucy che, trasferitasi in un piccolo villaggio dell’entroterra sudafricano, gesti- sce da sola una fattoria.
Accolto in un’atmosfera semplice e rurale, David non immagina ancora la terribile trama che il de- stino gli sta tessendo contro: una sera, tre giovani uomini si presentano alla fattoria, fanno razzia e violentano ripetutamente Lucy che in seguito sco- prirà di essere incinta.
David, bloccato e rinchiuso dai tre malfattori in uno stanzino, intuisce perfettamente il dramma che si sta consumando sulla pelle della propria figlia. Ten- ta di liberarsi, ma vano risulta ogni suo tentativo. Quando David esorta Lucy a denunciare gli aggres- sori e a lascarsi alle spalle il luogo della violenza, la ragazza rifiuta di seguirlo e decide di non interrom- pere la gravidanza. Un tremendo senso di colpa lace- ra l’animo di Lucy che si vergogna per quello che ha patito e si chiude in un silenzio impenetrabile. Ancora più grave l›inquietudine che pesa sul cuore di David che da abusatore di una ragazza, si ritrova a metabo- lizzare il dolore di sapere la sua stessa figlia vittima di stupro. Sembra prendere corpo una punizione che richiama la dantesca legge del contrappasso. Scegliendo di far passare l’accaduto sotto silenzio e di non giudicare i criminali, lo sguardo di Lucy si riempie di dolore e rabbia: non può assecondare un padre che tenta di proteggerla da un crimine di cui egli stesso si è macchiato.
È proprio questa impossibilità di guardarsi e di par- lare sinceramente ad edificare un muro di gravi si- lenzi e, ancora peggio, a sostanziare una vergogna che prende il nome dell’impronunciabile e dell’indi- cibile tra padre e figlia.
L’ESSERE DELLA VERGOGNA
Per una comprensione ontologica della vergogna, come essenza stessa dell’uomo contaminato da una consapevolezza che viene prima di ogni (cat- tiva) azione, F.W. Nietzsche spiega che la vergogna dipende non già da un’essenza, ma dalla mia po- sizione di io ad un tempo al mondo e di fronte ad altri. Nel movimento dell’andare incontro ad altri e
quindi nell’entrare in rapporto, la presenza di Altri si pone come se il mio evidente diritto all’essere divenisse improvvisamente problematico e il mio essere-al-mondo si distinguesse come posizione senza fondamento.
Nella vergogna, afferma la psichiatra Ronald Laing, si esperisce il “riempimento” di sé a cui le posture cor- poree fungono da cornice ad un sé proteso a scom- parire. tale immagine richiama quella dell’accartoc- ciarsi che a giudizio di Eugene Minkowski caratterizza quel soggetto che vede l’avvenire corrergli incontro come un inarrestabile ed incontenibile fiume in piena. l’esperienza fenomenologica di colui che vie la ver- gogna potrebbe essere descritta come un desiderio di nascondersi di fronte allo sguardo sartriano, di diventare in-visibile o al più morire.
Esiliando l’individuo in uno stato di con-fusione di parole e pensieri, la vergogna produce un effettivo blocco nel normale corso dell’attività distinguendo- si come uno stato negativo e doloroso.
Lo psicologo Michael Lewis nel testo Il SÈ nudo pa- ragona la vergogna ad una particella subatomica di cui non conosciamo che le tracce residue.
Generandosi alla presenza dello sguardo altrui, la vergogna si pone quasi come una invisibile late- bra volta a proteggere o al contrario, a renderci chia- ramente vulnerabili dinanzi al Altro. Per tale ragione il desiderio di nascondersi descrive una componente dominante tale esperienza emotiva accompagnata da rabbia, dolore e forte senso di disagio.
Nella paralisi della vergogna il Sé, soggetto e og- getto di questo modo di coscienza, rimane impri- gionato in un legame che arresta l’azione per rivol- gere a sé tutta l’attenzione.
Il risultato è un generale disorientamento che sul piano fenomenologico differenzia la vergogna dal senso di colpa il cui oggetto si pone nella sua evi- denza e risulta eterno al sé.
A giudizio della letteratura fenomenologica esi- stono almeno tre distinzioni: una “angoscia di ver- gogna” descrivibile come una angoscia riguardo a qualcosa che sta per accadere e viene percepito come estremamente minaccioso. In secondo luogo vi è la vergogna stricto sensu la quale configura una reazione riguardo ad un evento che è già accaduto.
Infine, la vergogna come formazione reattiva che coinvolge un atteggiamento caratteriale fungente da ostacolo ai primi due.
Denunciandosi di fronte ad altri, la vergogna ci apre paradossalmente alla più profonda comunicazione, all’intimità e all’incontro autentico. Essa è vulnus, ferita attraverso cui il mondo fa il proprio ingresso in noi e noi dialoghiamo con il mondo.
Se esiste un principio di intenzionalità che guida la relazione Io-Tu, è probabile che nella vergogna si possa scorgere, in maniera primordiale e prerifles- siva, l’autoaccrescimento della reciprocità. Nel rap- porto di scambio Io e Tu non stanno reciprocamente l’uno di fronte all’altro come soggetto e oggetto, ma come doppio infinito: un doppio che significa dare e ricevere, un decisivo innalzarsi verso forme sempre nuove della reazione e della doppia ricettività. BIBLIOGRAFIA
• Binswanger, L. (1960), Melancolia e Mania. Studi fenomenologici. Trad. it. Torino: Bollati Boringhieri, 2006
• Coetzee, J. M. (2000), Vergogna, Torino, Einaudi Ed. • Heidegger, M. (1927), Essere e Tempo. Trad. it. Mi-
lano: Longanesi, 2005
• Husserl, E. (1913), Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. Trad. it. Torino: Einaudi, 2002
• Husserl, E. (1940), Umsturz der kopernikani- schen Lehre in der gewöhnlichen weltanschau- lichen Interpretation. Manoscritto D III 17; col titolo Grundlegende Untersuchungen zum phän- omenologischen Ursprung der Räumlichkeit der Natur, in Philosophical Essays in Memory of Ed- mund Husserl, a cura di M. Farber, Harvard Uni- versity Press, Cambridge; trad. It di G. D. Neri, Rovesciamento della dottrina copernicana nella cor- rente visione del mondo, in «aut aut», 1991, n. 245 • Laing, R. D. (1959), L’Io diviso, Torino: Einaudi, 2010 • Lewis, M. (1995), Il Sé nudo. Alle origini della vergo-
gna, Milano: Giunti
• Minkowski, E. (1968), Il tempo vissuto. Fenomenologia e psicopatologia. Trad. it. Torino: Giulio Einaudi, 1971 • Sartre, J. P. (1943), L’Essere e il Nulla, Milano: Il
RIASSUNTO
La morte resta ancora oggi uno dei più grandi tabù, qualcosa di “innominabile”. La nostra società è pro- iettata al culto del bello e del successo, pertanto nasconde sofferenza e morte, considerate come un fallimento della medicina e della tecnologia. In questo clima culturale sembra impensabile par- lare della morte ai bambini; un argomento su cui l’educazione tende a tacere.
Il lutto si impone tuttavia sia all’adulto che al bam- bino, impegnati ad affrontare lo smarrimento ed il vuoto, che ne derivano.
L’adulto è portato a sottovalutare la compren- sione che il bambino può avere della morte, pro- babilmente poiché in modo difensivo, tende a “rimuovere” un problema a cui lui stesso non ha trovato pienamente una soluzione. In realtà, i bambini hanno bisogno di sapere le cose impor- tanti, che accadono alle persone che amano. Il si- lenzio, il mascheramento, il non dire li fa sentire più soli e smarriti, poiché non c’è nessuno a cui chiedere e da cui ricevere aiuto.
La sincerità e la vicinanza, invece, attenuano l’an- goscia del bambino, che si sentirà più libero di
esprimere la sua sofferenza, in un clima di condivi- sione e non di reticenza.
La morte rappresenta quella parte di vita a cui ci sforziamo di non pensare, ma che è comune a tut- ti. Pertanto è importante supportare i bambini nel processo di elaborazione del lutto, conoscere gli strumenti educativi e terapeutici per occuparsi del- la loro reazione emotiva e favorire l’adattamento ad una nuova vita.
PAROLE CHIAVE
Lutto, Elaborazione del lutto, Psicoterapia Cogniti- va, EMDR.
INTRODUZIONE
La perdita di una persona cara, come può essere anche la morte di un animale domestico, le malat- tie o la perdita del lavoro, fa parte di quegli eventi dolorosi con cui gli esseri umani si confrontano nel corso della loro vita e che possono mandare in crisi il normale funzionamento psicologico di una persona.
John Bowlby (1980), con la sua teoria etologica dell’attaccamento, ha descritto le varie reazioni