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L A QUESTIONE METODOLOGICA E IL NUOVO MODELLO DI ESOTERISMO

1. L A QUESTIONE METODOLOGICA : DUE TIPOLOGIE DI APPROCCIO ALLA RICERCA SULL ’ ESOTERISMO

1.2 L’approccio “TIPOLOGICO”

Se invece la precomprensione da cui muove la ricerca è quella più generale secondo cui l’esoterismo è una delle varie modalità attraverso cui si è espresso il

pensiero e il vissuto religioso umano, e quindi esso viene letto in chiave

principalmente antropologica, allora il campo della ricerca si estende potenzialmente a tutti i contesti religiosi, sia occidentali che orientali, sia antichi che recenti. La precomprensione di fondo di questo approccio, cioè, è quella secondo cui esistono alcune principali forme ricorrenti di “atteggiamento religioso” nell’uomo, e che sia quindi possibile rintracciare la loro presenza attraverso differenti contesti e linguaggi.

disgregarsi nel momento in cui perde il suo contatto con le chiese istituzionali; nel tardo XVIII secolo possiamo osservare una scristianizzazione definitiva del pensiero occulto, esso comincia ad apparire in una versione secolarizzata, come una filosofia in senso moderno; con il XX secolo si realizza un nuovo sedicente razionalismo (…), e per altro verso le religioni orientali finiscono per soppiantare l’originaria tradizione gnostica europea”, GIBBONS, Spiritualità e Occulto, 35.

223 Cfr. M. W

L’atteggiamento religioso comprende non solo la prassi, ma anche e soprattutto l’interpretazione globale della vita umana da cui la prassi religiosa scaturisce, quindi l’atteggiamento per così dire mentale dell’homo religiosus. Ciò che chiamiamo esoterismo quindi potrebbe essere una di queste forme, che poi ha preso diverse specificazioni nella storia. Si cercherà quindi di analizzare una struttura apparentemente comune anche a contesti molto diversi, in ordine a comprendere una forma forse archetipica del pensiero religioso universale, a livello di antropologia cognitivistica224

.

Fra gli studi esaminati fin ora non ce n’è nessuno che possa dirsi chiaramente tipologico, sebbene l’ipotesi di un approfondimento di questo tipo sia stata più volte prospettata. Procederemo quindi nella descrizione di questo secondo metodo senza il riferimento di un esempio paradigmatico, come il modello di Faivre per il caso precedente.

Il taglio più marcatamente antropologico di questo secondo approccio imposta legittimamente la ricerca su basi comparative, non solo poiché “tutto per l’antropologia può essere comparato”, compresi “i tratti culturali, i modi di pensare e gli schemi cognitivi”, ma proprio poiché “la dimensione comparativa è strettamente legata al discorso dell’antropologia”225

.

È bene tenere presente l’avvertimento importante di Nygren secondo il quale “un’idea o una credenza può avere esattamente la stessa forma senza avere nel modo più completo lo stesso significato”226

; ma bisognerà anche dire che le forme che assumono le idee sono già di per sé significative, e poi che, d’altra parte, il significato prettamente soggettivo di una qualsivoglia idea rimane per lo più inaccessibile: in questo senso siamo costretti nella ricerca storico-religiosa a lavorare con le forme

224 Si può anche notare che chiunque si sia occupato di “letteratura mistica” sotto un profilo

generale è partito da una pre-comprensione analoga a quella di cui stiamo parlando, ossia dall’idea che ci sia fra i cosiddetti “mistici” qualcosa di simile nella loro esperienza religiosa e poi nel modo di esprimerla (non a caso esoterismo e misticismo sono stati considerati da molti autori quasi come sinonimi). Vedi l’esempio celebre di W. JAMES, The Varieties of Religious Experience. A Study in

Human Nature (New York: The Modern Library, 2002), 404, o anche F. C. HAPPOLD, Mysticism. A

Study and An Anthology (Harmondsworth: 1970), 17. 225 U. F

ABIETTI, Antropologia culturale. L'esperienza e l'interpretazione (Roma-Bari: Laterza, 1999), 189.

226 A. N

attraverso cui si esprimono le esperienze, quindi con ciò che appare, con ciò che si offre fenomenologicamente per essere osservato.

Sebbene “noi compariamo ciò che intuitivamente avvertiamo essere comparabile”227, ciò nondimeno anche in questo caso sarà necessario anzitutto chiarire

l’oggetto che si è intuito, ossia dare una descrizione almeno essenziale di questa ipotetica forma di pensiero, per vedere poi se, quando, e come si è espressa nella storia delle religioni. Si tratterà quindi di nuovo di formulare un modello, ma esso sarà meno specifico e dettagliato rispetto al caso precedente, poiché dovrà essere potenzialmente “esportabile” da una cultura all’altra. Tuttavia dovrà essere sufficientemente specifico da permettere di distinguere con una certa sicurezza quella forma di pensiero da altre, e quindi di intraprendere la ricerca stessa. In altre parole, “il progetto comparativo presuppone un’elaborazione concettuale che renda gli oggetti adeguati al progetto stesso”228

, ossia appunto bisogna costruire delle “rappresentazioni degli oggetti, che sono i modelli”229

.

Una volta chiarito in tal modo l’oggetto, che da un certo punto di vista è anche un “progetto di senso”, si cercherà poi di rintracciarlo, esaminarlo, comprenderlo, verificarlo, approfondirlo, e semmai alla fine ri-formularlo da capo: riprendendo il discorso di Gadamer, infatti, bisogna tener conto che “ogni revisione del progetto iniziale comporta la possibilità di abbozzare un nuovo progetto di senso; che progetti contrastanti possono intrecciarsi in una elaborazione che alla fine porta a una più chiara visione dell’unità del significato; che l’interpretazione comincia con dei pre- concetti i quali vengono via via sostituiti da concetti più adeguati”230

.

Questo approccio non trova grandi consensi in quanto è basato più su intuizioni, su sintesi creative, potremmo dire su ipotesi “essenzialiste”, che però possono non essere immediatamente in consonanza con i criteri storici. Ma ciò che è importante sottolineare di nuovo è che il materiale su cui si lavora è ancora necessariamente la storia: i documenti e i dati storici come sempre sono da

227 S. F. N

ADEL, Linamenti di antropologia sociale (Roma-Bari: Laterza, 1974), 261.

228 F

ABIETTI, Antropologia culturale. L'esperienza e l'interpretazione, 190.

229 Cf. Ibid., 195. 230 G

interpretare, ma non a partire da speculazioni teologiche o metafisiche231

, bensì appunto da una categoria antropologica.

Una ricerca di questo tipo ha quindi un senso ben preciso e una sua validità nell’ambito degli studi storico-fenomenologici, sebbene sia stata spesso guardata con sospetto da parte degli studiosi del primo orientamento: Hanegraaff ad esempio ne critica lo stile spesso “religionistico” e “cripto-esoterico” in autori come Mircea Eliade, Henry Corbin, Carl G. Jung 232

, mentre Faivre, per lo meno fino a qualche anno fa, parla di questo tipo di approccio come “audace e provocativo”, “di gran lunga troppo globale”, o “troppo onnicomprensivo”, ritenendo che l’immagine di esoterismo che ne emerge non sia “coerente, accessibile, gestibile”; di contro, dice ancora Faivre, “sembra di gran lunga più fruttuoso cominciare con l’osservazione empirica che l’esoterismo è un concetto occidentale”233

.

Ora, di certo il “concetto” di esoterismo e il vocabolario stesso che lo connota

per se è occidentale, tuttavia non è detto che il suo “contenuto”, o la sua “essenza”, sia

solo occidentale. Qui stiamo ipotizzando piuttosto che il termine esoterismo sia ciò che in occidente indica un certo tipo di pensiero, di vissuto, di precomprensione dell’esperienza religiosa, presente anche altrove pur con altre designazioni - d’altra parte, nemmeno il cosiddetto “esoterismo antico occidentale” non si era attribuito questo nome, ed è stato riconosciuto tale sulla base del modello recente.

Almeno in linea teorica, dunque, l’approccio tipologico (o “tipologico- essenzialista”) non manca di validità scientifica e accademica, sempre che siano state accettate le impostazioni antropologiche di partenza, e dimostra di essere saldamente fondato, pur non avendo come trait d’union una specifica linea di continuità storica.

231 Cf. F

AIVRE and VOSS, "Western Esotericism," 66.

232 H

ANEGRAAFF, "Esotericism," 339: “Those authors predictably tended to be treated with suspicion by scholars who insisted on academic rigor”. Faivre poi, parlando dell’approccio di von Stuckrad, dice: “Nous paraît-elle moins contribuer à affermir la spécificité de l’ésotérisme au sein de l’Histoire des Religions, qu’à se présenter comme une sorte de programme de comparatisme en matière de Sciences Religieuses ou de Philosophie”, lasciando quasi intendere che i risultati dell’approccio tipologico non possono rientrare nella “storia delle religioni”, FAIVRE, "Kocku," 213.

233 “It appears far more fruitful to begin with the empirical observation that esotericism is a

Western concept”, FAIVRE and VOSS, "Western Esotericism," 63. La critica in particolare è rivolta alla metodologia di Riffard, di impianto tipologico: RIFFARD, L'ésotérisme .

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