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L O SFONDO DI COMPRENSIONE : CIRCOLARITÀ FRA LINGUAGGIO ED ESPERIENZA

I L SINTAGMA SACRO (holy) TOTALITÀ (whole) SALVEZZA (heal): UN CONTRIBUTO

2. L O SFONDO DI COMPRENSIONE : CIRCOLARITÀ FRA LINGUAGGIO ED ESPERIENZA

L’etimologia metterà in luce delle costanti semantiche, le quali possono essere lette in un certo senso come dinamiche funzionali del sacro a livello cross-culturale: la prospettiva di interpretazione in cui ci poniamo quindi non è di tipo teologico ma semmai sempre di tipo antropologico291

, ed è paragonabile a quella di Mircea Eliade quando, studiando comparativamente le diverse ierofanie, parlava di un tentativo di “comprendere e rendere comprensibile la modalità in cui viene percepito e rappresentato il sacro”, e di cogliere “la posizione dell’uomo rispetto ad esso”292

. Nel nostro caso si lavora sul linguaggio, ma il linguaggio è in grado non meno che le ierofanie di mostrare quella che Eliade ha chiamato la “posizione dell’uomo rispetto al sacro”: le dinamiche funzionali esplicitate dalle costanti di significato – che come vedremo sono i concetti di ambiguità, separatezza, e soprattutto di totalità - potrebbero essere molto significative per cercare di cogliere un’antica ermeneutica dell’esperienza religiosa e della relazione uomo-sacro, poiché le parole sono già rappresentazioni e mediazioni dell’esperienza.

Nel momento in cui l’esperienza viene rappresentata dalla parola, assume per ciò stesso significato, cioè viene appunto interpretata, come nota Jensen: “il linguaggio è il primo strumento che ci permette di dare senso al(i) mondo(i), cioè di assegnare a esso(i) significato”293

. Naturalmente quando si parla di “significati” in questo ambito si

291 Cf. M. E

LIADE, Trattato di storia delle religioni, Saggi: storia, filosofia e scienze sociali (Torino: Boringhieri, 1999), 4. Anche Boyer indica che l’antropologia religiosa è in fondo l’approccio più sostenibile di fronte al tema del sacro: “Se esiste un Sacro trascendentale per definizione – anche supponendolo diverso dalle strutture della nostra coscienza che lo invocano – (…) noi tuttavia non possiamo scorgerlo che attraverso una rivelazione interiore, non possiamo incontrarlo che attraverso un’esperienza umana. Ciò vuol dire postulare deliberatamente l’imperiosa necessità di un’antropologia religiosa come normale approccio al Sacro” (R. BOYER, "L'esperienza del sacro," in Trattato di

antropologia del sacro, ed. JULIEN RIES (Milano: Jaca Book, 1989), 61).

292 E

LIADE, Trattato, 8

293 J. S. J

ENSEN, "Meaning and Religion. On Semantics in the Study of Religion," in New

Approaches to the Study of Religion, ed. PETER ANTES and ARMIN W. GEERTZ, Religion and Reason (Berlin: Walter de Gruyter, 2004), 231: “Language is the primary instrument which allows us to make sense of the world(s), that is, to ascribe meaning to it (them)”.

parla di convenzioni, e non di qualcosa di verificabile secondo una corrispondenza diretta con ciò che è da esse rappresentato: “la caratteristica principale delle convenzioni è che esse sono condivise, poiché non è necessario che siano ‘epistemicamente’ vere per essere effettive nel mondo delle rappresentazioni collettive”294. Penner a questo proposito parla di “semantica olistica”, ossia di

significato non come corrispondenza con l’oggetto, ma come coerenza di una parola all’interno di un sistema di pensiero e di linguaggio295

.

Si dovrà dire anche che in questi ultimi decenni il rapporto fra mondo e linguaggio è stato messo profondamente in discussione, nel senso che il linguaggio appare non più come un riflesso quasi passivo del reale, e non solo come una sua interpretazione, ma addirittura come ciò che costruisce il reale nella mente che lo percepisce. Se da un lato cioè la parola rappresenta in senso lato l’esperienza, dall’altro la pre-determina: si dice che l’esperienza stessa sia in qualche misura guidata e perfino formata dal linguaggio296

, per quella forza pragmatica delle parole che è in grado di produrre significato. Potremmo dire insomma che il linguaggio “crea mondi”297, è un “insidioso modellatore del pensiero”298, e pertanto esso è il nostro

primo e fondamentale accesso al mondo299

.

294 Ibid., 227: “The main feature of conventions is that they are shared, for they need not be

‘epistemically’ true to be effective in the world of collective representations”.

295 H. H. P

ENNER, "Why does Semantics Matters," in Language, Truth, and Religious Belief, ed. NANCY FRANKENBERRY and HANS H. PENNER (Atlanta: Scholars Press, 1999), 474: “Roughly and briefly, this theory rejects the principle of reference, and emphasizes consistency and coherence of ideas, symbols, archetypes, and the like”, quindi la verità o falsità delle credenze, per la semantica olistica, non è qualcosa di dato in relazione al mondo. Dice Panikkar, parlando specificamente del linguaggio mistico: “Basta sfiorare un’altra cultura per rendersi conto che il linguaggio non è un’algebra concettuale che indica più o meno univocamente la res significata, ma un sistema di simboli che richiamano nell’ascoltatore una sintonia e una partecipazione speciale. … Ogni linguaggio completo è un complesso sistema oggettivo-soggettivo, culturale e temporale e soprattutto di livelli di coscienza – e di conoscenza”, PANIKKAR, La pienezza, 54.

296 Jensen riporta la teoria del “determinismo linguistico” di Edward Sapir e Benjamin Whorf,

secondo cui “The forms and ranges of ‘meaning’ in words and word-patterns in a language determine the ways in which its inhabitants think”. JENSEN, "Meaning and Religion," 231.

297 Cf. N. G

OODMAN, Vedere e costruire il mondo (Bari: Laterza, 1988). Goodman è stato fra i primi a ipotizzare che il linguaggio non fosse il tentativo di “dire” un mondo oggettivo, ma che al contrario è proprio a partire dal linguaggio che si creano mondi. In questo senso ciascun linguaggio

Queste tesi a sfondo antropologico di circolarità fra esperienza e linguaggio sono la cornice entro la quale poniamo la riflessione successiva, ritenendo che quelle costanti di significato presenti nelle parole che dicono il sacro siano un nucleo valido di possibile approfondimento rispetto alla storia delle religioni e in particoalre all’esoterismo.

3. L’

ETIMOLOGIA DEL SACRO

(

HOLY

):

INDIVIDUAZIONE

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