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Arcade games ed empowering play

Play Theory in Game and Media Studies

2. Playing with media

2.4. Empowering play

2.4.1. Arcade games ed empowering play

Gioco, piacere, produzione e resistenza sono concetti che Fiske mette sul tavolo per comprendere le dinamiche proprie della cultura popolare tanto che è possibile testarne la validità oltre il medium televisivo per provare ad approfondire e rinforzare quell’idea di play come movimento tra controllo, apertura e chiusura sopra introdotta.

In “Video Pleasure” Fiske sposta l’ambito di azione da uno schermo a un altro e analizza i termini delle relazioni di potere e piacere rispetto ai videogiochi arcade

dei primi anni Ottanta. In quel periodo storico, videogiochi e sale giochi (game

parlour) erano oggetto di un attacco da parte dell’opinione pubblica e dei gruppi di

potere. In un generale clima di confusione, da una parte, i gruppi egemoni imputavano ai videogiochi effetti anti-sociali, una certa pericolosità (inclinazione alla violenza, dipendenza) e l’istigazione a comportamenti deplorevoli (scuole deserte, risparmi e paghette dilapidate)48; dall’altra, i giovani videogiocatori erano pronti a difendere quel passatempo che rappresentava un’opportunità innocua di resistenza al controllo sociale poiché raggiunta entro i confini sicuri del gioco (il cerchio magico che avvolge schermo e giocatore) e quindi ininfluente, o almeno priva di conseguenze dirette nei confronti di quella società contro cui si scagliavano. Secondo Fiske, tanto clamore dipendeva dall’incapacità della società capitalista di comprendere quell’inedita interazione tra uomo e macchina. Proprio su questa considerazione, Fiske inizia quindi un’indagine costruita sulla metafora dei sistemi di produzione delle merci. Se si accetta di seguirne la logica, la prima cosa che si nota è un’inversione della relazione produttiva tra uomo e tecnologia: nei giochi elettronici, l’interazione uomo/macchina non produce nessuna merce utile al benessere sociale, ma si configura come il luogo “nuovo” per la costruzione dell’identità soggettiva. Tutto ciò a fronte di un investimento di energie da parte dell’operatore cui non è mai corrisposta una paga: al contrario, è l’operatore a pagare per l’uso della macchina. Una macchina che consuma invece di produrre è uno strumento metaforico forte poiché testimone di un ribaltamento della struttura produttiva su cui si regge tutta la società capitalista. Ciò non autorizza assolutamente a pensare a una totale cessione di potere all’operatore: seppure convinto di controllare la macchina, egli si muove ancora entro ciò che la macchina prevede in base al codice informatico, continuando a lavorare in maniera conforme alle aspettative di un programma e del suo proprietario.

Il quadro può essere ulteriormente complicato. Nei videogiochi arcade, l’operatore (giocatore) lavora contro e non con la macchina cercando di estendere il più possibile la durata di una sessione di gioco che egli paga con un gettone: più è bravo, meno paga per giocare, più si abbassa il profitto del titolare. Si costituisce così

48 Per un approfondimento: Amis, L’invasione degli space invaders, Milano, ISBN, 2013 e Caruso, “Martin Amis. L’invasione degli Space Invaders” in Doppiozero, 15/07/2013. Disponibile online:

http://doppiozero.com/materiali/recensioni/martin-amis-linvasione-degli-space-invaders

un circolo vizioso in cui questo good play è premiato dalla macchina con punti, vite extra e bonus che fungono da stimolo a continuare la sfida migliorando ulteriormente le proprie performance49. Vista in termini produttivi, questo sarebbe l’unico caso in cui al crescere delle abilità e della velocità dell’operatore non corrisponde un guadagno per l’imprenditore. Si crea allora un ribaltamento dei punti di vista. I giochi intesi come machine-for leisure non sprecano tempo e denaro in cambio di nessun output, ma sfruttano tali risorse per una produzione di significati auto-referenziata finalizzata alla costruzione della propria soggettività: siamo davanti a una forma di lavoro che sfugge dalle logiche economiche, e al controllo del sistema, e che è esercitata attraverso l’illusorio paradigma del totale controllo dal basso e della libertà di scelta. Anche quando il divertimento è diventato un’”industria” e tale illusione è esercitata all’interno di un paradigma conforme al codice e quindi allo scopo dell’imprenditore. Infatti, nel videogioco-macchina operano due forze opposte e sinergiche:

[The video game machines] seem to us to be capable of serving two opposed sets of interests—those of capital, and those of resistance. The interests of capital, of social control, and those of the subordinate, of resistance, can, according to this model, both be served by the same activity. The main ways in which the interests of resistance are served are the production of a non-economically determined subjectivity, the existence of a control button, and the production of an alibi through these so that the resistance is not finally isolating and terrifying50.

Quando la resistenza economica (i giocatori provano soddisfazione dal riuscire a giocare per ore con pochi spiccioli) produce una resistenza semiotica, la metafora della macchina come sistema di produzione diventa la metafora della macchina come società e afferma così l’idea di un piacere che scaturisce dal contrasto con la realtà sociale o dal paradosso del piacere (categoria puramente soggettiva) generato dal lavoro (termine mai associato al piacere poiché attività umana seria e produttiva opposta al gioco per antonomasia). La macchina elettronica produce messaggi ma non significati, lasciando il controllo autoriale al suo operatore. Tuttavia, in un

49 Qui è ancora più evidente e concreta il legame con i troflers e il gioco in violazione delle regole di Suits visto nel primo capitolo.

momento in cui si è bombardati dalle informazioni contenenti sempre meno messaggi, nota ancora Fiske citando Boudrillard, la resistenza sta nel seguire la logica del sistema duplicandola come uno specchio per rimandare indietro ogni dato senza processarne nessuno. Se si applicano tali considerazioni ai videogiochi, ecco che questi ultimi diventano un contenitore di significanti replicati e di significati non assorbiti: l’operatore che gioca per resistere alla macchina trasforma sé stesso in un oggetto-sistema contrario che rispedisce al mittente messaggi che rifiuta di accettare sottraendosi al processo di costruzione ideologica. In questo processo di liberazione o trasformazione del corpo in oggetto e nel rifiuto della propria soggettività risiederebbe il vero piacere.

Oltre che con la macchina della produzione industriale, il videogioco condivide qualcosa con la televisione configurabile, rappresentando nuovamente un’inversione rispetto al normale rapporto schermo-spettatore. Pur ammettendo una certa attività dello spettatore nella costruzione dei significati – intesa come espressione di una attitudine che è stata ricondotta agli ambiti del play – è difficile non riconoscere una fissità del testo principale che nei videogiochi manca. Seppure il codice si configuri come una sorta di gabbia atta a prevedere e contenere un set più o meno ampio di possibilità, è evidente che il giocatore eserciti consciamente un controllo. Anticipando di qualche decennio Aarseth (1997)51, secondo Fiske il piacere risiede nelle possibilità di giungere allo stesso risultato narrativo attraverso percorsi variabili52 e nella conseguente trasformazione del giocatore in autore. Negli anni Ottanta, l'esistenza delle sale giochi marcava una differenza essenziale rispetto agli spazi della fruizione televisiva e della produzione industriale: i cabinet arcade sono le prime macchine dislocate fuori dal posto di lavoro. Rispetto al televisore, schermi situati fuori dalle mura domestiche. Per i giovani, casa e posto di lavoro sono gli spazi del controllo sociale per eccellenza, ma a un occhio attento non sfugge la loro

51 Cfr. Aarseth, Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1997. Rispetto al concetto di “multiple paths” si veda anche il “Il giardino dei sentieri che si biforcano” di Borges. Antecedente all’avvento del digitale, questo breve testo è incluso in antologie dedicate agli hypertext e ai new media come perfetto esempio del concetto di corridoi multipli nella letteratura digitale. Borges, “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, in Borges, Finzioni, Torino, Einaudi, 2012, pagg. 79-92.

52 Il termine autore è qui letto secondo un parallelismo con Propp. Nei testi narrativi, la struttura limita l’autorità dell’autore relegando la sua attività all’esecuzione delle trasformazioni necessarie per arrivare al risultato così come previsto dalla struttura. Lo stesso vale per i giochi elettronici, dove il codice costituisce la struttura finita entro cui eseguire infinite soluzioni per lo stesso punto di arrivo e sancisce posizione ad autorità del giocatore nel momento in cui gli mette in mano il controller per l’esecuzione dei processi.

natura paradossale: le sale giochi, infatti, sono il luogo della resistenza voluta dalla conformità, spazi della ribellione lecita e prevista dal controllo sociale ove nulla oltre la resistenza può succedere, ove mai si verifica il passaggio dall'opposizione alla contro-cultura.

Nella sua ricerca della politica del piacere, Fiske ravvisa nella resistenza semiotica tipica dei giochi arcade un’attivazione esagerata del piacere corporeo – attivato attraverso un eccesso di concentrazione e capacità – visto come liberazione dal controllo sociale. Questo tipo di coinvolgimento mal si concilia con l'idea di rinuncia della soggettività di Baudrillard che porterebbe a prefigurare un certo abbandono passivo che nei fatti non esiste. La distinzione tra plaisir e jouissance di Barthes diventa un'ottima alternativa perché permette di interpretare la resistenza come un processo di liberazione e fuga più che di sovversione di un ordine sociale nel momento in cui dal significato del testo, egli mette l'accento su ciò che il lettore fa con il testo. I videogiochi, ripete Fiske, sono allora testi senza significato, testi pieni di significanti di cui è importante cogliere quell'aspetto fattivo alla base di piacere e produttività:

pleasure exists for the moment of reading (or playing) and that the most we can say is that this keeps the possibility of resistance alive, or that it is evidence of a possibly permanent need to fracture subject positions. [...] The resistance of the games is selective, not wholesale. It is a resistance against the subordination produced by a capitalist technocracy, but not against the society itself53.

Il paradosso tra subordinazione e conformità al sistema non può sfuggire, ma è proprio qui che sta il piacere del gioco.