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1. Premessa

La condizione di “vulnerabilità”1 è una caratteristica comune ad un nu-

mero sempre crescente di Paesi e di intere aree geografiche a livello mon- diale. In generale, contrassegna tutti i contesti in cui i diritti umani fon- damentali vengono violati o messi fortemente a rischio per via delle gravi condizioni economiche e di svantaggio socio-culturale in cui sono costrette a sopravvivere intere popolazioni, spesso ostaggio di conflitti armati che hanno assunto nel tempo le dimensioni di crisi umanitarie prive di facili soluzioni nel breve termine. La Palestina rappresenta ormai da decenni una di queste realtà, in cui le fasce più deboli della popolazione, tra cui donne, bambini, persone con disabilità e gravemente malate, rimangono le principali vittime. Risultano essere i soggetti maggiormente esposti a trau- mi e con il minor numero di possibilità/opportunità e risorse per generare un cambiamento della propria condizione di vita. Il tentativo di scrivere un futuro diverso è legato alla possibilità di attivare e realizzare processi educativi capaci di offrire la visione di orizzonti diversi: orizzonti di pace, possibili, principalmente, attraverso interventi educativi fondati su approcci pedagogici che rifuggano il circolo vizioso della violenza.

* Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo, Univer- sità degli Studi di Macerata.

** Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Bologna. Il contributo è stato discusso collegialmente dalle due autrici che hanno elaborato insieme la premessa. Arianna Taddei ha elaborato i paragrafi 2.2, 2.3, 3.1, 3.2, 4; Elena Pacetti i paragrafi 2.1, 3.3, 3.4, 3.5.

1. Il concetto di “vulnerabilità” a cui si fa riferimento riguarda: “una condizione di vi- ta in cui l’autonomia e la capacità di autodeterminazione dei soggetti è permanentemente minacciata da un inserimento instabile dentro i principali sistemi di integrazione sociale e di distribuzione delle risorse” (Ranci, 2002).

Perseguire questo obiettivo significa poter progettare ed adottare mo- delli educativi e strumenti didattici basati sui principi dell’inclusione e dell’empowerment, in una relazione di alleanza tra scuola ed extra-scuola. I progetti di cooperazione internazionale delle organizzazioni non governa- tive, EducAid2 e GVC3 finanziati dalla Cooperazione Italiana in Palestina

nell’ambito del settore emergenza, offrono da alcuni anni la possibilità di operare in questa direzione. All’interno dei progetti di cooperazione gestiti da tali organizzazioni, docenti e ricercatori universitari dell’Università di Bologna sono stati coinvolti in attività di ricerca e sperimentazione dell’In-

dex for inclusion and empowerment in un campione di scuole palestinesi, con il supporto e la collaborazione del Ministero dell’Educazione locale (MoEHE). Lo strumento rappresenta una rivisitazione della versione origi- nale dell’Index for inclusion4 (Booth e Ainscow, 2002) e, rispetto a questo,

pone l’accento sull’empowerment. La prospettiva dell’empowerment viene assunta come uno dei fattori favorevoli allo sviluppo dell’inclusione in un contesto nel quale l’infanzia vive una pluridecennale situazione di forte disagio, determinata dalle condizioni di violenza, di contrapposizione, di mancanza di dialogo, di assenza di sicurezza economica, di limitazione di diverse forme di libertà individuale e di gruppo che caratterizzano il conte- sto. Nello strumento proposto, il binomio “inclusion ed empowerment” in- tende sottolineare ulteriormente la volontà di includere tutti, con la tensio- ne a fornire a tutti e a ciascuno competenze ed esperienze di assunzione di consapevolezza individuale e sociale, di progettazione del sé e del gruppo, nella concezione democratica dell’educazione già tracciata da illustri stu- diosi internazionali (come Gramsci, 1967; Dewey, 1916; Montessori, 1957).

2. EducAid opera in Palestina dal 2002 con interventi mirati alla Child Protection, all’inclusione dei bambini con disabilità in campo educativo e sociale, alla promozione della resilienza nei servizi per l’infanzia, all’empowerment di associazioni e istituzioni lo- cali.

3. Il GVC, Gruppo di Volontariato Civile, è impegnato in Palestina da diversi an- ni nell’ambito della cooperazione allo sviluppo e all’emergenza, in particolare nel setto- re water-protection.

4. L’Index per l’inclusione è uno strumento ideato dal Centre for Studies on Inclusi-

ve Education (CSIE) sulla base di una ricerca condotta da Mark Vaughan e Mel Ainscow.

Ne esistono diverse versioni, si veda: M. Ainscow, T. Booth, The Index for Inclusion: De-

veloping Learning & Participation in Schools, Center for Studies in Inclusive Education, Bristol 2002 e T. Booth, M. Ainscow, Nuovo Index per l’inclusione. Percorsi di apprendi-

2. L’Index for inclusion and empowerment: fondamenti

teorici e metodologici

Le seguenti pagine intendono mettere a fuoco il significato e la fun- zione pedagogica dell’Index for inclusion and empowerment, dal punto di vista dei presupposti sia teorico-concettuali, sia metodologico-processuali: a partire dalle origini dell’Index for Inclusion, si sottolineano le principali evoluzioni e prospettive dello strumento in Palestina, per poi approfondirne i concetti chiave e l’approccio di ricerca adottato, in un’ottica di sviluppo sostenibile in grado di proporre orizzonti di politiche, pratiche e culture potenzialmente condivisibili, in termini di progettazione pedagogica, in al- tri contesti caratterizzati da un significativo livello di vulnerabilità sociale.

2.1. Dall’Index for Inclusion all’Index for Inclusion and empow-

erment

L’Index for Inclusion è uno strumento progettato dal Centre for Studies

on Inclusive Education (CSIE) sulla base di una ricerca-azione triennale condotta alla fine degli anni ’90 e un sistema di indicatori sperimentato in scuole-pilota primarie e secondarie in Inghilterra: la prima edizione è del 2000, mentre l’edizione del 2002 ha semplificato il linguaggio e ha accolto modifiche e suggerimenti proposti da chi l’aveva utilizzato (Booth e Ainscow, 2002). L’obiettivo principale dell’Index for Inclusion è quello di supportare lo sviluppo inclusivo delle scuole, coinvolgendo in questo pro- cesso insegnanti, alunni, personale scolastico, educatori, dirigenti, tecnici, e accompagnando un processo di auto-revisione sulle pratiche educative per eliminare e ridurre le barriere all’apprendimento e alla partecipazione di tutti.

Il concetto di inclusione identificato dall’Index intende superare quello di integrazione e di normalizzazione adottato in molti Paesi con la chiusu- ra delle scuole speciali: l’integrazione di alunni disabili nelle scuole “rego- lari” ha spesso posto l’accento su interventi volti ad accogliere la disabilità per renderla il più possibile “normale” all’interno del contesto scolastico, prendendo appunto questa normalità come modello di riferimento al quale uniformarsi (Ainscow, 1999). L’inclusione, invece, riconosce il diritto alla piena partecipazione alla vita scolastica a tutti i soggetti e l’esigenza di va- lorizzare tutti e offrire le medesime opportunità (Dovigo, 2008). Il proble- ma, se così si può dire, non è quello di avere alunni con Bisogni Educativi Speciali, ma di rimuovere nella scuola e nella società gli ostacoli all’ap-

prendimento e alla partecipazione: non si tratta di problemi del singolo, ma di barriere legate ai contesti e alle interazioni con le persone, le culture, le regole, che influenzano la loro vita (Booth e Ainscow, 2002).

L’Index for Inclusion si è posto, fin dalla sua prima versione, come uno strumento flessibile, adattabile e modificabile: le edizioni trasposte nelle diverse lingue non rappresentano una mera traduzione linguistica, ma un vero e proprio adattamento che risente del contesto, delle politiche educa- tive, della cultura e della storia di quel paese. È soprattutto uno strumento che va sperimentato e che deve acquisire pieno significato nello specifico contesto nel quale viene utilizzato: per questo necessita di un intenso lavo- ro di comprensione e condivisione tra tutti gli attori del sistema scolastico e anche della comunità di riferimento.

L’idea di rafforzare il concetto di inclusione con quello di empower-

ment, sperimentandolo in un contesto complesso come quello palestinese, nasce proprio dal riconoscere che l’utilizzo di un Index centrato unica- mente sull’inclusione rischiava di limitare le azioni di sviluppo ai contesti scolastici e a quegli alunni riconosciuti a rischio di esclusione scolastica,

in primis quelli disabili: l’azione promossa dalla ricerca ha, invece, voluto sottolineare come la situazione pluridecennale di conflitto e occupazione vissuta nei territori palestinesi abbia delle ripercussioni su tutti i suoi citta- dini e la scuola possa rappresentare un’occasione di supporto e promozio- ne di benessere caratterizzandosi come ambiente inclusivo, accogliente e capace di rafforzare l’autostima, l’autoefficacia, l’autonomia dei suoi alun- ni, sviluppando competenze di progettazione e collaborazione. Rimuovere gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione in Palestina significa promuovere il diritto a un’educazione di qualità per bambine e bambini, per ragazze e ragazzi che vivono quotidianamente situazioni di violenza, di restrizioni, di interruzioni di lezioni a causa di eventi interni ed esterni alla scuola, di sistematiche violazioni di diritti; le conseguenze di queste situazioni traumatiche sono da una parte un alto livello di stress psico-fisi- co, dall’altra un alto tasso di abbandono scolastico, di frequenza scolastica a singhiozzo, in un sistema scolastico di tipo riproduttivo e tradizionale (OCHA, 2015). Risulta evidente quanto il sistema educativo palestinese fa- tichi a motivare e incentivare la partecipazione, l’impegno e l’interesse dei suoi insegnanti e alunni che vivono costantemente il senso di impotenza e ineluttabilità rispetto all’occupazione, alla mancanza di risorse, alla perdi- ta di orizzonti di possibile miglioramento e di progettualità della propria vita.

Non basta lavorare, quindi, solo su processi di inclusione, ma diventa necessario promuovere empowerment inteso come:

The capacity of individuals, groups and/or communities to take control of their circumstances, exercise power and achieve their own goals, and the process by which, individually and collectively, they are able to help themselves and others to maximize the quality of their lives5 (Adams, 2008, p. 17).

Accanto a una cultura dell’inclusione che si pone l’obiettivo di cambiare la scuola e la società perché tutti e tutte abbiano accesso illimitato all’ap- prendimento e alla partecipazione, la cultura dell’empowerment supporta questo cambiamento a partire dal singolo e dal gruppo per migliorare le proprie condizioni di vita anche in contesti difficili: dalla vulnerabilità alla resilienza, dalla dipendenza all’autonomia, dalla rassegnazione all’azione e dall’esclusione all’inclusione.

La proposta di Index for inclusion and empowerment ha voluto sostene- re la centralità del processo educativo come fattore di cambiamento nella società palestinese e di miglioramento della qualità didattica: una scuola per tutti e per ciascuno, capace di valorizzare i soggetti protagonisti di questo sviluppo e di promuovere competenze di autocoscienza, di sicurezza in se stessi, di protagonismo per uscire dalla logica del mero assistenzia- lismo che, purtroppo, spesso accompagna gli interventi di cooperazione internazionale.

2.2. Inclusione ed empowerment: i fondamenti teorici per uno