Ilaria D’Angelo*, Noemi Del Bianco*
3. Rilevare la Qualità della Vita in adulti con disabilità: uno studio di caso
La prima persona a cui è stata somministrata la scala San Martìn è il coordinatore del centro diurno, che conosce F. da circa 15 anni, ovvero dal momento in cui è stata inserita all’interno della struttura e che ha avuto modo di osservarla nei vari ambienti di riferimento.
In base alla compilazione della prima sezione della scala, relativa ai da- ti della persona esaminata, è emerso come il caso preso in analisi, a cui è stato diagnosticato nel 1989 un Disturbo dello Spettro Autistico ascritto al livello III ed epilessia, presenti una percentuale di disabilità pari al 100% e necessiti di un livello di assistenza generalizzato.
Dall’analisi dei risultati ottenuti attraverso la compilazione della scala (Fig. 1), che riporta i valori rilevati nei vari domini della Qualità della Vita in base alla percezione del coordinatore, emerge come, per quest’ultimo, le due dimensioni che mostrano avere un punteggio maggiore sono rispet- tivamente quella dei “Diritti” e delle “Relazioni Interpersonali”, mentre, quelle che risultano avere un punteggio evidentemente più basso sono l’“Inclusione Sociale” e l’“Autodeterminazione”.
Per quanto concerne il dominio dei “Diritti”, il coordinatore riferisce come una delle prerogative principali del centro diurno sia che F., così co- me gli altri ospiti, venga rispettata in primo luogo come persona portatrice di desideri e bisogni, cercando di riservare le sue informazioni personali
Fig. 1 - Risultati ottenuti dalla Scala San Martìn somministrata al coordinatore: profilo della Qualità della Vita di F. emerso
e fornendole, nei limiti del possibile, spazi personali di intimità e privacy. All’interno della struttura un ruolo privilegiato riveste anche la cura delle “Relazioni Interpersonali”, in perfetta correlazione con i principi della Co- munità nella sua totalità, i cui obiettivi sono proprio quelli di promuovere un clima ed uno stile concernente l’accoglienza e di presa in carico globa- le, cercando di creare un rapporto di collaborazione con il soggetto al fine di comprenderne le sue espressioni emotive.
Per quanto riguarda il dominio dell’“Autodeterminazione”, invece, si evidenzia come all’interno del centro diurno, anche a causa della presenza di altri ospiti, non venga data la giusta possibilità a F. di compiere signifi- cative opzioni di scelta e di esporre le proprie preferenze, limitandone così gli spazi di autonomia. In merito al dominio dell’“Inclusione Sociale”, che fra tutti è quello che risulta essere il più carente, il coordinatore ci riferisce che a causa delle crisi epilettiche e per via dei frequenti comportamenti problema, la ragazza da qualche anno non prende più parte alle uscite esterne organizzate dalla Comunità.
Ne deriva così, per il coordinatore, un profilo della Qualità della Vita di F. (Fig. 1) pari al 50%, che, dunque, si mostra essere nella media ma per il
quale molto può essere fatto, al fine di migliorare il benessere e le condi- zioni di vita della ragazza in riferimento ai domini più carenti.
La seconda persona a cui è stata somministrata la Scala San Martìn è stata l’educatrice referente di F. che, come il coordinatore, conosce bene il caso da quindici anni e ha avuto modo di osservarlo nei vari contesti di riferimento, seguendo in prima persona anche lo svolgimento di diverse at- tività proposte all’interno del centro.
Dai dati ottenuti dalle rilevazioni (Fig. 2) si evince come anche per l’e- ducatrice, i domini che risultano avere un punteggio maggiore sono quelli dei “Diritti” e delle “Relazioni interpersonali”, mentre le aree più carenti risultano essere sempre quelle dell’“Autodeterminazione” e dell’“Inclusione Sociale”.
Fig. 2 - Risultati ottenuti dalla Scala San Martìn somministrata all’educatrice: pro- filo della Qualità della Vita di F. emerso
Per quanto concerne il dominio dei “Diritti” e delle “Relazioni interper- sonali”, l’educatrice tende a precisare come all’interno del centro diurno si cerchino di adottare delle misure specifiche per garantire il rispetto della
durante i momenti della cura del corpo o dell’igiene), trattandola sempre in modo adeguato, in riferimento non soltanto alla sua età mentale, ma anche alla sua età cronologica. L’educatrice sottolinea, inoltre, come uno degli obiettivi fondamentali degli operatori sia stato tentare di instaurare con F. una relazione solida, basata su un rapporto di fiducia, cercando di comprendere i suoi canali comunicativi al fine di darle la possibilità di esprimere i propri bisogni, stati d’animo e, soprattutto, per favorirne una migliore integrazione nella struttura.
Relativamente all’“Autodeterminazione” e all’“Inclusione Sociale”, l’e- ducatrice riferisce come F. sia molto carente in questi due ambiti, in quan- to, a causa delle sue frequenti crisi comportamentali l’inclusione, sia all’in- terno che all’esterno del Centro, risulta essere problematica. Molto spesso, infatti, i suoi atteggiamenti inducono a interrompere le attività e a isolarla per evitare che venga messa in pericolo la sua salute e quella degli altri. Ciò rappresenta inevitabilmente una forma di ostacolo per gli operatori, che non hanno così la possibilità, anche per via della necessità di gestire gli altri ospiti, di poter sviluppare una maggiore autonomia di F. all’interno della struttura, concedendole momenti per prendere decisioni o per sceglie- re in base alle sue preferenze, senza l’interferenza di altri.
Pertanto ne deriva, per l’educatrice, un profilo della Qualità della Vita di F. (Fig. 2) che presenta un punteggio pari al 55%, dunque, poco al di sopra di quello percepito dal coordinatore del Centro. L’educatrice, che ha modo di trascorrere più tempo con la ragazza, conosce meglio le sue espressioni di benessere e malessere ed è in grado di fornirci un quadro più preciso e dettagliato della reale situazione, affermando come attraverso una migliore gestione delle crisi di F. si potrebbe lavorare sulle aree defici- tarie per cercare di favorire una migliore inclusione.
La terza ed ultima persona a cui si è sottoposta la Scala San Martìn è la madre del caso analizzato che, grazie alla sua conoscenza approfondita di F., ha permesso di avere una visione completa della reale percezione della Qualità della Vita sia all’interno del Centro che all’interno del contesto fa- miliare, al fine di individuare le maggiori criticità e le principali differenze che intercorrono tra i due ambienti di vita.
I dati esposti nella Fig. 3, ovvero il profilo inerente alla Qualità della Vita di F. emerso da parte della madre, mettono in luce come tra le rileva- zioni effettuate vi sia una sorta di file rouge che collega la percezione della Qualità della Vita degli osservatori, evidenziando come in tutti e tre i casi i domini dell’“Autodeterminazione” e dell’“Inclusione Sociale” risultino essere i più carenti e compromessi.
Fig. 3 - Risultati ottenuti dalla Scala San Martìn somministrata alla madre: profilo della Qualità della Vita di F. emerso
Per la madre di F. le dimensioni dei “Diritti” e, questa volta, del “Be- nessere Fisico” rappresentano le aree maggiormente attenzionate entro il contesto familiare. In riferimento ai due domini, la madre testimonia che tutti coloro che circondano F. sono attenti nel rispetto della ragazza co- me persona, cercando di tutelare i suoi diritti e bisogni, così come i suoi oggetti personali, che vengono sostituiti ogni qual volta si deteriorano. Inoltre, i genitori curano molto il suo benessere fisico, fornendole tutto il supporto di cui necessita, provvedendo all’immagine e all’igiene personale, e facendole seguire una dieta specifica.
Per quanto concerne, invece, il dominio dell’“Autodeterminazione” si evidenziano dei limiti anche all’interno del contesto domiciliare, in quan- to, il peso fisico e psicologico che grava sui genitori, non consente loro di lasciare ampio spazio alle preferenze di F. né di permetterle di prendere autonomamente scelte che possano essere costruttive per il mantenimento e sviluppo delle sue abilità (come, ad esempio, decorare a proprio piacimento la sua stanza). Tuttavia, le maggiori criticità si riscontrano proprio nel do- minio dell’“Inclusione Sociale”, poiché l’assenza di servizi e di interventi erogati dal territorio non consente alla ragazza di partecipare ad attività di inclusione sociale adeguate alle sue condizioni fisiche e mentali. Di fatto
nel contesto di riferimento i genitori segnalano la mancanza di strutture ricreative e culturali idonee. Inoltre, a causa dei comportamenti problema, che si manifestano frequentemente con episodi di auto ed etero aggressivi- tà, le uscite con F. sono sporadiche, per paura che la ragazza possa mettere in pericolo se stessa e gli altri.
In conclusione, emerge una percentuale estremamente bassa dal profilo della percezione della Qualità della Vita di F. da parte della madre (Fig. 3), nello specifico pari al 25%; mettendo in luce le nette differenze che vi so- no tra le percezioni del contesto familiare e quelle del centro diurno.
Per la famiglia di F. crescere un figlio con Disturbo dello Spettro Auti- stico, cercando di proiettarlo verso una vita il più “indipendente” possibile, risulta essere un compito estremamente complesso e delicato. Infatti, a causa della mancanza di un’adeguata preparazione nel campo delle tecni- che d’intervento per l’autismo e di una efficace rete di sostegno, la gestione delle crisi comportamentali di F. risulta essere sempre più difficile per dei genitori che avanzano con l’età. Situazioni che inevitabilmente inducono la ragazza ad avere una Qualità della Vita nettamente inferiore rispetto a quella rilevata all’interno del Centro, dove un’adeguata preparazione ed esperienza del personale contribuisce ad una migliore gestione e presa in carico globale di F.
3.1. Una proposta progettuale
I risultati ottenuti dalle rilevazioni effettuate con la Scala San Martìn e le osservazioni condotte all’interno del Centro hanno permesso di indi- viduare i principali bisogni di sostegno della ragazza e di intervenire al fine di coniugare i domini della Qualità della Vita nella progettazione edu- cativa, formulando degli obiettivi rilevanti e significativi nel suo progetto di vita. Partendo da tali considerazioni, il personale educativo ha pensato di predisporre un ambiente adatto alle specificità dell’adulto con autismo per favorire l’incremento della Qualità della Vita di F. nei suoi domini più carenti, in particolar modo quello dell’“Autodeterminazione” e del- l’“Inclusione Sociale”, avviando un progetto educativo dal nome “orologio murale”.
Il progetto ha, quindi, previsto la costruzione di un orologio murale ver- ticale, per il quale si è deciso di marcare visivamente lo scorrere del tempo dell’intera giornata di F. durante la sua permanenza all’interno del Centro. Obiettivo principale del progetto era quello di rendere il contesto preve- dibile e regolare nelle sue coordinate spazio-temporali, permettendo così alla ragazza di gestire ansia e frustrazione (Giaconi, 2015). Per farlo si è deciso di utilizzare una comunicazione aumentativa alternativa, ovvero fo-
to associate a parole, raffiguranti le varie attività e i diversi momenti della giornata, cercando di far leva sul pensiero visuale della ragazza. Si è così delineata una routine quotidiana aperta e flessibile, attraverso l’introdu- zione di opzioni di scelta e di nuove attività sempre spiegate in sequenza, per consentire a F. di decidere e di gestire lo spazio, il tempo e i compiti in base alle sue necessità e preferenze, e per permetterle, così, di favorire l’incremento dei suoi livelli di autodeterminazione, autonomia e inclusione all’interno del Centro.