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L’esperienza di accoglienza e formazione de La Goccia onlus

Caterina Busilacchi****

3. L’esperienza di accoglienza e formazione de La Goccia onlus

La Goccia onlus di Macerata è un’associazione nata nel 2001, promossa dall’Azione Cattolica Diocesana, con la finalità di diffondere e sperimenta- re la realtà dell’accoglienza familiare e di garantire la centralità del prima- rio interesse dei bambini a veder tutelato e garantito il proprio benessere. Essa pone al centro della sua mission la cultura dell’ospitalità aperta, che si è concretizzata in questi anni in esperienze di affido e di comunità fa-

miliare, di adozione e di sostegno familiare, da ultimo in un servizio di foresteria per i nuclei familiari in difficoltà, oltre che in percorsi formativi volti non solo a preparare le famiglie affidatarie e adottive, ma anche a so- stenerle attraverso gruppi di mutuo aiuto e scuole per genitori.

Il Centro Servizi per la famiglia de La Goccia si pone come uno dei punti di riferimento del territorio per tutti coloro che collaborano alla creazione di percorsi di affido, adozione1 e promozione della solidarietà e

dell’accoglienza. È luogo operativo per progettare e realizzare le iniziative utili al raggiungimento degli obiettivi dell’Associazione e per rispondere alle esigenze ed alle richieste che arrivano dalle famiglie e dagli attori del territorio. La famiglia è considerata come il luogo privilegiato dell’apertura e della solidarietà, dentro un contesto educativo e valoriale che garantisce uno sviluppo armonico e completo della personalità di tutti i suoi membri.

Il volontariato è la risorsa primaria dell’Associazione: alla disponibilità delle famiglie e dei singoli, che mettono a servizio la propria esperienza di accoglienza familiare, è stata affiancata un’équipe di esperti (psicologi, psi- coterapeuti, assistenti sociali, mediatori e consulenti familiari, pedagogisti) i quali non solo supportano i componenti dei nuclei ospitali, ma li aiutano ad esplorare e a scoprire il senso e il significato del loro essere accoglienti, sperimentando un protocollo operativo, frutto della collaborazione e della valorizzazione di competenze personali e professionali. Attualmente sono due le reti di famiglie che condividono l’esperienza dell’affido familiare: una a Macerata, l’altra a Porto Potenza Picena. Esse costituiscono l’Agorà, luogo d’incontro mensile nel quale le famiglie possono ricevere e forni- re aiuto reciproco e condividere esperienze di accoglienza solidale. Tale rete consente, a chi lo decide, di poter vivere l’esperienza di accoglienza non come fatto privato, riguardante una singola realtà familiare, ma come evento collettivo, condividendo con altri le responsabilità, i successi e le complessità.

L’accoglienza è la dimensione esperienziale e culturale dell’Associa- zione: vissuta e trasmessa, ma soprattutto restituita come un dono la cui circolarità diviene compito (Mauss, 2002), responsabilità prioritaria verso i bambini e verso la società. In quest’ottica sono sempre state considerate necessarie le iniziative formative e informative rivolte al territorio, alle famiglie, agli operatori scolastici sia per promuovere l’affido familiare e l’adozione, sia per creare azioni di rete volte a favorire l’inclusione scola- stica dei minori fuori dalla famiglia d’origine e dei bambini che sono stati adottati.

1. Dal 2013 è, inoltre, attivo uno sportello informativo sull’adozione internazionale, in collaborazione con l’associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi.) di Milano. Questo offre un percorso dedicato all’adozione internazionale per informare le coppie che desiderano adot- tare un bambino.

Anticipando le Linee guida ministeriali, il Centro Studi dell’Associa- zione, in risposta alla Circolare ministeriale n. 3484 dell’11 giugno 2012 in cui si chiedeva agli Uffici Scolastici Regionali di rilevare nelle scuole le buone prassi di accoglienza e d’inserimento scolastico dei bambini in ado- zione o in affido etero familiare, si è impegnato a rintracciare nel territorio maceratese le buone pratiche di accoglienza e di inserimento dei minori adottati esaminando i Piani dell’Offerta Formativa (POF) delle istituzioni scolastiche, ma anche elaborando possibili tracce operative per individuare nuove modalità di accoglienza scolastica (Fermani e Muzi, 2014).

La pubblicazione delle Linee di indirizzo per il diritto allo studio de- gli alunni che sono stati adottati (2014) è stata un ulteriore stimolo per proseguire nell’azione formativa, rispondendo al principio della rete rac- comandato dal medesimo documento; l’Associazione, operando insieme alle istituzioni scolastiche che si sono rese disponibili a promuovere azioni informative e laboratoriali riconosciute dall’Ufficio scolastico regionale delle Marche, ha collaborato, ad esempio, con gli Istituti comprensivi di Caldarola, di Colmurano e di Treia ed ha fornito consulenza e aderito alle iniziative di ricerca e formazione in ambito accademico, promosse dall’Università di Macerata. I principali obiettivi in questi ultimi anni sono stati: mettere a tema le caratteristiche dell’adozione internazionale, fornire ai docenti conoscenze in merito alle difficoltà psico-emotive degli alunni adottati, proporre spunti operativi sia di tipo burocratico-amministrativo, diffondendo, ad esempio, i questionari per il primo colloquio e per l’i- scrizione scolastica presenti nelle Linee di indirizzo, sia di tipo didattico- metodologico, ponendo attenzione alle strategie di inserimento scolastico, all’apprendimento della lingua, allo sviluppo dell’identità personale, diffon- dendo nuovi approcci per la trattazione della storia personale e dei legami familiari (Guerrieri e Nobile, 2016).

Il percorso formativo si è connotato come percorso di ricerca-intervento poiché l’approfondimento e la collaborazione tra volontari, mamme adot- tive, insegnanti, psicologi, psicoterapeuti, ricercatori e docenti universitari ha messo in rete e in formazione risorse e competenze, creando una co- munità di pratica in cui sempre più è stato evidenziato il concetto stesso di inclusione e di accoglienza; concetti che hanno nel linguaggio la loro più immediata e potente leva di espressione e di cambiamento. Adottare e sperimentare la necessità del lasciarsi adottare, accogliere e scoprire un’Ol- tre dell’accoglienza, sia in termini psicologici che spirituali, promuovere l’inclusione e incontrare e riscoprire la bellezza della diversità di ciascuno. Interazioni personali e azioni locali, promosse e accolte dall’Associazione, sono diventate generatrici di traiettorie di cambiamento per ripensare l’ac- coglienza stessa in termini sempre meno connotati da situazioni particola- ri, ma in un’ottica sempre più inclusiva.

Le recenti Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e delle

alunne fuori dalla famiglia d’origine (2017) sono, ad oggi, un ulteriore stimolo a proseguire la formazione; l’adozione e l’affido sono condizioni di vita degli alunni che richiedono attenzione e preparazione, soprattutto competenza professionale degli operatori scolastici, ma sono anche oc- casioni per ripensare il modello di inclusività scolastico. La sensibilità richiesta all’insegnante accogliente può trasformarsi da caratteristica perso- nologica a competenza professionale, espressa da specifici registri relazio- nali, metodologici ed organizzativi. Le Linee guida sono rivolte ai minori in affidamento familiare, ospiti nelle strutture dei sistemi di protezione (comunità familiari, case famiglia, comunità educative e socio-educative, comunità socio-sanitarie), agli alunni e alle alunne stranieri non accom- pagnati, alle alunne e agli alunni in comunità sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile in ambito penale, ma possono divenire un utile strumento per i docenti per ripensare l’accoglienza scolastica in termi- ni più generali. Nell’introduzione al documento si richiama la via italiana all’inclusione scolastica enunciando i tre principi, pilastri di tale modello inclusivo: il principio dell’universalismo, secondo cui ciascun bambino ha diritto a ricevere un’istruzione adeguata, indipendentemente dalla propria condizione familiare; il principio della scuola comune, per il quale l’inse- rimento di ogni alunno deve avvenire nelle classi comuni riconoscendo il valore dell’apprendimento tra pari, della socializzazione e del confronto con la diversità; il principio della centralità della persona in relazione con l’altro, dando spazio e peso pedagogico all’unicità biografica e relazionale di ciascun soggetto.

Scegliere la prospettiva dell’inclusione significa non limitarsi a mere strategie di integrazione, né a misure compensatorie di carattere speciale. Le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni fuori dalla famiglia di

origine, in coerenza con questi principi, assumono la diversità come para- digma dell’identità della scuola nel pluralismo e come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze: provenienza, genere, livello sociale e storia scolastica.

L’affermazione è rivoluzionaria: significa per il docente stesso mettere a tema la diversità biografica, relazionale e culturale di ciascun alunno, comprendendo nella riflessione se stesso, il proprio modo di insegnare, di relazionarsi, di parlare e di utilizzare il linguaggio.

Significa ricercare strategie multiple per insegnare ai ragazzi, a tutti i ragazzi; significa ripensare se stessi come docenti e il proprio insegna- mento come culturalmente costruiti. Significa pensare le culture di cui gli alunni sono portatori non come un dato assoluto e favorire l’incontro tra persone per consentire l’incontro tra culture. Avvalersi, ad esempio, di una pedagogia narrativa che parta dal presente per valorizzare i legami e le ri-

sorse già in atto, utilizzando anche le tecnologie didattiche per promuovere informazione, conoscenza, confronto, riflessione (Rivoltella e Rossi, 2012). Tra i dispositivi didattici raccomandati dalle Linee di indirizzo si cita, ad esempio, il Portfolio per offrire continuità e consapevolezza dei percorsi scolastici in cui i ragazzi sono i protagonisti. Non si tratta di introdurre strumenti compensativi per i singoli ragazzi, ma di ripensare tutta la didat- tica in un’ottica inclusiva.

L’attenzione a sostenere la motivazione ad apprendere, la cura nel ga- rantire continuità anche attraverso figure scolastiche di riferimento, so- prattutto nei passaggi da un ordine all’altro, ma soprattutto la scelta di una didattica che può fare emergere le risorse relazionali degli alunni sono rac- comandazioni da cui tutti gli alunni possono trarre beneficio.

Di fronte alle difficoltà di apprendimento e psico-emotive degli alunni i docenti devono essere formati a cogliere segnali di disagio, malessere e sofferenza, essere capaci di gestire la classe e utilizzare forme di apprendi- mento collaborativo per stimolare il peer tutoring e per mettere in gioco le competenze dei ragazzi e delle ragazze, secondo il principio di valorizza- zione della differenza.

Questa necessità di avvalersi di una molteplicità di strategie e di lin- guaggi per parlare di adozione e di affido è sempre più avvertita anche dall’Associazione la Goccia: le attività di sensibilizzazione ai temi dell’ac- coglienza attraverso il Ri-giocattolo e le bomboniere solidali, le iniziative di animazione alla lettura in collaborazione con Nati per Leggere e i corsi di formazione con Sonia Basilico ne sono alcuni esempi. Nello specifico è stato attivato da due anni, nell’Istituto comprensivo di Caldarola, un progetto di “Prevenzione del disagio, promozione del benessere e dell’in- clusione scolastica”. Il progetto, condotto dalla dott.ssa Cella Nicoletta propone l’applicazione in ambito scolastico delle nuove teorie dell’Infant

Research, tramite interventi di Video Intervention Terapy (VIT) nelle classi (Downing, 1995). Il progetto è rivolto ai docenti di ogni ordine sco- lastico, indipendentemente dalla presenza in classe di alunni in affido ete- rofamilaire o che sono stati adottati. Gli obiettivi sono quelli di: ampliare la capacità di osservazione e di autoapprendimento dei docenti; favorire e sostenere le risorse educative e pedagogiche; aiutare gli operatori scolastici ad apprendere nuovi e costruttivi atteggiamenti relazionali ed educativi, at- traverso l’analisi della comunicazione corporea e verbale. Si ritiene, infatti, utile potenziare le competenze professionali dei docenti affinché possano sviluppare capacità personali di ascolto e accoglienza di ciascun alunno (Lambruschi e Lionetti, 2016).

Accanto a un modulo dedicato all’applicazione della VIT, viene anche proposto un modulo per approfondire le buone prassi di inclusione scola- stica attraverso studi di caso e proposte laboratoriali, dove vengono fornite informazioni e spunti metodologici didattici riguardo l’affido e l’adozione.

Si stanno, così, sperimentando linguaggi e strumenti molteplici per promuovere un’accoglienza sempre più consapevole e inclusiva. Condi- zioni essenziali allo sviluppo psicoaffettivo e corporeo del bambino sono sicuramente la stabilità, la continuità, la sicurezza e l’affidabilità di figure genitoriali amorevoli ma, in parallelo, che di tale continuità e stabilità si facciano (per quanto possibile) portavoce i docenti e tutti gli operatori che interagiscono con il bambino. Così come auspicato da Avondo (2017), è ne- cessario che siano ben chiare le influenze e il ruolo che il sistema familiare e sociale assume nei confronti delle famiglie adottive. Sarebbe, dunque, opportuno avviare percorsi che coinvolgano tutti i componenti del network relazionale della famiglia per evitare quello che Brodzinsky, anche recente- mente, ha definito un “esercito disorganizzato di professionisti” (Brodzin- sky, 2018). Comprendere come tutto il network adottivo affronta, nel corso delle transizioni, le questioni istituzionali e personali legate all’adozione è un aspetto centrale che i ricercatori, in primis, i clinici e gli educatori dovrebbero considerare nel loro lavoro, anche attraverso una preparazione specifica sul tema.