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Ilaria D’Angelo*, Noemi Del Bianco*

4. L’integrazione lavorativa di adulti con disabilità

4.1. Prospettive emergent

I dati forniti dalle tre strutture prese in considerazione nel presente la- voro non vogliono essere tra loro paragonati, poiché le prime due strutture, essendo residenziali e semi-residenziali, hanno una prospettiva diversa dall’ultima, che è l’unità multidisciplinare che le regola. Tutte e tre condi- vidono però gli stessi destinatari, ovvero sono rivolte a soggetti disabili che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età; il legame tra queste è, quin- di, evidente e la direzione da raggiungere può essere univoca.

Significative sono state le interviste rivolte al responsabile UMEA, facendo emergere che pur svolgendo un ruolo di altissimo rilievo sociale

e sanitario, spesso tale servizio si scontra con l’immaginario comune, an- cora legato a una visione limitata e stigmatizzante della figura del disabile e del suo potenziale ruolo attivo nei contesti lavorativi. Infatti, da quanto emerso talvolta è la famiglia stessa ad ostacolare la formazione lavorativa del disabile, poiché non comprende l’importanza educativa di un lavoro per il disabile e quanto il lavoro stesso possa contribuire a mantenere attive le abilità residuali. Sarebbe opportuno formare le famiglie per aumentare la consapevolezza nei riguardi dei bisogni del disabile; o addirittura formare la comunità in generale, vista la diffidenza delle aziende che non vengono rese consapevoli o informate degli aspetti positivi che può comportare l’as- sunzione di un disabile.

Considerate le ipotesi della ricerca, dalla raccolta dei dati emerge una scarsa possibilità di impiego lavorativo dei soggetti disabili, nonostante la presenza sul territorio di numerose comunità ospitanti, a causa di una carenza di personale addetto alla formazione del disabile, carenza che non sempre è da far risalire alla responsabilità delle Comunità stesse. Gravosa è anche la mancanza di risorse economiche, che impediscono lo sviluppo di nuove risorse e di attività di laboratorio. Infine, dai risultati emerge co- me la gravità di disabilità dei soggetti incida sulla loro stessa integrazione lavorativa. In tale prospettiva, sarebbe pertanto auspicabile lo sviluppo di una rete territoriale di collaborazione sempre più salda, che non perda di vista il soggetto primario, ovvero il disabile, per il quale è necessario ricre- are le migliori condizioni di vita.

5. Riflessioni conclusive

L’importanza della progettazione dei contesti e degli interventi, per le persone con disabilità e per le loro famiglie, emerge, nel presente lavoro, nell’ottica dell’intero ciclo di vita, al fine di consentire alla persona di svi- luppare il proprio potenziale in relazione ai suoi desideri, bisogni e aspet- tative. A sostegno di questo evidente e necessario cambiamento vi è il co- strutto della Qualità della Vita che, nel tempo, ha assunto sempre più una dimensione globale, declinandosi e affermando la propria validità a favore delle persone con disabilità, per garantire anche a queste ultime il diritto di avere opportunità di sviluppo personale, di mantenere relazioni sociali significative, di accrescere i livelli di autonomia ed autodeterminazione, di godere di un benessere fisico, materiale ed emotivo e di partecipare alla vi- ta comunitaria. Entro questa cornice appare, dunque, necessario ripensare l’azione progettuale all’interno del concetto di allineamento, che a diversi livelli, permetta di costruire percorsi volti a garantire adeguati livelli di Qualità di Vita, accompagnando progressivamente il soggetto disabile ver-

so il processo di adultità, con un’attenta progettazione alle fasi di transizio- ne e alla costruzione di traiettorie di senso (Giaconi, 2015).

Pertanto, la presente ricerca è partita proprio dalla valutazione della percezione della Qualità della Vita di adulti con disabilità, per mettere in luce come alcuni domini caratterizzanti questa fase di vita, come le auto- nomie funzionali e l’inclusione sociale, nonostante la loro importanza, ven- gono ancora poco affrontati nella progettazione educativa. Gli strumenti, fondamentali per il rilevamento delle percezioni, hanno consentito di co- gliere i domini più carenti, in cui si riscontra un effettivo vuoto progettuale ed operativo. In particolar modo, il percentile risulta essere più basso, con i domini percepiti come meno soddisfacenti, quando si fa riferimento ad uno degli indicatori più compromessi, ovvero l’integrazione lavorativa.

Da queste analisi, dunque, è sorta la necessità di indagare e rispondere ad un quesito fondamentale che ha racchiuso il tema centrale del secondo lavoro di ricerca: quali potrebbero essere le effettive sfide e le prospettive, che i centri diurni e residenziali potrebbero avviare per favorire un incre- mento dell’integrazione lavorativa delle persone adulte con disabilità? In tale direzione le prospettive sono plurali, tra queste emerge con chiarezza come sia necessario partire da un personale addetto alla formazione del di- sabile, che lavorando sulle peculiarità del soggetto ne sappia far emergere le potenzialità per giungere, conseguentemente, alla loro ulteriore imple- mentazione. La prospettiva da intraprendere, promuove, quindi, attivamen- te, entro la rete delle strutture presenti nel territorio, le condizioni adeguate affinché si verifichi questa ottimizzazione anche da parte dei professionisti, per giovare allo sviluppo evolutivo della persona con disabilità, al suo inse- rimento nella società, nella direzione della sua Qualità di Vita.

Riferimenti bibliografici

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manual of mental disorder (DSM-V), American Psychiatric Association, 5a ed.,

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Giaconi C. (2015), Qualità della Vita e adulti con Disabilità. Percorsi di ricerca

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Schalock L.R., Verdugo Alonso M.A. (2006), Manuale di qualità della vita.

Modelli e pratiche di intervento, Vannini Editoria Scientifica, Brescia.

Verdugo Alonso M.A., Gòmez L.E., Arias B., Santamarìa M., Navallas E., Fernàndez S., Hierro I. (2014), Scala San Martín. Valutazione della qualità

Lavorare in rete per favorire l’inclusione