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L’art 14, comma 1 del Regolamento Consob ed il parere degli amministratori indipendent

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 119-124)

Sezione 2 Il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni con part

2.2 Il parere degli amministratori indipendenti ai sensi del Regolamento Consob: tipologia e

2.2.3 L’art 14, comma 1 del Regolamento Consob ed il parere degli amministratori indipendent

L’art. 14, comma 1 del Regolamento prevede che, in caso di operazioni influenzate dalla holding in posizione di direzione e coordinamento, il parere degli amministratori indipendenti debba “recare puntuale indicazione delle ragioni e della

convenienza dell’ operazione, se del caso anche alla luce del risultato complessivo dell’ attività di direzione e coordinamento ovvero di operazioni dirette a eliminare integralmente il danno derivante dalla singola operazione con parte correlata”236.

236 È rilevante osservare che una simile disposizione – come del resto i richiami all’interesse di gruppo

operati dall’art. 2497 c.c. sotto forma di vantaggi compensativi – è una peculiarità dell’ordinamento italiano. Infatti, a livello europeo, benché le istituzioni europee si stiano muovendo in tal senso (si veda a tal proposito P.CONAC, “Director’s Duties in Groups of Companies - Legalizing the interest of the Group at the European Level”, in ECFR 2013, 194–226), non esiste una fonte unitaria che disciplini i gruppi di società e, conseguentemente, la possibilità per gli amministratori delle società controllate, di

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La disposizione de qua ha ricevuto non poche critiche in dottrina, principalmente perché, suggerendo agli amministratori indipendenti di prendere in considerazione interessi altri rispetto a quelli della società, contrasta con il ruolo stesso che la Conosb ha inteso attribuire agli amministratori indipendenti237.

Il caso contemplato dalla citata norma regolamentare si riferisce ad un’operazione posta in essere da un emittente (cui si applica il Regolamento) ed influenzata dalla sua società controllante (che può anche essere una società chiusa, non soggetta alle norme del Regolamento). In tale ipotesi, le procedure regolamentari dovrebbero essere osservate solo dalla società emittente. Infatti, pur volendo considerare l’operazione come compiuta solo indirettamente dall’emittente controllato, la società controllante non rientra nel perimetro di applicazione dell’art. 2 del Regolamento e, pertanto, non è tenuta ad implementare le procedure opc prescritte dal Regolamento.

Di là dalle obiezioni di principio (peraltro corrette) della dottrina, che rileva l’incongruenza tra il parere indipendente e la considerazione dell’interesse di gruppo238,

l’art. 14, comma 1 del Regolamento, pone anche dei problemi di natura pratica di non poco momento.

Nel contesto dei generali obblighi degli amministratori, derivanti dall’applicazione congiunta della disciplina civilistica e di quella regolamentare239, la

norma in esame contiene un obbligo specifico per gli amministratori indipendenti che agire nell’interesse del gruppo. Ciò in quanto ogni Stato membro ha una sua propria disciplina in materia di gruppi (riconoscono l’interesse di gruppo, tra gli altri, Germania, Italia, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo) o, come nel caso del Regno Unito, dove non esiste una disciplina specifica dei gruppi di società (si veda, in tal senso, la critica mossa da J.LOWRY –A.REISBERG, “Pettet’s Company Law: Company Law & Corporate Finance”, Pearson, 2012, 47, secondo i quali “the policy issues in

developing a group law are probably too complex for meaningful case law development, and the legislature has been largely silent.”. (anche se secondo parte della dottrina è comunque ammesso il riconoscimento dell’interesse di

gruppo, in tal senso si veda sempre P. CONAC (cit.), 208, per il quale “As for the UK, recognition of the

interest of the group would not be a major change as it is already allowed and would be accompanied by the existing wrongful trading rule. Therefore, the change would be minima.”. Tale opinione sembra confermata anche dalla

giurisprudenza in Chartebridge Corporation v Lloyds Bank [1970] Ch 62, in cui gli amministratori della controllata non sono stati ritenuti responsabili per aver concesso garanzie alla banca per un finanziamento ottenuto dalla holding, ciò in quanto, se la holding fosse stata inadempiente, la società controllata avrebbe subito delle perdite ancora maggiori rispetto a quelle derivanti dalla concessione delle garanzie alla banca finanziatrice.

237 In tal senso si veda S.GILOTTA, “Interesse di gruppo e nuove regole sulle operazioni con parti

correlate: una convivenza difficile”, in Giur. Comm., 2012, 2, 254, secondo il quale “l’ingresso dell’interesse

di gruppo nella valutazione degli indipendenti rappresenterebbe un chiaro elemento di incoerenza: che senso avrebbe, infatti istituire un comitato di amministratori indipendenti chiamato a dare un parere disinteressato sull’opportunità di compiere l’operazione imponendo poi ad essi di tenere in considerazione proprio quell’interesse altro che questi ultimi in ragione dell’assenza di qualsiasi rapporto di correlazione dovrebbero assicurare che non si insinui nel processo decisionale?”.

238 Il già citato S.GILOTTA, “Interesse di gruppo e nuove regole sulle operazioni con parti correlate: una

convivenza difficile”, in Giur. Comm., 2012, 2, 254.

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potrebbe essere di difficile espletamento. Come si è detto, gli amministratori indipendenti sono spesso soggetti estranei al business della società presso cui svolgono l’incarico, essendo spesso professori universitari o, comunque, figure ritenute imparziali proprio perché normalmente estranee al mondo degli affari. In aggiunta, benché nulla vieti ad un amministratore indipendente di svolgere il medesimo compito in più società del gruppo240, non è detto che ciò avvenga, proprio al fine di mantenere

intatta l’indipendenza dell’amministratore stesso che, operando in più società del gruppo, finirebbe col trovarsi in situazioni di conflitto di interessi. Tali elementi conducono ad una conclusione che, seppur non certa, è sicuramente molto probabile: l’amministratore indipendente avrà notevoli difficoltà (i) nel ricostruire i rapporti con le varie società del gruppo; e (ii) nel formulare un parere tenendo conto di eventuali vantaggi compensativi che, come noto, possono essere anche futuri, benché ragionevolmente certi 241 . Per un simile tipo di valutazione, l’amministratore

indipendente in questione dovrebbe quantomeno essere pienamente consapevole (a) delle varie relazioni intercorrenti tra l’emittente per cui deve redigere il parere e le varie società del gruppo (dunque non solo della relazione intercorrente tra la holding e l’emittente); e (b) del tipo di business svolto dalle singole società del gruppo (dunque non solo del core business gestito dall’emittente o dalla controllante dello stesso).

Una possibile soluzione potrebbe discendere dall’applicazione della normativa civilistica. Infatti, considerando che gli amministratori delegati dovranno motivare l’operazione anche in termini di vantaggi compensativi (art. 2497-ter, c.c.), saranno proprio costoro a dover indagare sull’effettività di tale compensazione. Di conseguenza, gli amministratori indipendenti, al momento della valutazione ex ante, potrebbero basarsi sulle informazione raccolte (e ricevute) dagli amministratori delegati,

240 Come confermato da L.A.BIANCHI, “Il T.U.F. e il consiglio di amministrazione degli emittenti”, in

Riv. Soc., 4, 2014, 831 e dalla Comunicazione Consob DEM/10046789 del 20 maggio 2010.

241 Sull’interpretazione del concetto di “vantaggi compensativi” la dottrina si è ampiamente divisa. Si è

infatti discussa sia l’estensione del periodo in cui vanno considerati tali vantaggi (antecedentemente e successivamente all’operazione potenzialmente dannosa), sia la natura della compensazione (in termini meramente quantitativi come compensazione economica o in chiave meno restrittiva considerando anche aspetti diversi dalla compensazione economica). Il dibattito ha visto schierarsi, da un lato, i fautori di un’interpretazione estensiva che arriva all’estremo per cui la valutazione del “vantaggio compensativo” dovrebbe considerare sia il periodo pregresso all’operazione sia quello futuro (di questo avviso, seppur con varie sfumature, U.TOMBARI, “Diritto dei gruppi di imprese”, Giuffrè, 2010; P.MONTALENTI, “Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi”, in Giur. Comm., I, 1995, 710 ss.; C.ANGELICI, “La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale”, Cedam, 2006, 197; dall’altro lato, i fautori di un’interpretazione restrittiva (F.DENOZZA, “Rules vs Standards nella disciplina dei gruppi: l’inefficienza delle compensazioni virtuali”, in Giur. Comm., 2000, I, 327; P.G. JAEGER, “L’interesse sociale rivisitato (quarant’anni dopo)”, in Giur. Comm., 2000, I, 811; G. SCOGNAMIGLIO, “Autonomia e coordinamento nella disciplina dei gruppi di società”, Torino, 1996, 189).

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a seguito delle loro valutazioni in merito alla sussistenza della c.d. “ragion di gruppo”. Purtroppo, anche a tale ipotesi sono connaturate varie complessità. In primo luogo, gli amministratori delegati sono tenuti a motivare le operazioni una volta che le stesse sono state deliberate, e dunque in una prospettiva ex post. Dunque, nella fase antecedente alla deliberazione, gli amministratori indipendenti avranno l’onere di recuperare le informazioni utili mediante interrogazioni formali degli amministratori delegati (utilizzando il meccanismo di cui all’art. 2381, comma 6, c.c. con il limite della

disclosure solo in sede consiliare). In secondo luogo, pur ottenendo tutte le informazioni

necessarie, non è detto che gli indipendenti riescano, in tempi brevi, a decifrarle tenendo conto di possibili vantaggi compensativi futuri242. Ciò in quanto, come

anticipato, una simile valutazione comporta l’analisi delle strategie aziendali dell’intero gruppo e non solo dell’emittente che compie l’operazione243. Anche qualora gli

amministratori indipendenti si facessero supportare da esperti indipendenti esterni (come espressamente previsto dall’art. 7, comma 1, lett. b) del Regolamento, richiamato anche dall’art. 8, comma 1 del Regolamento per le operazioni di maggiore rilevanza), bisognerebbe valutare la reale indipendenza di questi al fine di considerare la genuinità dell’opinion rilasciata244.

Alla luce di tutto quanto sopra, sembra poco probabile che un amministratore indipendente possa effettivamente ed efficacemente esprimersi sulla correttezza di un’operazione anche tenendo conto di eventuali vantaggi compensativi infragruppo245.

Più plausibile la tesi, fino ad ora non riscontrata in dottrina, secondo cui il parere degli amministratori indipendenti debba concernerne la correttezza dell’operazione dal punto di vista della sola società emittente246, tenendo però conto che, qualora gli

242 Il tema è critico, infatti la valutazione sui vantaggi compensativi è di norma una valutazione ex post,

risultando “difficile da trasporre nell’ambito di un giudizio tipicamente ex ante, quale quello demandato al comitato degli

indipendenti”. Così si esprime S.GILOTTA, “Interesse di gruppo e nuove regole sulle operazioni con parti correlate: una convivenza difficile”, in Giur. Comm., 2012, 2, 254. L’autore si chiede inoltre, dando poi risposta negativa, se i vantaggi compensativi debbano essere valutati sulla base “dei benefici che la società

abbia percepito dalla pregressa attività di direzione unitaria”.

243 In tal senso, N.MICHIELI, “Gli amministratori indipendenti nel comitato parti correlate”, in Giur.

Comm., 5, 2014, sembra escludere che gli amministratori indipendenti possano effettuare tale valutazione, che sarebbe riservata agli amministratori esecutivi sulla base del disposto dell’art. 2381, commi 3 e 5, c.c..

244 Il problema è ben noto anche in dottrina. Si veda L.ENRIQUES, “Related Party Transactions: Policy

Options and Real-World Challenges (With a Critique of the European Commission Proposal)”, ECGI working paper n. 267/2014, reperibile su www.ssrn.com), 25, il quale correttamente afferma che “the

value of the independent experts’ fairness opinions ultimately rests upon their reputation”.

245 Di diverso avviso, seppure critico nei confronti della norma in esame, P. FERRO-LUZZI, “Le

operazioni con parti correlate infragruppo” in “Le operazioni con parti correlate, Atti del Convegno presso Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 2011, 12.

246 Simili conclusioni potrebbero trarsi senza dubbio, secondo le norme di diritto societario inglese, dove

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amministratori delegati riuscissero a motivare adeguatamente la sussistenza di vantaggi compensativi, il parere potrebbe successivamente mutare da negativo a favorevole. Ciò potrebbe avvenire, nel contesto del complesso procedimento deliberativo, in sede di deliberazione del CdA. Infatti, nelle operazioni di maggiore rilevanza gli indipendenti, prendendo parte alla deliberazione in seno al CdA, a valle della discussione consiliare potrebbero confermare il loro assenso all’operazione, mutando, di fatto, le risultanze del parere (e conferendogli così quella “funzione di garanzia” di cui si è precedentemente parlato).

Diversamente, nel caso di operazioni di minore rilevanza, i delegati potrebbero comunque compiere l’operazione individualmente, motivando la mancata osservanza del parere proprio sulla base dell’esistenza di vantaggi compensativi che gli indipendenti non sono stati in grado di considerare.

A scanso di equivoci, con quanto sopra affermato non si vuole dire che gli amministratori indipendenti non debbano valutare (o tentare di valutare) la sussistenza di eventuali vantaggi compensativi (anche perché ciò sarebbe contrario al dettato normativo dell’art. 14, comma 1, del Regolamento), ma solo che gli stessi potrebbero (se costretti) dover rinunciare ad effettuare una valutazione compiuta riguardo tale aspetto, per poi integrarla successivamente sulla base della maggiori informazioni assunte in sede di deliberazione247.

correttamente rilevato da T.BOXELL, “A practitioner’s guide to directors’ duties and responsibilities”, Thomson Reuters, 2013, 21: “the directors of a subsidiary company (or parent company) owe a duty to that company,

even if they owe duties to other companies within the group by virtue of their fellow directorship. They may have regard to the interest of the group if, but only if, it is in the interest of the relevant company to do so”; C.HOLLANDER –S. SALZEDO, “Conflict of Interests”, London, 2011, 339, dove gli autori, riflettendo sulle funzioni dell’amministratore della controllata nominato dalla holding (c.d. “nominee director”), affermano che “The

nominee director, the director nominated by a parent, shareholder or creditor company, will often face acute conflict of interests. The nominee will usually be appointed to the board of a company to serve the interests of another company. […] There is no special creature of nominee director under English law. The duties owed by nominee directors are no different from those owed by any other director.”; S. MORTIMOR, “Company Directors Duties, Liabilities, and Remedies”, Oxford, 2013, 318. Sembra però sostenere la tesi avversa P.CONAC, “Director’s Duties in Groups of Companies - Legalizing the interest of the Group at the European Level”, in ECFR 2013, 200, secondo il quale “In the United Kingdom (UK), there are no specific rules for groups. However, directors of a

subsidiary are able to take into account the interests of the group in making their decisions. The risk of unduly favouring the parent is mitigated by the risk of the subsidiary director’s personal liability for wrongful trading.”.

247 Una simile soluzione parrebbe fondata considerando che il parere degli amministratori indipendenti,

costituendo mera parte di una procedura deliberativa complessa, non ha valore in sé se non dopo l’assunzione della deliberazione, della quale peraltro non costituisce elemento costitutivo. Per tale tesi si veda E.PUCCI, “Il parere degli amministratori indipendenti nelle operazioni con parti correlate: profili funzionali” in Riv. Soc., 2, 2014. Sempre in materia di operazioni con parti correlate, ma sotto il profilo del mancato rispetto, da parte del presidente del CdA, di una decisione negativa adottata in assemblea con whitewash, P.ABBADESSA, “Assemblea ed operazioni con parti correlate (prime riflessioni)”, in “Le operazioni con parti correlate”, atti del convegno presso Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 2010, 30; in generale, sul tema dell’irrilevanza delle fasi del procedimento assembleare ai fini della validità della delibera, F.CENTONZE, “L’“inesistenza” delle delibere assembleari di s.p.a.”, Torino, 2008;

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Simili conclusioni possono trarsi anche dall’interpretazione letterale dell’art. 14, comma 1, del Regolamento, secondo cui gli indipendenti non sono obbligati a valutare i vantaggi compensativi ma “se del caso”, a prenderli in considerazione248.

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 119-124)

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