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Il ricorso all’assemblea per le operazioni con parti correlate quale ipotesi di espansione delle

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 164-168)

Sezione 2 Il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni con part

3.2 Il ricorso all’assemblea per le operazioni con parti correlate quale ipotesi di espansione delle

competenze assembleari. Critica.

Il ricorso alla valutazione assembleare in presenza di operazioni rischiose è uno

316 Prima del 2003 la norma prevedeva che “Il diritto di voto non può essere esercitato dal socio nelle deliberazioni

in cui egli ha, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società”. Si veda in proposito F. GUERRERA, “Abuso del voto e controllo “di correttezza” sul procedimento deliberativo assembleare”, in Riv. Soc., 1, 2002, 181.

317 Come rilevato da un recente studio della Consob (M.BIANCHI A.CIAVARELLA L.ENRIQUES V.

NOVEMBRE –R.SIGNORETTI, “Regulation and self-regulation of related party transactions in Italy. An empirical analysis”, Consob Finance Working Paper N° 415/2014, reperibile sul sito dell’autorità, 18), tra le società che hanno optato per non considerare sempre vincolante il parere degli amministratori indipendenti (salvo i casi in cui la vincolatività sia imposta dal Regolamento) “only one out of four has decided

to submit the transaction to a pure whitewash, with no minimum threshold, while most companies have set a threshold for non related shareholders at the highest possible level (i.e. 10%).”.

318 Ad esempio, qualora l’operazione consista in una trasformazione della società oppure determini

modificazioni statutarie concernenti i diritti di voto o le partecipazioni, l’art. 2437 c.c. prevede ipotesi di recesso non derogabili in capo al socio che non abbia concorso all’approvazione della deliberazione.

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dei possibili rimedi per limitare l’estrazione di benefici privati da parte dei soggetti che operano in conflitto di interessi. In particolare, tale rimedio è stato sviluppato maggiormente negli ordinamenti di stampo anglosassone dove, in presenza di una maggiore separazione tra proprietà e controllo della società, i soggetti in conflitto sono spesso gli amministratori.

Diversamente, qualora sia uno dei soci ad essere in posizione di conflitto, il ricorso alla deliberazione assembleare potrebbe non risultare efficace in quanto il socio in conflitto potrebbe avere il peso necessario a far approvare comunque l’operazione. Da qui l’elaborazione del sistema di whitewash che, sterilizzando i voti dei soci in conflitto (nel caso del Regolamento, dei soci correlati), garantisce l’adozione di una deliberazione non influenzata e favorevole ai soci non correlati.

Ferma la superiore distinzione, il ricorso all’assemblea quale tecnica regolatoria delle decisioni conflittuali, è stato ampio oggetto di dibattito in sede internazionale, con esiti tutt’altro che omogenei319.

319 Il tema ricorre in letteratura sin dai tempi delle compagnie delle indie. Per un’analisi di carattere

storico si veda, J.M. DE JONGH, “Shareholder activism at the Dutch East India Company 1622 – 1625”, 2010, paper presentato alla Conference on the Origins & History of Shareholder Advocacy, Yale School of Management, Millstein Center for Corporate Governance and Performance November 6 and 7, 2009, reperibile su www.ssrn.com.

Ad oggi, il tema del coinvolgimento dei soci nei processi decisionali e nella vita della società è largamente discusso (anche a seguito dei numerosi fallimenti di mercato rappresentati dai crack finanziari di grosse società in cui la governance si basava principalmente su meccanismi di controllo interni che non comprendevano un ampio controllo da parte dei soci). In generale, il tema del coinvolgimento dell’azionariato nella governance è brillantemente affrontato da B.HANNIGAN, “Company Law”, Oxford 2012, 128, secondo la quale “a great deal of discussion now focuses on the importance of securing, not just better

shareholder participation in the annual general meeting […], but better shareholder engagement in the broadest sense in the interests of good corporate governance.”, pur rilevando che (p. 135) “For a number of reasons, the landscape may look very similar to before the crisis with some level of ongoing intervention on the issue of executive pay and board composition […] but without any significant change in the role played by shareholders in the largest companies.”. Per ulteriori

considerazioni sull’utilizzo della tecnica regolatoria in questione si vedano L.ENRIQUES - G. HERTIG – H.KANDA, “Related-Party Transactions” in “The Anatomy of Corporate Law. A Comparative and Functional Approach”, Oxford, 2009, 166, dove gli autori analizzano vantaggi e svantaggi della c.d.

decision right strategy, basata sulla votazione dell’operazione in sede assembleare; L.ENRIQUES, “Related Party Transactions: Policy Options and Real-World Challenges (With a Critique of the European Commission Proposal)”, ECGI working paper n. 267/2014, reperibile su www.ssrn.com), 17, secondo il quale “A popular idea in academia as well as among policymakers is that the most effective procedural safeguard against

tunneling is a veto power over RPTs for a majority of the shareholders other than the related party itself (a majority of the minority, or MOM, in companies with a dominant shareholder). An increasing number of countries (including the UK, Israel, and all major East Asian countries, with the notable exceptions of Japan and South Korea67) provide for such a requirement with respect to larger, non-routine transactions.”. L’autore, tuttavia, critica tale meccanismo, sulla

base dei seguenti assunti: (i) i soci sono spesso male informati sulla deliberazione da adottare; (ii) i soci non correlati possono essere “catturati” dal socio di controllo in cambio di compensi di varia natura; (iii) il ricorso alla deliberazione assembleare allunga i tempi e, conseguentemente, i costi di transazione in modo tale che spesso la marginalità derivante dall’operazione non è più conveniente per la società; (iv) l’approvazione assembleare ha senso solo se effettuata ex ante rispetto al compimento dell’operazione, quando è ancora possibile bloccarne o comunque limitarne gli effetti. Critici sul ricorso alla deliberazione assembleare anche B.HANNIGAN, “Company Law”, Oxford 2012, 246 ss.; J. FARRAR -S. WATSON, “Self dealing, fair dealing and related party transactions – history, policy and reform”, in The Journal of Corporate Law Studies, Vol. 11, No. 2, 495, 2011, 27. In chiave comparatistica, in relazione

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Nonostante i dubbi della dottrina, il legislatore europeo sembra aver accolto favorevolmente tale tecnica regolatoria, auspicandone l’adozione proprio in materia di operazioni con parti correlate. La proposta di modifica alla direttiva sui diritti degli azionisti propone, infatti, che le operazioni di maggiore rilevanza (ossia quelle “che

rappresentano più del 5% degli attivi della società” o quelle “che possono avere un impatto significativo sugli utili o sul fatturato”) siano sottoposte al voto degli azionisti in assemblea.

Viene inoltre specificato che “la società non conclude l’operazione prima dell’approvazione degli

azionisti” salvi i casi in cui l’operazione sia conclusa “con riserva dell’approvazione degli azionisti”320. In ogni caso, alla votazione non potrà prendere parte l’azionista correlato

coinvolto nell’operazione, ossia si applica una sterilizzazione per i voti connessi alle azioni dei soci correlati.

Peraltro, come si è visto al capitolo 1, paragrafo 1.3, la disciplina inglese prevede già un ampio ricorso al meccanismo assembleare321 e, va rilevato, non è l’unica

giurisdizione a contemplare norme del genere per le operazioni in conflitto di interessi322.

all’utilizzo di tale meccanismo regolatorio nel contesto delle operazioni con parti correlate si veda il documento dell’OECD, “Related Party Transactions and minority shareholders’ rights”, 2012, reperibile sul sito dell’OECD, 34, dove si afferma che “shareholder approval for RPTs […] can be regarded as an

alternative or complement to the board approval procedure but the practice is not widespread and often only applies to large transactions or those not on market terms.”.

Di parere favorevole M.BECHT –A.POLO –S.ROSSI, “Does mandatory shareholder voting prevent bad acquisitions?”, ECGI Finance working paper 422/2014, dove gli autori rilevano che i profitti delle operazioni approvate dagli azionisti sono maggiori rispetto a quelli delle operazioni che non richiedono tale approvazione (l’analisi è condotta con riferimento esclusivo agli ordinamenti statunitense e inglese).

320 Così l’art. 9-quater nella proposta di modifica alla Direttiva sui diritti degli azionisti (proposta di

direttiva della Commissione EU 2014/0121 (COD)).

321 La legislazione inglese è carente dal punto di vista della ripartizione di competenze tra l’assemblea e il

CdA. Nonostante vi siano delle competenze riservate all’assemblea all’interno del CA 2006 (e di altre fonti normative), non vi è una regola generale che imponga o auspichi la devoluzione di competenze dal CdA all’assemblea. Tuttavia, la prassi societaria si è sviluppata nel senso di devolvere all’assemblea la competenza decisionale ogniqualvolta il CdA non sia in grado di decidere o sia impossibilitato a prendere una decisione (si pensi ai casi di conflitto di interessi). Questi principi sono contenuti in Barron

v Potter [1914] 1 Ch 895; Foster v Foster [1916] 1 Ch 532.

Inoltre, è rilevante notare come, anche nel Regno Unito caratterizzato da società a partecipazione diffusa, la versione vigente delle LRs preveda dal 2014 anche la sterilizzazione del voto di eventuali soci di controllo correlati. Una così avanzata regolamentazione si deve certamente alla lunga tradizione inglese circa il coinvolgimento dell’assemblea nelle decisioni di maggiore importanza. Già nel caso Regal (Hastings) Ltd v Gulliver [1942] 1 All ER 378, 389, Lord Russel affermava che “The directors

could, had they wished, have protected themselves by a resolution (either antecedent or subsequent) of the Regal shareholders in general meeting). In default of such approval, the liability to account must remain”. La sentenza è riportata da J.

FARRAR –S.WATSON, “Self dealing, fair dealing and related party transactions – history, policy and reform”, in The Journal of Corporate Law Studies, Vol. 11, No. 2, 495, 2011.

322 Tra le giurisdizioni che prevedono il ricorso all’assemblea vi sono, ad esempio, molti realtà asiatiche

(Hong Kong e Singapore tra tutte). In Europa, la Francia prevede uno dei regimi più stringenti, in quanto l’esenzione dall’approvazione assembleare opera solo per le operazioni di natura ordinaria (individuate dalla società come tali). In ogni caso, l’approvazione assembleare è prevista solo ex post e ha un impatto limitato sulle singole operazioni già approvate dal CdA (si veda l’articolo L. 225-40 del Code

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Nell’ordinamento italiano, gli interventi dell’assemblea in sede gestionale sono stati drasticamente ridotti con la riforma del 2003 e le modifiche all’art. 2364 c.c.323. La

nuova formulazione dell’art. 2364, comma 1, n. 5), c.c., ha generato non pochi commenti, dividendo la dottrina tra i sostenitori della permanenza di un potere gestionale in capo all’assemblea (anche se in forma autorizzatoria) e coloro i quali, al contrario, ritenevano che l’assemblea non avesse più un vero e proprio potere gestionale, in quanto la norma in questione consentiva solo di autorizzare operazioni già elaborate e deliberate dagli amministratori. Secondo quest’ultima corrente, che risulta essere quella maggioritaria, l’autorizzazione assembleare “non equivale a un potere

diretto bensì rimuove un ostacolo all’esercizio di un potere che già appartiene all’organo amministrativo”324.

Il dibattito, in realtà mai sopito, è tornato in auge a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento, portando la dottrina a chiedersi se il ricorso all’assemblea previsto dal Regolamento fosse in contrasto col principio di gestione della società in capo agli amministratori325.

La tesi qui preferita è quella della compatibilità tra norme regolamentari e norme codicistiche sulla base delle seguenti argomentazioni:

(i) la procedura di ricorso all’assemblea prevista dal Regolamento deve essere introdotta mediante previsione statutaria secondo i canoni di cui all’art. 2364, comma 1,

de Commerce francese).

323 Il testo ante-riforma dell’art. 2364 c.c., consentiva infatti di riservare all’assemblea, mediante

previsione statutaria, compiti gestionali proprio del CdA. Inoltre, nella vigenza della vecchia disciplina, gli atti posti in essere dagli amministratori in conflitto di interessi non erano annullabili qualora fosse intercorsa l’autorizzazione assembleare. Si veda, per tale ultima tesi, L. BENEDETTI, “Invalidità per conflitto di interessi e per estraneità all’oggetto sociale della fideiussione prestata da una società a favore di un’altra”, nota a Cass. Civ. , 04 ottobre 2010, n.20597, sez. III, dove l’autore afferma che “l’autorizzazione assembleare richiesta dall’amministratore ex art. 2364 comma 1, n. 4 c.c. vigente prima del d.lgs.

6/2003 (art. 2486 per le s.r.l.) è stata considerata certamente idonea ad evitare l’invalidità dell’atto compiuto dallo stesso in conflitto di interessi”.

324 Così S.A.CERRATO, “Il ruolo dell’assemblea nella gestione dell’impresa: il ‘‘ sovrano’’ ha veramente

abdicato?”, in Riv. Dir. Civ., II, 2009, 133 ss.. Contra si veda F. GUERRERA, “La responsabilità

«deliberativa» nelle società di capitali”, Torino, 2004, secondo il quale, mediante l’autorizzazione, l’assemblea concorre comunque positivamente all’assunzione della decisione.

325 Sostiene l’ipotesi del contrasto, V. SALAFIA, “Le operazioni con parti correlate” in Le Società, 6, 2010,

il quale non solo ravvisa un contrasto tra l’art. 8, comma 2 del Regolamento e l’art. 2380-bis c.c., ma addirittura rileva che lo stesso art. 8, coma 2 del Regolamento si contrappone all’art 8., comma 1, lett. a) del Regolamento, che prevede la riserva di competenza per la deliberazione in capo al consiglio di amministrazione.

Sostengono, invece, la tesi della piena compatibilità con la disciplina codicistica P. ABBADESSA,

“Assemblea ed operazioni con parti correlate (prime riflessioni)”, in “Le operazioni con parti correlate”, atti del convegno presso Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 2010; P. MONTALENTI, “Le operazioni con parti correlate”, in Giur. Comm., 2011, 324, il quale, sulla base della facoltatività del meccanismo del whitewash, sottolinea che “non pare più potersi dubitare della regola di legislazione secondaria a fronte del sistema primario di hortus clausus delle competenze assembleari (cfr. artt. 2364 e 2380 bis, cod civ): dubbio invece legittimo qualora il whitewash fosse obbligatorio”.

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n. 5), c.c., pertanto non si vede come possa contrastare con l’art. 2380-bis c.c., una previsione che, seppur regolamentare, è legittimata da una disposizione codicistica di pari rango rispetto all’art. 2380-bis c.c.. Qualora si volesse sostenere l’incompatibilità, si dovrebbe affermare necessariamente che la stessa possibilità di cui all’art. 2364, comma 1, n. 5), c.c. sia in contrasto col principio di competenza gestionale degli amministratori ex art. 2380-bis c.c.;

(ii) ad avviso di chi scrive, il ricorso all’assemblea ai sensi del Regolamento deve essere previsto con una clausola statutaria (adottata ex art. 2364, comma 1, n.5, c.c.) specifica e fortemente circostanziata. Al fine di evitare qualsiasi conflitto con l’art. 2380-bis c.c. e, dunque, un’inopinata espansione delle competenze assembleari, non è sufficiente prevedere una generica clausola statutaria con cui si conferisca potere autorizzatorio all’assemblea su tutte le operazioni con parti correlate sulle quali amministratori indipendenti ed esecutivi siano in disaccordo. Infatti, non può esistere una categoria di operazioni denominata “operazioni con parti correlate”, rientrando in tale definizione una costellazione di transazioni della più varia natura. A tal fine, la clausola statutaria dovrebbe individuare con precisione il tipo di operazione per la quale è ammesso il ricorso all’assemblea in ultima istanza o, quantomeno, specificare la categoria commerciale della stessa (e.g. operazioni di natura finanziaria; operazioni che coinvolgano istituti di credito; operazioni concernenti particolari asset della società e via dicendo).

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 164-168)

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