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Il potere degli amministratori indipendenti di richiedere informazioni ed il (tentato)

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 129-134)

Sezione 2 Il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni con part

2.3 Il coinvolgimento degli amministratori indipendenti nella “fase delle trattative” per le

2.3.2 Il potere degli amministratori indipendenti di richiedere informazioni ed il (tentato)

Ulteriore tema che merita di essere approfondito è come gli amministratori

258 Eventualmente come evoluzione della proposta di direttiva europea sulla modifica della Direttiva sui

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indipendenti, stante il loro coinvolgimento nella fase anteriore alla deliberazione (specialmente nelle operazioni di maggiore rilevanza), possano interloquire con gli amministratori delegati che gestiscono l’operazione. In specie, ci si chiede se e in che modo gli indipendenti possano richiedere integrazioni informative agli amministratori delegati, visti anche i limiti previsti dall’art. 2381, comma 6, c.c., secondo cui “ciascun

amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società”. La norma intende evitare che il singolo amministratore possa

formulare richieste di informazioni ai delegati ed ottenere risposta privatamente, ciò in quanto le informazioni richieste vanno condivise con l’intero CdA259. Interpretando

letteralmente – e conformemente alla dottrina di maggioranza260 – il disposto dell’art.

259 Tale finalità è ben nota alla migliore dottrina, si veda, tra gli altri, F.BARACHINI, “La gestione

delegata nelle società per azioni”, Torino, 2008, 154, secondo il quale le informazioni vanno condivise in CdA al fine di “evitare che si possa avere una circolazione “extra-consiliare” delle informazioni richieste”.

260 In tal senso la dottrina è quasi univoca, si vedano, tra gli altri, G.M.ZAMPERETTI, “Il dovere di

informazione degli amministratori nella governance delle società per azioni”, Giuffrè, 2005, 336 ss.; P. MONTALENTI, “Gli obblighi di vigilanza nel quadro dei principi generali sulla responsabilità degli amministratori di società per azioni”, in “Il Nuovo Diritto delle Società”, liber amicorum G. Campobasso, Torino, 2006, II, 835 ss.; L. NAZZICONE, commento sub art. 2381, in “Amministrazione e controlli nelle società per azioni”, L.NAZZICONE -S.PROVIDENTI (a cura di), Giuffrè 2010, 56 ss., ove però l’autrice esprime dissenso sulla presa di posizione del legislatore (“in ogni caso, secondo il principio di

buona amministrazione delle società […] le deliberazioni sono collegiali, ma, nella fase istruttoria, almeno i poteri di indagine sarebbe opportuno appartenessero individualmente agli amministratori, intenzionati ad assolvere diligentemente al loro incarico”); F.CENTONZE, “Il concorso mediante omissione degli amministratori senza delega nei reati posti in essere dagli amministratori”, in Riv. Soc. 2007, 722 ss.. Del medesimo avviso, seppur con maggiori aperture, sembra essere G. MERUZZI, “Il dovere degli amministratori di agire in modo informato e l’organizzazione interna della società per azioni”, in “Le clausole generali nel diritto societario” a cura di G. MERUZZI e G. TANTINI, nel Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia diretto da F. GALGANO, 117, secondo il quale “[l]a natura individuale dell’agire informato

implica il potere/dovere, in capo a ciascun amministratore, di assumere iniziative, anche preconsiliari, per colmare il divario informativo di cui egli sia o possa essere consapevole secondo diligenza (arg. Ex art. 2391, c. 1, c.c.). Ne consegue la necessità, se richiesto dalle circostanze, di andare oltre le informazioni fornite dal presidente del CdA tramite l’assunzione in proprio di ulteriori notizie, entro il limite del divieto di atti individuali di ispezione della gestione, riservati dalla legge al collegio sindacale”. Tale conclusione pare condivisibile anche nel caso in cui le informazioni

provengano dagli amministratori delegati direttamente, senza alcun filtro da parte del presidente del CdA.

Sul punto, si precisa che l’amministratore privo di delega non può chiedere chiarimenti e informazioni ai dirigenti ed al personale della società, aggirando così il limite ex art. 2381, comma 6, c.c. (in tal senso Cass., sez. V pen., n. 23838/2007). A tal proposito commenta N. SALANITRO, “Amministratori deleganti e dovere di agire in modo informato”, in Giur. Comm., 2, 2008, 4) che “[l]a

Suprema Corte aderisce alla tesi prevalente in dottrina [...] secondo la quale, salvo diversa previsione statutaria, i singoli amministratori deleganti non possono compiere atti individuali di ispezione e controllo presso le strutture aziendali, essendo questi poteri riservati al consiglio, che può esercitarli direttamente oppure delegando il loro esercizio a uno o più suoi componenti o comitati costituiti nel suo ambito [...]”.

Per un’opinione contraria si veda V.SALAFIA, “Amministratori senza deleghe fra vecchio e nuovo diritto societario”, in Le Società, 2006, 292, secondo il quale il contenuto del diritto/dovere di agire informati in capo agli amministratori si esplica “nella richiesta di notizie agli stessi delegati, se vi sono, o ai

dirigenti della struttura, in ogni caso, e nella materiale verifica del funzionamento della struttura stessa.”. Secondo

l’autore, il riferimento alle informazioni da rendersi in CdA, non costituisce un “limite all’ampio potere di

informazione” con la conseguenza che gli amministratori non esecutivi potranno chiedere informazioni ai

delegati e, qualora sorgesse “qualche dubbio sulla correttezza dell’operato dell’amministratore delegato, sia in termini

di convenienza sia in termini di legittimità [potranno] invitarlo a riferire al consiglio ed, in quella sede, correttamente quel dubbio potrà essere esaminato e valutato in una dialettica nella quale potrà essere coinvolto anche il membro delegato.”; F.

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2381, comma 6, c.c., si giunge però ad una conclusione pratica poco soddisfacente. Infatti, nel caso in cui gli amministratori indipendenti avanzino delle richieste informative ai delegati durante le fasi di negoziazione dell’operazione, potrebbe verificarsi che tale richiesta venga soddisfatta solo ex post rispetto alla negoziazione dell’operazione (nella prima adunanza consiliare utile) o, nella peggiore delle ipotesi, solo al momento in cui l’operazione venga portata in CdA per l’approvazione finale, ossia quando il parere degli indipendenti dovrebbe essere già stato formulato. Ciò avrebbe il duplice effetto di non consentire agli amministratori indipendenti di formulare un parere idoneo sulla correttezza dell’operazione (se non basandosi sulle poche informazioni fino a quel momento ricevute e con il rischio di responsabilità per violazione del dovere di agire informato di cui al primo inciso dell’art. 2381, comma 6, c.c.), nonché di ritardare la conclusione stessa dell’operazione dato che, carente il parere favorevole del comitato indipendenti, le operazioni di maggiore rilevanza non potrebbero essere approvate in base all’art. 8, comma 1, lett. c) del Regolamento (salvo il ricorso alla procedura di whitewash eventualmente prevista statutariamente), con possibili danni per la società e per i terzi soggetti coinvolti.

Vero è che l’art. 2381, comma 5, c.c., obbliga i delegati a fornire un’informativa periodica semestrale (o nel termine inferiore previsto dallo statuto) con riferimento, tra l’altro, alle operazioni di maggior rilievo. Tuttavia il termine semestrale sembra troppo ampio per garantire quella informazione “adeguata , completa e con congruo anticipo” richiesta dal Regolamento. Infatti, benché la negoziazione dell’operazione possa richiedere più di sei mesi (e dunque imporre ai delegati di fare una disclosure completa sull’operazione ancora in corso), possono esservi operazioni negoziate e approvate in termini più brevi, per le quali non risulta utile l’informativa periodica.

Parimenti, vero è che il presidente del CdA ha il dovere, ai sensi dell’art. 2381, comma 1, c.c., di fornire adeguate informazioni ai membri del CdA sulle materia all’ordine del giorno, ma tale obbligo viene attivato solo qualora un’assemblea sia stata BARACHINI, “La gestione delegata nella società per azioni”, Torino, 2008; per certi versi, favorevole anche C.ANGELICI, “Diligentia quam in suis e business judgment rule”, in Riv. Dir. Comm., 2006, 675 ss., secondo il quale gli amministratori non esecutivi avrebbero però solo il potere di svolgere individualmente l’istruttoria ma non anche quello di richiedere espressamente informazioni agli amministratori esecutivi, decisione, questa, che andrebbe presa collegialmente con gli altri amministratori non esecutivi; di avviso simile F.BONELLI, “Gli amministratori di s.p.a. a dieci dalla riforma del 2003”, 2013, UTET, 46, secondo il quale “Sebbene i singoli amministratori possano individualmente

chiedere informazioni (secondo le modalità ora indicate), essi non possono prendere da soli i conseguenti provvedimenti, che rimangono collegiali.”.

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già convocata, il che potrebbe benissimo avvenire quando i termini dell’operazione da deliberare siano stati ampiamente negoziati dagli amministratori delegati. Peraltro, anche il Presidente, spesso soggetto privo di poteri esecutivi proprio in quanto organo

super partes con funzioni di natura organizzativa, potrebbe non essere adeguatamente

informato sullo stato dell’operazione e, dunque, potrebbe non avere gli strumenti tecnici necessari per imporre ai delegati una disclosure adeguata261.

Occorre dunque vagliare alcune possibili soluzioni per garantire al comitato indipendenti l’informazione completa, adeguata e con congruo anticipo prescritta dal Regolamento.

Il rimedio più semplice è certamente quello di ridurre, con apposita deliberazione statutaria, il termine semestrale previsto dall’art. 2381, comma 5, c.c., ad esempio uniformandolo al termine trimestrale previsto dall’art. 150 TUF per l’informazione periodica che gli amministratori delegati devono fornire al collegio sindacale262. Ma è evidente come anche in questo caso potrebbero esserci operazioni

concluse in termini più brevi di tre mesi per le quali, dunque, la disclosure automatica basata sull’informazione continua non verrebbe comunque garantita.

Altra soluzione, potrebbe essere quella di prevedere, nello statuto o nella deliberazione assembleare di nomina, dei poteri informativi maggiorati in capo all’amministratore indipendente, in modo tale che lo stesso (o gli stessi) possano superare il limite di cui all’art. 2381, comma 6, c.c. 263. La previsione potrebbe peraltro

261 Si pensi, ad esempio, al caso tipico in cui la nomina del Presidente del CdA è statutariamente

riservata ai soci di minoranza, laddove il CEO e il CFO sono nominati dai soci di controllo. In tale situazione il naturale contrasto che si crea tra l’organo di presidenza e quelli gestionali potrebbe determinare un minore (o meno efficace) flusso di informazioni da parte dei secondi ai danni del primo.

262 Sul punto si veda R.SACCHI, “Amministratori deleganti e dovere di agire in modo informato”, in

Giur. Comm., 2, 2008, secondo il quale “La periodicità (semestrale) può essere inferiore in caso di previsione

statutaria, ovvero quando la società sia quotata. In quest’ultima ipotesi, infatti, l’art. 150, 1° comma, t.u.f. prevede una periodicità almeno trimestrale. La norma si riferisce direttamente all’informazione da fornire al collegio sindacale, ma non sembra contestabile che tale informazione - ove si dovesse ritenere che essa possa essere fornita non dal consiglio, ma da amministratori a ciò delegati - andrebbe allora trasmessa dai delegati al consiglio con la stessa periodicità prevista per l’informazione al collegio sindacale.”.

263 Soluzione confermata in dottrina da L. NAZZICONE, commento sub art. 2381 c.c., in

“Amministrazione e controlli nelle società per azioni”, L.NAZZICONE - S.PROVIDENTI (a cura di), Giuffrè, 2010, 57, secondo la quale “La restrizione [ndr dell’art. 2381, comma 6, c.c.] è superabile in sede

statutaria, od anche con la deliberazione assembleare di nomina del consigliere di amministrazione, la quale potrà attribuirgli il potere di una diretta richiesta al personale della società ad esempio in quelle di minori dimensioni o laddove si tratti di un c.d. amministratore di minoranza o di un amministratore indipendente”. Favorevole all’intervento

statutario anche G.MERUZZI, “L’informativa endo-societaria nella società per azioni”, in Contr. Imp., 3, 2010, 786, ove l’autore specifica che “L’esercizio dell’autonomia statutaria in tema di informativa endo-societaria

opera quindi, alla luce di quanto visto, solo come possibilità di deroga in melius del regime legale, ovvero per prevedere modalità alternative o più stringenti di organizzazione dei flussi informativi e di esercizio dei poteri e doveri di informativa endo-societaria rispetto a quanto previsto dalla legge, nonché per precisarne contorni e contenuti operativi in relazione allo specifico contesto aziendale, al dine di perseguire al meglio l’obiettivo dell’adeguatezza, ovvero dell’efficienza ed efficacia, dei flussi informativi.”.

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essere limitata ai soli casi di operazioni con parti correlate, al fine di evitare che gli indipendenti possano esercitare il loro potere anche in situazioni in cui non c’è un rischio di tunneling conclamato.

Infine, si potrebbe pensare di dotare il comitato indipendenti di speciali poteri interlocutori ed informativi al momento del conferimento dell’incarico agli indipendenti. La delega conferita dal CdA deve infatti essere determinata, indicando “il

contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio” (art. 2381, comma 3, c.c.). Tra i vari

elementi, nulla esclude che il CdA possa includere speciali poteri informativi in capo al comitato indipendenti, anche al fine di superare i limiti di cui all’art. 2381, comma 6, c.c.. Tale opzione sembra essere confermata dal Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana264 e, a parere di chi scrive, può ritenersi pienamente legittima. Infatti, il

disposto di cui all’art. 2381, comma 6, c.c., nel limitare i poteri informativi degli amministratori deleganti, pone una regola ispirata al buon funzionamento del consiglio di amministrazione che, dunque, dallo stesso dovrebbe poter essere derogata, a maggior ragione laddove la deroga sia prevista per tutelare l’interesse della società alla correttezza del procedimento deliberativo265.

Le prime due strade sembrano ancor più legittime laddove si tenga in considerazione che parte della dottrina ha sostenuto che alcune categorie di amministratori (come quelli deputati alle funzioni di controllo interno) hanno diretto accesso alle informazioni, proprio in funzione della carica dagli stessi rivestita266. Se

dunque è ammissibile che un amministratore non esecutivo, componente del comitato di controllo interno, possa individualmente ricercare le informazioni necessarie interrogando gli amministratori delegati, tanto più deve essere ammissibile

264 Si veda l’art. 4.C.1 del Codice di Autodisciplina (luglio 2015) e il relativo commento secondo cui

“nello svolgimento delle proprie funzioni, i comitati hanno la facoltà di accedere alle informazioni e alle funzioni aziendali

necessarie per lo svolgimento dei loro compiti nonché di avvalersi di consulenti esterni, nei termini stabiliti dal consiglio di amministrazione”, “I poteri dei singoli comitati, in particolare quelli aventi a oggetto l’accesso diretto alle informazioni e alle funzioni aziendali, sono determinati dal consiglio stesso nell’ambito dell’incarico ad essi conferito”.

265 Le procedure di Exor S.p.A. prevedono infatti una deroga espressa all'art. 2381, comma 6, c.c.

laddove specificano che “Il Comitato può in ogni momento richiedere informazioni aggiuntive e formulare osservazioni

ai soggetti incaricati della conduzione delle trattative o dell’istruttoria” (art. 7.1 delle procedure aggiornate al 10

febbraio 2015).

266 In tal senso sembrano esprimersi G.M.ZAMPERETTI, “Il dovere di informazione degli amministratori

nella governance delle società per azioni”, Giuffrè, 2005, 340; G. PERONE, “L’accesso degli amministratori “non esecutivi” alle informazioni sociali nell’ordinamento italiano”, in Meritum – Belo Horizonte, 8, 2, 2013, 328, secondo il quale “In assenza di diversa disposizione statutaria, pertanto, dovrebbe

ritenersi rimesso al consiglio di amministrazione – e, se esistenti, ai soli amministratori titolari di cariche o funzioni particolari che implichino di per sé una potestà di accesso diretto agli atti ed ai documenti della società (quali, ad esempio, quelle inerenti il c.d. controllo interno) – lo svolgimento di ogni attività di indagine volta all’acquisizione o all’integrazione di un’informazione carente.”.

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l’esperimento di tale funzione in capo agli amministratori indipendenti con riferimento alle operazioni con parti correlate. Tali amministratori, infatti, secondo il dettato normativo del Regolamento, limitatamente alle operazioni con parti correlate, svolgono una funzione di controllo e di assessment dell’operato degli amministratori delegati e, pertanto, dovrebbero avere la possibilità di interloquire con gli stessi anche al di fuori delle adunanze consiliari. Se così non fosse, del resto, l’unica possibilità che avrebbero gli indipendenti per accedere a tutte le informazioni necessarie, nei tempi utili per fornire un parere completo (e poter così bloccare l’operazione prima che la negoziazione venga completata), è quella di sollecitare un intervento ispettivo e di controllo dei sindaci ai sensi dell’art. 151 TUF. Tuttavia, tale meccanismo, pur potendo essere utilizzato dagli amministratori indipendenti, non merita di essere incentivato, in quanto non pare legittimo che il collegio sindacale – che opera a favore della società e non di singole categorie di amministratori – debba supplire alle carenze di informazione endo-consiliare tra i vari comitati o tra amministratori delegati e non esecutivi.

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 129-134)

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