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Il parere dell’amministratore indipendente nel Regolamento Consob: un parere di legittimità sul

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 109-114)

Sezione 2 Il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni con part

2.2 Il parere degli amministratori indipendenti ai sensi del Regolamento Consob: tipologia e

2.2.1 Il parere dell’amministratore indipendente nel Regolamento Consob: un parere di legittimità sul

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rispetto delle procedure o un parere sul merito dell’operazione?

Il tema relativo alla natura del parere degli amministratori indipendenti ha diviso la dottrina che si è occupata di commentare il Regolamento all’indomani della sua emanazione. Le due tesi che si sono contrapposte prendono le mosse da una concezione molto diversa della funzione tipica dell’amministratore indipendente, arrivando a sostenere, da un lato, che lo stesso non abbia le competenze e, in un certo senso, il diritto di sindacare l’opportunità commerciale di un’operazione, dall’altro, che l’amministratore indipendente, proprio in quanto amministratore, non possa avere alcuna limitazione di poteri circa le valutazioni da fare in merito all’operazione deliberanda227. È comunque opportuno osservare che il comitato parti correlate non

sempre opera nell’esercizio di un potere, infatti in molti casi (i.e. operazioni di minore rilevanza) il parere rilasciato è meramente consultivo, non vincolando in alcun modo l’operato del CdA in sede di deliberazione. In simili casi, l’eventuale valutazione di merito compiuta avrebbe comunque una rilevanza marginale. Diversamente, l’analisi circa l’ampiezza dei poteri degli indipendenti, assume rilevanza quando il parere da questi rilasciato è vincolante o anche quando gli stessi partecipino alla fase delle trattative (i.e. operazioni di maggiore rilevanza).

A fronte di quanto precede, senza volersi apoditticamente schierare a favore di una delle due tesi – se, cioè, il parere possa investire o meno il merito dell’operazione – per comprendere quale sia la portata del parere – e dunque quale sia in effetti la reale competenza degli amministratori indipendenti – occorre sgombrare la mente dai pregiudizi circa la natura della carica in se, analizzando nel dettaglio i dati che gli amministratori dipendenti devono considerare ai fini della redazione dell’opinion.

In prima istanza, gli artt. 7 e 8 del Regolamento prescrivono che il parere verta

227 Sostengono la tesi per cui l’amministratore indipendente non possa sindacare il merito delle scelte

gestionali A. POMELLI, “La disciplina Consob delle operazioni con parti correlate”, in Nuove Leggi Civili Commentate, 2010, 1359; E.PUCCI, “Il parere degli amministratori indipendenti nelle operazioni con parti correlate: profili funzionali” in Riv. Soc., 2, 2014; P.MONTALENTI, “Le operazioni con parti correlate: questioni sistematiche e problemi applicativi”, in Riv. Dir. Comm. 1, 2015, 70.

Per la tesi favorevole alla valutazione sul merito si vedano D.REGOLI, “Gli amministratori indipendenti e i codici di autodisciplina”, in “La governance delle società di capitali, a dieci anni dalla riforma”, M.VIETTI (a cura di), Egea, 2013, 150; A.MAZZONI, “Operazioni con parti correlate e abusi”, testo della relazione al Convegno «A quindici anni dal T.U.F.. Bilanci e prospettive », 13 e 14 giugno 2013, Università Bocconi di Milano; M.HOUBEN, “Banche quotate e procedure per le operazioni con parti correlate: principi Consob e disposizioni della Banca d’Italia”, in BIS, 2014, 152; seppur in chiave critica, ASSONIME, “La disciplina della Consob in materia di operazioni con parti correlate”, circolare n. 38/2010, 71, secondo cui il “comitato degli amministratori indipendenti che nella logica, criticabile, del Regolamento

deve esprimere una valutazione sul merito dell’operazione oltre che di correttezza sostanziale e procedurale.”. In senso

favorevole si è espressa anche la giurisprudenza (Trib. Milano, Ordinanza 20 dicembre 2013 sul caso Fondiaria SAI) pur sostenendo che la valutazione finale circa il merito dell’operazione spetta comunque alla collegialità del CdA.

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su tre elementi principali: (i) interesse della società al compimento dell’operazione; (ii) convenienza delle condizioni dell’operazione; e (iii) correttezza sostanziale delle condizioni dell’operazione. Come evidenziato in dottrina, la valutazione sull’interesse sociale è il dato che crea maggiori problemi228. Innanzitutto perché la stessa nozione di

interesse sociale ha diviso e continua a dividere la migliore dottrina e, dunque, l’oggetto stesso della valutazione non è suscettibile di interpretazione unifome ed univoca; poi perché tale valutazione non è espressamente contemplata nell’art. 2391-bis c.c. (e ciò avrebbe condotto, secondo alcuni, ad un “eccesso di delega” della Consob); infine perché sembrerebbe riservare a un ristretto novero di amministratori una decisione di carattere imprenditoriale fondamentale229.

La prima argomentazione, benché fondata su una preoccupazione legittima – l’incertezza della valutazione – non può legittimare l’eliminazione del concetto di “interesse sociale” dal novero degli elementi di valutazione del comitato indipendenti. Se così fosse, sulla base del disaccordo esistente in dottrina, nessuna normativa dovrebbe fare più alcun riferimento all’interesse sociale sulla base del fatto che l’utilizzo di tale nozione determinerebbe incertezza sull’interpretazione della normativa stessa. Sarebbe di certo stato meno problematico se la Consob avesse – coraggiosamente – fatto riferimento ad una delle concezioni in cui l’interesse sociale può essere declinato (ad esempio, citando una delle varie tesi prospettate, parlando di interesse all’accrescimento del valore delle partecipazioni nel lungo periodo o, come suggerito anche dalla proposta di modifica alla direttiva sui diritti degli azionisti, facendo espresso riferimento all’interesse degli azionisti, inclusi quelli di minoranza230).

228 In dottrina (P.MONTALENTI, “Le operazioni con parti correlate: questioni sistematiche e problemi

applicativi”, in Riv. Dir. Comm. 1, 2015, 70), si è precisato che l’elemento di valutazione sub (ii) (convenienza delle condizioni dell’operazione) “debba essere riguardat[o] come specificazione del criterio di

correttezza e non come valutazione di merito dell’operazione.”. Ne discende che “convenienza delle condizioni significa congruità dei prezzi, delle forme di pagamento, dell’impatto finanziario”, quali termini di ragionevolezza ed

economicità complessivi dell’operazione. La tesi è assolutamente condivisibile limitandosi all’esegesi di cosa debba intendersi per “valutazione della convenienza delle condizioni dell’operazioni”. Tuttavia non paiono pienamente condivisibili le conclusioni che, attraverso il detto iter argomentativo, sembrerebbero escludere una valutazione degli indipendenti sulla “convenienza dell’operazione” (e non, dunque, sulle sue condizioni). A parere di chi scrive, infatti, la valutazione di convenienza sull’operazione da parte degli amministratori indipendenti deve farsi discendere non tanto dalla “valutazione della conveneinza delle condizioni dell’operazione” (come giustamente sottolinea il Montalenti), quanto piuttosto dalla valutazione circa la sussistenza dell’interesse della società al compimento dell’operazione, elemento indicato al punto (i) nel testo.

229 Sostiene tali argomentazioni E.PUCCI, “Il parere degli amministratori indipendenti nelle operazioni

con parti correlate: profili funzionali” in Riv. Soc., 2, 2014.

230 Proposta di direttiva della Commissione EU 2014/0121 (COD), 15: “Le operazioni con parti correlate che

rappresentano più dell’1% degli attivi dovrebbero essere annunciate pubblicamente dalle società al momento della loro conclusione e l’annuncio dovrebbe essere accompagnato con una relazione di un terzo indipendente che valuti la conformità dell’operazione con le condizioni di mercato e ne confermi la correttezza e la ragionevolezza dal punto di vista degli

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La seconda argomentazione addotta – “eccesso di delega” rispetto al disposto dell’art. 2391-bis c.c. – appare quantomeno infondata. Infatti, l’art. 2391-bis c.c. contiene una “delega” dalle maglie molto larghe. Parlando di “principi generali indicati

dalla Consob” infatti, la norma conferisce all’autorità di vigilanza il potere di emanare sul

tema de qua addirittura norme di principio incluse, a parere di scrive, norme che si riferiscono alla valutazione sull’interesse sociale. Semmai l’eccesso di delega potrebbe essere rinvenibile nel fatto che la disciplina del Regolamento non è composta da principi ma da procedure tecniche particolarmente dettagliate. Il richiamo all’interesse sociale – assolutamente generico – operato dal Regolamento non contrasta con i principi di corretta amministrazione propri del diritto societario italiano in quanto è dovere di ciascun amministratore tutelare quanto più possibile l’interesse sociale, di là dalla definizione che di esso si voglia accogliere. Ciò implica che, anche laddove la Consob non avesse fatto riferimento all’interesse sociale nel parere degli indipendenti, gli stessi avrebbero comunque potuto effettuare delle valutazioni in tal senso.

Per ciò che concerne la terza e ultima argomentazione – la riserva della valutazione dell’interesse sociale ad un ristretto novero di amministratori – va ribadito che la valutazione finale sul compimento dell’operazione spetta alla competenza dell’intero CdA, perlomeno nel caso di operazioni di maggiore rilevanza. In tal caso, il CdA potrà comunque effettuare nuovamente la valutazione sul perseguimento dell’interesse sociale, eventualmente giungendo a conclusioni diverse da quelle raggiunte dal comitato indipendenti e attivando così la procedura di whitewash di cui all’art. 11 del Regolamento. Inoltre, il fatto che la delibera di approvazione emessa dal CdA debba contenere adeguata motivazione circa l’interesse sociale conferma che è l’organo collegiale, nella sua interezza, a prendersi la responsabilità su tale valutazione e non, in via esclusiva, il comitato indipendenti. Tale ultima considerazione potrebbe però condurre ad una ulteriore riflessione, ovvero che ha poco senso imporre la stessa valutazione agli indipendenti preventivamente (in seno al comitato) e successivamente (in sede collegiale di deliberazione). Infatti, se l’oggetto della valutazione degli indipendenti fosse esattamente lo stesso che deve essere valutato dal CdA collegialmente, gli indipendenti potrebbero manifestare il proprio voto contrario direttamente in sede di deliberazione e non ci sarebbe bisogno di attivare la procedura decritta dall’art. 8 del Regolamento. Anche in tal caso, si sarebbe potuto prevedere che,

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in caso di voto contrario degli amministratori indipendenti, per l’approvazione dell’operazione sarebbe stato necessario il vaglio dell’assemblea (con conseguente applicazione delle regole di cui all’art. 11 del Regolamento). Un simile ragionamento porta alla seguente conclusiva considerazione: se lo stesso Regolamento prevede che il CdA valuti l’interesse sociale – come peraltro normalmente avviene – e se gli amministratori indipendenti prendono parte alla deliberazione potendo manifestare il loro voto anche in base alla valutazione sull’interesse sociale, se ne deduce che la valutazione sull’interesse sociale effettuata dagli stessi amministratori indipendenti, preventivamente, al fine di rilasciare il parere, è qualcosa di diverso dalla valutazione sull’interesse sociale condotta in seno al CdA.

Tuttavia, il dettato regolamentare fa riferimento alla stessa nozione di “interesse sociale” sia con riferimento al parere degli indipendenti che con riferimento alla motivazione della deliberazione di spettanza del CdA. Il che lascia presumere che la Consob non abbia voluto distinguere l’oggetto della valutazione che, pertanto, è il medesimo “interesse sociale” sia in seno al comitato che in seno al CdA.

Alla luce di quanto sopra, sembra dunque corretta l’argomentazione di chi ha sostenuto che il parere degli indipendenti debba contenere una valutazione “di carattere embrionale” sul rispetto dell’interesse sociale, valutazione che poi verrà sviluppata meglio in sede di deliberazione collegiale del CdA231.

A sostegno della tesi descritta – possibilità di una valutazione sul merito dell’operazione da parte degli indipendenti – si pongono poi almeno altre due argomentazioni.

La prima, di carattere sistematico, concerne il ruolo del comitato indipendenti nelle operazioni di minore rilevanza. Se infatti tali operazioni possono essere deliberate senza il necessario ausilio del CdA, nulla esclude che le procedure e lo statuto sociale riservino la competenza di tali operazioni proprio al comitato indipendenti. Lo stesso potrebbe elaborare il parere prescritto dall’art. 7 del Regolamento, effettuando anche la valutazione sull’interesse sociale e, successivamente, deliberare il compimento dell’operazione. Pare poco probabile che tale valutazione nel merito, consentita per le operazioni di minore rilevanza, non sia ammessa anche nel caso di operazioni di maggiore rilevanza, benché queste ultime coinvolgano il CdA.

231 In tal senso principalmente A.MAZZONI, “Operazioni con parti correlate e abusi”, testo della

relazione al Convegno «A quindici anni dal T.U.F.. Bilanci e prospettive », 13 e 14 giugno 2013, Università Bocconi di Milano.

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La seconda argomentazione si fonda sulla funzione stessa che il parere deve ricoprire. Anticipando quanto si dirà meglio nel paragrafo che segue, è innegabile che il parere degli indipendenti abbia, nelle operazioni di maggiore rilevanza, la funzione di rendere edotti tutti gli amministratori circa le condizioni e la bontà dell’operazione. Ciò al fine di consentire agli amministratori non esecutivi che non fanno parte del comitato indipendenti, di giungere all’adunanza consiliare con la consapevolezza del tipo di operazione che si sta proponendo. Gli amministratori non esecutivi, una volta ricevuto il parere degli indipendenti, potranno effettuare le loro valutazioni ed esporle in CdA. La valutazione sull’interesse sociale, seppur in forma embrionale, è necessaria proprio per consentire ai non esecutivi di argomentare eventuali loro opinioni contrarie o favorevoli sul rispetto dello stesso interesse sociale.

Infine, è utile ribadire che gli amministratori indipendenti, sia singolarmente che organizzati in comitato, sono pur sempre amministratori. Considerata tale veste, pare assolutamente inopportuno – se non addirittura giuridicamente infondato – privare gli amministratori indipendenti di un diritto/dovere (quello di perseguire sempre l’interesse sociale e, dunque, di accertarne la sussistenza) solo sulla base della loro qualifica di “indipendenti”.

Per tali ragioni, seppur con qualche riserva di carattere economico – in quanto la doppia valutazione dell’interesse sociale costituisce di certo un aggravio procedurale – si ritiene che il comitato indipendenti non solo abbia il diritto, ma anche il dovere di effettuare una valutazione sul merito dell’operazione232.

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 109-114)

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