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I possibili conflitti con gli artt 2380-bis e 2381 del codice civile

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 126-129)

Sezione 2 Il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni con part

2.3 Il coinvolgimento degli amministratori indipendenti nella “fase delle trattative” per le

2.3.1 I possibili conflitti con gli artt 2380-bis e 2381 del codice civile

Gli artt. 2380-bis e 2381 c.c., nella loro formulazione post-riforma, conferiscono inequivocabilmente il potere di gestire la società agli amministratori, sancendo così il definitivo tramonto della gestione assembleare254. L’art. 2380-bis c.c., stabilendo che gli

amministratori “compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”, ammette che qualsiasi amministratore (esecutivo, non esecutivo, indipendente o di minoranza) possa (e debba) comunque agire nell’interesse della società e non dei soli soci che lo hanno nominato, potendo al limite costituire nei confronti di questi, un ulteriore strumento di garanzia per la correttezza delle operazioni sociali255. Tuttavia, il disposto

dell’art. 2381, commi 2 e 3, c.c. – coadiuvato dalla naturale evoluzione degli studi sulla

governance aziendale – propone un modello di amministrazione più complesso (e più

attuale), basato sul meccanismo delle deleghe e dei comitati. Il tema dell’amministrazione delegata e dei comitati intra-consiliari è stato ampiamente affrontato in dottrina, con esiti spesso divergenti256. Con riferimento specifico al tema

254 Principio, questo, la cui origine deve farsi risalire alla dottrina americana degli anni ‘30 e, in

particolare, al classico contributo di A. BERLE - G.MEANS, “The Public Corporation and Private Property”, 1932 ed alla giurisprudenza che ne è conseguita. Si vedano in tal senso, Carter v. Spring Perch

Co., 155 A. 832, 113 Conn. 636 (Conn. 1931) in cui si afferma che “formation and direction of business policy of corporation are solely duty and right of board of directors”; Krall v. Krall, 106 A.2d 165, 141 Conn. 325 (Conn.

1954) per cui “corporation’s affairs are to be controlled by a board of directors elected by a majority of the stockholders”;

Greenberg v. Harrison, 124 A.2d 216, 143 Conn. 519 (Conn. 1956) ove “the affairs of a corporation are in the hands of its board of directors, whose duty it is to give deliberate control to the corporate business”; Ivanhoe Partners v. Newmont Min. Corp., 535 A.2d 1334 (Del. Supr. 1987) in cui “board of directors has ultimate responsability for managing business and affairs of corporation”; Solomon v. Armstrong, 747 A.2d 1098 (Del. Ch. 1999) in cui

“directors, rather than shareholders, manage business affairs of corporation”; Orman v. Cullman, 794 A.2d 5, (Del. Ch. 2002); Weinstein Enterprises, Inc. v. Orloff, 870 A.2d 499, (Del. Supr. 2005) ove “the board of directors has the

legal responsibility to manage the business of the corporation for the benefit of its stockholders”.

Per l’ordinamento italiano, si vedano P.MONTALENTI, “Gli obblighi di vigilanza nel quadro dei principi generali sulla responsabilità degli amministratori di società per azioni”, in “Il nuovo diritto delle società”, liber amicorum G. Campobasso, Torino, 2006, 847; S.A.CERRATO, “Il ruolo dell’assemblea nella gestione dell’impresa: il ‘‘ sovrano’’ ha veramente abdicato?”, in Riv. Dir. Civ., 2009, II, 133 ss.; P. ABBADESSA –A.MIRONE, “Le competenze dell’assemblea nelle S.p.A.”, in Riv. Soc., 2-3, 2010, 269, dove gli autori affermano che “sembra però eccessiva anche la valutazione per cui la riforma avrebbe invece

determinato una vera e propria “investitura monopolistica” dell’organo amministrativo in materia di gestione. I momenti di intervento indiretto dell’assemblea sulla gestione rimangono, infatti, numerosi e rilevanti […].”.

255 A sostegno di tale tesi, anche con riferimento agli amministratori indipendenti, F.CHIAPPETTA, “Le

operazioni con parti correlate: profili sistematici e problematici”, 2008, reperibile su www.dircomm.it, 8: “[i] compiti attribuiti, in forza della disciplina regolamentare proposta [ndr, regolamento OPC], a tale “categoria2 di

amministratori sembrano infatti di nuovo non tenere conto che si tratta pur sempre di componenti del consiglio di amministrazione uguali agli altri, la cui missione non può risultare eccentrica rispetto a quella che l’ordinamento assegna all’organo di amministrazione nella sua collegialità.”.

256 I contributi in dottrina sono vasti. Senza pretese di completezza, si vedano R. SACCHI

“Amministratori deleganti e dovere di agire in modo informato”, in Giur. Comm., 2, 2008; V.CARIELLO, “Amministrazione delegata di società per azioni e disciplina degli interessi degli amministratori nell’attività di direzione e coordinamento di società”, in Riv. Dir. Priv., 2, 2005, 387 ss.; F.BONELLI, “Gli amministratori di s.p.a. a dieci dalla riforma del 2003”, 2013, UTET; L. CALVOSA, “Sui poteri

individuali dell’amministratore nel consiglio di amministrazione di società per azioni” in Amministrazione e controlli nel diritto delle società, liber amicorum A. Piras, Torino, 2010, 356 ss.

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delle operazioni con parti correlate, va rilevato che la fonte normativa che legittima l’esistenza del comitato parti correlate è la legge (l’art. 4 del Regolamento che impone la formazione del comitato) o comunque lo statuto (all’interno del quale è spesso prevista la costituzione di specifici comitati, tra cui quello per le operazioni con parti correlate). Tuttavia, né la legge né, spesso, lo statuto, contengono le regole di funzionamento del comitato nel dettaglio. Tali regole, la cui previsione non è comunque obbligatoria, possono essere contenute in un eventuale regolamento del CdA o, di volta in volta, nelle deliberazioni con cui il CdA delega al comitato l’emissione del parere.

Sul piano formale, non sembra inverosimile che il comitato OPC venga costituito a mezzo di una delibera del CdA ma, in tal caso, la delibera costituirebbe solo lo strumento formale di costituzione che, come si è detto, trova già piena legittimazione nella legge (regolamentare) o nello statuto. Non si tratterebbe, insomma, di una vera e propria delega, della quale peraltro mancherebbe il presupposto fondamentale della avocabilità da parte del CdA, considerato che il consiglio non può avocare a se una funzione che è stata “delegata” direttamente dalla legge. Ciò non esclude che la deliberazione consiliare possa contenee eventuali ulteriori regole di funzionamento del comitato, compatibilmente con le funzioni ad esso attribuite dalla legge o dallo statuto.

Tenendo conto dei presupposti di cui sopra, l’analisi che segue intende soffermarsi sulla possibilità per gli amministratori indipendenti, eventualmente riuniti in comitato, di condurre direttamente le trattative in caso di operazioni con parti correlate; nonché sugli eventuali conflitti che lo svolgimento di tale attività possa comportare in relazione a quanto previsto dalla disciplina civilistica in materia di amministrazione delegata.

Preliminarmente, va anticipato che, in relazione alla previsione di cui all’art. 2380-bis, c.c., non sembra esserci alcun conflitto in quanto gli amministratori indipendenti, pur non avendo di norma competenze esecutive, sono assoggettati allo statuto civilistico dell’amministratore e, pertanto, sono tenuti a tutti gli effetti a “gestire” l’impresa, seppur indirettamente tramite la loro funzione consultiva o di controllo.

Nessun contrasto potrebbe esserci in relazione all’art. 2381, comma 5, secondo cui “gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla

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potrebbero essere proprie di un comitato composto da amministratori indipendenti257.

Il rilievo è corretto ma pare superfluo dato che la delega di cui all'art. 2381, comma 5, c.c. costituisce una forma di “delega generale”, non vincolando in alcun modo il CdA circa il rilascio di eventuali deleghe più specifiche.

Venendo dunque al primo dei temi che si intendono affrontare – modalità delle partecipazione degli indipendenti alle trattative – va osservato che la gestione dell’operazione in capo agli amministratori indipendenti potrebbe essere implementata di certo nei casi di operazioni di minore rilevanza, laddove non sussiste una competenza riservata al CdA. Tuttavia, anche nelle operazioni di maggiore rilevanza, benché il Regolamento prescriva che gli amministratori indipendenti partecipino alle trattative solo attraverso la “ricezione di un flusso informativo completo e tempestivo”, si ritiene possibile un maggior coinvolgimento degli amministratori indipendenti. Infatti, la normativa regolamentare, benché dettagliata e specifica, non preclude agli emittenti di adottare meccanismi di correttezza e best practices maggiormente efficaci (che poi ciò non avvenga è altro tema, non strettamente giuridico).

In termini pratici, la partecipazione degli indipendenti alle trattative potrebbe avvenire con le seguenti modalità:

(i) il metodo certamente più efficace – e più invasivo da un punto di vista di

governance – è quello di predisporre un’apposita previsione statutaria che

attribuisca ad uno specifico comitato per le operazioni con parti correlate (composto esclusivamente da amministratori indipendenti per le operazioni di maggiore rilevanza) la competenza per gestire tali operazioni, una volta che i contatti di natura commerciale con la controparte correlata siano stati avviati dal

management e dagli amministratori delegati;

(ii) altra soluzione, questa volta di competenza del CdA, è la previsione di una delega ad hoc, eventualmente contenuta in quella che formalmente costituisce il comitato operazioni con parti correlate, che attribuisca a quest’ultimo maggiori e più specifici poteri in relazione alla partecipazione alle trattative. Mediante tale espediente, lo stesso CdA potrebbe di volta in volta, a mezzo di una delega ad

hoc, selezionare quelle operazioni che richiedono maggiore partecipazione degli

257 Tale tesi è sostenuta da N.MICHIELI, “Gli amministratori indipendenti nel comitato parti correlate”,

in Giur. Comm., 5, 2014, 1027, secondo la quale “Non è rimessa, infatti, agli amministratori non esecutivi, quali

sono gli indipendenti del Comitato, la cura degli assetti organizzativi, amministrativi, contabili, la pianificazione delle linee strategiche dell’attività sociale e la determinazione della politica di investimenti (questo per espressa scelta del nostro legislatore in conformità all’indirizzo intrapreso a livello comunitario).”

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amministratori indipendenti. Peraltro, qualora il CdA volesse restringere l’operatività del comitato OPC, potrebbe predisporre una delega molto ristretta, evitando, ad esempio, che gli stessi indipendenti possano individualmente proporre alle controparti commerciali della società delle alternative che il

management non aveva contemplato o aveva addirittura escluso, andando così ad

alterare le trattative già avviate dal management;

(iii) infine, una soluzione meno invasiva potrebbe essere la creazione, mediante norma statutaria o mediante delega ad hoc da parte del CdA, di un comitato composto da amministratori delegati e indipendenti che deliberi sull’operazione secondo meccanismi di maggioranza. Per garantire maggiormente la correttezza dell’operazione, si potrebbe eventualmente prevedere un meccanismo di casting

vote a favore del (o dei) componente indipendente del comitato.

È bene ribadire ulteriormente che i meccanismi citati non si pongono in sostituzione (né in contrasto) rispetto alle procedure opc previste dal Regolamento. Infatti, (i) per le operazioni di minore rilevanza la competenza sulla deliberazione non è riservata al CdA, dunque il comitato indipendenti potrebbe sia fornire il parere ai sensi dell’art. 7 del Regolamento – comunque necessario a fini informativi – sia materialmente deliberare l’operazione; mentre (ii) per le operazioni di maggiore rilevanza, ferma la necessità del parere ai sensi dell’art. 8 del Regolamento, l’operazione, una volta negoziata dagli amministratori indipendenti, passerebbe comunque al vaglio del CdA (dove, in caso di contrasto tra gli amministratori indipendenti e quelli delegati, si potrebbe eventualmente decidere di accedere al meccanismo del whitewash di cui all’art. 11 del Regolamento, ove statutariamente previsto).

È pur vero che una simile proposta, che potrebbe essere adottata in un futuro codice di autodisciplina o addirittura sotto forma di normativa europea (raccomandazione o direttiva)258, avrebbe come effetto quello di rendere meno utili le

procedure opc descritte dal Regolamento che, tuttavia, potrebbe essere ulteriormente modificato secondo i migliorati standard di corporate governance.

2.3.2 Il potere degli amministratori indipendenti di richiedere informazioni ed il (tentato)

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