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I doveri degli amministratori ed il safe harbour della independent committee fairness opinion

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 143-147)

Sezione 2 Il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni con part

2.4 Il parere degli amministratori indipendenti come fairness test

2.4.3 I doveri degli amministratori ed il safe harbour della independent committee fairness opinion

Sempre al fine di comprendere se, in presenza di norme regolamentari tutto sommato simili – considerando l’ispirazione inglese del Regolamento –, anche le conseguenze della regolamentazione sulle opc siano effettivamente analoghe, è opportuno indagare quali siano gli effetti dei pareri (c.d. fairness opinion) rilasciati dagli amministratori indipendenti nell’ordinamento inglese, accertando in particolare l’incidenza degli stessi sulla responsabilità degli organi amministrativi esecutivi.

Preliminarmente, occorre anticipare che, nel Regno Unito, non vi è un obbligo esplicito, in capo agli amministratori indipendenti (o non esecutivi), di rilasciare una

fairness opinion prima del compimento di una operazione caratterizzata da conflitto di

interessi. Tuttavia, anche nel Regno Unito le operazioni con parti correlate o, in generale, le operazioni in cui gli amministratori siano in conflitto di interessi, hanno delle specifiche procedure, volte a garantire la correttezza dei processi decisionali.

Per quel che qui interessa, occorre innanzitutto distinguere tra le disposizioni applicabili a tutte le società in forza del CA 2006 e quelle delle Listing Rules destinante alle operazioni con parti correlate di società appartenenti al segmento premium della borsa inglese.

(a) la disciplina del CA 2006

Preliminarmente, va precisato che il CA 2006, applicabile a tutte le società di diritto inglese (incluse le quotate), individua, in una specifica sezione, i doveri degli amministratori, non distinguendo tra doveri spettanti agli amministratori esecutivi e doveri spettanti ai componenti non esecutivi o indipendenti280.

279 Non è un segreto, infatti, che il debole regime di responsabilità previsto per gli amministratori

indipendenti (che beneficiano, in quanto amministratori, della business judgment rule), contribuisca a renderli meno inclini a svolgere il loro compito con la diligenza necessaria (si vedano, su tale punto, G. FERRARINI –M.FILIPPELLI, “Independent directors and controlling shareholders around the world”, ECGI Law Working Paper n. 258/2014, 9).

280 Ai fini qui rilevanti, per capire come operi la independent committee fairness opinion nel diritto inglese,

occorre citare in particolare:

(i) l’art. 172 CA 2006, ove è specificato che gli amministratori devono agire in buona fede al fine di promuovere il successo della società a beneficio dei soci (formula invero abbastanza oscura), in un’ottica di lungo periodo (par. 1, lett. (a)) e tenendo conto degli interessi degli stakeholders (par. 1, lett. (b), (c) e (d)). Tale norma, introduttiva del c.d. principio dell’enlightned shareholder value, è stata ampiamente commentata dalla dottrina e dalla giurisprudenza inglese. Si veda, ad esempio, Regentcrest plc v Cohen

[2001] 2 BCLC 80 [120] dove si dice che “The duty imposed to act bona fide in the interest of the company is a subjective one […]; the question is whether the director honetly believed that his action or omission was in the interest of the

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company. The issue is as to the director’s state of mind.”. In dottrina, V. JOFFEE QC –D. DRAKE – G. RICHARDSON – D. LIGHTMAN – T. COLLINGWOOD, “Minority Shareholders. Law, Practice, and Procedure”, Oxford, 2011; R. HOLLINGTON, “Hollington on Shareholders’ Rights”, London, 2013; nella manualistica, D.FRENCH –S.MAYSON –C.RYAN, “Company Law”, Oxford, 2014, 486, dove si specifica peraltro che "As far a conflict of interest between creditors and any other group is concerned, it seems that

creditors’ interest have to be given priority where there is no reasonable prospect of the company not going into insolvent liquidation and that this is the only situation in which there is a duty to consider creditors’ interests.”.

(ii) l’art. 173 CA 2006, secondo cui ogni amministratore deve esercitare un giudizio indipendente (che, si noti, non significa rivestire determinati requisiti di indipendenza), salvo diversa previsione statutaria o contenuta in apposito contratto stipulato dalla società;

(iii) l’art. 174 CA 2006, che fissa il dovere degli amministratori di agire secondo il criterio di ragionevole diligenza, commisurata all’esperienza personale di ciascun amministratore;

(iv) l’art. 175 CA 2006, ai sensi del quale ogni amministratore deve evitare situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi con la società. Si noti, che il paragrafo 3 della norma in esame, specifica che tale dovere non si applica nel caso in cui il conflitto di interessi sia relativo ad un contratto stipulato tra l’amministratore e la società (ipotesi che comunque è coperta dal successivo art. 177 CA 2006). Inoltre, a differenza di quanto previsto nel nostro ordinamento dall’art. 2391 c.c. (il cui corrispettivo, nel diritto UK, è più l’art. 177 CA 2006), non vi è dovere di evitare il conflitto di interessi qualora, tra l’altro, (a) vi sia la ragionevole probabilità che, nel caso di specie, non vi sia un conflitto di interessi; e (b) qualora la specifica operazione sia stata autorizzata dagli amministratori. Così dispone il paragrafo 4, lett. (b) dell’art. 175 CA 2006, dovendosi ritenere che qui il consenso degli amministratori debba essere espresso con metodo collegiale, secondo il disposto del paragrafo 6, lett (b) dello stesso articolo (relativo alle

public companies). Infine, va qui rilevato che i modelli statutari delle public companies inglesi (i Companies (Model Articles) Regulation 2008, pubblicati direttamente dalle istituzioni governativi inglese e reperibili al

link http://www.legislation.gov.uk/uksi/2008/3229/schedule/3/made), contengono una clausola apposita relativa al conflitto di interessi degli amministratori. Secondo l’art. 16 del modello statutario delle public companies, statuisce che in presenza di operazioni in cui un amministratore sia portatore di un interesse (non viene specificato se soltanto proprio o anche per conto di terzi), tale amministratore non dovrà essere computato né nei quorum costitutivi né in quelli deliberativi, pur potendo fisicamente prendere parte alla riunione consiliare. La relativa disposizione non è vincolante è può essere derogata con espressa previsione statutaria. Inoltre, vi sono varie eccezioni alla sterilizzazione del voto dell’amministratore interessato, prima tra tutte quella relativa al caso in cui l’interesse dell’amministratore non determini un conflitto di interessi con la società.

(v) art. 177 CA 2006, secondo cui ciascun amministratore deve fare disclosure agli altri amministratori di qualsiasi interesse, per conto proprio o di terzi, in operazioni con la società, prima che le stesse siano compiute (il principio è stato ampiamente analizzato in giurisprudenza, a partire dalla ben nota sentenza

Aberdeen Rly Co v Blaikie Bros (1854) 1 Macq 461). Dunque la disclosure è obbligatoria solo per le

operazioni compiute (i) dall’amministratore interessato con la società amministrata (come correttamente rilevato da S.SHEIKH, “Company Law Handbook 2015”, Bloomsbury Professional, 2014, 744); o (ii) da un soggetto collegato all’amministratore interessato con la società amministrata (Transvaal Lands Co v

New Belgian (Transvaal) Land & Development Co [1942] 2 Ch 488; Newgate Stud Co v Penfold [2008] 1 BCLC 46), diversamente quando l’operazione sia compiuta per conto della società, si applicherà l’art. 175 CA

2006.

(vi) art. 182 CA 2006, recante il medesimo principio di disclosure di cui all’art. 177 CA 2006, ma con riferimento alle operazioni già compiute dalla società. La norma de qua è corredata da una sanzione pecuniaria in caso di mancata disclosure (art. 183 CA 2006). Sul punto, anche se con riferimento alla disciplina previgente del Companies Act del 1985, si rinvia a L. ENRIQUES, “The law on company directors’ self-dealing, a comparative analysis”, International and comparative corporate law journal, Vol. 2 Issue 3, 2000, 309, ove si afferma che “The UK is the only country in the sample which punishes a director with a

fine75 for failing to disclose to the board her interest in a transaction, independently of whether the transaction is approved or ratified at any time and of whether it is unfair to the company. However, commentators are sceptical as to the deterrent effect of this provision: Professor Gower has noted that [t]he possibility of having to pay a fine is an inadequate preventative particularly as it is unlikely that [the director] will be prosecuted.”.

Vi sono poi doveri specifici previsti da altre normative, come ad esempio quelli relativi alla correttezza delle informazioni fornite nei prospetti informativi o in dichiarazioni fornite ai terzi. La violazione di tali norme può comportare l’obbligo dell’amministratore al risarcimento (si veda l’art. 90 del Financial Services Market Act 2000 e, in giurisprudenza, il caso Roder UK Ltd v Titan Marquees Ltd [2011] EWCA

Civ 1126, in cui gli amministratori sono stati obbligati a pagare un debito della società nei confronti di

alcuni creditori per aver, a loro volta, assicurato tali creditori mediante falsa documentazione che la società sarebbe stata in grado di pagare il debito.

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La procedura di approvazione di operazioni in conflitto di interessi (art. 175 CA 2006), prevede che gli amministratori in conflitto non possano essere ritenuti responsabili nel caso in cui l’operazione da compiersi venga preventivamente approvata dagli altri amministratori (art. 175, paragrafo 4, lett. b))281. Possibilità, quella

dell’approvazione preventiva, che nelle società quotate è ammissibile solo ove preventivamente inserita in statuto (art. 175, paragrafo 5, lett. b)). Peraltro, la procedura di voto sull’autorizzazione all’operazione da parte del CdA, prevede che (i) i

quorum costitutivi per la validità della deliberazione debbano essere raggiunti senza

conteggiare l’amministratore (o gli amministratori) interessati (art. 175, paragrafo 6, lett. a)); e (ii) i quorum deliberativi debbano essere raggiunti senza contare il voto dell’amministratore interessato o, laddove lo stesso venga conteggiato, il voto non debba risultare determinante per la deliberazione (art. 175, paragrafo 6, lett. b))282.

Il meccanismo di approvazione ex ante appena descritto si basa sul principio del

whitewash, applicato nel caso di specie in sede consiliare (mentre il Regolamento

prevede solo un whitewash in sede assembleare). La procedura prescritta ed il safe harbour ivi previsto garantiscono che la presenza di un conflitto di interessi non possa essere utilizzata per motivare la responsabilità dell’amministratore interessato, dovendosi escludere una eventuale discrezionalità del giudice in sede giudiziale, qualora le condizioni descritte dalla norma in esame vengano rispettate.

Al di fuori del caso descritto, non sembra si possa a priori escludere la

Si consideri inoltre che l’applicazione dei superiori doveri a tutti gli amministratori, indistintamente, non necessariamente determina la medesima graduazione della loro responsabilità. Infatti, la responsabilità degli amministratori viene valutata in base alla posizione ed al compenso ricevuto dagli stessi (Re Barings plc (No. 5) [1999] 1 BCLC 433, confermata da [2000] 1 BCLC 523, CA;

DOrchester Finance Co Ltd v Stebbings [1989] BCLC 498; Daniels v AWA Ltd (1995) 37 NSWLR 438, in

dottrina si veda C.GERNER-BEUERLE –P.PAECH –E.P.SCHUSTER, “Study on Directors’ Duties and Liabilities”, report redatto per la Commissione Europea, London School of Economics, Aprile 2013,

reperibile su http://ec.europa.eu/internal_market/company/board/index_en.htm; A. KEAY,

“Directors’ Duties”, Bristol, 2014, 11).

281 Per alcune operazioni (artt. 197 e 201 CA 2006), come si è visto al capitolo 1, paragrafo 1.3, il safe

harbour è previsto solo in caso di esplicita approvazione assembleare, opzione che peraltro è possibile

inserire in statuto anche per i casi in cui il CA 2006 richieda la semplice approvazione in CdA. Infatti, come rilevato da S. MORTIMOR, “Company Directors Duties, Liabilities, and Remedies”, Oxford, 2013, 329, 15.64, ci possono essere casi in cui non è possibile ottenere il consenso del CdA perché la maggioranza degli amministratori non è incline ad approvare l’operazione o perché vi sono norme statutarie che impediscono agli amministratori di votare a favore o, ancora, perché tutti gli amministratori risultano interessati personalmente all’operazione.

282 Si vedano M. MOORE, “Directors’ Duties and Liabilities in United Kingdom”, in C.GERNER-

BEUERLE –P.PAECH –E.P.SCHUSTER, “Annex to Study on Directors’ Duties and Liabilities", report redatto per la Commissione Europea, London School of Economics, aprile 2013, reperibile su http://ec.europa.eu/internal_market/company/board/index_en.htm.), 878; S.MORTIMOR, “Company Directors Duties, Liabilities, and Remedies”, Oxford, 2013, 327.

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responsabilità degli amministratori esecutivi283. Vero è che gli amministratori hanno la

facoltà di delegare determinate attribuzioni ad altri componenti del consiglio o anche a soggetti terzi non amministratori (ad esempio funzionari della società), ma ciò non li esime comunque dalla culpa in vigilando284. Allo stesso modo – e a maggior ragione –

una fairness opinion di un soggetto terzo indipendente, estraneo rispetto alla società (ad esempio un advisor legale o finanziario) non è sufficiente per l’esenzione di responsabilità in sede giudiziale, potendo, al massimo, mitigare la stessa sulla base di presunzioni285.

(b) la disciplina delle Listing Rules

Come anticipato al capitolo 1, paragrafo 1.3, in caso di operazioni con parti correlate di minori dimensioni, la LR 11.1.10R(2)(b) prevede che prima di compiere l’operazione, la società debba ottenere una fairness opinion dallo sponsor circa la correttezza e ragionevolezza delle condizioni dell’operazione per gli azionisti.

Per quel che qui interessa – ovvero capire che impatto abbia la fairness opinion dello sponsor sulla responsabilità degli amministratori che pongono in essere l’operazione – bisogna innanzitutto distinguere tra la “funzione di garanzia” assunta dall’opinion con riferimento ad eventuali procedimenti avviati dalla FCA, e la stessa funzione in relazione alla possibile responsabilità degli amministratori nei confronti della società. Lo sponsor non è un soggetto interno alla società e dunque il suo compito non può in alcun modo essere ritenuto di natura gestionale. L’adempimento degli obblighi di cui alle LRs, attraverso l’opinion dello sponsor e la redazione di una corretta

283 L’amministratore potrà, al più, discolparsi utilizzando la procedura di cui all’art. 1157 CA 2006,

secondo cui, in caso di un’azione di responsabilità contro un amministratore per violazione dei suoi doveri fiduciari o di diligenza, qualora il giudice competente ritenga che l’amministratore abbia agito in buona fede e ragionevolmente (“honestly and reasonably”), potrà esimerlo da ogni responsabilità. Lo stesso principio è applicabile anche nel caso in cui l’amministratore, venuto a conoscenza di un’azione che potrebbe essere proposta nei suoi confronti, faccia ricorso al tribunale per ottenere l’esenzione (art. 1175, paragrafo 2, CA 2006). Nell’ipotesi di cui all’art. 1157 CA 2006, l’amministratore avrà l’onere di provare la correttezza della sua condotta (T.BOXELL, “A practitioner’s guide to directors’ duties and responsibilities”, Thomson Reuters, 2013, 131), eventualmente adducendo come scusante l’esistenza di pareri ed opinion favorevoli all’operazione rilasciate dai vari comitati in seno al CdA.

284 A.KEAY, “Directors’ Duties”, Bristol, 2014, 233 e, in giurisprudenza, Re OneTel Ltd (in liq); ASIC v

Rich (2003) NSWSC 85, dove si afferma che anche se un amministratore può legittimamente fare

affidamento sui suoi subordinati, lo stesso non è esonerato dalla responsabilità qualora non si assicuri che tali soggetti siano adeguatamente informati. Tale ipotesi, ad esempio, potrebbe verificarsi qualora un comitato di amministratori venga delegato a valutare la correttezza di una data operazione e non venga adeguatamente informato sui termini della stessa.

285 In tal senso M.BRUCE, “Rights and Duties of Directors”, Bloomsbury Professional, 2013, 79, dove

l’autrice specifica che i “directors cannot absolve themselves entirely of responsibility by delegation to others. For

example, in Re Bradcrown Ltd [2001] 1 BCLC 547, a finance director who relied solely on professional advice received without making his own independent judgment was found to be unfit, although the fact he had taken professional advice was a mitigating factor.”.

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related party circular, serve ad evitare che la FCA irroghi una sanzione di carattere

amministrativo contro la società o addirittura avvii un procedimento penale. Tuttavia non è detto che il rispetto della procedura sia sufficiente ad evitare una responsabilità civile degli amministratori nei confronti della società286. Infatti, benché l’opinion dello

sponsor sia senza dubbio un elemento che garantisce (e lascia presumere) una maggiore

correttezza dell’operazione, rimane comunque uno degli elementi sulla base dei quali viene valutata la responsabilità degli amministratori in sede giudiziale. Peraltro, a parere di chi scrive, non potrebbe essere diversamente giacché lo stesso sponsor non ha le competenze e le conoscenze per valutare se gli amministratori hanno rispettato tutti i loro doveri ai sensi del CA 2006.

In conclusione, può ritenersi che l’opinion dello sponsor – come quella degli amministratori indipendenti nel nostro ordinamento – non sia idonea ad esentare gli amministratori dalla responsabilità nei confronti della società, ma abbia il solo scopo di evitare sanzioni da parte della FCA.

2.5 I “presidi equivalenti”: una possibilità per valorizzare la partecipazione degli stakeholders

Nel documento Le operazioni con parti correlate (pagine 143-147)

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