Sezione 2 Il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni con part
3.1 Le operazioni con parti correlate deliberate dall’assemblea
Come anticipato nel Capitolo 1, il Regolamento prevede norme peculiari nel caso in cui la valutazione dell’operazione coinvolga l’assemblea dei soci. L’art. 11 del Regolamento disciplina la procedura da osservare nel caso in cui l’operazione da
competenza a “deliberare” in merito a singole operazioni gestionali. Tale possibilità è oggi esclusa, ma ciò non impedisce una convocazione avente per oggetto l’esame e la discussione di argomenti gestionali, nella cui seduta i soci potranno anche approvare raccomandazioni e pareri non vincolanti. ”.
Sul medesimo tema nel diritto societario della crisi si veda R. SACCHI, “La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria”, in Giur. Comm., 2, 2014, 304 ss., secondo il quale “A
prescindere dalla perdita del capitale sociale, gli amministratori (se non si ritiene che nelle s.p.a. vi siano preclusioni derivanti dalla formulazione dell’art. 2364 c.c. adottata con la riforma delle società di capitali) possono comunque, dati gli importanti effetti per i soci derivanti dalla scelta e dalla conformazione dello strumento di composizione concordata dalla crisi, convocare l’assemblea dei soci per informarli o anche per avere una loro valutazione sulle decisioni da assumere.”;
conferma il punto F.GUERRERA, “Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione della crisi”, in Riv. Soc., 6, 2013, 1114 ss..
309 Seppure tale argomentazione non sembri sufficiente a giustificare un minor potere dell’assemblea nei
casi di mero indirizzo rispetto alle ipotesi di cui all’art. 11 del Regolamento. Infatti, anche in tale ultimo caso il meccanismo dell’autorizzazione assembleare ex art. 2364, comma 1, n. 5), c.c., non obbliga comunque gli amministratori a compiere l’operazione autorizzata dall’assemblea, dovendosi dunque concludere che il potere autorizzatorio, a livello pratico, non abbia una vincolatività molto più ampia del potere di indirizzo.
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deliberare sia di competenza assembleare. Inoltre, anche l’art. 8, comma 2, del Regolamento, fa riferimento alla deliberazione assembleare, nel caso in cui l’operazione di maggiore rilevanza non venga approvata dagli amministratori indipendenti.
E’ opportuno analizzare in chiave sistematica le disposizioni regolamentari che fanno riferimento alla consultazione assembleare, tentando di capire: (i) quali sono le possibili ipotesi e le condizioni per un coinvolgimento assembleare; (ii) se tali ipotesi si collochino in posizione di contrasto rispetto alla disciplina codicistica concernente l’attività dell’assemblea (in particolare rispetto agli artt. 2380-bis e 2364, comma 1, n. 5 c.c.); (iii) se il meccanismo del whitewash (i.e. sterilizzazione del voto dei soci correlati) si ponga in contrasto con il diritto di ciascun socio di votare in assemblea (arg. ex art. 2373 c.c.); e (iv) quali siano le relazioni, in chiave comparatistica, con la disciplina dell’ordinamento inglese che maggiormente ha adottato la tecnica del ricorso all’assemblea.
3.1.1 Il ricorso all’assemblea ex art. 8, comma 2, quello ex art. 11 del Regolamento Consob e la procedura di whitewash
Il Regolamento contiene diversi riferimenti al coinvolgimento dell’assemblea nelle operazioni con parti correlate. Le norme cui si fa riferimento possono essere divise in due macro categorie, a seconda che l’operazione sia di competenza assembleare (ex lege o in base ad una previsione statutaria) oppure, pur essendo di competenza degli amministratori, non si raggiunga un accordo tra il comitato indipendenti e gli amministratori esecutivi.
Nel primo gruppo rientrano le previsioni di cui all’art. 8, comma 2310 e all’art. 11,
comma 3311 del Regolamento. Si noti che tali norme si applicano sia alle operazioni di
competenza assembleare (ossia quando la legge prevede che sia l’assemblea a deliberare sull’operazione) sia a quelle che devono solo essere autorizzate dall’assemblea (qualora la legge preveda l’autorizzazione o la stessa sia statutariamente
310 Art. 8, comma 2, Regolamento: “Le procedure possono prevedere, ferme le previsioni statutarie richieste dalla legge,
che il consiglio di amministrazione possa approvare le operazioni di maggiore rilevanza nonostante l’avviso contrario degli amministratori indipendenti, purché il compimento di tali operazioni sia autorizzato, ai sensi dell’articolo 2364, comma 1, numero 5), del codice civile, dall’assemblea, che delibera conformemente a quanto previsto dall’articolo 11, comma 3”.
311 Art. 11, comma 3, Regolamento: “Qualora, in relazione a un’operazione di maggiore rilevanza, la proposta di
deliberazione da sottoporre all’assemblea sia approvata in presenza di un avviso contrario degli amministratori o dei consiglieri indipendenti, le procedure, fermo quanto previsto dagli articoli 2368, 2369 e 2373 del codice civile e salve le previsioni statutarie eventualmente richieste dalla legge, contengono regole volte ad impedire il compimento dell’operazione qualora la maggioranza dei soci non correlati votanti esprima voto contrario all’operazione. Le procedure possono prevedere che il compimento dell’operazione sia impedito solo qualora i soci non correlati presenti in assemblea rappresentino almeno una determinata quota del capitale sociale con diritto di voto, comunque non superiore al dieci per cento. ”.
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prescritta per determinate delibere ai sensi dell’art. 2364, comma 1, n. 5) c.c.).
Del secondo gruppo fanno parte gli artt. 11, comma 1312 e 11, comma 2313 del
Regolamento.
Per individuare la procedura applicabile è opportuno analizzare le seguenti ipotesi:
(a) Operazione di minore rilevanza di competenza assembleare: prima di proporre l’operazione all’assemblea, gli amministratori dovranno ottenere il parere degli amministratori indipendenti ai sensi dell’art. 7 del Regolamento. Non essendoci una riserva di competenza in capo al CdA, è plausibile che tali operazioni vengano presentate dal singolo amministratore delegato o da un comitato. Inoltre, essendo operazioni di minore rilevanza, l’amministratore delegato potrà proporle all’assemblea anche qualora nella fase anteriore alla proposta gli amministratori indipendenti si siano espressi negativamente.
(b) Operazione di maggiore rilevanza di competenza assembleare: in tal caso, alla fase di elaborazione della proposta si applicheranno le disposizioni dell’art. 8 del Regolamento. Ciò significa che il comitato indipendenti dovrà essere coinvolto nelle trattative e dovrà rilasciare un parare vincolante. In seguito, il CdA – che ha una riserva di competenza – delibererà sull’opportunità di proporre o meno l’operazione all’assemblea, conformandosi all’indirizzo dato dagli amministratori indipendenti col parere. Qualora il parere sia negativo, il CdA potrà comunque deliberare di sottoporre l’operazione al vaglio dell’assemblea, ma questa dovrà deliberare secondo la procedura di whitewash prevista dall’art. 11, comma 3 del Regolamento. Si noti che tale ultima possibilità è ammissibile solo qualora introdotta mediante apposita clausola statutaria secondo lo schema dell’autorizzazione ex art. 2364, comma 1, n. 5), c.c.. In mancanza di tale
312 Art. 11, comma 1, Regolamento: “Quando un’operazione di minore rilevanza con parti correlate è di competenza
dell’assemblea o dev’essere da questa autorizzata, nella fase istruttoria e nella fase di approvazione della proposta di deliberazione da sottoporre all’assemblea, le procedure prevedono regole conformi alle disposizioni dell’articolo 7 e del paragrafo 1 dell’Allegato 2. ”.
313 Art. 11, comma 2, Regolamento: “Quando un’operazione di maggiore rilevanza è di competenza dell’assemblea o
dev’essere da questa autorizzata, per la fase delle trattative, la fase istruttoria e la fase di approvazione della proposta di deliberazione da sottoporre all’assemblea, le procedure prevedono regole conformi alle disposizioni dell’articolo 8 e dei paragrafi 2 e 3 dell’Allegato 2. Non si applicano l’articolo 8, comma 2, né le disposizioni dei paragrafi 2 e 3 dell’Allegato 2 in materia di assemblea [ndr il rinvio all’art. 11, comma 3 nel caso di opinione discordante tra gli indipendenti e gli amministratori esecutivi]. Le procedure possono prevedere che la proposta di deliberazione da sottoporre all’assemblea sia approvata anche in presenza di un avviso contrario degli amministratori o dei consiglieri indipendenti purché, in tal caso, le medesime procedure si conformino alle previsioni del comma 3.”;
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previsione, il CdA non potrà presentare l’operazione all’assemblea per l’approvazione314.
(c) Operazione di maggiore rilevanza di competenza del CdA in presenza di parere negativo del
comitato indipendenti: tale ipotesi si ha nel caso in cui l’operazione di maggiore
rilevanza, di competenza del CdA, non ottenga il parere favorevole del comitato indipendenti. In tal caso, qualora gli amministratori in CdA vogliano comunque approvare l’operazione, la stessa dovrà essere autorizzata dall’assemblea con votazione che non terrà conto dei voti dei soci correlati (art. 11, comma 3 del Regolamento). Si noti che la possibilità autorizzatoria, in tale ipotesi, è ammissibile solo qualora sia prevista statutariamente quale materia rientrante tra quelle di cui all’art. 2364, comma 1, n. 5), c.c.. Pertanto, come nell’ipotesi sub (b) sopra, qualora i soci non abbiano previsto tale possibilità modificando lo statuto (plausibilmente, al momento in cui sono state adottate le procedure OPC), il parere negativo degli amministratori indipendenti potrà bloccare il compimento dell’operazione315.
Chiarite le ipotesi in cui è possibile fare ricorso alla deliberazione assembleare, occorre ora analizzare nel dettaglio la procedura c.d. di whitewash prevista dall’art. 11, comma 3, del Regolamento. Qualora vi si faccia ricorso nei casi previsti dal Regolamento, la norma in esame sancisce che “le procedure, fermo quanto previsto dagli
articoli 2368, 2369 e 2373 del codice civile e salve le previsioni statutarie eventualmente richieste dalla legge, contengono regole volte ad impedire il compimento dell’operazione qualora la maggioranza dei soci non correlati votanti esprima voto contrario all’operazione.”.
Essenzialmente, la norma prevede un meccanismo di “sterilizzazione” dei voti dei soci correlati, finalizzato a garantire che gli stessi non influenzino la deliberazione a
314 Si noti, tuttavia, che la Consob, nelle Linee Guida, al fine di evitare la modifica statutaria, ha
suggerito di inserire nella proposta di deliberazione assembleare da proporre ai soci una previsione che ne condizioni l’efficacia al raggiungimento delle maggioranze speciali previste dall’art. 11, comma 3, del Regolamento. Tale soluzione è stata criticata da P. ABBADESSA, “Assemblea ed operazioni con parti correlate (prime riflessioni) ”, in “Le operazioni con parti correlate”, atti del convegno presso Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 2010, 29, in quanto avente “carattere elusivo della regola che assegna all’assemblea straordinaria le decisioni circa la conformazione, nei limiti di legge, del procedimento deliberativo assembleare.”.
315 Secondo lo studio effettuato da Assonime ed Emittenti Titoli, con riferimento all’anno 2011 (primo
anno di applicazione delle procedure OPC), i cui risultati sono sintetizzati in ASSONIME, Circolare n. 1/2012, “La Corporate Governance in Italia: autodisciplina e operazioni con parti correlate”, solo il 36% delle 262 società quotate analizzate ha adottato il meccanismo del whitewash ai sensi dell’art. 8, comma 2 del Regolamento per le operazioni di competenza del CdA, mentre il 56% lo ha adottato per le operazioni di competenza assembleare (art. 11, comma 2 del Regolamento).
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loro favore. Tale previsione ha generato non pochi dubbi sulla possibile incompatibilità di un simile meccanismo con il principio di cui all’art. 2373 c.c. il quale, nel suo assetto post-riforma316, non impedisce al socio in conflitto di interessi di votare
in seno all’assemblea (il punto viene affrontato nel successivo paragrafo 3.3).
Ulteriore tema controverso, è quello sollevato dall’ultimo inciso dell’art. 11, comma 3, del Regolamento secondo cui “Le procedure possono prevedere che il compimento
dell’operazione sia impedito solo qualora i soci non correlati presenti in assemblea rappresentino almeno una determinata quota del capitale sociale con diritto di voto, comunque non superiore al dieci per cento.”.
Con la citata disposizione, il Regolamento consente alle società di fare ricorso ad un meccanismo di whitewash puro, ossia senza prevedere alcun quorum minimo per il veto dei soci non correlati. Si tratta di una previsione posta chiaramente a tutela delle minoranze azionarie che, nella maggior parte delle ipotesi, corrispondono ai soci non correlati. Nonostante i buoni propositi della Consob, il meccanismo dell’opt in su cui si basa la norma ha fatto si che molti emittenti la disapplicassero, per evitare che anche un’esigua minoranza di soci non correlati (ad esempio anche l’1% del capitale) fosse in grado di bloccare l’operazione317. Del resto, trattandosi di società quotate, è certamente
più semplice per le minoranze non correlate ricorrere al rimedio del disinvestimento, vendendo la propria quota sul mercato. Inoltre, per alcune categorie di operazioni con parti correlate, si potrebbe comunque fare ricorso al diritto di recesso previsto ex lege318,
il che rende ancora più sensata l’introduzione di un quorum minimo per esercitare i diritti di veto.