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Arte Migrante Trento nasce nell’estate del 2017, in modo spontaneo, dalla volontà di un gruppo di 12 amici, spinti da un sentito comune:

“avevamo una gran voglia di creare questo spazio, tutti sentivamo questa voglia di stare assieme in modo diverso, in un modo più sano e accogliente, un modo per aprirci … penso che tutti avessimo un gran bisogno di questo.” (Matteo)

Tra questi, una ragazza trentina trasferitasi a Bologna per studio e un altro ragazzo hanno partecipato a serate di Arte Migrante in altre città e hanno potuto assimilare il funzionamento e i valori che stanno alla base di quest’esperienza. Così, dopo quel primo incontro di condivisione e di proposta, il gruppo fissa la prima data, due settimane dopo, in Piazza Dante, luogo di iniziale incontro.

Partecipanti ad Arte Migrante

Come si è visto, all’interno del gruppo di Arte Migrante sono presenti persone provenienti da diversi paesi e da differenti condizioni sociali. Molti ragazzi delle residenze (Fersina e Brennero) sono stati coinvolti grazie

85 alla conoscenza di operatori che lavorano all’interno delle residenze stesse. Alcuni componenti del gruppo base sono essi stessi operatori. Le persone senza fissa dimora sono invece state coinvolte durante le prime serate in Piazza Dante, che è luogo dove dormire per molti di loro. Si può dire che il principale modo di coinvolgimento delle persone è stato per conoscenza diretta e passaparola.

Si nota che la presenza all’interno del gruppo di donne migranti è nulla. Dopo un’indagine, le spiegazioni emerse sono principalmente due: da un lato, è ancora parziale la conoscenza di donne migranti che spesso viene lasciata da parte anche nei discorsi mediatici, quasi come non esistesse; dall’altra, i centri per le donne richiedenti asilo (spesso vittime di tratta, nel caso della donna si sovrappongono più vulnerabilità) sono ubicati fisicamente lontani dalla città di Trento, nelle valli. Si tratta di un’accoglienza maggiormente diffusa (i gruppi sono numericamente inferiori a residenze quali la residenza Fersina, nella quale, per stanza, si arrivano ad avere fino a quattordici ragazzi), ubicata per l’appunto in piccoli agglomerati urbani, lontani da Trento. L’orario delle serate e la mancanza di trasporti, come si vedrà meglio nel prossimo paragrafo, rendono difficile la loro partecipazione a momenti serali di qualsiasi tipo (anche nel progetto preso in esame nel prossimo capitolo, CIVES, si noterà l’assenza di questo gruppo).

Numericamente, il gruppo è molto variabile. Si passa da serata dove ci sono quindici – venti persone (quindi il gruppo base, ovvero il nucleo di partenza e pochi altri che fanno parte anche del coordinamento) a serate nelle quali, invece, vengono raggiunti numeri molto maggiori (anche più del doppio). Inoltre, durante le feste a cui Arte Migrante è invitata, spesso si aggiungono nella condivisione e nel cerchio tutte le persone che partecipano all’evento (verranno poi analizzati alcuni di questi momenti, come la festa di paese di Povo o il Friday’s for Future day).

A seguito delle interviste, è significativo notare che i componenti di Arte Migrante Trento “italiani” sono tutte persone sensibilizzate ai temi sociali, persone giovani (tra i 18 e 35 anni), i quali o per studio o per servizio civile o per volontariato, già hanno partecipato ad esperienze di cittadinanza attiva, o comunque conoscono e sono interessate a tematiche sociopolitiche. Non sono presenti in modo fisso e continuativo famiglie o persone sopra i 40 anni. Nonostante il gruppo sia eterogeneo dal punto di vista culturale, nella realtà, Arte Migrante Trento resta comunque connessa ad una categoria sociale, da cui si slega soltanto durante la partecipazione ad eventi condivisi con la cittadinanza. Una partecipante, alla sua seconda serata, nota così questo limite del gruppo:

“Sembra però un po’ parte di un certo stile. Diciamo che sono un po’ hipster, persone che si percepiscono e vogliono farsi percepire in un certo modo, per come si vestono e quindi magari … magari il fatto di vestirsi un po’ in un certo modo, trasandato eccetera … e poi rientra anche tutto il discorso del bio, di fare cose vegetariane, non ce l’ho con i vegetariani e i vegani eh, però rientra tutto magari in quest’idea di persona progressista, poco materialista e alternativa … anche questa cosa di stare con i migranti ed attivarsi un po’ per

86 l’immigrazione, visto che comunque è un tema abbastanza divisivo nella società di oggi (…) Ci sono sicuramente persone che lo fanno per convinzione personale, che può venire dalla fede religiosa o anche semplicemente nel credere nell’accoglienza o in una società che valorizzi anche le minoranze e veda la diversità come ricchezza e non come una cosa da combattere a tutti i costi. Lo spettro, quindi, è molto ampio.” (Alessandra)

Concludendo, si può dire che proprio per la sua spontaneità, il gruppo di Arte Migrante Trento è rivolto e aperto a tutti. Tuttavia, non sempre si riescono a raggiungere determinati gruppi sociali, con il rischio che il gruppo si chiuda e non possa quindi restituire l’impatto sperato dai componenti stessi, nell’influire sulla società, mostrando un modo sano di vivere le relazioni, attraverso comunicazione e dialogo.

Luogo e tempo

Come si è detto, il luogo di incontro è stato inizialmente Piazza Dante. La piazza si trova in un luogo di passaggio, in quanto spazialmente è situata di fronte alla stazione dei treni e vede il suo ultimo recupero risalire al 2007, con la creazione del laghetto artificiale e l’aggiunta di diversi elementi per abbellire questo polmone verde. Dal lato opposto al parco, vi è inoltre il Palazzo della Regione (che offre riparo quando piove), che rende il posto spesso vigilato dalle forze dell’ordine.

Nonostante la presenza della polizia, questa non ha mai intralciato l’attività del gruppo, sostengono i componenti:

“Sto pensando a quando facevamo Arte Migrante in Piazza Dante, sotto il palazzo della Regione. Anche lì magari ti aspetti che ti blocchino o vengano a controllare … sì, sono venuti a controllare ogni tanto, la polizia. Però non abbiamo mai avuto problemi.” (Margherita)

“Anche la polizia che spesso presidia il territorio di Trento e sta lì a zittire chi di solito fa casino … andavi lì in piazza Dante e ti lasciavano stare. Andavi al palazzo della Regione e ti davano piena fiducia.” (Elio)

Proprio per la sua posizione strategica di vicinanza alla stazione, sia delle corriere, sia dei treni, come spesso accade in molte città, Piazza Dante è diventata luogo di spaccio di stupefacenti e, dunque, è spesso al centro delle cronache locali. Questo primo luogo è stato per il gruppo iniziale di Arte Migrante un luogo simbolico, proprio perché lì ci sono persone di tutti i tipi, persone che si fermano a guardare o a filmare i momenti incuriositi.

Tuttavia, Piazza Dante si dimostra presto essere un luogo poco adatto per le serate, che a Trento si svolgono a settimane alterne, il venerdì, a partire dalle sette e mezza di sera. Da un lato, la presenza di gente costantemente nuova, può essere rischio di poca comprensione della serata stessa, come descrive Margherita:

87 “Ti dirò, quando eravamo in Piazza Dante all’inizio arrivavano tanti ragazzi che stavano lì e non avevano capito cos’era. Ma perché ci sono tante situazioni poco piacevoli in Piazza Dante e noi, comunque … C’è il gruppo che ha una stabilità diciamo. Se arrivano troppe persone che non capiscono perché si fa gruppo e cos’è l’intento diciamo … Può essere che la stabilità del gruppo si perda e non ci sia più. Per questo poi ci siamo spostati al Santa Chiara, via da Piazza Dante, perché è troppo difficile come territorio, non era adatto a noi.”

Dall’altra, essendo Piazza Dante un luogo complesso, ci sono stati episodi di persone con problemi e che hanno disturbato le serate51, che hanno “rotto” l’atmosfera del cerchio. La situazione cambia quando il cerchio di Arte Migrante Trento, visto l’arrivo del freddo, decide di spostarsi all’interno. Grazie a conoscenze, il gruppo riesce a prenotare una sala gratuitamente all’interno dell’ostello della gioventù di Trento. L’affluenza al progetto inizia ad essere consistente e, con l’arrivo della nuova stagione, si prende la decisione di cambiare parco e andare al Parco Santa Chiara, il quale è certamente più tranquillo, ma anche fuori mano e presenta quindi una nuova criticità da ovviare, cioè avere meno visibilità.

Attualmente il luogo mantenuto dal gruppo è il Parco Santa Chiara e l’ostello durante l’inverno. Il luogo è di cruciale importanza, come afferma Tommaso Carturan stesso quando, parlando di Arte Migrante Bologna, dice “una cosa importante da dire è che siamo stati molto aiutati dal luogo e quello conta, avere un luogo accogliente”. Per Arte Migrante Trento, il luogo resta ancora un punto sul quale riflettere, in quanto Piazza Dante risulta essere un posto centrale, che attira molti, ma dall’altra è anche un luogo incerto, dove ci possono essere situazioni di difficoltà e problematicità. Il parco Santa Chiara è forse l’opposto, in quanto è un parco che la sera non viene molto frequentato e che quindi non restituisce ad Arte Migrante grande visibilità e quindi un incremento di persone. Il cambio stesso di posto, dall’ostello al parco e viceversa, porta ad una minore affluenza nelle prime serate di modifica. Inoltre, il Trentino presenta un territorio peculiare che vede la presenza di molte persone nelle valli adiacenti alle città. Resta ad oggi un punto da risolvere anche come raggiungere quelle persone che, per assenza di trasporti52, non riescono a spostarsi dalle valli a Trento e che quindi non entrano in contatto con quest’esperienza. Se il luogo resta inaccessibile ai molti, il

51 Elio descrive un episodio in questo modo: “C’è stato un episodio che secondo me riguarda la presenza di Arte Migrante in un determinato luogo. Eravamo in Piazza Dante, di fronte alla stazione, ed è un posto rinomato per essere lasciato lì, pieno di gente che rimane lì e non può fare niente. All’inizio facevamo AM lì, stava piovendo e ci siamo spostati al Palazzo della Regione poco più in là, dove c’era questa tettoia e ci siamo riparati lì ed era una serata super partecipata, solo che ad un certo punto arrivano tre senzatetto, due si inseriscono nel cerchio in modo naturale e uno inizia invece ad insultarci, che non sappiamo cosa facciamo, che facciamo casino e magari la gente vuole dormire e che facciamo ridere. Ci ha un po’ insultati. In sostanza, è stata allontanata questa persona perché disturbava questa serata e gli interventi e se l’è presa con un altro senzatetto del cerchio, insultandolo. Questa persona dopo un’ora e mezzo è tornata e si è buttata praticamente in mezzo al cerchio ed è caduta a terra, piangendo e scalciando, dicendo “sto male, sto male, aiutatemi, sto per morire”, proprio al centro del cerchio e ha iniziato a vomitare tantissimo. E niente, ovviamente lo abbiamo aiutato e abbiamo chiamato l’ambulanza eccetera.”

88 rischio è dunque una “chiusura” del gruppo che si troverebbe a non avere “ricambio”. Angela, parte del coordinamento, ha proposto dunque due alternative che le piacerebbe attuare al ritorno dal suo viaggio:

“Per me, come progetti che mi piacerebbe portare avanti c’è il portare Arte Migrante in tutte le piazze di Trento e anche nelle valli. Fare delle serate “migranti” proprio. Questo è un sogno che mi piacerebbe realizzare.”

Un’ultima riflessione può essere fatta sul giorno e l’ora in cui si è scelto di fare la serata. A differenza di Bologna, che vede la serata infrasettimanale (il mercoledì sera), a Trento la serata è il venerdì sera. Fare Arte Migrante il venerdì sera, come hanno notato i componenti stessi, può far perdere alcuni studenti universitari fuori sede, i quali i fine settimana tornano a casa. In concomitanza con alcuni periodi dell’anno si vede quindi una diminuzione di affluenza e un ritorno al “gruppo base” (soprattutto poi nella stagione estiva). Per quello che riguarda l’orario, durante il mese del Ramadan, questo viene posposto per permettere anche a coloro che sono nel periodo di digiuno di poter venire. Tuttavia, non è raro che in questo mese ci siano comunque meno persone:

“…anche nel periodo di Ramadan abbiamo visto esserci un calo di migranti e ovviamente … se uno non mangia e non beve da tutto il giorno, è difficile venga ad Arte Migrante, o comunque viene dopo cena, verso le dieci ed è un po’ tardi.” (Angela)

Struttura delle serate

La serata di Arte Migrante è divisa principalmente in due momenti: la prima parte della serata, dove ci si incontra per condividere la cena assieme e ognuno porta qualcosa, mentre la seconda parte è quella in cui si entra nel vivo della serata, mettendosi in cerchio e portando delle performance artistiche, con un iniziale gioco di presentazione. Le serate, tendono a seguire questo schema e sono gestite dai membri del coordinamento che si organizzano in modo da dividersi i ruoli durante i momenti: c’è chi deve assicurarsi ci sia sufficientemente da mangiare per tutti, chi passa per raccogliere i momenti di “risonanza” (così vengono anche chiamati le performance stesse) e dare così loro un ordine, chi porta un pezzo del proprio essere, da iniziare il momento che dà il via alla serata, chi si occupa di mantenere l’ordine.

Prendendo parte alle serate, si nota come nella prima parte vi possa essere un leggero imbarazzo nelle persone nuove nell’entrare in un gruppo di persone poco conosciute (soprattutto se si viene da soli) e come spesso si creino dei piccoli gruppetti, seguendo una dinamica sociale comune, laddove l’interazione in piccoli gruppi risulta essere più “sicura” e meno espositiva per l’individuo, che quindi tende a ricercare il rapporto uno-uno.

È invece nella seconda parte della serata e attraverso l’utilizzo dell’arte, quindi grazie ad un veicolo socialmente condiviso, deciso ed approvato, che il nuovo partecipante si rilassa, definendosi in un ruolo

89 prestabilito all’interno del gruppo, quello di ascoltatore partecipante o quello di espositore. Questo, è forse ancora più vero per coloro che non parlano l’italiano, che dunque si trovano in maggiore difficoltà nella prima parte della serata, laddove l’unico strumento di comunicazione è una lingua poco conosciuta, dove possono poi nascere dei fraintendimenti:

“Problemi di lingua … Lì sì, una serata durante la cena, credo di sì. Quella persona sarebbe … perché io le ho detto una cosa e lei è andata a dire che le ho detto un’altra cosa e questo io non mi ha fatto proprio star bene. Ero incavolato. Ha frainteso quello che le dicevo. Ha riportato agli altri una cosa sbagliata.” (Mamudu)

Per ovviare il problema della lingua, viene comunque utilizzato dai componenti del gruppo un escamotage che dia un ruolo ai ragazzi che meglio sanno la lingua ma ancora fanno difficoltà a parlare, in modo che la comprensione diventi comune a tutti:

“Non potevo parlare perché non parlavo bene e mi vergognavo di parlare (…) Per farmi parlare, hanno avuto quest’idea di politica mi hanno proposto che visto che alcuni altri profughi non capivano la lingua, io invece capivo, ma non potevo parlare, quindi facevo il traduttore, dall’italiano al francese. Quando spiegano qualcosa c’è i profughi che non hanno capito, io lo ripeto in francese. O se c’è qualcuno che parla una madrelingua, dialetto che parlo, che non capisce neanche francese, io devo dirlo in questo dialetto. E così, siamo tutti chiari e nello stesso livello di informazione. E via …“ (Alpha)

Contenuti delle serate

Nel momento di performance tutti quelli che vogliono proporre qualcosa, lo possono fare:

“… che può essere una danza, che tutti possono ballare, che può essere un canto, dalle cose più spontanee alle cose più elaborate. C’è qualcuno anche che … ho visto gente fare anche pezzi di teatro, ho visto gente ballare tutti assieme … ho visto di tutto … anche giochi, poesie … io di solito leggo poesie.” (Matteo)

L’arte è quindi il contenuto centrale che permette di esprimersi, indipendentemente dal livello artistico e di conoscenza che ha una persona. Anche a livello di backgroud artistici, si possono trovare ad Arte Migrante Trento le più varie esperienze passate (c’è chi è professionista e chi no, chi ha studiato e chi no, …), nei più svariati ambienti e tipi di arte. Questo è un elemento lampante anche per i nuovi partecipanti, come per Alessandra che afferma:

“Però, ho notato che il discorso dell’arte e della performatività e dell’esprimersi in modo libero è un discorso che permette di includere, di esprimersi, non serve avere chissà quali competenze o saper fare chissà cosa, ci si esprime in modo libero. Non ci si sente giudicati e si può così portare la propria individualità nella comunità.”

Di più, l’arte che viene proposta ha delle componenti diverse e miste, delle novità sia per gli “autoctoni”, sia per le persone di origine straniera. Si permette tramite l’utilizzo della stessa di entrare maggiormente in

90 contatto con le persone e con le loro culture, in un clima di scambio continuo e di continua rinegoziazione dei confini:

“… In Gambia, è proprio la mia cultura e la conosco benissimo, qui facciamo Arte Migrante su quello che significa Arte Migrante. Ognuno ha la sua parte. Perché le culture sono molto diverse e crediamo che se vuoi veramente conoscere una persona devi conoscere veramente la sua cultura … è così che va, per conoscere una persona. Queste culture le mixiamo e le cerchiamo di unire e conoscerci meglio.” (Mamudu)

Nonostante le artisticità diverse e la presenza di strumenti tra i più vari, dalla chitarra al didgeridoo, la condivisione resta molto alta. Tuttavia, bisogna porre attenzione ai contenuti di alcune performance (soprattutto laddove vi sia l’utilizzo della lingua) che possono comunque creare un clima molto forte a livello emotivo e di empatia, ma non sempre possono essere recepite e comprese da tutti:

“Ieri sono stata ad una serata e si è letto un pezzo di un capitolo di un libro che utilizzava una terminologia un pochino difficile, secondo me. Per persone che non padroneggiano proprio bene l’italiano, parlare di ontologia e di essenza o cose simili, risulta un po’ complicato. Infatti, c’era un ragazzo vicino a me che mi sembrava un po’ distratto, insomma. Però penso che comunque l’intenzione fosse buona, era importante anche il momento. Insomma, stare lì assieme e ascoltare qualcuno che sta leggendo … forse l’importante è anche l’empatia che si crea, al di là del contenuto in sé.” (Alessandra)

Un’altra attenzione che mancava era quella della gestione del tempo. Nonostante le risonanze non abbiano un tempo prestabilito, queste dovrebbero però lasciare spazio a tutte le condivisioni. Mariluce, per esempio, sottolinea questa mal gestione del tempo avvenuta in passato, sottolineando però che, consci di questo, con il tempo ci si è migliorati:

“… a volte, gli strumenti monopolizzavano un po’ la serata e bisognava fermarli e far dire le cose anche agli altri. Bello vedere che c’è stata un’evoluzione. E poi ci sono anche gli spazi per le persone di condividere la propria storia personale con tutti.”

Il coordinamento

Arte Migrante, come si è già accennato in precedenza ha anche un coordinamento, ovvero, nel venerdì dove non si svolge la serata, un gruppo si trova per questioni organizzative di vario genere, dal confronto di pensieri e idee per migliorarsi, fino alle questioni più pratico – organizzative, dove si decide la divisione dei compiti e la partecipazione ad eventi vari. Nel condurre le interviste, si è potuto notare come, nella realtà, i componenti di Arte Migrante non siano realmente divisi tra partecipanti e persone parte del coordinamento, in quanto già dalla prima volta è aperta e stimolata la partecipazione ad entrambi i momenti, proprio per livellare le differenze anche con i ragazzi richiedenti asilo stessi, che con il tempo hanno iniziato a partecipare anche all’organizzazione diventandone parte integrante:

91 “Diciamo che, all’inizio sentivo un po’ come limitante che nel coordinamento fossimo molti italiani e non tanti ragazzi stranieri. Diciamo che c’era in realtà una forte partecipazione nelle serate, ma non li riuscivamo a portare in coordinamento e questo lo sentivo limitante. Adesso invece ci sono, Mamudu per esempio ha un ruolo forte in coordinamento. Poi c’è anche Jackarya e Kebba, che è anche molto giovane.” (Mariluce)

Nonostante questo, le difficoltà dovute dalla lingua e da interpretazioni culturali diverse hanno comunque mantenuto qualche differenza tra le due parti, la quale è stata percepita da alcuni componenti:

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