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INTERVISTA ALESSANDRA – ARTE MIGRANTE (partecipante), Trento, Università di Sociologia, 18 maggio

INTERVISTE ARTE MIGRANTE

7) INTERVISTA ALESSANDRA – ARTE MIGRANTE (partecipante), Trento, Università di Sociologia, 18 maggio

Buongiorno, grazie innanzi tutto per la tua disponibilità. Ti ho già spiegato brevemente l’intervista, quindi, per iniziare, avresti piacere di descriverti brevemente?

192 Ciao, sono Alessandra. Abito a Trento perché studio qui, ma ho sempre ho vissuto in Val di Sole, poi quando ho iniziato l’università sei anni fa mi sono trasferita, anche se i fine settimana torno spesso a casa. Sto frequentando una magistrale, il GOT (Gestione e organizzazione territoriale), di sociologia e ho frequentato la magistrale in Servizio Sociale.

Mi descriveresti un’altra esperienza artistica a cui hai partecipato?

In realtà non sono una persona molto artistica, non suono e non canto, avevo fatto un po’ di teatro anni fa e dei corsi di disegno che è una cosa che mi piace molto. Mi piace in generale andare a vedere spettacoli teatrali, la musica mi piace molto anche. Magari le ho perse come cose a livello performativo mio, ma sono cose che mi piace comunque continuare a seguire.

Mi diresti come sei arrivata ad AM?

Un po’ grazie ad un’amica, un po’ mi sono interessata da sola perché la realtà dei migranti era una cosa un po’ che mi manca da approfondire nella mia vita personale. Ho pensato quindi che sarebbe stato interessante avvicinarmi anche da questo punto di vista. Lo strumento artistico poi probabilmente, anche l’espressione artistica, ha un carattere più inclusivo.

Mi sapresti descrivere un elemento positivo di queste serate?

In realtà, sono stata solo due volte. Però, ho notato che il discorso dell’arte e della performatività e dell’esprimersi in modo libero è un discorso che permette di includere, di esprimersi, non serve avere chissà quali competenze o saper fare chissà cosa, ci si esprime in modo libero. Non ci si sente giudicati e si può così portare la propria individualità nella comunità.

E invece un elemento negativo?

Beh. Ieri sono stata ad una serata e si è letto un pezzo di un capitolo di un libro che utilizzava una terminologia un pochino difficile, secondo me. Per persone che non padroneggiano proprio bene l’italiano, parlare di ontologia e di essenza o cose simili, risulta un po’ complicato. Infatti, c’era un ragazzo vicino a me che mi sembrava un po’ distratto, insomma. Però penso che comunque l’intenzione fosse buona, era importante anche il momento. Insomma, stare lì assieme e ascoltare qualcuno che sta leggendo … forse l’importante è anche l’empatia che si crea, al di là del contenuto in sé.

Mi racconteresti un elemento artistico di queste due serate che hai vissuto che ha rappresentato per te una novità?

Insomma, i ragazzi che fanno capoeira … è una cosa interessante, è comunque una cosa diversa rispetto alle forme di espressione del corpo a cui siamo abituati qui. C’è il ballo e la danza sì, però la capoeira è una cosa un po’ diversa. Mi è sembrata una cosa molto interessante. Poi c’è stato una ragazza che ha cantato. E al di

193 là di capire le parole o capire … beh, era una canzone in spagnolo che vabbè, ha senso ho capito più o meno diciamo, anche perché un po’ già la conoscevo. Però il canto è un’espressione che coinvolge di più, rispetto che leggere la parola scritta in una lingua che magari non è padroneggiata molto bene. Invece, il canto ha forse un carattere più universale.

A livello tuo personale, mi sapresti dire una cosa che è cambiata in queste due serate per quanto il tempo ovviamente sia stato poco?

Sì, potrei dire che ho capito che l’arte era molto centrale in questo progetto proprio per il suo carattere inclusivo. Quindi l’obiettivo non è tanto di performare, quello di fare o di esibirsi ma quello di esprimersi. Quindi diciamo che l’arte non è l’obiettivo ma lo strumento proprio. Quindi ho un po’ cambiato l’orizzonte di pensiero su questa cosa qua. Nel senso che alla fine non è importante cosa fai, essere bravo, non esserlo, ma portare elementi di novità e riuscire ad esprimersi e così entrare in contatto con gli altri. E infatti, sono riuscita a parlare con delle persone che c’erano magari chiedendo cose relative alla capoeira e altre cose che magari in un contesto meno libero di questo sarebbe stato più complesso ricreare. Anche perché di mio sono una persona che fa un po’ di difficoltà all’inizio a parlare, invece mi sono sorpresa che in quel contesto mi risultasse più facile.

Hai avuto l’opportunità di parlarne con qualche tuo amico / familiare? Mi racconteresti una loro impressione sulla tua narrazione?

Sì, ne ho parlato con la mia coinquilina. Lei è già sensibile al tema, nel senso che lei fa Studi Internazionali ed è anche molto interessata per la sua tesi al discorso del caporalato e quindi che diciamo, migrazioni e caporalato sono dei temi che spesso si sovrappongono e quindi direi che è già un po’ sensibile a questi argomenti e infatti mi fa “che top, sì ma dai, voglio venire anch’io”.

Mi racconteresti un esempio nel quale l’arte ti ha aiutato nell’esprimerti o partecipare?

Non mi sono esposta tanto. Magari ti faccio un esempio al di fuori di AM. Al corso di disegno che ho fatto l’anno scorso, mi ha permesso di conoscere persone nuove, anche persone con cui di solito non sarei entrata in contatto. Anche perché c’erano delle fasce d’età molto diverse. E quindi, non sarei andata nella mia vita di tutti i giorni a parlare con i giovincelli delle superiori o con gente di 50 anni. Invece, il disegno permette di stare insieme e di dover condividere anche dei materiali, ha permesso di parlarsi e creare dei legami duraturi è un po’ un’iperbole, però sono persone che ancora stimo.

All’interno di AM mi parleresti di una persona che ti ha colpita in queste due serate?

Faccio due esempi. Uno è un ragazzo del Senegal, che all’inizio era un po’ timido, ma poi è venuto lì a parlare con me. Lui non ha fatto niente, non ha cantato non ha fatto capoeira anche se commentava un po’ quello che faceva Jakarya, però tramite quello è riuscito a venire lì e mi ha chiesto “ma tu dove abiti, da dove vieni?”

194 e mi è sembrato che avesse voglia di capire un po’ chi fossi e conoscere persone nuove. Invece, l’altro esempio è l’animatore, Valentino, perché mi è sembrato molto aperto e gentile, aperto. Anche rispetto agli altri, mi è sembrato più inclusivo.

Mi racconteresti di un cambiamento che hai visto nel gruppo in queste due serate?

La prima volta che sono andata c’erano più ragazzi e meno animatori – operatori, non so come chiamarli. C’erano persone diverse rispetto alla seconda volta. C’era un ragazzo, Esmerald, che la prima sera mi era sembrato molto timido e riservato e aveva parlato un po’ di sé, ma si vedeva che aveva fatto molta fatica ad aprirsi. Era servito che gli educatori lo spronassero. Ieri sera, l’ho visto titubante in partenza ma poi ho visto che si è messo lì a parlare e stava ascoltando che sua sorella è incinta, del nome, poi della dieta e scherzando ha detto che deve buttare giù la pancia. Non lo so, comunque si vedeva che era un contesto dove cercava di fare dell’ironia e che si trovava, c’era un desiderio di condivisione.

Invece, mi racconteresti una dinamica che ti è parsa non proprio positiva nel gruppo?

Questa è una cosa un po’ critica, non voglio offendere. Mi sembra che … ieri c’erano tanti animatori appunto e … mi è sembrato che … erano tutti lì con questa cosa un po’ stereotipata, tutti con le zopele, questa visione del bio, boh un po’ se la tiravano. Alcuni se la tiravano, sembrava più una cosa da fare per essere fighi. A volte, ho avuto un po’ quest’impressione. Poi non toglie che sia una cosa positiva quello che fanno. Sembra però un po’ parte di un certo stile. Diciamo che sono un po’ hipster, persone che si percepiscono e vogliono farsi percepire in un certo modo, per come si vestono e quindi magari … ma anch’io venivo qui a sociologia con le Birkenstock, quindi ho poco da parlare. Però ,… magari il fatto di vestirsi un po’ in un certo modo, trasandato eccetera … e poi rientra anche tutto il discorso del bio, di fare cose vegetariane, non ce l’ho con i vegetariani e i vegani eh, però rientra tutto magari in quest’idea di persona progressista, poco materialista e alternativa … anche questa cosa di stare con i migranti ed attivarsi un po’ per l’immigrazione, visto che comunque è un tema abbastanza divisivo nella società di oggi. Il fatto di … il discorso dei migranti e dell’accoglienza … dell’integrazione. È un discorso più che divisivo, esplosivo, che spesso viene strumentalizzato. In senso negativo, se pensiamo alla politica quando si dice che è tutto colpa dei migranti o questi discorsi sulla sostituzione etnica, … cose così, molto … non vere, che fanno presa sulla popolazione perché penso ci sia molta rabbia sociale, un po’ per l’impoverimento, un po’ per il fatto che l’Occidente è più in decadenza rispetto a pochi anni fa, e … appunto c’è questa rabbia sociale del “tutti contro tutti” e quindi si cerca un po’ un capro espiatorio, in questo caso i migranti o comunque altre minoranze di un qualunque tipo, in altri periodi storici. Appunto, si propongono soluzioni semplici a problemi complessi. Questo può essere una strumentalizzazione negativa, dire “sì, dobbiamo tagliare l’accoglienza”, come se poi queste persone dopo non esistessero più, però il fatto che ci sono e di fatto continueranno ad arrivare. Dall’altra però, ci può essere una strumentalizzazione al contrario, nel senso che si cerca in tutti i modi di rendersi

195 alternativi, di mostrarsi in un certo modo alle persone, dicendo “sì, lavoro con i migranti, faccio integrazione, mentre voi non capite e non vi impegnate” e magari poi non si lavora poi tanto bene nemmeno in questo senso e ci sono magri persone che si impegnano di più o intimamente sentono di più questa cosa, senza tirarsela così tanto. Un’immagine un po’ costruita, ecco. Ci sono sicuramente persone che lo fanno per convinzione personale, che può venire dalla fede religiosa o anche semplicemente nel credere nell’accoglienza o in una società che valorizzi anche le minoranze e veda la diversità come ricchezza e non come una cosa da combattere a tutti i costi. Lo spettro, quindi, è molto ampio.

Un pregiudizio che si è disgregato?

Forse che, molti ragazzi che frequentano AM sono per la maggior parte musulmani. E io non ho conosciuto tanti ragazzi musulmani nella mia esperienza. Ho conosciuto delle ragazze che erano con me al liceo, ma loro erano molto tranquille sulla loro fede. Avevo pensato, non so perché, forse uno stereotipo un po’ di genere, pensavo gli uomini un po’ più radicali da questo punto di vista, forse più fissati sul discorso della fede. Ieri, un ragazzo invece mi ha spiegato un po’, non in senso critico, che con il Ramadan è difficile, è un discorso che sta molto a livello individuale, anche di sacrificio, se vogliamo. È difficile non mangiare tutto il giorno, lavorare e dover fare anche altre cose, boh … quindi è un discorso non così categorico, perché c’è tutta una dimensione individuale che si tende a perdere di vista, che anche io avevo perso di vista, pensando magari alle persone musulmane come un po’ tutti uguali su questo tema, un po’ radicali ecco.

Salterò i momenti di condivisione con la cittadinanza perché tu non hai avuto modo di entrarci in contatto essendo ad AM da poco … per concludere, quali sono le tue aspirazioni future rispetto a quello di cui abbiamo parlato?

Da un lato, ho pensato che mi piacerebbe frequentare ancora questi spazi, per poter conoscere persone nuove e conoscere le esperienze di queste persone che vengono da paesi così diversi dai nostri o comunque vivono una situazione abbastanza particolare, diciamo. Da un lato, c’è tutta la realtà dell’accoglienza che è … accogliente per definizione su queste persone … poi c’è tutta questa visione ostile della cittadinanza … solo il fatto che una persona abbia la pelle nera complica già le cose. Mi piacerebbe ascoltare un po’ le storie di queste persone e capire se anch’io posso fare la mia parte in questo. Anche il discorso dell’arte, mi ha fatto venire voglia di recuperare alcune cose, perché ho capito che è un’espressione che permette condivisione e di entrare in contatto con le persone in maniera diversa rispetto ad iniziative più istituzionalizzate oppure iniziative che coinvolgono solo la discorsività verbale. Mentre l’arte coinvolge anche la dimensione del corpo, quella fisica, anche più culturale si può dire, di una popolazione o di una certa comunità e si creano anche dei contatti ad un livello diverso, e secondo me questo è importante.

Mi diresti la prima parola che ti viene quindi in mente se ti dico Arte Migrante? Arte. No secondo me, a parte scherzi, incontro.

196 Come ti senti alla fine di quest’intervista?

Bene, perché ho avuto la possibilità di rifletter su cose a cui non avevo pensato prima. Grazie per quest’opportunità.

Grazie mille a te. Gentilissima.

8) INTERVISTA JACARYA – ARTE MIGRANTE (partecipante richiedente asilo, origine: Mali), Rovereto,

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