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“Se l’unica cosa che hai in mano è un martello, ogni cosa inizierà a sembrarti un chiodo.” – Abraham Maslow – Negli ultimi anni, si è sempre più vista una tendenza ad una burocratizzazione e spersonalizzazione dei servizi. Il continuo taglio degli incentivi economici e delle risorse, inoltre, ha portato ad un carico sempre maggiore per gli operatori e ad una progettazione sempre più ridotta, con interventi limitati. Il prevalere di culture professionali che vedono nei beneficiari delle prestazioni soggetti passivi e che pongono attenzione soprattutto al controllo continuo delle spese, portano ad una profonda asimmetria, una distanza tra coloro che “ricevono” e coloro che “prestano”. Questo è ancor più vero se si parla di immigrazione, un tema che vede una profonda frattura all’interno della società e della politica, frattura ancora più evidente con le elezioni dell’ultimo Governo, il quale pone il focus centrale sull’argomento securitario, portando avanti retoriche di invasione e nazionalismo.

È proprio in questo periodo, quando la situazione risulta così critica, che diventa sempre più necessario ripensare i servizi, ricostruire gli sguardi, introdurre freschezza e novità: l’importanza del punto di vista dell’altro è centrale. L’altro rappresenta “ciò che non siamo noi, portatore di un’esperienza di vita altra” (Bissolo, Fazzi & Gianelli, 2014: 9). L’altro pone dunque una sfida, è colui che mette in discussione degli assunti consolidati, trasmessi attraverso la socializzazione e la crescita, è colui che chiede uno sforzo e un’apertura nel ridefinire e ridisegnare alcuni assetti e dinamiche sociali. Tuttavia, senza questo “sforzo”, si assisterebbe ad una società chiusa, perché è nella diversità e nella novità che si genera la creatività e lo sviluppo (Lorenz, 2010), è solo nell’uscire dalle categorizzazioni standard che si ha la possibilità di lavorare ad una società eterogenea, ma allo stesso tempo coesa.

Nella tesi, si sono delineate dunque delle strade possibili per integrare e consolidare un sistema che, da solo, inizia a mostrare la sua incompletezza e inefficacia nel rispondere ai bisogni sociali attuali. In altre parole, si è mostrata la necessità di aprire gli sguardi a nuove pratiche, a nuovi interventi e progetti che si stanno sviluppando, in maniera formale e informale, dando un’occasione, partendo da esperienze concrete e praticabili come Arte Migrante e CIVES, di sperimentarsi in una prospettiva in cui pratica e teoria, metodo e contenuto, si fondono e contaminano, nella creazione di movimenti di innovazione sociale.

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Elementi cardine dei progetti artistici volti all’inclusione

I progetti analizzati portano in evidenza degli elementi cardine, che hanno caratterizzato e reso unici questi progetti, coniando pratiche da condividere ed allargare, sistematizzare e studiare. Nonostante le criticità emerse in alcune fasi dei progetti e alcuni elementi che, con il tempo, andrebbero ritarati e migliorati, queste esperienze hanno rappresentato per i partecipanti e anche per le persone che vi sono entrate in contatto, dei momenti importanti di crescita, sensibilizzazione ed inclusione.

Comunicazione interculturale

L’intercultura è alla base dei movimenti di innovazione sociale studiati, diventa dunque più che uno strumento, un progetto, uno sguardo, ma soprattutto un modo di comunicare, riconoscendo le differenze e decentrando lo sguardo, in un sistema dialogico paritario. Si tratta della prima sfida che sta alla base di Arte Migrante e CIVES, favorire un incontro equo e imparziale, che permetta l’empowerment dei partecipanti e il loro sviluppo di un agency individuale.

La dimensione di dialogo interculturale non può dunque prescindere da alcuni elementi relazionali che, nell’arco dei progetti, sono andati a svilupparsi:

- La fiducia che con il tempo si è andata a creare tra i partecipanti ha consentito di aprirsi, di raccontarsi, in un ambiente non-giudicante, dove le relazioni si concretizzino e prendano forma nella pratica e nell’agire;

- L’apertura verso le argomentazioni altrui e l’interesse verso le ragioni dell’altro, da parte di tutti i componenti, nonché la capacità di mettersi in discussione, di accettare che non sempre il proprio vissuto e la propria idea siano gli unici validi;

- Riconoscimento dell’incertezza e accettazione della stessa, in quanto questi progetti vedono un’alta componente di partecipazione, che va a costruire e ricostruire in continuazione le dinamiche, rendendo poco prevedibile gli esiti;

- La reciprocità, un elemento che mostra uno sforzo condiviso da tutti, dai partecipanti stranieri, ai partecipanti italiani, ma anche da parte dei coordinatori e degli operatori, in un tentativo continuo di smussare quelle differenze che allontanano, responsabilizzando tutti attraverso la restituzione non di ruoli, ma di capacità e propensioni personali;

- La curiosità, come elemento di scoperta e ricerca, di creatività e novità, di accettazione e apprendimento a vivere quella componente di incertezza che è insita nell’interazione con l’altro. Questi elementi hanno permesso lo sviluppo di un dialogo, basato sulle differenze e sulle uguaglianze, arricchente e centrato sulla persona non in quanto “straniera” o “italiana”, ma in quanto portatrice di un vissuto sempre differente e personale.

140 La centralità della persona

Questa centralità è restituita attraverso il racconto, ma anche attraverso una costruzione comune dell’esperienza stessa. Il tentativo è sempre quello di permettere una co-partecipazione di tutti, attraverso una valutazione in itinere e grazie ad un’apertura a nuove proposte.

Si tenta quindi di restituire agency all’individuo, concentrandosi sui punti di forza di ognuno e completando gli aspetti carenti proprio nella relazione con l’altro. Si restituisce così una tridimensionalità, che si muove in una dimensione temporale e spaziale, dove la soddisfazione dei bisogni fa sentire sicuri, rilassati, valorizzati e utili (Kitwood, 1997: 46). Le persone “fragili” o in condizioni svantaggiate, sono meno in grado di agire in autonomia, ma la restituzione di sicurezza e fiducia, portano ad un empowerment della persona e ad un suo rafforzamento a livello personale e relazionale (Bissolo, Fazzi & Gianelli, 2014: 63).

Multidimensionalità del progetto: identità, relazione e società

Al momento conclusivo della tesi, CIVES è pure giunto alla sua conclusione, mentre Arte Migrante (anche per le sue peculiarità strutturali) è ancora in corso. Traendo tuttavia delle conclusioni, si può notare come, attraverso l’analisi svolta, si sia dimostrata la multidimensionalità di questi progetti. Infatti, essi vanno ad influenzare, con aree più accentuate di altre, la sfera individuale, relazionale, nonché quella ambientale- sociale. Quest’ultima si è dimostrato essere quella più fragile, in quanto i movimenti creatisi restano ancora confinati in alcuni ambienti sociali che, tuttavia, possono andare espandendosi e, attraverso uno studio più specifico, possono migliorarsi.

L’arte come facilitatore, come ponte espressivo

Lo strumento facilitatore, che permette e ha permesso il raggiungimento degli elementi sopradescritti, che ha restituito motivazione, forza e interesse lungo tutto il processo, è l’arte. L’arte è quel canale comunicativo non-violento, dove le differenze prendono forma non in quanto tali, nella loro ontologia, bensì in un atto, in un agire creativo e generativo, che vede proprio nelle differenze la fonte di continua ispirazione. Questo aspetto risulta essere dunque centrale e riempie di contenuto momenti che altrimenti ne sarebbero privi. Si ricorda che l’arte non è l’unico canale (esistono anche progetti legati allo sport o ad altre attività umane) e tuttavia, per la sua vastità ed eterogeneità, è un atto raggiungibile e fruibile da chiunque. Attraverso il processo creativo la persona si riconosce in qualcosa di visibile e percepibile dall’altro, creando un’opera che in quell’istante la definisce e la rende consapevole del suo “esserci”. Acquisire maggiormente l’arte all’interno dei servizi, può dunque essere una chiave integrativa (comunque non-esaustiva) di numerosi interventi.

La sfida più grande: trovare una via di coinvolgimento su ampia scala

Risulta sempre più importante una comprensione dei processi di comunicazione interculturale e dei principi fondamentali che la rendono possibile e, tuttavia, nella società di oggi concetti come cultura, comunicazione

141 e comprensione sono diventati molto problematici, andando a porre dei dubbi circa l’attendibilità e la consistenza dei confini del sé e dei domini culturali (Lorenz, 2010: 129). Per riuscire a rendere sistemiche queste esperienze, sono dunque inscindibili tre aspetti: l’etica che sta alla base, che come si è visto riprende dei valori comuni, sopradescritti, la pragmatica, quindi la sfera di azioni e pratiche, di iniziative portate avanti, e la sfera politica. Quest’ultima risulta essere la più critica, sia perché necessita di tempo (i cambiamenti su larga scala hanno bisogno di essere accolti e accettati dalla maggioranza), sia per il dilagante sospetto che governo e media stanno suscitando nella popolazione. È dunque necessario, per evitare distorsioni di lettura o interventi parziali, trovare una via di coinvolgimento su scala più ampia, anche per portare ad una sensibilizzazione e ha dei cambiamenti che vadano ad incidere sulla sfera politico-legislativa.

Infatti, un altro limite di queste esperienze è che, in modo diretto, esse non riescono a sostenere la persona a livello abitativo o lavorativo, in modo concreto, in quanto, in queste aree, la più grande influenza appartiene allo stato e al sistema di accoglienza conseguente alle leggi. Per riuscire ad elevare il benessere dei “nuovi arrivati” non è dunque sufficiente limitarsi al gruppo dei progetti, ma è necessario aprire il raggio d’azione.

Verso dei servizi maggiormente centrati sulla persona: verso la figura

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