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Un ultimo pensiero va infine sviluppato sul ruolo degli operatori nei contesti di inclusione sociale. In Arte Migrante, movimento formale, non esiste una figura totalmente “altra”, che rappresenti un operatore o una figura socialmente definibile. Nella tesi, si è adottata la parola “coordinatore” per poter analizzare l’esperienza, tuttavia, come si è visto, nel gruppo chiunque è invitato a partecipare e dare il contributo a tutti i livelli, anche a livello organizzativo. In CIVES, essendo un’esperienza maggiormente istituzionalizzata, vi è invece la presenza di un educatore teatrale e di due operatrici di A.T.A.S. che, come è emerso dalle interviste, hanno cercato di mantenere una distanza e un ruolo tale da permettere uno svolgimento il più possibile spontaneo dell’attività, cercando di ridimensionare la dicotomia aiuto-potere che spesso emerge nei servizi socioassistenziali. Nonostante questo tentativo, la presenza di disparità con l’operatore è strutturale, ma questo non giustifica la presenza di operatori che non salutano al di fuori degli orari di lavoro le persone (come afferma Silvia nella sua intervista) o che si impongono in modo paternalistico su persone che, di fatto, per quanto in una condizione svantaggiata, hanno un bagaglio di vita e sofferenza inimmaginabile. In altre parole, la persona non è la sua condizione di svantaggio, ma è qualcosa di estremamente più complesso. I servizi andrebbero dunque umanizzati, riportati alla persona. “Umanizzare” una realtà significa infatti renderla degna dell'uomo, dunque coerente con i valori inalienabili della persona.

Con i sistemi mutualistici e una crescente necessità di sicurezza sociale è nata la necessità di intermediari, apparecchi, carte, … aumentando sempre di più i tempi di attesa. Si è arrivati quindi ad una parcellizzazione della persona, la quale si “disintegra” all'interno dei servizi, incapace di comprendere la logica che lega la

142 sequenza di eventi. Va scomparendo la particolarità di ogni situazione ed ogni azione viene standardizzata, mentre gli operatori vengono sempre più deresponsabilizzati. L'impegno professionale si è abbassato e l'operatore è diventato mera pedina tra le tante mosse dell'itinerario, freddo strumento che cessa di essere uomo, persona. Questo distanziamento dalla persona e dalla storia del singolo viene spesso attribuito alla mancanza di risorse che, per essere colmate, necessitano di restrizioni, managerializzazione e standardizzazione. In realtà affermare ciò sarebbe riduttivo: lo sviluppo disarmonico dei servizi, l'adozione di pratiche campanilistiche e il legame esagerato a tecniche superate, l'utilizzo a volte irrazionale delle risorse e decisioni non pensate per il “bene comune” hanno portato a conseguenze negative, perdendo di vista l'obiettivo dei servizi, cioè il benessere psico – socio – fisico della persona (Bissolo, Fazzi & Gianelli, 2014). L’umanizzazione dei servizi si fonda dunque sulla riflessività dell’operatore, sulla sua capacità di cambiare sguardo, adottando una prospettiva di fluidità e innovazione, nonché di vicinanza alla persona. I progetti artistici, inserendosi in un sistema già consolidato di aiuto, devono essere quindi in grado non solo di sostenere le persone a cui sono rivolti, ma di sensibilizzare gli operatori stessi, rivoluzionando i loro ruoli, avvicinandoli alla persona stessa. Gli operatori diventeranno così innovatori sociali, non più controllori ma portatori di una spinta nuova e fresca di energia. L’operatore innovatore sarà dunque in grado di lavorare per e con le persone, costruendo dei progetti partecipati e partecipativi, creativi e peculiari, attraverso uno studio che si intreccia tra situazionale e globale, utilizzando come strumento le esperienze di innovazione sociale stesse. La tesi ha dimostrato che questo cambiamento è possibile e, aggiungerei, doveroso.

Per concludere, l’innovazione sociale, studiata attraverso i due progetti artistici di Arte Migrante e CIVES, si va ad innestare su un mondo di servizi già esistenti, migliorandoli e ampliandoli, restituendo aria e leggerezza (intesa nel senso calviniano) ad un sistema appesantito da numerosi fattori, istituzionali e amministrativi. Essa, inoltre, restituisce anche alla figura dell’operatore stesso creatività e dinamismo, pro-attivismo e vicinanza. Nonostante la tesi non sia esaustiva e questo argomento necessiti ancora studi e approfondimenti, si spera possa essere uno stimolo a considerare le alternative proposte, per la sensibilizzazione personale e sociale, per un mondo più umano. È solo attraverso la costruzione di nuovi sguardi che si potrà andare verso orizzonti infiniti, verso nuovi mondi e nuova vita.

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APPENDICE

Mappature delle intercettazioni alla frontiera – Fonte: Frontex, Risk Analysis

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