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SULL’INNOVAZIONE SOCIALE: DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE

5. Sviluppo e sostenibilità: verso una crescita possibile e doverosa

Connettere l’innovazione sociale con la sostenibilità è un aspetto fondamentale per lo sviluppo e la crescita territoriale. La sostenibilità sociale può essere intesa in termini di equità e giustizia, focalizzandosi sui modi di vivere insieme degli esseri umani, sulla costruzione di società e sulla ricerca di nuovi indirizzi per affrontare le sfide socio-ecologiche (Parra, 2015: 142).

Il dibattito sulla sostenibilità nelle discipline economiche ed ecologiche si è concentrato soprattutto sulla differenza tra sostenibilità “forte” e “debole” (Lee & White, 2009). La differenza tra queste due prospettive è legata al “capitale costante” e alla sua sostituibilità, ovvero ad una regolarità nel tempo che permetta alle future generazioni di usufruire della stessa, se non maggiore, ricchezza (intesa come benessere) dell’attuale società. Parlando di capitale, si specifica, si intende un insieme di forme diverse di esso, dal capitale fisico, a quello umano, naturale, sociale, istituzionale, culturale, …

Quelle che possono sembrare semplici elucubrazioni di studiosi e filosofi, sono in realtà prese di posizione su valori che permeano l’andamento della nostra società. Per ulteriori approfondimenti, si rimanda alla lettura di autori quali Banai, Beitz, Kant, Knight, Kolers, Locke, Miller, Moore, Pogge, Rawls, Risse, Simmons, Stilz, Waldron e molti altri (qui solo i più conosciuti).

23 I Greci attribuivano al tempo proprio queste due dimensioni, chiamate kronos (il tempo quantitativo) e kairos (il

33 Nonostante questo paradigma di sostenibilità forte – debole abbia la sua rilevanza, sussiste però ancora un vuoto su una delle questioni più importanti, ovvero la creazione di un programma solido che combini i bisogni e l’aspetto umano (la governance sociale) con la sostenibilità ecologica. In altre parole, non vi è ancora stato un sufficiente sforzo nel legare la sostenibilità economico-sociale allo sviluppo sostenibile - paradigma ecologico (Parra, 2015: 143).

Guardando alla sostenibilità, si è spesso commesso l’errore di dividerla quindi in due percorsi: da una parte la sostenibilità economica di un progetto e la sua autosufficienza, dall’altra lo sviluppo sostenibile e l’aspetto ecologico. Nella realtà, sviscerando il significato riportato prima di giustizia ed equità sociale, si può notare come la ricerca di alternative sostenibili sia in esso inscritto e viceversa. I percorsi dunque non sono paralleli, ma sono interconnessi e in continuo scambio tra loro. In che modo anche la SI diventa dunque complementare con questa coesione di paradigmi?

Il primo punto di convergenza tra sviluppo sostenibile e innovazione sociale inizia proprio dalla ricerca dei bisogni, che di base sono due: la domanda di risollevare la condizione permeante di povertà ed esclusione (anche dalle risorse) della maggior parte della popolazione mondiale da un lato, riuscendo a mantenere la sostenibilità ambientale per permettere l’accesso alle risorse anche alle future generazioni (WCED, 1987: 54). Nel rapporto “Our Common Future” del 1987, redatto dalla WCED - la commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo – si vede quindi lo sviluppo sostenibile caratterizzato da tre punti cardine: ambiente, economia e società.

Un altro punto di convergenza è l’aspetto spaziale, ovvero l’importanza di iniziative territoriali partecipate e sostenibili: l’attivazione della popolazione, nonché la governance dei singoli stati, dovrebbe concentrarsi sull’utilizzo delle conoscenze socio-ecologiche sviluppatesi negli anni (ricerche che proseguono per una sempre maggior conoscenza e conseguente azione). A questo proposito, è interessante citare proprio l’iniziativa del 15 marzo 2019, la marcia globale per l’ambiente. Nonostante le diverse critiche che seguono iniziative di tale portata, è stata una dimostrazione di come si intersechino le diverse tematiche socio- ambientali. La marcia ha coinvolto, solo in Italia, più di un milione di persone ed è dimostrazione di cittadinanza attiva.

La SI, tramite la sua capacità intrinseca non solo di azione ma anche di critica e modifica delle visioni tradizionali, deve dunque avere tra le sue “mission” la diffusione e la sensibilizzazione di una società sostenibile e di stili di vita più “green”, progetti volti a riparare lo strappo, creatosi con l’industrializzazione, tra essere umano e natura e, infine, una pianificazione territoriale sostenibile (Parra, 2015).

L’innovazione sociale è volta al benessere dell’essere umano e questo benessere, come descritto dalla WCED, comprende anche l’aspetto ambientale. Il benessere si riflette infatti su cinque punti cardine: la sfera fisica, la sfera psicologica, la sfera sociale, la sfera economica e quella ambientale (WCED, 1987). Per proprietà

34 transitiva, la SI non può occuparsi di sviluppare e rendere autosufficienti le varie esperienze prescindendo dallo sviluppo sostenibile, che ne è parte identitaria.

L’Agenda 2030 e SI: brevi cenni

Prima di concludere il capitolo sulla SI, è importante fare un cenno all’Agenda 2030, redatta dall’ONU, per uno sviluppo globale sostenibile. Questa Agenda è infatti un tentativo di raggiungere (dal 2015 al 2030), 17 obiettivi, proprio attraverso l’utilizzo della Social Innovation, considerata strumento perno dell’Agenda. Tra gli obiettivi, quello di “costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione”. Il cambiamento, non solo attuale ma anche necessario, riguarda non solo le aree sociali, ma tutte le aree (tra le quali anche quelle imprenditoriali ed economiche). Attraverso il ripensamento delle scale dei valori, si vuole pianificare un’azione solida, cooperativa e che abbia un inizio immediato. Questo mutamento vuole oltrepassare le logiche tradizionali e basare i nuovi valori non tanto sul profitto, ma sul concetto di innovazione sociale, per creare un modello di business che consenta di generare profitto ma, contemporaneamente, di avere un impatto sociale misurabile.

Questi “Goals”, che dovrebbero essere applicati universalmente, mobiliteranno gli sforzi per risolvere la povertà, la lotta contro le disuguaglianze e il cambiamento climatico. Nella Figura 1 (Fonte: Agenda 2030, 2016), sono mostrati i 17 obiettivi da raggiungere tramite strategie di innovazione sociale che consentano la crescita economica sostenibile, tramite il potenziamento di azioni volte a risolvere bisogni quali educazione, salute, protezione sociale, opportunità di lavoro, protezione ambientale e molti altri.

Figura 1. The Global Goals of the Agenda 2030

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Il processo della SI secondo Caulier-Grice, Mulgan & Murray: caratteristiche e

superamento

Caulier-Grice, Mulgan & Murray propongono un processo dell’innovazione sociale su sei livelli, inserito ne “il libro bianco della innovazione sociale: come progettare, sviluppare e far crescere l’innovazione sociale” (Caulier-Grice, Mulgan & Murray, 2010). Per ogni step del processo, gli autori propongono inoltre diverse esperienze nate e sviluppatesi nel mondo, che vanno a delineare i caratteri della SI, quali partecipazione ed empowerment, la presenza di rischio e incertezza, la flessibilità e la creatività, la fiducia, la relazione e la governance.

Il primo stage, quello dei suggerimenti (dall’inglese prompts, inspirations and diagnoses) è la fase in cui i problemi vengono portati alla luce, vengono evidenziate le cause e viene dunque fatta una “diagnosi”. Questa fase risulta cruciale per riconoscere e mappare i bisogni, nonché identificare e differenziare da un lato le necessità e dall’altro invece le capacità di individui e gruppi.

Dopo la fase dei suggerimenti, arriva quella delle proposte (dall’inglese proposals and ideas), dove si generano le idee, con metodi formali di progettazione, ma anche metodi creativi. In questa fase, il coinvolgimento e la partecipazione di tutti gli attori è fondamentale.

La fase dei prototipi (prototyping and pilots) equivale alla prima sperimentazione, per comprendere se il progetto effettivamente possa funzionare, debba essere modificato o possa essere migliorato, rafforzandosi attraverso il superamento degli errori. Questo è il passaggio dove il progetto diventa effettivo, passando dalla teoria alla pratica.

Si arriva dunque alla fase delle conferme (sustaining): si ricercano sponsor e budget che rendano sostenibile il progetto, cercando di portarlo, con il tempo, all’autosufficienza. Viene dunque stilato un business plan con la previsione delle diverse spese. Questa fase, dunque, è quella che si lega all’investimento economico e umano, dove si concretizza la fattibilità del progetto, sia su micro sia su macro-livelli.

L’esperienza ben riuscita può essere ora ampliata e allargata, diffusa anche in altre aree, può diventare pratica (ricordandosi la codifica che deve essere fatta considerando la peculiarità di ogni situazione). Siamo nella fase della diffusione (scaling and diffusion). Se fino ad ora si parlava di progetto innovativo, la vera innovazione sociale inizia da qui, nella crescita e nella divulgazione. Come abbiamo detto fino ad ora, infatti, l’innovazione sociale punta anche a costruire nuove lenti di osservazione e a coinvolgere l’intera popolazione in questo processo. E come può avvenire questo, se l’esperienza resta circoscritta e sconosciuta?

L’ultima fase riguarda dunque il cambiamento del sistema (systemic change): questa fase contiene al suo interno il carattere rivoluzionario di cui si parlava all’inizio del capitolo. La domanda che sorge spontanea riguarda il reale coronamento di questa fase, che può risultare quasi utopica. Certo è che, temporalmente, il

36 cambiamento del sistema risulterà lungo e complesso, dovendo interagire con elementi provenienti da tutti i campi di vita di un Paese e, più in grande, del mondo come lo si conosce.

Il modello proposto da Caulier-Grice, Mulgan & Murray, nonostante abbia diversi aspetti interessanti, presenta anche delle criticità. Infatti, il processo di inserimento della SI sembrerebbe molto lineare, essendo il modello orizzontale. La SI, è invece un processo “tridimensionale” e complesso, in cui le forti mobilità devono essere create sia orizzontalmente che verticalmente, con coordinamento dal basso, ma anche con assicurazioni e garanzie dall’alto (sul piano finanziario e politico - legale), affiancandosi alle politiche già presenti e responsabilizzando anche i servizi pubblici.

Inoltre, il processo non deve essere inteso come monodirezionale, dal micro al macro, al contrario il macro si evolve con il micro, consentendone la possibilità di insediamento e preparandone una cornice per l’accettazione formale e informale. Da che dimensione (macro o micro) la SI riceva la spinta non è un fattore determinato e, forse, nemmeno determinante: forse più giusto sarebbe dire che le due dimensioni, quella territoriale e quella globale, dovrebbero crescere e svilupparsi in interconnessione, in uno scambio continuo e reciproco.

A questo proposito, si può parlare di “open governance” (governo aperto), ovvero una modalità governativa codificata sia a livello centrale, sia a livello locale, dove la tecnologia viene utilizzata per restituire “trasparenza”. Nella Figura 2 (Fonte: E.T.I.C.A.), si può vederne il funzionamento.

Figura 2. Open governance

Fonte: Progetto E.T.I.C.A.

Da un lato, gli attori istituzionali quali istituzioni internazionali, i governi e i parlamenti disegnano un frame generale, che si incontrerà con le amministrazioni locali e le dimensioni private, ovvero fondazioni, associazioni e civic hackers (ovvero comunità informali). Così come per l’investimento economico si avrà dunque una coesione, “un equilibrio creativo tra l’universalistico top-down e il democratico bottom-up” (Martinelli, 2015: 346), codificati nel modello unico di open governance.

37 Quindi, la SI non può essere ridotta alle semplici iniziative locali, ma deve adottare prospettive multi-scalari, per comprendere le ragioni e l’impatto delle mobilitazioni: attraverso la regolazione e la redistribuzione del top-down, si guidano le istanze bottom-up. In secondo luogo, andrebbero ridiscusse e ridisegnate questioni quali cittadinanza e diritti universali, per poter costruire un ponte tra innovazione sociale e politiche sociali. Infine, andrebbe creata una connessione tra immaginazione utopica e opportunità reali. In altre parole, bisogna utilizzare l’immaginazione per “reinventare lo Stato” e applicare innovazione e sostenibilità, creando istituzioni multi-scalari, capaci di far crescere un terreno per sperimentare, migliorare, diversificare, co- produrre, creare partnership e network tra la dimensione governativa e gli attori, quali famiglia, comunità, stato e mercato (Martinelli, 2015).

L’Unione Europea, attraverso l’Agenda “Europa 2020”, tenta di dare vita nel 2010 ad un frame direttivo per l’inserimento della SI nel contesto Europeo appunto. Le tre priorità sottolineate sono la crescita intelligente (smart), sostenibile (sustainable) e inclusiva (inclusive), promuovendo la SI per le sfere più vulnerabili, in particolare attraverso un’educazione innovativa, il training e le possibilità di occupazione per le comunità marginali. Altri elementi da ricordare sono certamente l’utilizzo della “knowledge based economy” (ovvero la ricerca e lo sviluppo nelle scienze, nell’educazione e nella tecnologia), nonché il metodo aperto di coordinamento basato sulla protezione sociale e l’inclusione. Queste direttive vengono identificate come “soft law”, ovvero un insieme di dettami comuni che ogni Stato deve fare sue tramite dei Piani Nazionali. Nonostante questo tentativo di innovazione a livello comunitario, manca una vera ridefinizione dell’unione monetaria e un’unione economica e sociale, che permettano il vero salto verso politiche innovative.

Conclusione

L’Innovazione sociale è un insieme di idee nuove (di prodotti, servizi e modelli) che mette in contatto simultaneamente i bisogni sociali, creando nuove relazioni e collaborazioni, nel tentativo ultimo di attivare la popolazione intera, tramite un cambiamento sistemico. La SI non è una disciplina, ma attraversa tutte le aree di sviluppo dell’essere umano; in altre parole, potrebbe essere vista, ancor prima di un insieme di esperienze e pratiche, come un nuovo modo di vedere e approcciarsi alla realtà. Essa si codifica nel tempo e nello spazio, andando a lavorare per il benessere delle persone e per combattere l’esclusione fisica, sociale, economica, attraverso pratiche sostenibili. L’innovazione sociale si delinea in diversi ambiti, andando ad investire la sfera economica, quella politica o quella sociale, rimettendo la persona al centro e basandosi sul capitale umano.

Sono stati teorizzati numerosi processi attraverso i quali un’esperienza di innovazione sociale può entrare nelle agende politiche, arrivando con il tempo al concetto di “open governance”, una modalità organizzativa che sottolinea l’importanza dell’interazione del livello locale con quello centrale statale, in un’intersezione che si influenza e interagisce, per una continua costruzione condivisa di nuove azioni, volte al benessere.

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CAPITOLO 3: INNOVAZIONE SOCIALE E ARTI

“Ogni volta che una musica ci tocca, o un’opera d’arte ci colpisce o un paesaggio naturale ci impressiona, il piacere che ne deriva è dovuto all’aver nominato, o meglio riconosciuto, un’emozione che era già dentro di noi, in potenza, latente e che aspettava solo di essere resa cosciente.”

– Marcel Proust – La musica, il teatro, il disegno e tutte quelle forme d’arte di cui l’uomo è creatore, possono essere veicoli di un percorso, un viaggio dentro sé, nel proprio mondo interiore. Di più, riuscire a guardare la propria emotività e utilizzare l’arte come strumento per farla emergere, aiuta nell’esprimerla agli altri, nel comprenderli, in altre parole a interagire con loro attraverso un linguaggio comune, quello artistico appunto. In questo capitolo, si vedrà come la SI si sia appropriata di questo mezzo proprio per combattere l’esclusione e creare ponti. Si potrà quindi vedere come, attraverso suggestioni sensoriali, sonore (come la musica), visive (colori e immagini) e tattili, la persona riesca ad esprimersi e come, seguendo questa intuizione, l’arte sia stata utilizzata nelle più svariate situazioni.

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