INTERVISTE ARTE MIGRANTE
6) INTERVISTA ELIO – ARTE MIGRANTE (partecipante), Trento, Università di Sociologia, 7 maggio
Buongiorno, grazie innanzi tutto per la tua disponibilità. Ti ho già brevemente spiegato in cosa consiste l’intervista. Avresti piacere, per iniziare, di presentarti brevemente?
Certo. Buongiorno, mi chiamo Elio, sono uno studente in triennale di Studi Internazionali, sotto la facoltà di Sociologia e Ricerca Sociale di Trento. Non sono nato a Trento, ma sono un universitario fuori sede. Vengo da Molfetta in Provincia di Bari, dalla Puglia. Studio, faccio scout laici, mi piace molto fare associazionismo e far parte del mondo dell’associazionismo. Ci credo, nella modalità e quindi faccio questo.
Mi racconteresti di qualche esperienza artistica a cui hai partecipato in passato, anche a Molfetta?
Ho creato un collettivo artistico in una periferia di Molfetta. Abbiamo affittato una sede e abbiamo riunito un po’ tutti gli artisti e musicisti, attori molfettesi e abbiamo creato dentro questa sede il Tesla – tempo e Spazio liberamente attivi- che era un collettivo artistico che doveva risollevare dalle ceneri la città a partire dalla sua periferia. Infatti, suono la chitarra principalmente, sono stato anche in un gruppetto rock. Poi mi diletto un po’ con percussioni e … l’aspetto artistico – musicale non mi è nuovo insomma.
Mi racconteresti come sei arrivato ad AM?
Io, ho parlato con questa ragazza che è cresciuta con me a Molfetta, ci siamo conosciuti a Molfetta, ma anche lei è fuorisede a Torino. E anche a Torino iniziava in quel periodo AM, a crescere questa realtà. Così, abbiamo partecipato assieme ad un progetto per AMANI, un’associazione che opera in Africa, e ci siamo conosciuti un po’ meglio durante questo evento e lei mi ha raccontato di quest’esperienza di AM. E non so esattamente per quale motivo, ma sempre in università ho incrociato questo ragazzo, che però non si è fatto più vivo ad AM non so per quale motivo e mi fa “Elio, un giorno mi avevi parlato di quest’AM di Torino e di questa ragazza.
185 Sai che alcune persone stanno cercando di cerare AM a Trento, ti passo i numeri se ti vuoi mettere in contatto” e in sostanza… si è tentato di creare AM due anni e mezzo fa, in sostanza. Poi c’era l’inverno di mezzo e il problema di dove fare AM al chiuso, quali sedi? Abbiamo iniziato a cercare sedi, per vedere chi aveva la possibilità di prestare un posto al coperto. Inizialmente, non avevano trovato nessuno quell’inverno e quindi si è rimandato all’estate successiva.
Mi descriveresti un elemento positivo di quest’esperienza?
L’elemento importante del progetto è che, secondo me, spesso le associazioni tendono a lavorare troppo e a sorpassare un po’ tutto le persone che la costituiscono. Molto spesso si fa un evento, ma non ci si accorge di chi realmente partecipa, con che quantità di lavoro si caricano poche persone, sugli associati e chi fa parte dell’associazione. AM, non essendo gerarchica, riesce ad avere un coordinamento equamente distribuito, senza ruoli di responsabilità singola eccetera … magari può risultare più rallentata, in alcune decisioni, però a me piace dire che siamo un po’ di altri tempi, cioè utilizziamo le mail, quindi ogni decisione deve essere comunicata una settimana prima e quindi hai una settimana di tempo per coinvolgere altre persone e gente, per raccimolare idee. L’aspetto positivo è proprio questo, le cose si decidono in cerchio, in questo coordinamento ma anche nelle serate. Noi lo chiamiamo coordinamento per comodità, ma è aperto a tutti e si estende l’invito a tutti, anche a chi è arrivato per la prima volta. Io ci vado spesso. Le idee vengono fuori piano piano, in base alla disponibilità di ognuno e si fanno le cose con voglia di fare e responsabilità condivisa. E un elemento da migliorare?
Un aspetto negativo è che il mondo che ci circonda, invece, si muove velocemente. Gli eventi, se c’è un presidio a cui si vuole partecipare che te lo chiede tre giorni prima, AM si trova ad essere in balia dei mezzi di comunicazione che non sono il massimo, perché all’interno magari ci sono senzatetto che non hanno nemmeno un cellulare, non hanno uno smartphone. Ci sono migranti che magari hanno uno smartphone ma non hanno internet o whats app e non sanno utilizzare … e il metodo più veloce fino ad ora sono i gruppi telegram e wa. Noi abbiamo una mailing list e questo presuppone il fatto che tu debba entrare a casa, con calma, accendere il computer, se non hai uno smartphone che ti legge le mail. E vedere la mail e con calma rispondere. Quindi hai dei tempi che non sono il doppio, ma comunque più lunghetti per chi ci chiede una partecipazione o una risposta veloce.
Invece, mi racconteresti un aspetto artistico del progetto che ti è interessato?
L’elemento artistico che non ho trovato da nessun’altra parte, circolando tra diverse realtà artistiche anche e di condivisione, è che quello che ho trovato in giro è spesso la proposta di un esperto a persone che vorrebbero imparare. Anche quando si parla di condivisione, tipo la scrittura creativa, c’è sempre un gruppetto di persone che sviluppano un’idea e la presentano a chi vuole seguire quest’idea. Mentre AM è all’oscuro. È una camera artistica all’oscuro. Tu entri nella serata e la serata si costruisce da sé. Nessuno sa
186 che attività, che espressione artistica, che contributo artistico ti darà la persona che hai accanto nel cerchio. Quindi durante la cena ognuno crea la sua lucina all’interno della serata e, paradossalmente, arrivano artisti qualificati che sanno fare arte a livelli anche professionali e poi c’è la condivisione totalmente disinteressata: “io ti presento quello che ho da darti perché lo voglio fare in questo determinato momento e non perché mi hai chiamato qui e sono bravo a fare questa determinata cosa e la devo insegnare”. È solo presentarti il mio mondo in modo diverso, magari più bello e che ti arricchisce.
Ci sono invece elementi artistici che non ti hanno portato novità?
Diciamo che l’arte non è mai superflua, però molto spesso arrivano delle espressioni artistiche che non capisci e sei lì che ti chiedi “cos’è?”. Magari hai il tempo di un intervento artistico in una serata per spiegare il tuo mondo, ma il mondo è vastissimo e spesso ci sono espressioni artistiche che non si colgono fino in fondo, a capire la persona e la storia della persona che le sta affrontando e quindi direi che l’arte viene esibita all’interno del cerchio m non sempre si conosce la storia e il perché di quell’arte. Non sempre è capita fino in fondo, ecco.
Mi diresti una cosa che è cambiata in te durante le serate?
Allora, sicuramente è migliorata la mia capacità di stare in cerchio, che vuol dire poter vedere tutti quelli che sono introno negli occhi, di essere insieme a persone totalmente differenti da me. Ho conosciuto una parte della città di Trento che in realtà credo non tutti conoscano, perché molto spesso, anche i senzatetto che arrivano, anche i vagabondi che arrivano, molto spesso non ci fermiamo a parlare con loro. Mentre, soprattutto nella sessione estiva, quando facciamo i cerchi nei parchi e nelle piazze, arrivano loro e raccontano la loro storia, penso sia una cosa che ti arricchisce veramente tanto. E poi, vedi una parte della società in un modo totalmente diverso. Ha migliorato la mia capacità di stare con gli altri, con chi non avrei mai sognato di poter condividere un’esperienza associativa che mi ha dato tantissimo.
Ma quindi, anche come studente fuori sede, ti ha facilitato nello stare in una città che quando sei arrivato era nuova?
Sì, diciamo che a Trento i trentini sono pochi o non se ne vedono in ambienti universitari o restano in gruppetti, come giusto che magari sia. Quindi posso dire che con AM ho conosciuto i miei primi trentini amici, gruppo di amici. E ho conosciuto proprio la città, grazie ad AM. Anche nel vivere la città proprio.
Invece c’è qualcosa che non è cambiato?
La mia visione del mondo, ho trovato le conferme a quello che già pensavo. È un mondo pieno di inimicizie, di rabbia che ci causano gli altri e che noi attraverso lo stress passiamo a persone a noi più vicine. Invece in questo modo è come crearsi un mondo parallelo, nel quale essere in cerchio implica stare rilassato. La mia
187 visione del mondo bello perché ci sono differenze e arte, l’arte che già pensavo potesse unire mi è stata confermata. L’arte e la condivisione, quei mezzi come la cucina e lo sport che boh, ci uniscono nel mondo. Hai avuto modo di parlarne con amici o familiari? Mi racconteresti quali impressioni ti hanno restituito? Allora, io tendo a diversificare questa storia, perché in realtà ma l’ha già chiesta una persona questa domanda. Tendo a diversificare i miei amici di Molfetta, quindi pugliesi, con chi c’è a Trento, gli universitari e gli amici che mi circondano a Trento. A Molfetta, paradossalmente è stata presa come una cosa bellissima, come una cosa che servirebbe anche lì in Puglia. A mia mamma e mia sorella racconto tantissimo di quello che faccio qui e mi sorella è lì che, ogni volta che torno, mi dice “portami con te, voglio fare AM ecc ecc”, mia mamma, quando sono tornato a Pasqua una settimana fa, mi fa “dai” parlando con mia sorella “apriamo AM a Molfetta” e questo è un po’ il funghetto che riesci a mettere nella testa delle persone. Perché riesci a mettere un’idea innocente e neutra che non ci puoi essere contro, secondo me. Mentre gli universitari di Trento ho avuto anche dei feedback negativi. C’è questo circolo artistico che si sta creando qui a sociologia e che uno di loro, una serata, mi ha detto che vedeva AM un po’ come una casa di cura, in sostanza, in cui si prendevano queste persone e si cercava un po’ di riabilitarle, attraverso l’arte. E quindi non so se manca una semplicità all’interno dell’universitario che studia queste cose, perché AM è una cosa semplice oppure in un mondo scolarizzato e un po’ più intellettuale, più costruito si faccia fatica. Rispetto alle grandi associazioni universitarie che ci sono all’interno dell’università, noi facciamo una cosa totalmente diversa. Sembriamo, ai loro occhi, totalmente disorganizzati, senza struttura. Cioè è vero, ma molto spesso la struttura serve a seconda di quello che ti poni. La struttura magari non ti serve più di tanto, spaventa anche un po’ alcuni. Mi racconteresti di un esempio in cui l’arte ti ha aiutato ad esprimerti?
Io mi ricordo una delle prime volte ad AM, in cui mi sono avvicinato per la prima volta ad un senzatetto. È stato proprio perché avevo la chitarra in mano e il senzatetto ha portato questo tamburo e mi ha detto “insegami a suonare il tamburo” e io gli ho detto “guarda, nemmeno io lo so suonare”, “bene, siamo in due a non saperlo suonare” mi ha detto “troviamo un maestro”. C’era un ragazzo africano che aveva appena finito di suonare questo tamburo, anche bene, e allora chiamo questo ragazzo che non conoscevo. Insomma, questo tamburo mi ha fatto entrare in contatto con i primi miei due amici veri di Arte Migrante. E quindi portare quella sorpresa, quel tamburo che nessuno vede nella quotidianità o almeno non si è soliti trovare nella nostra quotidianità, creare quella sorpresa che accomuna tutti, come la storia di un senzatetto o il viaggio di un rifugiato …
Ricollegandomi a questo, mi racconteresti di una persona che ti ha colpito, che ti è rimasta?
Allora, faccio la solita premessa. Mi è rimasta in generale la capacità di accoglienza nei miei confronti da parte di tutti, da parte del gruppo. Tutte le persone e tutte le loro caratteristiche mi sono rimaste, hanno completato l‘esperienza, nel rispetto di tutti. Però c’è una persona effettivamente che mi è rimasta un po’
188 dentro ed è questo ragazzo africano, si chiama Alpha, che la prima cosa che ha fatto, che mi ha chiesto è stata “Tu potresti essere il mio manager”, io ho detto “Vabbè, il manager di cosa?”, lui fa “Hai degli occhi vispi, sembri una persona molto attiva” ovviamente a modo suo, utilizzando metafore, sull’esistenza umana eccetera eccetera e fa “dai allora, dammi il tuo numero, così ti salvo come manager e mi puoi aiutare nei miei progetti.” E quindi niente, ci incontriamo e lui mi spiega dei suoi progetti e che tipo di progetti sta facendo, mi racconta che tipo di persona è ed è una persona assurda, che fa tre milioni di cose da quando è arrivato in Italia. Ora sta facendo, sta studiando economia, triennale in economia, seppur fosse già laureato in economia e boh … in realtà è rimasto un po’ nella mia coscienza perché rappresenta quel tipo di persona che, pur di far riconoscere ciò che ha fatto fino ad ora, perché loro hanno un passato che spesso non viene riconosciuto, magari viene un laureato in economia che si ritrova a fare il sarto in fabbrica o un laureato in economia che non può fare la professione dei suoi sogni perché deve partire da zero e quindi … lui mi ha proprio ricordato una persona piena di riscatto, voleva proprio trovare riscatto in un ambiente totalmente ostile e niente. Questa voglia di partire per arrivare qui e far capire a tutti che le cose le fanno anche lì, che ci sono persone intelligenti anche lì e che arrivano qui e ci dicono “noi sappiamo fare qualcosa, guardateci”. Lui c’è stato per un periodo, a volte viene ancora. Ma ha iniziato a lavorare, quindi il venerdì a quell’ora fa fatica. O se arriva, arriva alle dieci – dieci e mezza che la serata ormai è finita. Però ora ad esempio a creato un gruppo musicale e ha iniziato a fare musica africana un po’ elettronica, suona qualsiasi tipo di strumento, in sostanza è una persona intelligentissima e però sì … lui mi ha fatto tradurre il suo curriculum dal … prima l’ho corretto in italiano, poi abbiamo cercato di tradurlo insieme in inglese e il curriculum era impressionante. Ha fatto tremila cose, sia in Africa, sia in Italia ed è qui da tre anni. Corsi di elettricista, poi c’era questa laurea in economia che dicevi “ma cacchio, non è possibile”.
E invece, un legame o un episodio negativo?
C’è stato un episodio che secondo me riguarda la presenza di Arte Migrante in un determinato luogo. Eravamo in Piazza Dante, di fronte alla stazione, ed è un posto rinomato per essere lasciato lì, pieno di gente che rimane lì e non può fare niente. All’inizio facevamo AM lì, stava piovendo e ci siamo spostati al Palazzo della Regione poco più in là, dove c’era questa tettoia e ci siamo riparati lì ed era una serata super partecipata, solo che ad un certo punto arrivano tre senzatetto, due si inseriscono nel cerchio in modo naturale e uno inizia invece ad insultarci, che non sappiamo cosa facciamo, che facciamo casino e magari la gente vuole dormire e che facciamo ridere. Ci ha un po’ insultati. In sostanza, è stata allontanata questa persona perché disturbava questa serata e gli interventi e se l’è presa con un altro senzatetto del cerchio, insultandolo. Questa persona dopo un’ora e mezzo è tornata e si è buttata praticamente in mezzo al cerchio ed è caduta a terra, piangendo e scalciando, dicendo “sto male, sto male, aiutatemi, sto per morire”, proprio al centro del cerchio e ha iniziato a vomitare tantissimo. E niente, ovviamente lo abbiamo aiutato e abbiamo chiamato l’ambulanza eccetera eccetera. E per me è stato negativo perché ovviamente era una persona che in quel
189 momento aveva bisogno di attenzione, perché buttarsi nel cerchio per far sapere a tutti che … o magari è andato a bere e si è distrutto in qualche modo e poi ha voluto entrare nel cerchio e far sapere a tutti quanto stesse male, cercando l’attenzione del cerchio, l’ho un po’ letta in quel modo se no non avrebbe avuto senso, avrebbe potuto andare a vomitare da qualche altra parte altrimenti, non al centro di un cerchio … negativo perché ho capito che molto spesso siamo limitati e che le persone soffrono e che noi non possiamo dare altro che un momento di svago e di divertimento. Certo, possiamo creare la nostra comunità, ti posso aiutare a tradurre un curriculum, ti posso aiutare tipo a cercare a trovare un lavoro, a farti capire come funzionano le cose in Italia, ecce cc. Però non possiamo dare nulla di più, che sia assistenza medica, che sia assistenza psicologica, che sia … e quindi qualcosa di negativo … poi ti faccio un altro esempio, magari questo non è proprio su una persona … ma durante i coordinamenti spesso si crea un po’ di razzismo tra le vittime di razzismo. Cioè, viene questo ragazzo dai Balcani e arrivano questi africani e molto spesso hanno dei battibecchi sul fatto che il ragazzo dei Balcani non concepisce come ci rivolgiamo troppo spesso per parlare di migranti agli africani e non anche nei suoi confronti. Lui quindi, molto spesso, va ad attaccare un po’ gli africani perché dice che durante le serate fanno un po’ casino e non rispettano le regole e via dicendo e usando appunto parole come “è perché loro … “, identificandoli come un’etnia, i bianchi e i neri. E quindi in coordinamento, i neri così etichettati, fanno “vabbè ma qui siamo tutti uguali, dì i nomi di chi sta sbagliando e non dire che tutti gli africani si comportano in quel modo” e questo è un esempio un po’ negativo. Un po’ le vittime di razzismo che sembra lottino tra di loro per vedere chi è più considerato.
Mi racconteresti un pregiudizio che avevi prima di iniziare e che si è poi disgregato?
Boh, allora anche prima ero abituato a vedere l’arte … mi piaceva l’arte più complicata, quell’arte che riusciva a capire solo quello che realmente potesse arrivare a capirne di più, quindi … bellissima l’arte complicata … proprio quell’arte indefinibile, molto filosofeggiante e queste cose, … invece, proprio sul concetto di arte, ora vedo l’arte come semplice e questo mi ha cambiato, perché prima pensavo e guardavo ad una cerchia di persone che la pensassero come me, non la maggioranza, perché l’arte doveva essere una cosa solo per noi. Invece ora, considero l’arte come uno strumento assolutamente accessibile a tutti, quindi il più semplice possibile. Un altro stereotipo che ho superato è sui senzatetto, non so come vogliamo chiamarli, i barboni, i clochard, non so … che molto spesso noi li vediamo e pensiamo siano persone che hanno perso tutto nella vita, che abbiano perso tutti i soldi, ai margini delle strade a mendicare perché è l’unica cosa che in quel momento possono fare. In realtà, parlandoci ci sono un sacco di storie assurde. Sono arrivati anarchici che quindi hanno deciso di mollare tutta la società per camminare e fare questo. Un ex pastore sardo che ha fatto il cammino di Santiago, lasciando la sua famiglia in Sardegna ed è arrivato a Trento camminando e cammina e cammina ed è rimasto totalmente folgorato dal cammino di Santiago e ha perso un po’ la testa e … insomma così.
190 In realtà, mi ha scardinato un po’ tutto, anche sulle piccole cose. Non pensavo si potessero raggiungere degli obiettivi con dei modi totalmente diversi. Pensavo che una serata si potesse fare solo organizzandola e non portando lì una chitarra … non lo so … mi ha un po’ scardinato tutto…
Mi racconteresti un evento pensato per condividere AM con la società … un aspetto positivo e uno negativo …
Pendo che il coinvolgimento della città, nelle prime serate, sia stato altissimo. Penso a volte siano arrivate anche cento persone. Abbiamo creato un po’ una rivoluzione che era solo nei mezzi. AM era una cosa nuova che non era mai stata fatta a Trento, seppur Trento sia una città viva di esperienze sociali, di integrazione.