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La costruzione della relazione è cresciuta nelle due esperienze in maniera diversa e, da questo, sono dipesi anche alcuni cambiamenti personali. Fino ad ora, si è parlato molto di socializzazione e questa implica un rapporto con gli altri: quanto più il legame è di qualità, quanto più il cambiamento individuale e sociale sarà sentito. Entrambe le esperienze hanno avuto come ruolo cardine il rapporto con l’altro e l’arte. I rapporti che si sono creati sono stati forti e ripresi da tutti come momenti di amicizia e rispetto.

Tuttavia, come si è visto nell’approfondire quest’aspetto, l’evoluzione del rapporto è stata differente. In Arte Migrante il legame che si è creato è quasi familiare, mentre in CIVES è rimasta una certa distanza. Questo si può notare da due fattori di analisi:

134 Gli orari

Una forte contraddizione sta negli orari. Sia nei Trampolieri, sia in CIVES, è stato più volte riportata la questione oraria, ovvero il ritardo dei ragazzi richiedenti asilo:

“Con gli africani, per la mia esperienza, ci sono tanti segnali diversi che non coincidono. Quando glielo hai detto non ha fatto grandi domande, si dimentica di venire tutto torna non è interessato. Ma uno che ti riempie di domanda quindi è interessato e poi si dimentica o arriva 1h in ritardo non capisci, sono cose che non tornano. Per noi è l’idea di strutturarlo e anche l’impegno reciproco sta dentro questa strutturazione e invece per loro non c’è questa strutturazione, e non c’è neanche questo impegno che però non è un “tu non vali per me”. Una volta siamo rimasti un’ora ad aspettare e poi siamo andati via i ragazzi sono arrivati in quel momento e ci hanno detto “perché andate via, facciamo teatro” noi abbiamo risposto “perché ci siamo stufati di aspettarvi” e loro lo hanno preso come quando noi pensiamo “ok, oggi quello ha la luna storta e si è arrabbiato così”. (Marco Baino)

Tuttavia, in Arte Migrante, la questione degli orari si ribalta: sono stati i richiedenti asilo a riportare insofferenza per ritardi che sembrano rappresentare poco impegno.

L’unica cosa che non mi piace è che siamo persi. Intendo che ogni cosa che facciamo non riusciamo non riusciamo a fissare e prendere veramente gli impegni e i nostri orari e rispettare i nostri orari. Questo, non mi piace. Posso dirlo? Non mi piace. (Mamudu)

È dunque vero che la concezione del tempo è differente in Africa? Una teoria che è nata da quest’analisi è invece la funzione di advocacy dei ragazzi stessi all’interno dei progetti: il fatto di passare da partecipanti a coordinatori e autori delle serate, porta i ragazzi stessi a responsabilizzarsi anche sugli orari. Ne è un esempio Mamadu, che ha partecipato sia ad Arte Migrante, sia a CIVES. Alla serata di CIVES, in preparazione della replica dello spettacolo (ci si è trovati per mangiare qualcosa e riguardare insieme il video dello spettacolo precedente), è arrivato in ritardo. Alla serata di Arte Migrante in cui è venuto (Mamadu non viene più spesso alle serate per via del lavoro), è arrivato in orario. Questo aspetto resta tuttavia da approfondire, anche perché la serata in cui ci si era incontrati con CIVES era in coincidenza con il Ramadan, che alle serate può essere causa di ritardo (perché i ragazzi cenano molto tardi).

La relazione esterna al progetto

Arte Migrante è diventata per molti ragazzi il gruppo amicale di riferimento, tanto da essere anche il gruppo con cui ci si trova per stare semplicemente assieme. Di più, in gran parte delle interviste, ricorre la parola “famiglia”. Mamudu descrive così la relazione:

“Io ho altri amici, anche del mio paese. Però non è lo stesso legame che con quelli di Arte Migrante. Sono amicizie diverse, ho solo un amico veramente amico fuori. Perché amicizia è una cosa molto rara.”

135 Nonostante anche in CIVES si sia creato un legame molto forte tra i componenti, all’esterno del progetto gli stessi hanno vite separate, non si vedono in modo prestabilito, nonostante l’incontro casuale, a dire di tutti, sia sempre apprezzato:

“Del teatro, io sto parlando con una ragazza su Facebook. Se lei mi vede per strada mi chiama e mi chiede come va. Con Arte Migrante comunque sono più in contatto, il saluto e il rapporto mi piace molto.” (Mamadu)

L’utilizzo del follow-up come verifica serve a capire proprio se la relazione si è mantenuta, interrotta o modificata. Capendo anche le ragioni dell’eventuale sospensione dei rapporti o la modalità della loro prosecuzione, si hanno degli indicatori di miglioramento per un futuro progetto (Maurizio, Perotto & Salvadori, 2015: 146).

Da cosa potrebbe derivare questa distanza in CIVES?

L’elemento che più si è riscontrato come causa di questo è il tempo e le aspettative dovute al far parte di un “progetto di integrazione”. Arrivati con l’idea di essere volontari, i partecipanti italiani hanno necessitato di tempo per scardinare questa distanza di ruoli e diventare un gruppo alla pari, così anche i ragazzi richiedenti asilo hanno visto trascorrere del tempo prima di iniziare ad entrare in confidenza. Il progetto, con una durata prestabilita, non ha dunque permesso l’evolversi del passo probabilmente successivo:

“Forse avrei voluto espormi un pochino prima, soprattutto all’inizio, quando ci stavamo conoscendo. Per fare loro qualche domanda in più, ma on ci conoscevamo e non me la sono sentita.” (Gaia)

“Sarei più sciolta, meno sul chi va là. Qualcuno mi dice una cosa, qualcuno cerca di approcciare con me … magari l’avrei presa non più come progetto, ma come un’esperienza di vita, del tipo ti conosco e apriamo una relazione di amicizia. Mentre nel primo mese e mezzo l’ho preso molto come un “vengo qui, sono una volontaria … queste quattro ore, vado a casa e poi finisce lì”. Un po’ questo. (Marta)

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