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Artefatti culturali multilineari narrativi: dalle rappresentazioni alla scrittura collaborativa Gli avvenimenti, indipendentemente dalla loro durata, diventano puntiformi, collegati da segment

NARRAZIONE E STRUTTURA DI RAPPRESENTAZIONE MULTILINEARE (Salmaso, 2013)

5.10. Artefatti culturali multilineari narrativi: dalle rappresentazioni alla scrittura collaborativa Gli avvenimenti, indipendentemente dalla loro durata, diventano puntiformi, collegati da segment

rettilinei, in un disegno a zigzag che corrisponde a un movimento senza sosta (Calvino, 1988, p. 36). Insieme agli esempi mutuati dalla letteratura classica, presentati nel capitolo precedente, vogliamo indicare anche alcuni esempi di altri artefatti culturali popolari, mediali, rappresentazionali e procedurali a cui possiamo attribuire la definizione di multilinearità narrativa, con particolare attenzione a produzioni per l'età evolutiva.

In fase iniziale di elaborazione del presente studio e nelle occasioni di discussione accademica o con gli insegnanti, per esplicare in modo rapido e comunicativo il costrutto di Narrazione Multilineare, è stato utile indicare alcune produzioni popolari, di facile impatto e riconoscibilità. Tra queste, la prima e più immediata da noi scelta è stata la famosa mappa della metropolitana di Londra di Beck (1932):

Harry Beck’s 1932 London Underground Map (da Wikipedia) Pur essendo una carta geografica prevalentemente lineare, è possibile ricondurla a una metafora rappresentazionale del costrutto di multilinearità, in quanto offre la mappa schematica di una rete in cui non sono rappresentate fedelmente le distanze geografiche reali, ma nella quale, mediante simboli, colori, nodi, linee direzionate e incrociate, sono possibili operazioni di riconoscimento dei percorsi possibili. Chi la consulta, in effetti, è facilitato dalla schematicità e dalla disposizione visuo- spaziale direzionata delle linee, tuttavia, è chiamato anche a procedere mentalmente con confronti configurativi e riconfigurativi rispetto alle mete e alle tappe da percorrere.

Un secondo emblematico esempio può essere considerato il video pop di accompagnamento alla canzone dei R.E.M. “Imitation of Life” (2001), in cui dentro una scena corale, un party, vengono alternate le riprese, dal campo totale e panoramico con modalità 'pan e scan', ai singoli soggetti, che compiono azioni in connessione reciproca. Altri esempi folk popolari di narrative multilineari, possono essere considerate le varie produzioni seriali televisive: da quelle più semplici, con plot di facile fruibilità e con personaggi molto caratterizzati, sebbene dalle vicende molteplici e intrecciate, come le telenovelas, a quelle maggiormente complesse, con intrichi e caratterizzazioni dei personaggi particolarmente raffinate, come alcuni prodotti televisivi degli ultimi anni (es: Lost, Dr House, Boston Legal, Sherlock Holmes della BBC). Nonostante, inizialmente, collocassimo le telenovelas al livello inferiore di una ipotetica scala di qualità della narrativa multilineare, ci è stato

fatto notare quanto, invece, queste forme di narrazione mediale, considerate da altre prospettive culturali (es: contesto sudamericano), siano valutate diversamente, anche da persone non appartenenti a popolazioni con bassa scolarizzazione; esistono, inoltre, una serie di studi su Entertainment-education and social change (Singhal et al., 2004), che dimostrano come presentazione e fruizione di alcuni prodotti mediali narrativi di massa possano permettere il veicolo di importanti contenuti a valenza sociale, modificazioni di abitudini e comportamenti, azioni preventive.

Gli elementi presenti in queste tipologie narrative sono quasi sempre i medesimi indicati nei riferimenti teorici precedenti: plurivocalità degli attanti o attori; configurazioni e riconfigurazioni di eventi, di situazioni, di significati; una direzionalità multilivello, inserimenti intertestuali; racconti- cornice, rimandi alla cultura classica, mass-mediale o popolare, ecc..., tuttavia, in queste forme mediali, essi risultano più facilmente fruibili, in quanto, più raramente, vengono inseriti meccanismi narrativi di tipo rizomatico o dispositivi attivi di scelta e selezione. In ogni caso, come hanno potuto rilevare coloro che hanno seguito gli episodi della serie Sherlock Holmes prodotta dalla BBC (2010) o la cerimonia di apertura delle Olimpiadi a Londra del 2012, è evidente una complessità strutturale, che implica carichi cognitivi maggiori di quelli abitualmente richiesti da produzioni mediali di tipo lineare.

Le immagini dello spettacolo di apertura delle Olimpiadi londinesi (curato dal regista Danny Boyle, il quale anche in altri suoi lavori cinematografici, introduce elementi intermediali e intertestuali), facilmente reperibili nel canale Youtube, permettono di evidenziare alcuni elementi di questa complessità strutturale: lo spettatore televisivo, è chiamato a continui spostamenti attentivi e di rievocazione mnemonica, infatti, l'intera struttura narrativa si colloca su molteplici linee spaziali (es: dal micro al macro, inserimenti di frasi digitalizzate sopra le video-scene in corso, dispositivi che vengono ampiamente utilizzatati anche nella serie Sherlock Holmes-BBC), temporali (storie dentro le storie, rimandi a flashback della storia di Inghilterra ed europea), inter testuali (richiami alla letteratura classica anglosassone, da Dickens a Carroll, alla Rowling o ad altri autori mediali, richiedenti conoscenze culturali e buona memoria episodica) e in cui la pluri-vocalità degli attanti viene resa, almeno parzialmente, visibile da attori che rappresentano, parallelamente, se stessi, i propri personaggi-filmici o teatrali, le loro storie, attraverso continui rimandi circolari e interattivi. Emblematico in questa direzione, l'inserto filmico-documentario, in cui l'attore, che impersonava, al momento delle Olimpiadi, il personaggio dell'agente-spia James Bond (film-letteratura- istituzione), va a Buckingam Palace a prelevare la regina Elisabetta (reale... in persona) per farla salire su un elicottero, che viene seguito in tutto il tragitto sopra la città di Londra (docu-fiction); si passa poi alle riprese di una controfigura della regina, che si lancia con il paracadute sullo stadio Olimpico (finzione) e infine, ad una riconfigurazione, attraverso una ripresa della focalizzazione sulla scena della regina (ancora l'autentica) che fa il suo ingresso ufficiale da un ingresso dello Stadio.

Il primo e più conosciuto testo multilineare interattivo, considerato una delle prime forme ipertestuali digitali, risale al 1987: Afternoon, a story, ideato da Mycheal Joyce e altri collaboratori, attualmente è sviluppato dalla Eastgate System (http://www.eastgate.com).

La narrazione è formata da 588 blocchi di testo, senza una trama, che vanno letti in modo libero e interconnesso seguendo i link. Questo, insieme ad altri innumerevoli prodotti affini di hyperfiction che l'hanno seguito e di cui, attualmente, se ne possono vedere esempi delle più varie tipologie nel web (Giuliano, 2006), presenta alcune caratteristiche, che noi ascriviamo alla narrazione multilineare: presenza di alcuni elementi dello storytelling, interattività, lettura per alternative, combinatorietà, esploratività (navigazione), processualità, apertura interpretativa. In particolare, la

forma digitale di questo tipo di testo presenta generalmente dei nodi, una struttura ad albero, una mappa globale, basic e reference link, road map (La Rocca, 2006, p. 146).

Lo sviluppo digitale-informatico ha amplificato esponenzialmente le possibilità della narrativa multilineare, offrendo dispositivi di estrema velocizzazione e collegamenti mediali plurimi (foto, video, musica, suono), quindi, declinando sempre più verso forme videoludiche, accelerando la spinta alla dimensione motorio-interattiva; solo recentemente il mondo videoludico sembra stia recuperando la dimensione dello storytelling, soprattutto, a seguito di una saturazione da parte degli utenti degli effetti 'speciali', che, probabilmente, in questa fase di sviluppo tecnologico, hanno raggiunto iperboli difficilmente incrementabili, tuttavia, il mondo del videogame considera fondamentalmente prioritari i meccanismi ludici, mass-mediali e digitali, rispetto a trame e contenuti narrativi.

Dunque, la forma più basilare e popolare di narrazione ipertestuale rimane ancora il racconto o libro-game (Angiolino, 2006), una storia strutturata in modo da permettere la scelta degli esiti dei vari segmenti narrativi e in cui il lettore può assumere il ruolo di protagonista attivo. Di solito nel libro-gioco il racconto è spezzato da scelte a bivio che rimandano a paragrafi con differenti sviluppi della storia. Il lettore-protagonista ha a disposizione molteplici percorsi, in una rete di snodi con cui attraversare il racconto, e può procedere mediante meccanismi di scelta per costruire trame alternative, con vari finali possibili.

Un vantaggio di queste forme testuali narrative è dovuto alla relativa maggiore facilità di una struttura ad albero con disgiunzioni, rispetto ad altre forme ipertestuali; un altro vantaggio è la possibilità di rileggere le piste non esplorate, di rallentare o moltiplicare l'esplorazione delle varie trame narrative. Inoltre, per l'infanzia e le età più giovani, quasi sempre, questi testi prevedono una forma discorsiva o strutturale che facilita l'immedesimazione con il protagonista del racconto, accentuando la dimensione avventurosa o di role-playing, questo può permettere di assumere punti di vista diversi e compiere anticipazioni, inferenze.

Inoltre, come ricorda Angiolino (ib. p. 82), è possibile utilizzare questi meccanismi strutturali per veicolare dimensioni etico-sociali e favorire la presa in carico attiva di vari contenuti, anche formativi (es: Discover Surrealist Brussels Treasures di De Mark-Studio Max! e De Wulf, 2010), per la promozione di stili salutari, resilienti, per la prevenzione di comportamenti a rischio, per effettuare 'case rule' training interattivi in contesti lavorativi (Di Giorgio, 2012).

Come evidenzia Angiolino (ib. p. 70), il maggior esperto italiano del genere per l'età evolutiva: il meccanismo della storia con biforcazioni è molto antico e risale a ben prima del successo riscosso negli anni Ottanta con i libri-game. Successo, peraltro terminato con lo sviluppo massiccio dei videogame, che ha portato a una progressiva riduzione della produzione di questo genere di libri. Senza soffermarci su famosi precursori di questi racconti, facciamo presenti le origini raffinate dei racconti-game, riferendoci ad alcuni famosi esempi (cit. in Angiolino, ib. p. 77): dalle opere di Calvino, Borges, Perec, già da noi presentate, al romanzo settecentesco di Laurence Sterne (1759- 1767): La vita e opere di Tritstram Shandy gentiluomo; Rayuela di Julio Cortazar (1963); Juego de cartas di Max Aub (1964); Cent Mille Miliards de Poemes di Raymond Queneau (1961); Lucky Les: The Adventures of Cat of Five Tales di E.W. Hildick (1967). In Italia, lo scrittore per l'infanzia Gianni Rodari aveva ideato nei primi anni Settanta una serie di racconti con finali a scelta Tante storie per giocare (1971), inoltre, sono disponibili per i bambini dalla seconda infanzia alla adolescenza una serie italiana di volumetti con vari racconti-game:

a) per i più piccoli è prevista una forma visiva a supporto della struttura narrativa, le storie, dunque, possono essere verbalizzate dall'adulto o dai bambini stessi, che, intanto, manipolano

cartellini o figure. Tra queste produzioni indichiamo Il mischiastorie- Osvaldo e i cacciatori (Angiolino, 2005) e altri nostri lavori (es: Cappuccetto Rosso ML, Salmaso e Di Giorgio, 2012), nei quali i bambini devono prendere decisioni in base agli snodi narrativi, posizionando sul tavolo o sul pavimento pannelli o cartelli con le sequenze disegnate delle immagini e costituendo un reticolo narrativo di sentieri di storie. In alcuni casi, la storia-game interattiva viene solo narrata a voce ai bambini, i quali, assumendo il punto di vista di un personaggio della storia, compiono le scelte che li portano a esplorare i vari rami della narrazione;

b) per i più grandi, che sanno già leggere, sono disponibili alcuni volumi con testi scritti integrati da immagini (es: di Stefania Fabri, Tu sei il principe, Tu sei la principessa, Tu sei il mago; di Angiolino, Di Giorgio e Garello, I misteri delle catacombe; di Canobbio e Biorci: L'archibugio di Fermoy, cit. in Angiolino, ib., p. 89) o volumi con storie più lunghe e articolate (es: la saga fantasy di 28 volumi Lupo Solitario, degli autori Dever e Chalk, 1985; Pirati, di Shuki e Corobel, 2013). Anche lo storico giornalino periodico a fumetti Topolino (Disney Italia), dagli anni Ottanta, continua a pubblicare storie-game con i protagonisti disneiani.

Si possono trovare forme più raffinate e complesse di Narrazioni Multilineari per l'Infanzia in produzioni internazionali. Queste produzioni, in genere, utilizzano prevalentemente fumetti o immagini in modalità cartacea o digitale (es: applicazioni software con fiabe interattive). Probabilmente, tenendo conto dell’enorme sovraesposizione alle immagini a cui sono sottoposte le nuove generazioni, superiore di larga misura ad altri canali, le narrazioni multilineari rimandano spesso a quelle dei videogames, dove l’aspetto grafico è generalmente molto curato, ma spesso stereotipato, tuttavia, anche questo accorgimento sembra non bastare, per fare uscire tali produzioni da una fruizione di nicchia: l'appeal della storia cartacea è, infatti, generalmente, inferiore a quello delle storie digitali, nonostante la loro qualità artistica più elevata.

Come indica Antinucci (2011), individuando, nella ricostruzione storica del rapporto conflittuale tra immagine e parola, una possibile via di interpretazione delle funzioni linguistiche e comunicative, viene fortemente sottolineato il passaggio da una condizione pre-tecnologica, caratterizzata da una simbiosi naturale tra parola e immagine, a una condizione di separazione delle due tecnologie, nella quale la parola è andata assumendo sempre più una funzione cognitiva, mentre l’immagine ha assunto prevalentemente una funzione emotiva. Almeno fino agli ultimi anni del secolo scorso, con l’avvento della realtà virtuale, in cui le tecnologie stanno prendendo il sopravvento per lo svolgimento di alcune funzioni, promettendo un potenziamento straordinario delle capacità naturali umane, non solo di tipo fisico, ma anche mentale (analizzare, ricordare, capire, comunicare). Con l’immagine iniziano le tecnologie della mente: dall’uomo paleolitico che, graffittando una scena di caccia sulle pareti di un grotta, mediante quell’atto segnico, si posiziona in modo indicativo, richiestivo, desiderativo, suggestivo, suasivo, rispetto alla realtà, diventando quindi comunicativo. L’immagine ferma la realtà, evolve verso un segno arbitrario, diventa un atto cognitivo: si esternalizza dal corpo, si rende disponibile ad altri e in qualsiasi momento, moltiplica le capacità della mente umana. La comunicazione linguistica poggia sulla sfera senso motoria condivisa, ma il linguaggio perde molto presto la sua traccia, non ne rimane in memoria una forma abbastanza fedele. L’immagine, invece, può rimanere fissa e stabile, sempre a disposizione, permettendo l’autonomia della percezione, sebbene a discapito della stessa. Il salto trasformazionale dal segno diretto dell’oggetto (naturale e di impronta filogenetica, come hanno mostrato, ad esempio, gli studi degli anni recenti sulle abilità di conteggio dei neonati) al segno astratto, concettuale, non fisico e non visibile, costituisce il passaggio ad un’evoluzione di tipo culturale, quindi caratterizzata dal mondo dei significati, dove il segno inciso può stare per il nome,

e arrivarci attraverso il linguaggio: se qualcosa diventa segno esso ne influenzerà la forma, il segno, dunque, diventerà il significante.

Se la fissazione tecnologica permette di conservare il linguaggio indefinitamente e con precisione assoluta, senza che esso decada più nella memoria, ne complica, però, per questa stessa ragione, il processamento cognitivo. Innanzitutto, perché lo allontana dalla sfera senso motoria condivisa (ib. 107).

Questo processo richiede tempo, attenzione, concentrazione, abilità costruttive articolate, che difficilmente possono essere contemporaneamente tutte presenti o processate simultaneamente, mentre le conoscenze raggiunte per via senso motoria, sono immediatamente disponibili, senza apparenti e consapevoli sforzi cognitivi. Analogamente, mediante comunicazioni di scambio orale, è possibile ridurre il carico cognitivo, grazie alla possibilità di effettuare interlocuzioni chiarificatrici ed emotivamente connotate sul dialogo in corso. D’altra parte, l’immagine mentale che scaturisce dalla lettura di un testo potenzialmente aperto è generica, schematica, necessita di processi di astrazione, mentre l’immagine visiva è percettivamente semplice e vicina alla realtà. Come richiama sempre Antinucci (ib.), è l’epoca medioevale che presenta una vasta produzione di curiosi incontri tra scrittura testuale e immagine, utilizzando figure con-testualizzate in prodotti pittorici le cui le scene raffigurate assomigliano ai primi fumetti dotati di didascalie, ma le stesse tombe egizie o i papiri dei morti erano già stati costruiti con immagini intrecciate a testi in funzione disambiguante. Se si trasmette conoscenza attraverso un testo in forma acustica e verbale esso ha un'organizzazione estrinseca, fondamentalmente di tipo temporale e lineare, per alcuni tipi di conoscenza ciò può creare dei problemi, sia di organizzazione che di comprensione, ma la trasformazione tecnologica permette di collocare un testo in uno spazio pluridimensionale, specialmente basato su immagini, e questo permette di rappresentare esplicitamente la struttura del campo di conoscenza da comunicare, il quale diventa dunque processabile a livello senso motorio e non più simbolico-ricostruttivo, semplificando enormemente l'attività di comprensione e di elaborazione mnestica o inferenziale. Per l'apprendimento, tuttavia, è fondamentale l'assimilazione della strutturazione del campo di conoscenza. Alcuni esempi antichi citati da Antinucci (ib.), sono gli alberi della conoscenza, che permettono di vedere quali sono le relazioni espresse nel testo. Secondo questo autore (ib.), al momento attuale, negli usi della realtà virtuale nessuna nuova forma, rispetto a quelle verbale, visiva, cinetica, è risultata dominante, se non, forse, quella dei videogiochi e della realtà interattiva simulata, dove le proprietà virtuali (costruzione grafica in tempo reale, coinvolgimento emotivo, protagonismo dei soggetti) permettono di condividere, conoscere ed esperire la struttura di un mondo pur non essendovi fisicamente immersi. In questa realtà i processi di insegnamento tradizionali sparirebbero, dato che la stessa realtà virtuale, programmata nei suoi obiettivi cognitivi e motivazionali (il gioco ne è un motore potentissimo), permetterebbe un apprendimento esperienziale ottimale. Tuttavia, secondo questo autore, al momento, non sono ancora a disposizione videogiochi di apprendimento sufficientemente adeguati da scardinare le modalità di apprendimento attuale, né immagini- strutturanti che vadano a costituire e rappresentare le strutture intrinseche dei testi, mediante processi multilineari, infatti la quasi totalità delle modalità ipertestuali attualmente in uso sono fondamentalmente destrutturate: i link che permetterebbero potenzialità strutturanti, hanno, al momento, solo il ruolo di espandere degli incisi in testi sostanzialmente lineari. Ciò che invece è veramente importante fare è collegare l'idea della strutturazione non lineare all'idea di una diversa strutturazione... identificare il campo di conoscenza che si vuole esprimere... e tradurla in immagine strutturante (ib. p. 310).

Come evidenzia Olimpo (2011), le rappresentazioni della conoscenza hanno un ruolo chiave nella sua gestione e, quindi, il loro utilizzo può facilitarne il flusso, attraverso processi che permettono la condivisione della conoscenza esplicita e processi che permettono di far passare la conoscenza da una condizione implicita a una esplicita. Le rappresentazioni dovrebbero presentare un buon grado di facilitazione d'uso ed essere capaci di supportare la comunicazione, che spesso si avvantaggia della possibilità di rappresentare idee non definite, di gestire la complessità, di offrire diversi punti di vista e insight. All'interno di questo paradigma vengono considerate particolarmente efficaci le rappresentazioni computabili. Olimpo (ib.) fa presente che ogni rappresentazione basata su grafici evidenzia un minimo livello di computabilità. Per grafico si intende un oggetto formale che possa essere descritto in termini di algebra relazionale, quindi può essere manipolato e visualizzato in modi differenti attraverso automatismi. La computabilità rende possibile un controllo esecutivo procedurale di una rappresentazione cognitiva. A tale proposito l'autore presenta alcuni dispositivi concettuali di rappresentazione che possiamo ritenere utili per rappresentare e costruire Narrazioni di tipo multilineare:

a) mappe mentali o concettuali Web 2.0 nelle quali possono essere rappresentati i vari elementi della Grammatica delle Storie. Una serie di studi in questa direzione sono stati recentemente svolti da un'equipe di ricercatori informatici di due università di Taiwan (Chen-Chung Liu, Kuo-Ping Liu, Gwo-Dong Che et al. 2011). Questi ricercatori, hanno costruito una piattaforma Web 2.0 su modello di altre già esistenti (CBC4kids di Antle, 2003; FaTe2 di Garzotto e Forfori, 2006; LinkMap di Desilets e Paquet, 2005), che permette di costruire storie condivise, mediante la manipolazione e la rappresentazione degli elementi classici narrativi, quindi hanno coinvolto alcune classi di alunni al livello della nostra quinta Primaria in training di costruzione collaborativa di storie con modalità lineare e non lineare, al fine di rilevare elementi autopercepiti e relativi a: motivazione, capacità di manipolare e riconfigurare in modo flessibile le parti delle storie, autoefficacia, interdipendenza positiva;

b) Reti di Petri, ideate da Adam Petri nel 1939 (Peterson, 1977) con lo scopo di descrivere processi chimici, esse vengono attualmente utilizzate per permettere la visualizzazione dinamica di un sistema e la modellizzazione dei passaggi di varie tipologie di processi; sono costituite da un grafico che contiene solo nodi di due tipi, stati e transizioni. Un dispositivo informatico, facilmente reperibile in rete, permette una più facile esecuzione e delle procedure di manipolazione dei nodi e, quindi una visualizzazione più dinamica, chiara e attiva dei processi intervenienti.

Le Reti di Petri, nell’interpretazione che ne è stata data (posti → risorse, transizioni → attività) consentono di rappresentare, per un dato sistema, sia gli aspetti statici (le risorse) che quelli dinamici (le attività) che le loro reciproche relazioni, inoltre, l' esclusione del tempo è uno dei punti di forza delle Reti di Petri perché consente di modellare un sistema esclusivamente in termini di vincoli di precedenza logica senza riferimento alla sua evoluzione temporale. Da questi vincoli derivano tutte le possibili evoluzioni temporali del sistema rappresentato... Questa possibilità di rappresentare attività parallele (cioè senza vincoli di precedenza una rispetto all’altra) è una peculiarità delle Reti di Petri (si pensi all’impossibilità di rappresentare attività parallele con i diagrammi di flusso) ed è uno dei fattori che determinano la loro potenza espressiva. La realtà infatti, sia quella materiale che quella del pensiero, si presenta proprio come un insieme, spesso molto affollato, di attività parallele... si può facilmente immaginare come questa interpretazione allarghi il campo di applicazione delle reti estendendolo a settori quali la ricostruzione di catene causali o la costruzione di narrazioni. (Olimpo, 2007).

Con finalità didattiche per ragazzi delle scuole superiori, sono, infatti, stati costruiti esempi di reti a partire dal mondo delle fiabe (Mandelli e alunni Arabsolgar www.scuolasabin.it/informatica/reti

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