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PROCESSAMENTO DELLE INFORMAZION

3) La prova a quattro opzioni in interazione con le Funzioni Esecutive

6.3 Test, prove, matrici di analisi e processi cognitivi implicati 1 Introduzione

6.3.2. Prove per l'analisi delle Funzioni Esecutive

Analizzare le Funzioni Esecutive è un problema complesso, ancora di più può esserlo quando si cerca di verificarne la loro interazione con altri processi o il miglioramento in contesti ecologici ed educativi. Come evidenziano molti autori, e l'abbiamo riscontrato anche nel nostro studio, i problemi principali, di cui abbiamo dovuto tenere conto, riguardano:

a) le diverse cornici interpretative afferenti alle FE e da cui derivano differenti operazionalizzazioni dei costrutti che si decide di indagare, infatti la definizione operativa costituisce il nodo cruciale nel processo di misura di un qualsiasi comportamento. L'effettiva aderenza o meno del comportamento selezionato alla competenza teorica che si suppone di valutare condiziona, di fatto, la possibilità stessa di quantificare e comprendere correttamente l'abilità cognitiva presa in considerazione (Antonucci et. al., 2010 p. 141).

b) il basso livello di validità predittiva e di correlazione con altre prove maggiormente 'ecologiche' o con attività educative attuabili nei contesti scolastici e formativi;

c) la difficoltà di somministrazione: per molte prove, è necessaria la somministrazione individuale, spesso non è possibile la replica della prova o c'è necessità di tempi lunghi per la seconda somministrazione, al fine di evitare un effetto 'apprendimento' del test stesso; questo, in una ricerca svolta dentro la scuola o in contesti di vita quotidiana dei bambini, comporta degli investimenti notevoli, sia per disponibilità di spazi e tempi adeguati, sia per garantire la continuità nell'arco di diversi mesi; con bambini della Scuola dell'Infanzia, inoltre, alcuni test sembrano troppo impegnativi, poco duttili e precisi, a causa di altre abilità che vengono implicate per svolgerlo (ad esempio: il MCST, presentato più avanti, richiede ai bambini di riuscire a comprendere bene le consegne verbali e a gestire il mazzo di carte, il che comporta un intervento più presente dell'adulto che gestisce il setting);

d) la difficoltà di scelta: i test utilizzabili presentano spesso proprietà differenti, non sempre ben definite dai manuali, per cui è necessario recuperare dalla letteratura internazionale di settore i vari studi compiuti, che spesso non sono conformi tra loro. Come esempio, riportiamo i numerosi studi sul Five Point Test (vedere in seguito), che vengono effettuati mediante diversi tempi di somministrazione e presentano dati di validazione con parametri non sempre condivisi.

e) la sensibilità al cambiamento: non sempre le prove per le FE sono in grado di evidenziare i cambiamenti nel tempo relativi al costrutto misurato, infatti, se i clinici rilevano l'incidenza del cambiamento evolutivo o spontaneo (Cantagallo et al. ib., p.200), in un contesto formativo ci si chiede quanto possano essere ancora maggiori gli effetti dovuti alle molteplici iniziative didattiche ed educative messe in atto da insegnanti e formatori, nel tempo che intercorre tra una prova e la sua ripresentazione, effetti che abbiamo cercato di attenuare, il più possibile, attraverso procedure sperimentali con analisi pre e post attraverso doppie classi sperimentali e di controllo;

f) la gestione dei punteggi e delle norme di riferimento: poiché non operiamo in un paradigma clinico, abbiamo scelto di considerare i punteggi standardizzati delle varie prove prevalentemente come riferimento per stabilire se i nostri gruppi erano riconducibili alla popolazione di riferimento o se fossero presenti bambini con scostamenti significativi dal dato normativo, in modo tale da compromettere la significatività dei dati raccolti, tuttavia non sempre negli studi di riferimento

sono riportati punteggi equivalenti, utili per confrontare misure negli stessi soggetti o in soggetti diversi, in certi casi, abbiamo, quindi, anche usato anche i dati grezzi, che permettono di rilevare miglioramenti a seguito dei training svolti.

g) la mancanza di prove che rilevino aspetti emotivi implicati nelle FE: sebbene questi aspetti siano particolarmente coinvolti in queste funzioni, la maggior parte dei test per l'età evolutiva non li rilevano, salvo utilizzare altri strumenti più vicini a prove di Teoria della Mente, di Gambling, di Multitasking, ancora non tradotti o senza norme di validazione italiana e di difficile reperibilità, essendo, al momento, ancora in fase di sperimentazione da parte delle equipe specialistiche di ricerca italiane.

h) l'impurità delle prove, quasi sempre i compiti richiesti nelle diverse prove coinvolgono vari processi cognitivi, tanto più quando questi processi riguardano un costrutto complesso e multicomponenziale come quello delle FE, quindi non è rispettata l'unidimensionalità di costrutto, riferita alla possibilità di misurare una singola proprietà o variabile.

Al fine di cercare di identificare la componente cognitiva principale indagata dai test che abbiamo scelto di utilizzare e le altre componenti variabili presenti, indicheremo qui di seguito- per ogni prova - alcuni riferimenti della letteratura di settore a riguardo.

a) Matrici Colorate di Raven (CPM47)

Le matrici misurano l'abilità di inferire relazioni a partire dal riconoscimento di variabili che devono essere estratte da contesti eterogenei, si tratta pertanto, oltre e alla base di grezzi dati sensoriali, di individuare costrutti astratti inferendoli da stimolti concreti di pensiero (anche non verbale) che possono essere legati a insight troppo rapidi per essere assimilati nel linguaggio (Belacchi et al, 2008, p.15).

Le CPM 47, un test ampiamente utilizzato a livello nazionale e internazionale, sia con i bambini a sviluppo tipico e atipico (dai 3 ai 12 anni), sia con anziani o persone adulte che evidenziano detrerioramenti cognitivi, si basano sulla versione pregressa del test delle Matrici Progressive Standard di Raven (P.M. 38). I due test furono ideati (il PM nel 1938 e il CPM nel 1947), da John Raven, uno studente di Charles Spearman, con l'obiettivo di misurare le componenti generali dell'intelligenza.

Entrambi i test sono di tipo non-verbale e prevedono il completamento di una serie di matrici disegnate, che richiedono di esercitare la capacità di risolvere problemi visuo-spaziali, attraverso processi mentali di tipo astratto-logico e analogico-percettivo (Belacchi et al, ib.). Il carattere non verbale della soluzione delle prove ne fa uno strumento culture-free, sebbene alcuni studi evidenzino la non completa esclusione di influenze socio-culturali. I dati di validità e di attendibilità sono generalmente molto alti in tutte le popolazioni e, per l'età evolutiva, crescono con l'aumentare dell'età; c'è da tenere presente che nelle Matrici Colorate essi sono più bassi per i bambini dai 3 ai 5 anni, correlando in misura minore con altre prove di misurazione intellettiva (Unsworth e Engle, 2005).

Alcuni studi di Cornoldi (2007) evidenziano come nella soluzione delle CPM sembrano essere coinvolti meccanismi e processi fondamentali di funzionamento intellettivo: processi connettivi tra percezione e concettualizzazione, velocità di elaborazione delle informazioni, funzioni esecutive, attenzione controllata, metacognizione, memoria a breve e lungo termine e di lavoro, expertise. Infatti, fa presente l'autore, riferendosi alla teoria cognitiva di Das (cit. ib), la natura simultanea del

processo di configurazione visuale-gestaltico, richiesto dal compito di soluzione delle Matrici, afferirebbe a tre componenti principali del funzionamento mentale: attenzione, elaborazione, pianificazione. Sembrano rinforzare questa ipotesi altri recenti studi internazionali (Conway et al. 2003, Duncan et al. 2008, Roca et al. 2010) e lo studio di Unsworth e Engle (ib.), che sostiene l'influenza del controllo esecutivo, in particolare, la capacità di gestire le informazioni in memoria, inibendo le risposte irrilevanti. Anche uno studio italiano di Sannio Fancello et al. (2006), evidenzia una significativa correlazione, per i bambini della Scuola dell'Infanzia, tra le Matrici colorate ad incastro (una versione a tre dimensioni delle CPM47, utilizzata per bambini in età prescolare o con gravi deficit cognitivi) e il test della Torre di Londra, che presenteremo qui di seguito, supportando, così, l'ipotesi di un coinvolgimento di fattori riconducibili al controllo attentivo e inibitorio, soprattutto nelle fasce di età prescolari e nei primi anni della Scuola Primaria. Gli autori di questo ultimo studio, hanno rilevato un progressivo calo di tale correlazione con l'aumentare dell'età.

b) TOL, Torre di Londra

Questa prova, ampiamente utilizzata a livello internazionale, è stata ideata da Tim Shallice alla fine del 1970, con l'obiettivo di valutare abilità di pianificazione, previsione e revisione delle alternative di risposta a uno stimolo.

Basato sugli studi svolti da Luria e colleghi (1973), relativamente ai processi che coinvolgono la corteccia prefrontale, e ispirato ad un'altra prova abbastanza simile (la Torre di Hanoi), il test prevede una serie di azioni di problem solving attraverso una struttura semplice: su tre asticelle di differente grandezza il soggetto deve spostare tre palline di diverso colore, secondo un numero minimo di spostamenti prefissato e mantenendo in memoria regole e differenti posizioni indicate.

L'autore, insieme ai suoi collaboratori, nel corso degli anni ha svolto numerosi studi empirici su diverse popolazioni cliniche e non, anche attraverso diverse forme del test (ad esempio, versioni computerizzate).

I dati classici (Shallice, 1982, Owen et al. 1990) evidenziano come persone adulte con lesioni nel lobo frontale sinistro abbiano particolari difficoltà in questo test. Studi di neuroimmagine confermano un'attivazione della corteccia prefrontale durante l'esecuzione del test da parte di adulti normali (Cazalis et al.; Newman et al, 2003).

Il test richiede al soggetto di riflettere prima di compiere le sequenze di azioni richieste, eventualmente modificando la sequenza in caso di errori, quindi, attivando abilità di pianificazione e di monitoraggio. Le abilità implicate nella prova, tutte riconducibili al costrutto 'ombrello' delle Funzioni Esecutive, sembrano riferirsi a:

 processi di rappresentazione di un compito da svolgere  inibizione di risposte non adeguate

La prova è stata validata internazionalmente con diverse procedure di somministrazione, evidenziando diverse tipologie di risultati dalle registrazioni dei dati (es: interazione tra attribuzioni di punteggi ed età). Noi abbiamo applicato il test a un gruppo di 31 bambini della Scuola dell'Infanzia, utilizzando la versione per l'età prescolare e la standardizzazione italiana per l'età evolutiva del 2006 a cura di Sannio Fancello e colleghi, che ha tenuto conto delle varie procedure internazionali di somministrazione.

Abbiamo scelto di considerare tre indicatori, che gli autori segnalano come particolarmente significativi:

-punteggio totale di correttezza, ottenuto dalla somma dei punteggi corretti ottenuti in ciascun problema. Secondo gli autori (ib), questo parametro misura la capacità di pianificare, ovvero di eseguire una procedura indirizzata a una meta, anticipando eventi e le relative conseguenze. La procedura sembra richiedere una buona memoria di lavoro e la capacità di inibire risposte perseverative;

- violazione di regole, ottenuto dalla somma di violazioni compiute in tutti gli item; questo parametro sembra indicare la capacità di capire e tenere a mente le regole indicate per eseguire la prova. Gli autori sottolineano la particolare presenza di violazione di regole da parte dei bambini della Scuola dell'Infanzia, già in fase di apprendimento del test, quindi suggeriscono di considerare per questa fascia di età il superamento di 5 violazioni come problematico.

- tempo totale, ottenuto dalla somma di tempi di esecuzione e di decisione registrati per ogni prova. Nonostante gli autori prevedano la divisione del calcolo dei tempi in ' tempo decisionale' e 'tempo esecutivo', abbiamo scelto di utilizzare solo il parametro del tempo totale, tenendo conto che i bambini di questa fascia di età, spesso, sono molto veloci, variabili e necessitano di un'attenzione diretta da parte dello sperimentatore, che deve anche manovrare un analogo modello del test; durante la prova, quindi sarebbe stato più difficile, conducendo il testing da soli, registrare correttamente con il cronometro due differenti tipologie di tempi.

Gli autori italiani evidenziano come, in caso di risposte scorrette, un tempo breve di esecuzione sembra indicare un comportamento impulsivo, un tempo lungo, difficoltà di organizzazione. Viceversa, in presenza di risposte corrette, un tempo veloce può indicare rapidità di ragionamento ed esecuzione, mentre un tempo lungo, una maggiore lentezza esecutiva. Possiamo, prudenzialmente, estendere queste considerazioni, per questa fascia di età, anche al calcolo sul tempo totale.

Lo studio italiano della TOL presenta un campione normativo di riferimento di circa 1800 soggetti dai 4 ai 13 anni di età. In questo studio sembrano evidenziarsi differenze significative per numero di punti totali nei bambini della fascia di età 4-6 anni rispetto alle altre fasce di età, con l'eccezione della fascia 5-6. Questo potrebbe essere dovuto alla diversa modalità di prova (dai 6 anni non vengono utilizzati due modelli tridimensionali per mostrare le posizioni delle palline, ma si introduce un modello disegnato).

I 7 anni sembrano costituire un momento di passaggio, infatti, dagli 8 ai 13 anni non sono state più rilevate differenze significative - rispetto a questo parametro della prova- nelle diverse età, quindi gli autori ipotizzano che alcune funzioni esecutive a cui la TOL è sensibile potrebbero completarsi verso gli 8 anni (ib. p. 44).

Possiamo sottolineare come questa prova sembri evidenziare un forte incremento dei risultati nel passaggio dalla Scuola dell'Infanzia al primo biennio della Scuola Primaria. Infatti, i dati relativi ai fattori inibitori presentati da due studi internazionali, presentati più avanti, sembrano confermare questa ipotesi. Questo, insieme al fatto che si tratta di un test che richiede molto tempo (20 minuti e oltre, per i bambini più giovani) e va somministrato individualmente, è anche il motivo per cui noi non lo abbiamo utilizzato per il nostro studio nelle classi di Scuola Primaria.

Il lavoro di Sannio Fancello e colleghi presenta anche alcuni confronti tra la TOL e prove intellettive generali (CPM47 in versione ad incastro e PMA di Thurstone del 1963) o altre prove per le funzioni esecutive (Modified Card Sorting Test, MCST).

Nella fascia di età 4-6 gli autori rilevano una discreta correlazione con il primo test (CPM47), che si abbassa alla Scuola Primaria, mentre è stata rilevata una comunalità scarsa per il MCST (che presenta alcuni indici di varabilità piuttosto alti) o con le richieste verbali e percettive del PMA. Il punteggio relativo al tempo totale di esecuzione alla prova, pur presentando, secondo gli autori, una maggiore differenziazione nelle varie fasce di età fino al decimo anno di vita, per la fascia di età da noi considerata, intorno ai 5 anni, presenta dati di deviazione standard piuttosto elevati, tuttavia, abbiamo deciso di considerare questo parametro utile per un confronto rispetto alle tipologie narrative con un piccolo gruppo di 21 bambini, effettuando un'analisi statistica descrittiva.

Il numero di violazioni di regole, pur evidenziando nei dati normativi una buona capacità di rilevare l'andamento evolutivo, per la fascia di età da noi considerata (4-5), presenta un range molto alto (da 0 a 12-10), infatti il nostro piccolo gruppo non si colloca in modo del tutto corrispondente ai valori medi e di deviazione standard del manuale.

Alcuni studi sull'applicazione della TOL nella fascia di età 4-6 anni (Baughman e Cooper, 2006; Bull, Espy, Senn, 2004), hanno sostenzialmente evidenziato come la capacità di inibizione sia predittiva della performance in questo test per la fascia di età considerata. L'inibizione è tipicamente dimostrata da performance superiori in compiti nei quali deve essere soppressa una risposta automatica o dominante (Baughman, 2006), quindi, nella TOL, probabilmente, il fatto che il bambino, venga preventivamente informato del numero di mosse consentite, lo porta a inibire la sua risposta più spontanea.

Nello studio di Bull et al (ib.), in particolare, viene anche esclusa la partecipazione della memoria a breve termine, mentre sembra esserci una maggiore influenza della memoria visuo-spaziale. Gli autori, richiamano tuttavia l'impurità delle prove testistiche che misurano il costrutto multifattoriale delle FE, specialmente nelle fasce prescolari, in cui l'area prefrontale è ancora immatura (Myake et al., 2000) e in cui la mancanza di abilità inibitorie può mascherare altre abilità afferenti al complesso costrutto delle FE.

Lo studio di Baughman e Cooper (ib.), può essere interessante per il nostro lavoro, perchè registra l'incremento delle prestazioni, e quindi un indice di miglioramento nelle capacità inibitorie, dei bambini di 5-6 anni, rispetto a quelli di 4-5.

Anche uno studio più recente di Wiebe e colleghi (2012), svolto con compiti di tipo 'go-non go', evidenzia un cambiamento significativo per questa abilità nella fascia di età dai 3 ai 3,75 anni; mentre un altro studio di Chevalier et al. (2012) considera il coinvolgimento del fattore inibitorio e della memoria di lavoro riportandolo a due componenti sottostanti afferibili alla flessibilità, alla rappresentazione di una meta e alla sua attuazione flessibile, durante il periodo prescolare. Prima dei 3,9 anni non si evidenzia alcuna relazione; dai 4,6 ai 5,3 anni, sia l'inibizione che la memoria di lavoro sembrano associate a compiti di flessibilità e di rappresentazione dell'obiettivo da raggiungere, ma non ancora alla sua implementazione. Gli autori concludono, dunque, osservando come la relazione tra capacità di inibizione, memoria di lavoro e flessibilità emerga solo nell'ultimo periodo dell'età prescolare e che questa sia direttamente guidata dalla rappresentazione dell'obiettivo. Si evidenzia, dunque, questa fascia di età come particolarmente cruciale per lo sviluppo di capacità inibitorie, costituendo una sorta di finestra evolutiva.

c) MCST

Il test, ideato da K.E. Nelson nel 1976 e utilizzato in età evolutiva, è una versione modificata del Wisconsin Card Sorting Test, una prova ampiamente usata per lo studio delle funzioni esecutive in adulti. Abbiamo utilizzato questo test per il gruppo di 31 bambini della Scuola dell'Infanzia, riferendoci alla standardizzazione italiana del MCST di Sannio Fancello e Cianchetti (2003). La prova, somministrata individualmente, prevede che il bambino associ, secondo degli attributi di forma, numero e colore un gruppo di 24 carte con semplici figure a 4 carte stimolo (qui sotto un esempio della tipologia di carte)

Screenshot from the PEBL computerized version of the Wisconsin Card sort (fonte libera Wiki)

Vengono attribuiti punteggi relativi alla correttezza del principio associativo (classificazione); agli errori perseverativi (categorie mantenute anche a seguito dell'invito a cambiare criterio associativo) e al numero di categorie riuscite che prevedono delle sequenze di risposte corrette consecutive.

Gli autori della standardizzazione italiana introducono altri parametri di scoring, noi abbiamo valutato solo il numero di categorie e il numero di errori perseverativi, infatti, la prova sembra particolarmente sensibile alle capacità di categorizzazione, ma anche di adattamento alla variazione delle regole (nel test viene considerato il suo contrario, tramite il conteggio di errori perseverativi) e di inibizione di risposte impulsive (Sannio Fancello, Cianchetti, ib.). Non sembra esserci correlazione tra gli errori perseverativi rilevati dal test e fattori di intelligenza generale o di fluenza verbale. Considerando i dati relativi alla prova della TOL, standardizzata per l'Italia dagli stessi autori, e precedentemente presentata, possiamo pensare che, se non esiste una evidente correlazione tra i risultati nelle due prove, esse misurino funzioni differenti o non siano così specifiche.

Studi svolti con il WCST (citati dagli autori, ib.) hanno riscontrato:

 in pazienti con lesioni nelle aree mediale prefrontale un ridotto numero di raggiungimento delle categorie;

 in pazienti con con lesioni in area ventrolaterale meno categorie e maggiori errori perseverativi;

 in pazienti con lesione dorsolaterale e frontale solo maggiori errori perseverativi.

Tuttavia, altri autori hanno rilevato soltanto la capacità del test di discriminare pazienti con lesioni frontali dai controlli, ma non di discriminare tra lesioni frontali e non frontali.

La standardizzazione italiana evidenza un aumento progressivo dei risultati positivi al test dai 4 agli 11 anni, così come una riduzione progressiva degli errori perseverativi.

d) Fluenza fonemica e categoriale

Le prove di fluenza o generatività, valutano la capacità di produrre spontaneamente il maggior numero di risposte riferite a specifiche modalità, in un tempo dato, seguendo delle regole ed evitando ripetizioni. Sono, generalmente, distinte in prove di fluenza verbale o non verbale e vengono utilizzate per studiare processi relativi alle funzioni esecutive (Lezak et al., 2012). Le prove verbali da noi utilizzate sono due prove classiche, tradizionalmente utilizzate per misurare funzioni della corteccia prefrontale (Costafreda et al., 2006, Herrmann et al., 2003), in particolare l'accesso lessicale e le funzioni esecutive in situazioni cliniche (cerebrolesioni, afasie). Abitualmente queste prove vengono inserite nel gruppo delle misure di 'intelligenza complessa', memoria di lavoro, memoria verbale, funzioni esecutive, velocità di processamento (Vannorsdall et al., 2012), infatti, gli studi sui compiti di fluenza evidenziano la loro natura multifattoriale, che coinvolge diversi processi cognitivi, tuttavia, lo studio recente di Vannorsdall e colleghi (ib.) sottolinea anche la natura specifica e coesa del costrutto generale di 'fluenza ideativa', comprendente sia misure di fluenza verbale, che visiva.

La fluenza fonemica comporta l'elicitazione del maggior numero di parole con una lettera iniziale data, in un tempo prestabilito. Il punteggio è dato dal numero di parole elencate.

La fluenza categoriale, prevede un compito analogo, ma con l'obiettivo di trovare il maggior numero di parole relative a una categoria, quindi semanticamente collegate a quella data come stimolo.

Come abbiamo evidenziato nei precedenti capitoli, nonostante evidenze sperimentali abbiano mostrato numerose interconnessioni dell'area prefrontale con altre aree (lobi temporali, talamo, cervelletto, corteccia posteriore, gangli della base, talamo, giro paraippocampale sinistro, giro

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