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PROCESSAMENTO DELLE INFORMAZION

6.2 Metodologia: Multi-method evidence based research, an eco-sistemic integrated perspective

Tre cose sono necessarie per un esecutore: l'intelligenza, il cuore, le dita (attribuito a W.A. Mozart)

Nel processo di presa di decisione rispetto a quale metodologia di ricerca potesse risultare trasparente alla valutazione esterna, riproducibile e in grado di consentire forme di comparazione e capitalizzazione dei risultati (Heargreaves, 2007; Slavin, 2004; Davies, 1999; Coe, 1999, cit. in Calvani, 2012, p.17); più adatta a indagare fatti e raccogliere dati significativi relativi alle ipotesi formulate, rispettando il nucleo ontologico legato all'ideazione iniziale e al progetto di ricerca prospettato, (Margiotta, 2012: Galliani, 2012; Di Natali, 2012), si è scelto di collocare il nostro lavoro dentro lo sfondo teoretico attuale della ricerca evidence based, cercando di prendere una personale posizione rispetto alle diverse linee indicate da alcuni recenti autori in ambito formativo.

Nel corso dell’ultimo decennio, nel pensiero pedagogico anglosassone, si è affermata una cultura dell’evidenza cui ci si riferisce con l’espressione “evidence based education” (EBE). Secondo tale prospettiva, le decisioni in ambito educativo dovrebbero essere assunte sulla base delle conoscenze che la ricerca empirica offre in merito alla minore o maggiore efficacia delle differenti opzioni didattiche. Si tratta di un approccio (denominato “evidence based practice”) che ha origine in ambito medico e che in seguito ha trovato applicazione in differenti domini delle scienze sociali. (Vivanet, 2013).

..the integration of professional wisdom with the best available empirical evidence in making decisions about how to deliver instruction. (Whitehurst, 2002)

In ambito formativo, sul significato da attribuire al termine 'evidenza', sembra essere in corso, a livello nazionale e internazionale, un acceso dibattito critico, sostanzialmente diviso tra:

a) posizioni declinate verso interpretazioni del costrutto maggiormente restrittive e afferenti a paradigmi neopositivisti, che quindi includono in questa definizione esclusivamente studi attuati attraverso protocolli sperimentali condotti su campioni casuali numerosi e statisticamente rilevanti:

… randomized controlled trial that can establish - beyond reasonable doubt the effectiveness (or lack thereof) of treatments intended for applied use (cit. in Biesta, 2007);

b) posizioni fortemente critiche rispetto alle linee precedenti, quindi maggiormente favorevoli a studi caratterizzati da epistemologie che potremmo definire 'politico-euristiche':

educational practice that not only restricts the scope of decision making to questions about effectivity and effectiveness, but that also restricts the opportunities for participation in educational decision making. He argues that we must expand our views about the interrelations among research, policy, and practice to keep in view education as a thoroughly moral and political practice that requires continuous democratic contestation and deliberation (Biesta, ib);

c) posizioni intermedie, che considerano come 'evidenze' gli studi capaci di integrare procedure sperimentali di tipo quantitativo, supportate da indici statistici, ad affidabili procedure di indagine qualitativa, in modo da permettere una buona trasferibilità nei contesti formativi di quella che viene definita una evidence aware education (Calvani, 2012); questo, avvalendosi anche di un utilizzo ragionato e comparato dei risultati già presenti nella letteratura scientifica e di standard rigorosi qualitativamente elevati (Davies, 2009, cit. in Vivanet, ib): review sistematiche su effetti dei training; analisi di specifici modelli e studi sperimentali; metodologie attraverso modelli del tipo Instructional-design, con adeguato controllo delle variabili cosiddette di 'disturbo'.

In ambito educativo, non sempre è possibile ottenere una risposta ai problemi conoscitivi che ci si pone attraverso l’attuazione di ricerche sperimentali propriamente dette; un ampio contributo alla cultura pedagogica deriva, infatti, altresì da studi di tipo qualitativo. (Trinchero, 2011). Anche questi ultimi, come argomentato da Lincoln e Guba (1985), possono dare origine a conoscenze affidabili se condotti con criteri tali da garantirne la validità e l’attendibilità. D’altronde, dopo decenni nel corso dei quali si è registrata una sorta di “oscillazione periodica” (Calvani, 2012) di posizioni che hanno enfatizzato alternativamente approcci quantitativi e qualitativi, oggi sempre più si accoglie una prospettiva di ricerca multi-metodo, in grado di coniugare i benefici di entrambi i tipi di analisi... (Vivanet, ib.).

Posizionamento

Dopo Dewey, Popper e Kuhn e le speculazioni da essi derivate, chiunque opera nell’ambito della ricerca non può che diffidare dalle assolutizzazioni metodologiche (Calvani, ib.).

Il nostro posizionamento si colloca nel filone che potemmo definire 'integrato' della evidence based research, accogliendo come prospettiva più utile, in questa direzione, quella multi-metodo (Tashakkori, Teddlie, 2003). Lo facciamo partendo dai seguenti presupposti:

a) l'oggetto della nostra indagine è la multi-linearità narrativa, quindi, tenteremo di stabilire un isomorfismo tra oggetto dell'indagine e metodologia.

... una comunità collaborativa è quella che persegue un pensare largo in senso kantiano, quella che facendo dialogare più sguardi interpretativi e immaginando altri possibili punti di vista mira a una terza e inedita posizione... essere disponibili a esplorare con spirito dialogico altre terre di pensiero, per fare esperienza del pensare dell'altro... non ha senso creare barriere tra le varie tradizioni, tra i vari paradigmi, ma conviene piuttosto utilizzare la tradizione come si usa la borsa degli attrezzi (Mortari, 2012).

b) i tre ambiti principali su cui si posiziona la nostra ricerca: narratologico, neuropsicologico delle Funzioni Esecutive e formativo. Richiamando i capitoli precedenti, possiamo riconoscere questi ambiti come dei macro costrutti 'ombrello', dentro i quali si attuano ricerche e studi basati su paradigmi plurimi, continuamente in via di definizione, frequentemente collocati al confine con diverse discipline e in costante confronto tra esse. Gli stessi modelli di ricerca, utilizzati in questi

ambiti, si avvalgono tradizionalmente di metodologie molto diversificate, proprio per la complessità dei loro oggetti di indagine, ma soprattutto, perché gli studiosi di narratologia afferiscono a diversi paradigmi disciplinari, gli studiosi di neuropsicologia3 e in particolare delle

Funzioni Esecutive, si stanno ancora confrontando su diversi modelli interpretativi delle stesse, gli studiosi delle Scienze della Formazione/Educazione si collocano nel background storico- epistemologico sintetizzato dalle parole di Calvani precedentemente citate.

c) Nonostante le indicazioni, per lo più condivise dal mondo pedagogico:

La ricerca dovrebbe invece muovere da problemi realmente significativi per gli educatori e mirare a dare risposte capaci di risolverli: definire i problemi reali della pratica ed usare la teoria per risolverli... (Calvani, 2012 p. 17);

La condizione necessaria per realizzare una vitale teoria della educazione è quella di radicare la ricerca educativa nella pratica viva... (Mortari, 2012).

Dopo un periodo vivace e produttivo dagli anni Settanta agli anni Novanta del secolo scorso, nel panorama attuale della Istruzione in Italia, sono piuttosto rare le ricerche condotte in sinergia tra i diversi attori dentro contesti ecologici, infatti, sembra ancora perdurare l'idea che la pratica debba collocarsi in posizione subalterna alla ricerca, ma questo atteggiamento, non sempre dovuto a posizioni accademiche difensive o agli scarsi investimenti economici, oltre che porsi fuori dalle attuali tendenze scientifiche, può provocare la dissipazione delle risorse intellettuali e un impoverimento generale dell'attitudine alla ricerca, al pensiero critico e strategico, che potrebbero, invece diventare 'habitus' diffusi tra i formatori nei vari contesti educativi.

Le pratiche della educazione forniscono i dati, gli argomenti, che costituiscono i problemi di indagine; esse sono l'unica fonte dei problemi fondamentali su cui si deve investigare. Queste pratiche della educazione rappresentano inoltre la prova definitiva del valore da attribuire al risultato di tutte le ricerche (Dewey, 1984, p.24).

In linea con le linee teoriche qui sopra evidenziate e le attuali tendenze attuali internazionali, di cui riportiamo qui di seguito un recente esito di policy, ricavato da un lavoro di Reeves (2011), crediamo di non poterci più riconoscere in posizioni di separazione tra ricerca accademica, ricerca applicativa, pratica riflessiva.

In February 2010, John Q. Easton, the newly-appointed head of IES in the administration of President Barrack Obama, stated the following priorities for the agency:

1. Make our research more relevant and useable.

2. Shift from a model of “dissemination” to a model of “facilitation.” 3. Create stronger links between research, development and innovation.

4. Build the capacity of states and school districts to use longitudinal data, conduct research and evaluate their programs.

5. Develop a greater understanding of schools as learning organizations.

e) una metodologia multi-metodo consente di rilevare una poliedricità di elementi significativi e significanti, rispetto al nostro oggetto di indagine, permettendo livelli diversificati di conoscenza e di interpretazione, poiché il paradigma della complessità, in cui riteniamo si possa collocare 3. Neuropsicologia: scienza interdisciplinare, che si colloca nel punto d'incontro tra psicologia cognitivista, neurologia, neurofisiologia, neuroanatomia e intelligenza artificiale.

l'indagine su dispositivi di qualificazione formativa di tipo narrativo in interazione con funzioni neuropsicologiche, ci induce a pensare che la sistematica ripetizione di costanti e di risultati, rilevata dentro situazioni e contesti differenti, attraverso la costruzione di toolkit e di azioni formative, con conseguenze verificabili, possa permettere un utile incremento della conoscenza sull'oggetto in questione, tale da essere significativo per la comunità scientifica, per i contesti formativi in generale, per le persone e i contesti stessi coinvolti durante la ricerca, che, dunque, possono beneficiare di metodologie, di dati e di strumenti capaci di evidenziare diversi gradi di affidabilità, possibili ricadute applicative, replicabilità delle diverse indagini e azioni, condivisione trasparente dei criteri interpretativi, ma anche di direzioni generative, così come indicato dagli autori Minello e Margiotta:

a differenza della psicologia, la ricerca educativa e pedagogica evidence based non è tenuta a dare per scontati l'esistenza e i confini naturali di quel particolare oggetto di conoscenze che chiamiamo insegnamento, educazione, istruzione o formazione; e neanche di quei meccanismi naturali o sociali che si ritengono alla base del loro funzionamento e della loro evoluzione trasformatrice. La ricerca pedagogica, invece, punta a stabilire le condizioni trascendentali della possibilità e delle forme dell'esperienza educativa e formativa, intesa come relazione e direzione di senso che trasforma gli apprendimenti in talenti, l'empatia in relazione, il comportamento in autonomia, il sapere in scelte e decisioni (Minello e Margiotta, 2011, pp. 9-10).

Analisi fenomenologiche e analisi sperimentali per un'alleanza generativa

Il fenomenologo parte dall’esperienza e, attraverso una descrizione accurata di quell’esperienza, tenterà di delineare come essa essa si struttura, così da poter restituire un'esperienza del mondo dotata di significato (Gallagher e Zahavi, 2009; p. 11).

Le evidenze, in questa prospettiva, sostengono una descrizionalità viva, infatti, attraverso un trasparente uso dei dati raccolti (Abbott, Langston, 2005 p. 45), esse sono in grado di consentire una partecipazione autenticamente democratica, sia a chi sarà fruitore di quel dato, sia a chi, in primis, l'ha manifestato, anche i bambini più giovani (Mortari, 2009).

L'attendibilità dei dati è il requisito fondativo di ogni ricerca che si possa considerare valida, essa è possibile se l'indagine è in grado di raccogliere il mostrarsi da sé del fenomeno (Mortari, ib); in quanto il fenomeno costituisce il manifestarsi di ciò che esiste nella sua essenzialità, i dati debbono risultare evidenti di per se stessi nel loro proprio modo (Husserl, 1995, 2002). In questa direzione, come sottolinea Mortari (ib. p. 35):

...la fenomenologia chiede al soggetto non di produrre dispositivi che agiscono sui fenomeni, ma tecniche di lavoro su di sé, tecniche di formazione di una mente che sappia accogliere il dato nel suo donarsi offerente.

Possiamo, dunque, pensare che consentire ad un evento di essere, permetta ai dati di emergere, diventare 'evidenti' (dal latino evenire). Secondo questa logica,

… l'evidenza si attua nella misura in cui il soggetto predispone le condizioni affinché il fenomeno si riveli da sé e a partire da sé (Marion, 2001, cit. in Mortari, ib.).

Nella fenomenologia classica, l'atto euristico può avvenire attraverso processi recettivi e intuitivi, di tipo categoriale, in grado di permettere al fenomeno di essere colto fedelmente; deve essere,

quindi, costruita, già in fase di elaborazione concettuale e teorica, la fedeltà alle qualità essenziali dei dati, così da permettere l'evidenza di 'strutture stabili dell'esperienza'.

Essa (la descrizione) deve porre a titolo di esempio davanti ai nostri occhi dei puri eventi di coscienza, chiarirli completamente, analizzarli dall'interno di tale chiarezza e afferrarne l'essenza, seguire le evidenti connessioni tra essenze, fissare in fedeli espressioni concettuali ciò che di volta in volta si è intuito e il senso di tali espressioni deve essere prescritto da ciò che si è visto e che si è imposto con evidenza (Hussserl, 2002, p. 160).

Nella prospettiva costruttivista della nostra indagine, ci sembra particolarmente feconda la lettura intersoggettiva e multi prospettica dell'accesso al significato esperienziale, anticipato da Bachtin quasi quaranta anni fa:

Le scienze esatte sono una forma monologica del sapere, l'intelletto contempla una cosa e ne parla. Non c'è qui che un solo soggetto, il soggetto che contempla e che enuncia. Solo una cosa senza voce si trova davanti a lui. Ma non si può percepire, studiare il soggetto in quanto tale come se fosse una cosa, perché non può restare soggetto se è senza voce: ne consegue inevitabilmente che la sua conoscenza non può che essere dialogica (Bachtin, 1975).

L'espansione di questo concetto viene dai due autori più recenti precedentemente citati, Gallagher e Zahavi: come non è più pensabile che esista una prospettiva puramente oggettiva, con un conoscente che si pone in terzietà rispetto a un'esperienza a cui sta partecipando in prima persona, così non è più pensabile l'esclusività di una conoscenza puramente soggettiva, che considera illusoria la prospettiva -necessariamente- adottata da qualcuno che lancia uno sguardo sul mondo, ovvero in un luogo e in un tempo precisi.

L’oggettività scientifica... è basata sulle osservazioni e sulle esperienze di individui… e presuppone una triangolazione di punti di vista o prospettive (Gallagher e Zahavi, ib. pp. 66-67).

Il tema dei punti di vista, richiama uno dei filoni fondativi della psicologia, quello rappresentazionale, argomento spinoso ampiamente dibattuto anche dalle scienze filosofiche e recentemente riconfigurato dopo le scoperte sui neuroni-specchio (Rizzolatti, Sinigaglia, 2006): un fenomeno pur 'incarnandosi' in determinate aree cerebrali non è quelle aree, così come descrivere un fenomeno in tutte le componenti direttamente osservabili, non è esaustivo di tutto ciò che è empiricamente sperimentabile, tuttavia, è possibile che un insieme teorico-pratico, ovvero una fenomenologia pragmatica-esperienziale possa permettere:

… l'individuazione di senso, la struttura e i processi che determinano l'esperienza (psichica) e quindi tutti i suoi aspetti sia intellettuali che affettivi, nelle loro articolazioni e nelle loro modalità espressive... la stessa prassi costituita dall'indagine empirica... si rivela come forma generativa di senso (Funari, 1991 p. 56).

Riprendendo il lavoro di Funari, è ipotizzabile che la prospettiva fenomenologica, così declinata, possa permettere l'articolarsi di processi intenzionali e quindi 'vissuti', dotati di tendenze e di strutture (ib. p. 60) che permetterebbero un progressivo avvicinamento al senso del manifestarsi fenomenico.

Se non possiamo, alla luce delle nuove scoperte neuro scientifiche degli ultimi venti anni, fermarci alla definizione classica che dettero della rappresentazione Sandler e Rosemblatt nel 1962:

una organizzazione interna stabile, una mappa interna che raccoglie e integra tutte le immagini mentali e le disposizioni relazionali di sé e degli altri; i contenuti e le caratteristiche cognitivo- affettive di queste immagini, immagini che si collocano all'interno dell'esperienza personale (cit. in Ammaniti, Stern, 1991).

Tuttavia, possiamo riconoscerne la straordinaria intuizione concettuale- fenomenologica, infatti se per 'mappa' intendiamo quella neuronale e per 'esperienza' intendiamo quella embodied, anche i termini immagini e stabile possono essere ricollocati dentro una nuova significazione, in linea con le ricerche attuali, che, utilizzando il concetto di rappresentazione neuronale, fanno emergere il carattere risonante della propria esperienza personale con le esperienze degli altri.

Soltanto per mezzo della esperienza si può sapere quali inclinazioni da soddisfare esistono e quali siano le cause che possono produrre la loro soddisfazione (Kant, 1781).

Il primo a utilizzare il termine pragmatico (dal greco pragma, azione) fu Charles Pierce nel 1978, attribuendo alle teorie un valore di significatività e di verità valutabile solo attraverso le conseguenze pratiche da esse prodotte. William James e John Dewey furono tra i primi esponenti della corrente di pensiero denominata Pragmatismo, che venne articolata in modo più complesso da una corrente successiva denominata Neopragmatismo, maggiormente coinvolta nella individuazione di metodi differenziati e in grado di permettere risultati scientifici in grado di sviluppare forme democratiche, ricerca della conoscenza per la comunità, azioni positive per la vita delle persone. Se William James (1994) indicava come vero solo un enunciato capace di consentire una relazione corretta con l'esperienza, considerando le conseguenze fattuali come determinanti il valore di una teoria, allora questo è il compito della ricerca scientifica e una valida direzione di senso per l'ambito della ricerca formativa (Mortari, 2012, ib. p.39).

La verità è ciò che funziona, ciò che consente di ottenere un risultato che la comunità valuta in termini positivi. Di conseguenza il criterio per stabilire se una conoscenza è valida è dato dall'essere pervenuti al più alto grado possibile di accordo sulla conoscenza ottenuta... Questa concezione intersoggettiva del valore di verità ha notevoli conseguenze sul modo di concepire il processo epistemico (Rorty, 1994, p. 31; Mortari, 2012, ib p.40).

In interazione dialogica piena con la fenomenologia, il pragmatismo deweyano prevede che sia necessario avere l'esperienza delle cose di cui si tratta e una familiarità profonda e viva di ciò che costituisce l'oggetto di indagine (da Mortari, 2012, ib. p.62). Nel nostro caso, il background ventennale di esperienza dentro vari contesti scolastici e formativi, accompagnato da uno specialistico percorso formativo e pratico pluriennale in ambito clinico, insieme alla scelta di attuare tutto il progetto di ricerca dentro i contesti scolastici, ha costituito la premessa per una attenzione alla manifestazione della realtà nel suo continuo fiorire di molteplici forme e di queste al loro specifico modo di essere, costituendo un fondamento necessario ed essenziale per la conoscenza dei fenomeni indagati e delle loro strutture emergenti (Mortari, ib., 2012, p.62).

Abbiamo, dunque, cercato di creare situazioni sperimentali ricorsive in cui problemi sociali e culturali hanno costituito il punto di partenza per la ricerca (Whitty, 2006; Biesta 2009, Margiotta, 2010). Secondo le indicazioni di Burkhardt e Schoenfeld, (2003), riteniamo, pertanto, di poter collocare il nostro progetto di ricerca a cavallo di tre classiche tradizioni di ricerca in ambito formativo: umanistiche, delle scienze integrate e di innovazione eco-sistemica.

descrivere come

una ricerca originale svolta al fine di acquisire conoscenza e comprensione, invenzione e generazione di idee quando queste portano a spunti nuovi o sostanzialmente migliorati (Margiotta, 2012).

Secondo questo approccio non ci sarebbe bisogno che le affermazioni presentate vadano testate empiricamente, tuttavia, riconoscendoci maggiormente direzionati verso le dimensioni indicate da Biesta (2009), riteniamo che esse vadano basate su dimensioni di utilità, di prove e valori, di metodi e teoria, che possono costituire una base per assicurarne la fondatezza e la coerenza interna. In questo nostro lavoro abbiamo fatto riferimento a idee e analisi basate su riflessioni di autori in ambito delle neuroscienze, della narratologia e della formazione, considerando la loro specifica esperienza, di studio e di sperimentazione (Burkhardt e Schoenfeld, ib.), tanto più perché, operando in un paradigma multiplo e al confine tra diverse discipline, era necessario ricorrere a riferimenti diversi dalla propria personale specializzazione.

b) L'approccio scientifico integrato di ricerca è diretto a migliorare la conoscenza e la comprensione di "come il mondo funziona", attraverso l'analisi dei fenomeni; e la costruzione di modelli che li spiegano (ib) ed impone, quale requisito essenziale, che le asserzioni siano sottoposte ad analisi sperimentale e/o quasi, a test e a valutazioni. Nel nostro lavoro, dopo una prima fase di ricerca maggiormente caratterizzata da un approccio fenomenologico e qualitativo, si è deciso di procedere, nella seconda fase, con uno studio sperimentale, condotto mediante gruppo di controllo e gruppo sperimentale, attraverso l'utilizzo di prove standardizzate nazionali e internazionali per valutare il potenziamento di funzioni neuropsicologiche, a seguito di un percorso formativo originale e specifico.

Tale approccio fornisce intuizioni, identifica problemi, e suggerisce possibilità. Tuttavia, non genera, di per sé, soluzioni pratiche, anche su piccola scala; per realizzare questa possibilità deve essere legata al approccio che chiamiamo eco-sistemico (Margiotta, ib.).

c) L'approccio eco-sistemico alla ricerca è direttamente interessato a stabilire un impatto innovativo:

… capire come funziona il mondo, contribuendo a "lavorare meglio" , disegnare sistematicamente lo sviluppo di soluzioni di alta qualità a problemi pratici. Si basa sulle intuizioni provenienti da diverse fonti di ricerca, ma va oltre. Può essere descritto come l'uso delle conoscenze esistenti per produrre nuove impostazioni o materiali sostanzialmente migliorati, dispositivi, prodotti e processi, compresa la progettazione e la costruzione. Combina design fantasioso e integra valutazione scientifica con il test dei prodotti e dei processi durante il loro sviluppo, va contro la generalizzazione. I prodotti principali sono strumenti e/o processi che, mediante una valutazione evidence-based, dimostrano di funzionare bene rispetto al loro utilizzo e per gli utenti interessati (Margiotta, ib.).

Siamo consapevoli che in Italia questo approccio in ambito formativo è più sottovalutato, infatti,

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