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3. FUNZIONI ESECUTIVE E FORMAZIONE 1 Introduzione

3.2. Le Funzioni Esecutive come processo interattivo elettivo tra i sistemi neurocognitivi e i contesti ambiental

Da più parti viene sottolineato il ruolo critico del contesto nello sviluppo delle funzioni neurocognitive:

the ontogeny of neural circuit is crucial to these continual brain-context transition. As this circuitry matures, the transitions between it and the external context deliver the young children from the tyranny of internal biology (in the form of reflexive action patterns) and permits ever more precise selection of differing response options with respect to the child's environment... the symbolic power of language, moreover, dramatically extends the range of possible contexts far beyond those available to nonhuman animals (Bernestein e Waber, 2007, p. 46).

Come ricordano ancora questi autori, mutuando la concettualizzazione vygotskjiana, l'interazione con i contesti e lo sviluppo di abilità esecutive, non è solo frutto dell'apprendimento di un soggetto, inteso come agente risolutore di problemi, totalmente autonomo nelle proprie attività svolte, ma è anche frutto dell'agentività, parimenti fondamentale, del contesto in cui il soggetto si trova e che può passare sia attraverso limitazioni e ostacoli, ma anche processi di scaffolding, di facilitazione , di potenziamento, nonché di attivazione di fondamentali schemi di azione, attuati attraverso le interazioni e le aspettative sociali.

La natura interattiva dello sviluppo di funzioni complesse, che non è, dunque, automatico e pre- programmato, ma particolarmente sensibile ai fattori contestuali collegati alla stessa complessità esperienziale (Fields, 2005), è ormai evidenziata da numerosi studi, che dimostrano come il cervello riesca a sviluppare nuove connessioni, in risposta alle esperienze svolte; ad esempio, processi qualificanti di tipo linguistico e comunicativo compiuti dagli adulti promuovono diversi processi di autocontrollo nei bambini (Barkley, 1997; Kochanska et al., 2000; Sethi et al., 2000; Blair, 2002; Raver et al., 2011; Hinnant et al., 2013; Blair et al., 2014) ed esperienze strutturate con buon grado di complessità incrementano funzioni complesse (Hashimoto, 2004; Rueda et al., 2012).

Il dibattito, tuttora in corso, riguarda alcune questioni fondamentali relative ai processi formativi per lo sviluppo delle FE, che sono direttamente connesse alle problematiche teorico-interpretative precedentemente presentate:

a) le funzioni esecutive si sviluppano meglio attraverso compiti specifici o attraverso compiti dominio-rilevanti, più direttamente collegati a situazioni contestuali e comportamentali?

b) Quanto devono essere nuovi i compiti proposti, tenendo conto che l'elemento di familiarità elicita in misura minore risposte afferenti all'area delle funzioni esecutive, tuttavia, in età evolutiva è necessaria una maturazione di abilità adattive ai contesti culturali e sociali di appartenenza? c) Quanto è necessario strutturare situazioni e contesti vari, tenendo conto che l'attivazione di processi di controllo esecutivo può essere diversa in ambiti situazionali differenti (ad esempio: un bambino può dimostrare abilità eccellenti in attività informatiche di notevole complessità e scarso controllo esecutivo in attività più classiche di tipo scolastico)?

d) Quanto incidono le variabili culturali e sociali del contesto di appartenenza, anche tenendo conto che ci muoviamo in un mondo sempre più globalizzato? A tale riguardo, un esempio personale: in un traghetto veneziano molto affollato, due mamme di provenienza culturale differente (nord Europa e area subsahariana), alle prese con un momento di scarso controllo 'esecutivo' dei loro bambini di circa quattro anni; mentre la prima madre ha attivato una comunicazione potentissima, solo mediante uno sguardo e della durata di pochi secondi, che ha subito fermato il bambino riportandolo al suo posto a sedere, la seconda non ha ritenuto di dovere

intervenire, lasciando che il bambino continuasse il suo comportamento, mantenendo una tranquillità serafica e sorridente.

e) In che direzioni socio-culturali è necessario muoversi, tenendo conto che siamo in un momento di transizione tra modelli di adattamento multi-tasking, con overloading di informazioni, attraverso interazioni ad alta complessità tecnologica, e modelli tradizionali che hanno dimostrato buona capacità di sviluppo di abilità superiori (ad esempio: modelli di comprensione e di organizzazione, di decision making, di costruzione sociale non virtuale delle competenze relazionali)?

f) Quanto è necessario promuovere azioni di sviluppo, in che età, e come, tenendo conto che la modificazione strutturale, ampiamente evidenziata nei capitoli precedenti, ma non ancora sufficientemente compresa, assume traiettorie diverse nei vari periodi della vita e sembra particolarmente rapida e cruciale nei primi anni ?

g) Tenendo conto della dipendenza dal contesto e dalla situazione, che sembra caratterizzare l'attivazione delle risorse esecutive (Bernestein e Waber, ib., p. 50), quali potrebbero essere i contesti più economici e significativi per un buono sviluppo di queste funzioni?

Come ricordano Fisher e Daley (2007), una più stretta collaborazione tra pratiche formative e ricerche neurocognitive può offrire una visione delle Funzioni Esecutive maggiormente accurata, anche in direzione di una migliore applicabilità, infatti, educazione, sviluppo e neuroscienze sono riconducibili ad epistemologie differenti: l'educazione non è solo un ambito accademico di studio, ma anche e soprattutto un campo applicativo, le neuroscienze sottolineano il ruolo delle funzioni cerebrali, ma non sono ancora abbastanza diffusi gli studi che offrono ricadute utili per azioni formative, quindi, è fondamentale trovare spazi di interesse congiunti, in modo che sia sempre più possibile disporre di buoni modelli che mettano in interazione l'attività del cervello con le azioni comportamentali e cognitive in via di sviluppo e la loro formazione ottimale.

3.3. Evidenze

Se guardiamo alle competenze essenziali che, già venti anni fa, l'OMS ha denominato Life Skills (1993), possiamo trovare una quasi completa corrispondenza con le abilità implicate dal costrutto delle Funzioni Esecutive: decision making, problem solving, pensiero creativo, pensiero critico, comunicazione efficace, capacità di relazioni interpersonali, autoconsapevolezza, empatia, gestione delle emozioni, gestione dello stress.

Creatività, flessibilità, autocontrollo e disciplina: queste sono le caratteristiche principali per avere successo. La creatività è importante per concepire soluzioni innovative (...); la flessibilità aiuta ad intravedere prospettive diverse; la memoria aiuta ad utilizzare un numero elevato di dati e a metterli in connessione mentalmente; l'autocontrollo e la disciplina mantengono l'individuo concentrato e lo aiutano a portare a termine i compiti. Le FE sono centrali e includono la capacità di “giocare” mentalmente con le idee, di riflettere e ponderare una risposta e rimanere focalizzati sui propri compiti (da: Centro della Salute del Bambino, 2011, p.3).

Come abbiamo visto, la letteratura in ambito neuropsicologico sottolinea da tempo che le capacità cognitive afferenti al costrutto delle FE sono robusti predittori del successo scolastico (Roebers et al. 2011) e correlano significativamente con molte abilità utili ai vari contesti di vita (Hinnant, 2013; Clark et al., 2013), tuttavia, come segnalano gli autori Blair e Willoughby (2013), è ora necessario passare a sperimentazioni che dimostrino la modificabilità delle FE, quindi che la promozione del loro sviluppo porti a risultati positivi, a cambiamenti significativi nella vita delle persone: se le FE sono modificabili, possono costituire un bersaglio per interventi scolastici e formativi. Al momento, tuttavia, sono soltanto due gli studi rilevanti in ambito internazionale che, utilizzando disegni

randomizzati e controllati, hanno dimostrato con forti evidenze sperimentali un incremento delle FE in età evolutiva a seguito di training in ambito scolastico: uno studio di Diamond e Lee (2007) e uno studio di Raver e colleghi (2011); entrambi questi studi riguardano l'età prescolare e hanno richiesto un impegno di risorse notevole, possibile in paesi che prevedono investimenti consistenti in queste direzioni, inoltre, soltanto lo studio di Raver e collaboratori riesce a dimostrare che l'incremento delle FE, anche sul lungo periodo, è direttamente mediato dagli effetti di un curricolo scolastico: il Chicago School Readiness Project-CSRP, centrato sullo sviluppo di abilità di readiness per bambini a rischio, attraverso dispositivi di autoregolazione. Queste tipologie di studi sono in grado di costituire una base forte per dimostrare un ruolo causale diretto tra lo sviluppo delle FE -attraverso percorsi formativi- e gli effetti in successi scolastici o in altri ambiti di vita, permettendo un incremento sostanziale delle conoscenze teoriche del settore e una guida per le policy formative, tuttavia, come evidenziano gli autori Blair e Willoughby (ib), c'è da tenere presente che, secondo queste prospettive, per avere dimostrazioni forti sono necessari studi complessi che prevedano modelli sperimentali longitudinali per controllare l'effetto della modificazione nel tempo e delle variabili intervenienti o correlate.

Possiamo, comunque, ipotizzare che aumentando anche gli studi di tipo analitico, volti a indagare le relazioni tra FE e risultati specifici in diversi aspetti del processo formativo, sia di tipo contestuale (ad esempio: la strutturazione di ambienti), sia di tipo metodologico (ad esempio: processi e dispositivi formativi qualificati), si possa contribuire alla validazione di modelli più generali, quindi, nella nostra prospettiva, gli studi con evidenze sperimentali robuste, possono costituire una guida dello stato dell'arte in questo settore di ricerca e una base di riferimento per la costruzione di panel di studio più contestualizzati.

Qui di seguito, andremo, dunque, a presentare brevemente alcune linee evidenziate dai due studi sopra citati e da un recente studio con un training specifico per bambini di 5-6 anni (Rothlisberger et al., 2012), che riteniamo esemplificativo per riflettere sulla applicabilità di training specifici in contesti scolastici. Inoltre, presenteremo una riflessione sulla review di Diamond e Lee (2011), che offre una rassegna di interventi riconosciuti efficaci per un miglioramento nello sviluppo delle FE in bambini dai 4 ai 12 anni.

Lo studio di Raver e colleghi (ib.) ha valutato, attraverso un accurato studio randomizzato per cluster e procedure statistiche raffinate di controllo delle variabili, gli esiti del training CSRP- Chicago School Readiness Project, un progetto multicomponenziale basato su modelli teorici relativi a processi di sviluppo comportamentale nei contesti svantaggiati, in modo da promuovere le capacità di autoregolazione e di apprendimento dei bambini in fascia prescolare considerati a rischio; per l'implementazione del progetto sono stati coinvolti insegnanti a cui è stata offerta una consistente formazione specifica (anche di gestione del proprio burnout) e un supporto specialistico continuo nella gestione di difficoltà comportamentale dei loro allievi, mentre non venivano forniti supporti relativi ad abilità di literacy (es: linguistiche, matematiche), in questo modo è stato possibile valutare esclusivamente lo sviluppo nei bambini di capacità emotive e di autoregolamentazione, come predittori del successo anche in compiti di pre alfabetizzazione; vengono, infatti, considerate particolarmente rilevanti -nella fascia di età prescolare- le capacità di modulazione dell'attenzione e del controllo dell'impulsività, che permettono di apprendere efficacemente da insegnanti e da pari, individuando nelle Funzioni Esecutive e nel Controllo Esecutivo le componenti specifiche attraverso le quali esercitare ed indagare gli esiti del processo di sviluppo. Il training prevedeva, dunque, una serie di attività improntate al controllo inibitorio, di spostamento attenzionale, di memoria di lavoro, di regolazione delle emozioni e del comportamento sociale o pro-sociale. I risultati hanno evidenziato - anche tre anni dopo la fine del

training- miglioramenti significativi nelle abilità di autoregolazione generale, utili per l'apprendimento (es: sedersi con calma, seguire le indicazioni e le consegne, focalizzare l'attenzione per la gestione di compiti complessi) e in altre abilità più direttamente collegate a compiti scolastici (vocabolario, lettura, matematica); inoltre, sono state indagate le componenti di base sottostanti questi processi, rilevando che i bambini presentavano maggiori abilità nel gestire la complessità cognitiva, la pianificazione e il controllo inibitorio. Sembra che i risultati migliori siano stati riscontrati nelle situazioni con ambienti più strutturati, routine chiare, maggiori episodi positivi vissuti insieme, rispetto a quelli conflittuali o coercitivi. In questo studio è stato rilevato un minore impatto dell'intervento sul controllo esecutivo, si ipotizza che questo possa essere dovuto al tipo di prove utilizzate, probabilmente basate sulla valutazione di componenti temperamentali più stabili, o ai sistemi neurologici alla base di questa componente, che potrebbero essere stati 'plasmati' precedentemente e risentire maggiormente degli effetti di care-giving parentale. Uno studio più recente, guidato da Blair e colleghi (2013), sembra confermare l'impatto delle cure parentali sullo sviluppo delle FE. Questo, come indicano Raver e colleghi (ib.), comporterebbe, dunque, la necessità di attivare anche una formazione specifica alla genitorialità e alla conduzione educativa, in modo da supportare processi più estesi di apprendimento, focalizzati sull'attenzione e la gestione dei comportamenti emotivi.

Sebbene meno accurato del precedente nell'analisi statistica, lo studio di Diamond e colleghi (2007), offre evidenze sperimentali riferite a un curricolo che non richiede consistenti risorse specialistiche o sessioni formative costanti di supporto per le insegnanti, come il precedente, e gode di anni di risultati applicativi positivi. Lo studio, effettuato sempre in contesti socio-economici svantaggiati, mette a confronto gli esiti relativi all'incremento delle FE, misurato con due test computerizzati per la fascia di età prescolare, rispetto a due curricoli: uno basato su competenze di literacy: District’s version of Balanced Literacy curriculum – dBL, e uno basato sulle intuizioni relative alle FE e al loro sviluppo di Vygotskji e Luria: Tools of the Mind.

I bambini che avevano partecipato all'iter formativo svolto mediante il secondo curricolo hanno evidenziato risultati significativamente più alti nei test effettuati.

Ci soffermiamo a descrivere brevemente gli aspetti rilevanti del curricolo Tools of the Mind, che sembra offrire significative evidenze di successo ed è stato ampiamente validato. Tools è un curriculum prescolare evidence-based sviluppato dalle psicologhe scolastiche Bodrova e Leong (2001, 2007) sulla base delle teorie e delle pratiche di Luria e Vygotskij (1973, 1974, 1975, 1987, 2006, 2007); il curricolo prevede lo svolgimento di una serie consistente di attività per promuovere le FE attraverso:

 il linguaggio autoregolativo interiorizzato;  giochi di drammatizzazione e role-playing;

 dispositivi e materiali per facilitare la memoria e l'attenzione.

Le insegnanti impiegano circa l'80% del monte orario scolastico per l'attivazione di queste competenze, che vengono attuate in progressiva generalizzazione nei vari contesti e si integrano come scaffolding a quasi tutte le attività scolastiche, attraverso una variazione di applicazione continua e un progressivo aumento della complessità. Secondo la teoria interazionista di Vygotskji, i bambini vengono sollecitati a impegnarsi in contesti interpersonali strutturati, inoltre, come indica Luria (1973, p. 30-31), inizialmente, ai bambini vengono offerti strumenti di supporto esterno, che facilitano processi maggiormente esternalizzati e su controllo consapevole, ma via, via, gli strumenti vengono gradualmente ridotti o sospesi, fino all'interiorizzazione della strategia, della regola, del compito. Anche i pari sono coinvolti nelle azioni di scaffolding (es: assumendo i ruoli di correttori o di confronto), supportando così processi di inibizione, di riflessività (auto o

etero diretta), di metacognizione. Viene, inoltre, data molta importanza al potenziamento del linguaggio interiorizzato, attuato attraverso passaggi progressivi che, inizialmente, lo rendono udibile e confrontabile con altri (es: indicare i passaggi di un compito nuovo e che richiede un alto carico attentivo mentre lo si svolge; confrontarsi su un libro che si sta guardando con un compagno o nel gruppo, attraverso azioni di modeling dell'insegnante). Analogamente, il linguaggio pubblico viene incoraggiato e sostenuto attraverso attività di role-playing e drammatizzazioni, così come viene sviluppata la flessibilità cognitiva mediante attività di switching, ovvero attraverso giochi che prevedono spostamenti tra compiti e assetti mentali differenti.

Secondo Vygotskij (1987, 2007), i giochi di drammatizzazione e di interazione costituiscono il meccanismo principale per lo sviluppo delle FE, quindi, nel curricolo Tools i bambini vengono incoraggiati a scegliere, immaginare e pianificare insieme lo scenario del gioco, anticipandolo, disegnandolo, discutendone insieme tra loro e con l'insegnante. La stessa insegnante, durante il gioco libero, si avvicina ai bambini, discutendo 'in tempo reale' di quello che stanno facendo, in questo modo i bambini sono incoraggiati a parlare dei loro pensieri. I giochi di ruolo facilitano ulteriormente questi processi, permettendo l'interiorizzazione di regole, la gestione della memoria di lavoro (es: gestione del ruolo scelto da loro e dai compagni) e varie modalità di inibizione (es: comportamenti non inerenti al ruolo scelto). Questa modalità formativa si differenzia, generalmente, da quello che accade nei curricoli in cui non vengono pianificati né il gioco, né altre attività insieme ai bambini e il gioco non viene considerato come un dispositivo per potenziare le funzioni esecutive, ma come attività sociale, da scegliere a capriccio, o come supporto per esercitare o alleggerire l'attivazione di altre competenze (es: matematica, linguaggio).

Sembra (Diamond e colleghi, 2007) che anche variabili intermedie, possano contribuire al successo del curricolo: buon clima, aule strutturate, strumenti e tecniche per gestire le difficoltà e fornire strategie per evitare il fallimento nelle attività, attenzione costante alle relazioni tra i bambini. Dopo un anno di scolarizzazione attraverso queste modalità si riducono le interazioni negative, i bambini restano meglio sul compito, utilizzando autonomamente i materiali a disposizione e divertendosi, in questo modo diminuiscono lo stress e la necessità di un continuo controllo disciplinare, mentre aumenta la fiducia nelle proprie possibilità. Secondo gli autori dello studio, probabilmente, i guadagni registrati anche nelle competenze più strettamente scolastiche, sono dovuti alla diminuzione degli interventi di controllo disciplinare degli insegnanti, che possono investire più tempo ed energie per l'apprendimento, inoltre, il cervello dei bambini ha bisogno di sfide: il gioco che preveda componenti afferenti alle FE sembra fornire queste opportunità, permettendo che lo sviluppo in queste funzioni si generalizzi anche ad altri contesti.

Uno studio svizzero più recente, svolto da Rothlisberger e colleghe (2012), offre alcuni utili spunti di riflessione, in quanto svolto con modalità differenti dai due studi precedenti, per tempi più brevi, in un contesto più ridotto, con bambini a sviluppo tipico tra i 5 e i 6 anni di età, partendo dal presupposto che, come abbiamo visto, un incremento rapido e significativo delle FE viene registrato nel periodo tra i 4 e i 6 anni (Roebers et al, ib.), comportando, sul lungo periodo, un incremento delle competenze dominio-specifiche in compiti scolastici (Bull et al., 2008; Welsh et al., 2010). Tuttavia, come segnalano le autrici, la maggior parte degli studi svolti evidenziano risultati rilevati in interventi individuali, quindi attuabili in contesti clinici o sub-clinici, e attraverso modificazioni dell'intero curricolo, come abbiamo visto precedentemente. L'intervento attuato da questo gruppo di studio, ha, quindi, coinvolto gruppi di bambini, mediante attività, sia individuali, sia a piccolo gruppo o a gruppo allargato, in un setting di apprendimento intenso e strutturato, ma per un breve periodo (30 sessioni giornaliere per 6 settimane: due volte alla settimana, condotte direttamente dal gruppo di ricerca, e gli altri giorni dalle insegnanti di sezione, che continuavano lo

stesso programma), volto a incrementare direttamente tre componenti base delle FE: memoria di lavoro, controllo inibitorio, flessibilità cognitiva, mediante specifiche attività di gioco e didattiche ricavate dalla letteratura di settore e molto affini alle classiche prove costruite per misurare le FE in età prescolare (es: puzzles, giochi attentivi e di inibizione, Simon says, Luria's hand game, Dimensional Card Sorting, Matching familiar figure test, Story completion, Mazes memory, Trail Making Test), tuttavia, senza supporti informatici e con attività più facilmente implementabili nei normali setting di apprendimento. L'intervento ha evidenziato un miglioramento significativo nella memoria di lavoro e in processi di flessibilità cognitiva per i bambini più grandi, mentre il miglioramento per i bambini più piccoli è stato riscontrato nel controllo inibitorio.

Un recente contributo, su queste linee, sempre in età evolutiva viene da uno studio, specifico, ma significativo, di Espinet e colleghi (2013), in cui bambini di età prescolare vengono stimolati attraverso un training riflessivo e un processo di correzione nello svolgimento di un compito ormai classico per la misurazione delle FE, il Dimensional Change Card Sort- DCCS). In tutti e tre gli esperimenti svolti, i bambini che avevano effettuato il training di tipo riflessivo, presentavano miglioramenti nell'esecuzione della prova.

Rispetto agli interventi che dimostrano di incrementare le FE nei bambini dai 4 ai 12 anni, si ritiene un punto di riferimento la review di Diamond e Lee pubblicata su Science (2011). Lo studio prende in considerazione ricerche effettuate su training di successo, non indirizzati specificatamente a sviluppare le FE, ma che hanno evidenziato incrementi significativi in abilità afferenti alle FE: creatività, flessibilità cognitiva, autocontrollo e disciplina. Solo la ricerca di Raver e colleghi, qui precedentemente presentata e considerata anche nella review di Diamond e Lee, ha raccolto dati di follow up su un lungo periodo (3 anni), mentre non tutti i lavori presi in considerazione dalla review presentano analisi statistiche altrettanto raffinate, confermando così che gli studi sperimentali in questo settore sono ancora in via di sviluppo, tuttavia, le ricerche analizzate evidenziano come alcuni training formativi possano migliorare le FE in età evolutiva.

I training che sembrano dare risultati, seppure variabili, in queste direzioni sono di sei tipi:

 training specifici computerizzati, per le fasce di età scolari, volti a sviluppare componenti specifiche (es: memoria di lavoro verbale e visuo-spaziale, attenzione), la maggior parte di questi training sono stati effettuati con bambini che evidenziavano disturbi specifici (es: ADHD);

 training non computerizzati, volti a sviluppare sempre componenti specifiche o di ragionamento generale (regole, ragionamento fluido);

 sport e attività motorie di tipo aerobico;

 arti marziali e pratiche meditative guidate da azioni di tipo metacognitivo e di sviluppo del

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