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PROCESSAMENTO DELLE INFORMAZION

3) La prova a quattro opzioni in interazione con le Funzioni Esecutive

6.3 Test, prove, matrici di analisi e processi cognitivi implicati 1 Introduzione

6.3.4. Prove per l'analisi del processo narrativo in interazione con le FE

Le narrazioni sono utilizzate a livello internazionale per la valutazione clinica e per l'intervento nel campo della patologia del linguaggio, tuttavia in Italia, ad oggi e solo recentemente, disponiamo per l'età evolutiva di due prove provviste di dati normativi con campioni di bambini italiani che valutano le abilità narrative dai 4 ai 7 anni di età: il Bus Test di Cipriani, Salvadorini e Zarmati (2012) e Il Test per la valutazione del linguaggio Orale di Levorato e Roch (2007). Non ci risulta siano presenti, al momento della nostra ricerca, a livello nazionale o internazionale, test o scale valutative specifiche che indaghino le interazioni tra abilità narrative e le funzioni esecutive.

Le prove narrative corrispondono, meglio di altre prove di analisi linguistica, ad un utilizzo finalizzato del linguaggio e sono maggiormente ecologiche, in quanto corrispondenti alla realtà quotidiana di interazione sociale, educativa e culturale: pensiamo ai libri, ai film, ai prodotti televisivi e mediali. Generalmente, le narrazioni costituiscono un ponte tra la lingua scritta e la lingua orale (Westby, 1989) e, secondo numerosi studi (Ripich e Griffith, 1988; Roth e Spekman, 1986; Bishop e Adams, 1990; 1992; Liles, 1985; 1987; Merritt e Liles, 1987; 1989; Paul e Smith, 1993; Feagans e Appelbaum, 1986; Fazio, Naremore e Connell, 1996), possono correlare con il linguaggio e con l’apprendimento, predicendo anche — qualora si riscontrino difficoltà nella loro comprensione o produzione — difficoltà in questi due ambiti. Considerando la quantità di ricerche degli ultimi anni dedicate alla narrazione, sembrerebbe possibile ricavare molte indicazioni sulle diverse abilità narrative nelle diverse età, ma non è propriamente così, per vari motivi, tra cui l'eccessiva disparità di metodi di indagine e di raccolta dei dati: ad esempio, per via orale (Schneider, Williams, e Hickmann, 1997; Stein e Glenn, 1979); a partire da racconti in immagini (Girolametto, Wiigs, Smyth, Weitzman, e Pearce, 2001; Paul, Hernandez, Taylor, e Johnson, 1996; Pellegrini, Galda, e Rubin, 1984; Girolametto et al, 2001;. Paul, Hernandez, Taylor, e Johnson, 1996; Strong , 1998); mediante completamento di storie (Merritt e Liles, 1987); da film o mediante drammatizzazioni di oggetti (Dollaghan, Campbell, e Tomlin, 1990; Liles, 1985, 1987; Feagans e Applebaum, 1986). Risulta pertanto difficile generalizzare i risultati di questi studi; in alcuni, in cui sono state utilizzate storie orali e storie con immagini, strutturalmente comparabili, gli autori hanno rilevato che i bambini raccontano storie variabili in termini di qualità a seconda di come vengono originariamente presentate: Schneider e Dubè (1996, 1997, 2003) hanno scoperto che i bambini, sia con problemi linguistici, sia con sviluppo tipico, di età compresa tra 5 e 9 anni hanno fornito più informazioni narrative quando queste riguardavano storie ascoltate rispetto a quando hanno dovuto formulare storie da immagini, senza ascoltare precedentemente una versione orale. Questi due autori (2003) sostengono che i compiti orali e con immagini sono analoghi alle situazioni di vita reale narrata e quindi entrambi dovrebbero essere valutati, insieme a una varietà di altri compiti narrativi. Secondo alcune ricerche, uno strumento che permetta la formulazione di storie solo mediante materiale visivo dovrebbe contribuire a fornire un quadro più completo delle competenze narrative indipendenti di un bambino. Molti autori del settore concordano sul fatto che i materiali per uno strumento valutativo debbano essere progettati secondo un modello del linguaggio: infatti, alcune ricerche documentano il ruolo che le forme linguistiche, lessicali e grammaticali, rivestono rispetto alle funzioni che supportano l’organizzazione della narrazione e il fatto che l’abilità dei bambini di rievocare o codificare una storia, negli studi tradizionali risulta correlata più ad abilità linguistiche che all’intelligenza non verbale (Berman e Slobin, 1994; Bishop e Donlan, 2005). Secondo questi autori, uno strumento valutativo basato su un modello del linguaggio dovrebbe dunque facilitare sia la comprensione della storia da parte dei bambini, sia la capacità di raccogliere in modo affidabile i dati sulle abilità narrative (Schneider, Dubé e Hayward, 2003). Tuttavia, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, altri studi neuropsicologici, svolti

mediante neuroimmagini o su pazienti con lesioni cerebrali, presentano numerose evidenze sulla correlazione tra performance in compiti narrativi (sia di comprensione che di produzione), le Funzioni Esecutive (memoria, attenzione, pianificazione, rappresentazione), processi di elaborazione visuospaziale e compiti di Teoria della Mente (Mar, 2004).

Un modello teorico molto utilizzato per raccogliere dati sulle abilità narrative è quello della Grammatica delle Storie. Il modello descrive le informazioni che gli adulti identificano come essenziali per definire una 'buona' storia e comprende le strutture che gli adulti e i bambini più grandi di solito includono nelle loro storie (Stein e Policastro, 1984). I ricercatori hanno ipotizzato alcune varianti un po' diverse e non vi è ancora completo accordo sulle componenti di base del modello (Mandler e Johnson, 1977; Rumelhart, 1975; Stein e Glenn, 1979; Thorndyke, 1977), secondo il quale, fondamentalmente, possiamo definire le storie come un insieme di categorie in sequenza connesse tra loro e riferite a diversi tipi di informazione che svolgono le funzioni specifiche nella storia. Una storia ruota attorno al tentativo o ai tentativi fatti da uno o più personaggi centrali per raggiungere un obiettivo. Ci sono due componenti principali per il modello di Grammatica delle Storie: strutturali e a unità grammaticali o elementi (Stein e Albro, 1997; Stein e Glenn, 1979). Le componenti strutturali descrivono il contenuto complessivo e l'organizzazione della storia. Le unità grammaticali della storia sono le categorie di informazioni che vengono tipicamente fornite in un certo ordine all'interno di episodi, ma può essere considerata storia anche quella composta da contenuti di base, normalmente inclusi nelle buone storie. La ricerca ha scoperto che, a seguito dell'ascolto di narrazioni, corrispondenti alla struttura della Grammatica delle Storie, i bambini rievocano meglio la modalità che si adatta allo schema ideale. Inoltre, quando bambini e adulti sono invitati a raccontare una storia che non è conforme al modello della Grammatica delle Storie, fanno in modo di ricordare la storia in un modo che le si conformi (Stein e Glenn, 1979). In generale, l'evidenza sperimentale riconosce che questo modello costituisce una valida rappresentazione di come gli individui organizzano le informazioni presenti nella storia. L'acquisizione di conoscenze sullo schema di storia sembra avere un trend evolutivo e i bambini di età superiore vanno approssimando la competenza a quella osservata negli adulti. Molteplici aspetti di abilità vengono indagati rispetto alle abilità narrative: analisi macrostrutturali — ovvero delle strutture di integrazione semantica dotate di coerenza referenziale, che esprimono il contenuto principale di un testo, lo riassumono, lo rappresentano come significato globale (Levorato, 1988) — permettono di concentrarsi sui contenuti e sull’organizzazione complessiva di una storia, mentre gli approcci microstrutturali permettono di concentrarsi sulle relazioni tra le sue parti (Hughes, McGillivray e Schmidek, 1997). Questi due tipi di misura contribuiscono a un’analisi complessiva della qualità di una narrazione (McCabe e Peterson, 1991).

Proprio perché non disponiamo di un assessment di valutazione narrativa specifica di interazione con le Funzioni Esecutive e nemmeno di uno strumento italiano di analisi completo dai 3 ai 12 anni, si è scelto di utilizzare:

- un recente strumento criteriale internazionale con precisi riferimenti teorici relativi alla Grammatica delle Storie, l'Indice di Complessità Narrativa di Petersen e colleghi (2008), da noi adattato e tradotto in Italiano (Salmaso, 2012);

- uno strumento criteriale ideato appositamente per il nostro studio: una matrice di analisi dei processi narrativi in interazione con le funzioni esecutive;

Possiamo individuare due tipologie fondamentali di assessment: riferite a norme e riferite a criteri. I test normativi forniscono punteggi che rilevano come un individuo può essere comparato a un campione standardizzato. I test criteriali (o di dominio specifico) non hanno lo scopo di comparare un individuo ad altri, ma vengono usati per descrivere conoscenze o comportamenti rispetto ad

una particolare abilità. Vengono usati per stabilire come una persona esegue un particolare compito. Di solito per raccogliere i dati vengono utilizzate checklist, scale a ranghi, indicatori. Questi dati possono essere analizzati mediante programmi informatici o manuali.

La necessità di un tempo piuttosto lungo per la trascrizione delle produzioni orali è, probabilmente, una delle ragioni principali che possono impedire un’applicazione diffusa delle analisi narrative.

p) Indice di Complessità Narrativa

Questo strumento, presentato in versione originale nell’articolo Emerging Procedures in Narrative Assessment: The Index of Narrative Complexity (Petersen, Gillam e Gillam, 2008), è stato controllato dagli autori mediante uno studio sperimentale di validità e affidabilità svolto con bambini dai 6 ai 9 anni. Nel dicembre del 2012 è stata pubblicata nella rivista Difficoltà di Apprendimento una nostra traduzione italiana adattata a cui rimandiamo (Salmaso, ib.), che, in questo nostro studio, abbiamo utilizzato solo per alcune analisi preliminari di storie prodotte dai bambini in vista della strutturazione della scheda di supporto utilizzata per il percorso formativo. Lo strumento presenta utili vantaggi valutativi, in particolare, include numerose categorie relative al modello della Grammatica delle Storie, integrando ricerche esistenti e approcci analitici/concettuali, collegati agli assessment per gli aspetti microstrutturali e macrostrutturali delle narrazioni orali (Petersen, Gillam e Gillam, 2008). Nello studio effettuato dagli autori lo strumento è stato applicato, come prova pre e post intervento, anche a una delle storie del Test of Narrative Language (Gillam R.B. e Pearson N.A., 2004) e alle storie della Strong Narrative Assessment Procedure (Strong C.J., 1998), due strumenti standardizzati molto diffusi a livello internazionale e non ancora tradotti e validati in Italia, tuttavia, ci sembra che lo strumento di Petersen e colleghi possa essere utilizzato per analizzare e monitorare i progressi di qualsiasi tipo di produzione narrativa, con le accortezze indicate dagli autori stessi: usare lo stesso contesto e materiale di elicitazione delle storie per due somministrazioni in pre e post intervento. Le osservazioni qualitative da noi svolte sembrano evidenziare la duttilità e l’efficacia di applicazione dello strumento in un contesto formativo: ci sembra utile il calcolo dei punteggi per valutare la qualità narrativa di una produzione individuale in confronto a quella di un gruppo o di una sezione/classe, oppure nel confronto tra diverse modalità narrative (in questo caso, la variabile stabile è quella dell'età di appartenenza e del livello normale delle abilità cognitive rilevate, oltre ad altri elementi strutturali delle storie), oppure in fase pre e post di un’attività di apprendimento e di sviluppo delle abilità narrative sia orali che scritte; naturalmente va previsto un ulteriore studio sperimentale specifico per confermare i nostri dati qui raccolti. Nel caso di produzioni orali è necessario registrare il racconto fatto dal bambino e poi trascriverlo, per essere sicuri di riuscire ad analizzare con una discreta accuratezza gli elementi indicati.

q) Matrice-rubrica di analisi dei processi narrativi in interazione con le funzioni esecutive

Con lo scopo di valutare le interazioni tra alcune funzioni esecutive e le produzioni narrative lineari/multilineari, secondo le linee teoriche indicate nei precedenti capitoli e sulla base di un modello di rubrica per la valutazione della scrittura in interazione con le FE, elaborato da Meltzer e colleghi (2010, p. 50), è stata costruita una matrice valutativa originale, riportata negli allegati (allegato n.2 ).

Valenze dell'utilizzo di una rubrica valutativa (da Ellerani, 2013):

Descrizione Autori di riferimento Obiettivo

Strumento di misura che elenca i criteri per analizzare un lavoro nei suoi aspetti più significativi

Goodrich 1996; Perkins 1992 Esprime chiaramente i livelli di qualità per ogni criterio ritenuto utile, partendo da livelli minimi accettati.

Strumento per valutare un

prodotto oppure una prestazione McTighe e Wiggins, 1996, 1999 Criteri valutativi, una scala definita e indicatori descrittivi per differenziare i livelli di

comprensione, di abilità, di qualità.

Guida all’attribuzione di punteggio comparativo che cerca di valutare le prestazioni degli studenti

Danielson, Hansen, 1999 Insieme di criteri che vanno da un livello minimo a uno massimo

La descrizione dettagliata dei differenti livelli criteriali di produzione narrativa e la definizione di un insieme di indicatori specifici relativi alle Funzioni Esecutive correlati sono stati forniti per una valutazione indipendente, prima, a un piccolo gruppo di esperti: due insegnanti di Scuola Primaria di lunga esperienza, e due ricercatori in Scienze della Cognizione e della Formazione, tutti hanno compilato autonomamente la rubrica, analizzando 13 storie lineari e multilineari costruite in quattro classi quinte, così da verificare la costruzione dello strumento e se potesse essere validamente utilizzato per valutare le produzioni narrative; quindi, la rubrica è stata utilizzata da un gruppo di 13 insegnanti di Scuola Primaria, che ha valutato, con assegnazione randomizzata, le stesse storie. Le rubriche così organizzate, generalmente, dovrebbero consentire a due insegnanti diversi di arrivare alla medesima valutazione. Questo aspetto evidenzia la potenzialità della rubrica, ovvero la forte riduzione di soggettività nella valutazione di una competenza. Solitamente il grado di concordanza dei punteggi assegnati da due valutatori indipendenti è una misura dell’attendibilità dei criteri della valutazione stessa. Questo tipo di coerenza è particolarmente necessario se dobbiamo valutare dei prodotti e contemporaneamente raccogliere dati che possano fornire utili indicazioni (Ellerani, ib.).

Gli elementi che compongono una rubrica solitamente sono: le dimensioni (o tratti); una scala di valore, criteri, descrittori, indicatori per specificare i livelli di prestazione accompagnati da modelli o esempi per ogni livello.

Le dimensioni o i tratti sono il riferimento per giudicare l’azione della competenza, nel nostro caso, sono state individuate 8 dimensioni riferite ai costrutti teorici da noi individuati per l'interazione tra processi relativi alle funzioni esecutive e i processi narrativi, avvalendoci anche di alcuni elementi del modello predisposto per i processi di scrittura da Meltzer e colleghi (ib.):

a) Pianificazione verbale, b) Pianificazione scritta, c) Organizzazione, d) Flessibilità ideativa di problem setting, e) Flessibilità ideativa prospettica, f) Flessibilità processuale, g) Definizione e ridefinizione delle priorità, h) Revisione.

Come è possibile vedere, sono state selezionate 8 dimensioni riconducibili a componenti principali delle Funzioni Esecutive: Pianificazione (a, b, c); Flessibilità cognitiva (d, e, f); Controllo inibitorio/Memoria (e, f, g); Monitoraggio (h).

Generalmente una rubrica contiene una scala a punti su un continuum di qualità. La definizione di questi valori è necessaria per valutare il livello manifestato della competenza in atto, nel compito complesso o autentico predisposto (Ellerani, ib.)

Abbiamo scelto per la nostra Matrice una scala a 4 punti, in cui il punteggio più basso corrisponde alla non evidenza del processo, mentre il punteggio più alto corrisponde a un processo realizzato al massimo livello possibile.

I criteri sono le condizioni che ogni prestazione o competenza deve soddisfare per essere adeguata e di successo. Essi definiscono che cosa significa “incontrare” i compiti richiesti (Ellerani, ib.). Nella nostra matrice sono presenti vari indicatori criteriali, relativi ad azioni e processi da mettere in atto durante la costruzione delle narrazioni complesse, in particolare multilineari, secondo il nostro modello, quindi, ad esempio: costruzione di modelli grafici, mappe, utilizzo strategico di materiale da fonti diverse, elaborazione di ipotesi prospettiche, individuazione di possibili problemi, evidenziazione dei diversi punti di vista.

Pur avendo noi applicato direttamente la matrice, durante la costruzione stessa delle narrazioni, per un'analisi fenomenologica personale, durante l'elaborazione processuale diretta di costruzione delle storie, non l'abbiamo utilizzata con questa modalità anche per le valutazioni sperimentali di questa ricerca; infatti, essendo risultato impossibile disporre di un numero sufficiente di insegnanti-valutatori indipendenti per i tempi lunghi previsti dalla costruzione delle storie, abbiamo, quindi, predisposto lo strumento in modo che possa essere utilizzato sia durante il processo stesso, dagli insegnanti o dagli studenti (in caso di età maggiori), prevedendo, ad esempio, di considerare o meno la voce 'svolto con il supporto dell'insegnante', ma anche per un'analisi sulle produzioni compiute, tenendo conto che, in questo caso, è necessario trascrivere i materiali preparatori (schemi, note e appunti), evidenziando chiaramente le modalità di costruzione narrativa, inoltre, può essere necessario un adeguato training o studio per capire le variabili sottostanti i processi di costruzione narrativa e i processi relativi alle funzioni esecutive selezionate, così da applicare correttamente la rubrica.

Nel nostro primo lavoro di ricerca (classi seconde di scuola secondaria e quinte primarie con differenti modalità narrative), i bambini non avevano il supporto della ricercatrice o delle insegnanti, durante la produzione, poiché era necessario valutare altri fattori, quindi, nella fase di analisi delle trascrizioni, da parte degli insegnanti valutatori, si è specificato che, per la voce 'revisione', non era prevista l'attribuzione del punteggio '3'.

In questo lavoro, abbiamo utilizzato la matrice per l'analisi comparativa tra le produzioni collaborative narrative lineari e multilineari, con lo scopo di rilevare differenze qualitative in relazione con le Funzioni Esecutive individuate, tuttavia, lo strumento è stato pensato anche per un' applicazione valutativa su processi di costruzione individuale, ad esempio in fase pre e post un'azione formativa non troppo lunga o in momenti diversi della formazione; in questo secondo caso, è necessario tenere sempre ben presente l'influenza del trend evolutivo di crescita.

r) Scale di autoefficacia percepita rispetto a indicatori di rappresentazione problemica, attenzione e comunicazione interpersonale in interazione con l'elaborazione narrativa

La teoria socio cognitiva di Bandura (1997, 2000) costituisce il framework teorico e pratico entro cui sono state rielaborate le due scale presentate ai ragazzi di seconda superiore di primo grado, prima e dopo la costruzione di storie lineari e multilineari.

L'autoefficacia percepita corrisponde alla convinzione che l'individuo ha di essere capace di dominare specifiche attività, situazioni o aspetti del proprio funzionamento psicologico e sociale. Si tratta, perciò, di percezioni e di convinzioni che rispecchiano la proprietà della mente di operare come un sistema autoreferenziale, nonché della persona di riflettere su se stessa e di imparare dall'esperienza (Caprara et al. 2001, p. 8).

Secondo gli autori che utilizzano questo approccio, le autovalutazioni (self-report) che misurano tratti, motivi e convinzioni di efficacia sono più affidabili dei giudizi sulla frequenza delle proprie reazioni/preferenze, ritenendo che le persone non si mettano alla prova con attività e situazioni che non sono in grado di dominare, inoltre le convinzioni di efficacia personale sembrerebbero essere gli indicatori più adeguati per evidenziare le capacità di operare in modo consapevole al fine di raggiungere obiettivi congruenti con il proprio standard; danno una misura della capacità di organizzare e dirigere le proprie azioni e le relazioni con i contesti in cui si declina l'attività individuale (Caprara, ib. p.9).

Le scale di autoefficacia sono specifiche, dato che non viene considerata né valida, né utile la misura di autoefficacia 'generale', mentre viene considerata valida la convinzione delle persone sulla loro capacità di produrre specifici risultati (Bandura, 1997) e questo avviene quando:

 differenti sfere di attività dipendono da capacità simili;

 strategie generali di autoregolazione valgono per differenti ambiti di attività;

 le convinzioni nella propria capacità ad apprendere si generalizzano a diverse sfide e si sviluppano contemporaneamente in diverse attività;

 quando importanti esperienze di controllo e di successo generano e ristrutturano le proprie convinzioni di efficacia personale (Bandura, 2001, p. 16).

Al fine di rilevare:

a) se esistessero eventuali corrispondenze sulla percezione di autoefficacia in capacità di problem setting, attentive, di comunicazione interpersonale, rispetto a esperienze già conosciute e rispetto a esperienze di elaborazione narrativa;

b) se costruire narrazioni con modalità lineare e multilineare permettesse una diversa percezione di autoefficacia in riferimento a capacità di problem setting, attentive e di competenza sociale; abbiamo costruito due questionari con 32 indicatori ciascuno, adattando e rielaborando due scale di autoefficacia per le life skills (soluzioni di problemi e comunicazione interpersonale) di Pastorelli, Vecchio e Boda (2001) e aggiungendo due item specifici, relativi alle capacità attentive, costruiti appositamente per questo lavoro ('Prestare attenzione a più elementi contemporaneamente'; 'Prestare attenzione per un tempo adeguato a svolgere un compito assegnato').

Gli autori Pastorelli, Vecchio e Boda (ib. p. 138) hanno posto a supporto delle loro scale le linee guida sulla educazione alle life skills proposte dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 1993), che hanno costituito un riferimento anche per il nostro lavoro, in particolare: soluzione di problemi, esercizio del pensiero critico e creativo, comunicazione interpersonale, empatia, gestione dello stress e delle emozioni.

Le asserzioni connesse a tali abilità, e che costituiscono la base della scala da loro elaborata, sono state ricavate da studi svolti con ragazzi della Scuola superiore di I grado, tuttavia il manuale di

riferimento riporta i dati di riferimento di uno studio effettuato con ragazzi di età maggiore (15-19 anni).

La nostra rielaborazione è, dunque, intervenuta su più fronti:

 modificazione linguistica di alcuni item che potevano risultare di difficile comprensione per i ragazzi di scuola superiore primaria;

 adattamento delle formulazioni degli item direzionandole maggiormente verso la prospettiva di 'problem setting' e rappresentazione problemica, più che di 'problem solving', secondo le linee teoriche del nostro studio;

 adattamento di alcune formulazioni, in modo che potessero essere declinate sia per attività generali problemiche e di competenza interpersonale, sia per per le attività narrative svolte;

 accorpamento delle due scale originali, che gli autori hanno distinto;

 adattamento della scala di misura: 5 gradi, invece di 7 e con etichettature semplificate, tenendo conto dell'età dei ragazzi a cui andavano applicate.

Quindi, sono stati costruite due scale (vedere allegato n. 3), con item analoghi per costrutto e significato, ma diversi nella definizione: riferiti a situazioni generiche e riferiti alle attività di elaborazione narrativa.

Il primo questionario è stato presentato prima di iniziare il percorso di costruzione narrativa, il

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