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CARATTERISTICHE STRUTTURALI INTEGRATE DEI TESTI MULTILINEAR

5.8. La narrazione multilineare come problem setting

La narrativa, in tutte le sue forme, è un dialettica tra aspettative e avvenimenti (Bruner, 2003, p.15)

Studi relativi alla rappresentazione gerarchica e organizzata di un copione-evento, rispetto a una meta, come abbiamo visto, portavano Rumelhart, già oltre trenta anni fa (1980b), a ipotizzare che la rappresentazione di un episodio narrativo possa essere riconducibile a un problem-solving, ovvero una sequenza di azioni messe in atto dal personaggio per effettuare transizione da uno stato iniziale a uno finale, il che permetterebbe anche di spiegare come lo sviluppo degli schemi, attraverso l'incontro con molteplici e differenti situazioni e il loro impiego sempre più strategico o profondo, possa comportare una capacità di applicarli in modo flessibile, trans-situazionale, interagendo con le novità e le sfide cognitive o comportamentali, che la realtà presenta continuamente.

Calabrese ed Herman nel volume Neuronarratologia - Il futuro dell'analisi del racconto (2009), evidenziano alcuni ulteriori paradigmi semiotici, che includiamo nel costrutto di narrazione multilineare, considerandola una struttura-dispositivo trasparente e, quindi, particolarmente adatta a costituire, in vari contesti formativi:

a) una palestra di sfide cognitive, per esercitare abilità metarappresentazionali e di Teoria della Mente: attraverso il gioco con le nostre abilità metarappresentazionali viene attivata la capacità cognitiva di conservare informazioni sulla base di indizi e di reinterpretare la serie di eventi considerandoli retrospettivamente o prospetticamente alla luce di verità informazionali emerse; durante le narrazioni, infatti, vengono conservate e riconfigurate costantemente informazioni sullo stato mentale e sulle intenzionalità dei vari personaggi. Un genere narrativo esemplificativo e particolarmente saliente rispetto a queste qualità è quello dei romanzi polizieschi (Zunshine, 2009) nei quali la multilinearità narrativa è rilevabile dagli enigmi che il lettore è chiamato a prendere mentalmente in considerazione e che l'autore cerca di abilmente di nascondere dentro punti di vista diversi o linee alternative dentro il plot del racconto, tuttavia, rileggendole retrospettivamente possono effettivamente essere considerate linee 'secondarie' o 'deviate' rispetto alla linea principale e risolutiva. Analogamente, consideriamo esemplificative a tale proposito storie di tipo interattivo o storie-game, con nodi decisionali, riferite a situazioni o punti di vista, utilizzate per la formazione in ambito scolastico, lavorativo o di prevenzione.

b) Strategia di problem solving in numerosi contesti, vengono, infatti, usati gli strumenti della struttura narrativa per molteplici scopi, qualora sia necessario, ad esempio, ricostruire sequenze di

azioni e di avvenimenti, stabilire connessioni spazio-temporali, adottare prospettive su mondi finzionali evocati, costruire inferenze e comprendere reti complesse di intenzioni, credenze, desideri. Si tratta, dunque, di un'azione di creazione e di adattamento alla realtà, attraverso un' approfondita analisi della realtà stessa (...) e attraverso il risultato acquisito da tale processo di strutturazione (Shore, 1996, p. 58).

Il racconto, nell' accezione di 'elaborato', può essere considerato un sistema per strutturare qualsiasi schema temporale e sequenziale, in modo che costituisca una risorsa cognitiva, inoltre, in quanto 'testo primario' poliforme, polivalente, la narrazione sembra, non solo consentire, ma anche essere alla base di qualsiasi altra tipologia testuale o discorsiva (Virtanen, 1992, p. 303, Herman, ib. p.110). Utilizzando questo supporto strategico è dunque possibile costruire percorsi esplorativi sia di problem solving, sia di problem setting. Possiamo considerare gli elementi caratterizzanti il pensiero logico-paradigmatico o scientifico, quali la categorizzazione, la concettualizzazione, le operazioni formali, le simbolizzazioni, come un' architettura cognitiva, una tensione attuativa verso la costruzione di sistemi descrittivi formali, potenzialmente attuabili anche dentro un sistema narrativo complesso. Herman (ib.), riprendendo i classici studi degli anni Ottanta del secolo scorso, da noi precedentemente riportati, propone cinque linee di ricerca attuali su abilità cognitive cruciali che il racconto può promuovere:

 segmentazione dell'esperienza in unità delimitate e classificabili, quindi maggiormente riconoscibili, memorizzabili, selezionabili, trasformabili, utilizzabili;

 relazioni causali, come algoritmi euristici per elaborare mappature di eventi;

 tipologizzazione dei fenomeni, come equilibrio tra aspettative e risultati, tra il tipico e l'effettivo, così il racconto può essere il mezzo per compensare i problemi che emergono quando anticipate esperienze simili non si presentano alla stesso modo;

 organizzazione di comportamenti in sequenze, infatti ogni racconto prevede una pianficazione delle decisioni discorsive e comunicative, in modo che ogni parte concorra all'organicità della narrazione. La narrazione può considerarsi uno 'scaffolding implicito' al processo con cui la mente rielabora avvenimenti e li posiziona nell'esperienza del mondo;  distribuzione dell'intelligenza tra gruppi, fornendo costruzioni di senso all'ambiente (inteso

sia storico che geografico) a chi pure ne fa parte e permettendo di riplasmare concezioni possibili dello stesso ambiente/mondo. Attraverso la comprensione delle menti sociali in azione, il racconto costituisce un ponte relazionale tra narratore, partecipanti, ambiente, amplificando i repertori degli eventi, in una sorta di orchestrazione implicita.

c) Relazione biunivoca tra cognitivismo e comunicazione narrativa-testuale, secondo l'ottica strutturalista, attraverso quattro livelli:

 il fruitore-produttore di narrazioni arriva a una rappresentazione complessa di tipo mentale e finzionale, a seguito di un processo di elaborazione di immagini, segni verbali, informazioni testuali molteplici;

 autore e lettore si incontrano nella mediazione semantica e composizionale dei testi, per generare atteggiamenti e giudizi relativi ai mondi finzionali esplorati;

 la narrazione permette la trasparenza dei punti di vista cognitivi ed emotivi e di una molteplicità straordinaria di diverse 'menti in azione';

 per i partecipanti al mondo finzionale della narrazione è possibile la messa in gioco di una molteplicità di processi cognitivi complessi (percezione, intenzionalità, creazione di mondi, produzione di inferenze, costruzione di teorie della mente, memoria, problem solving, ecc.) [Margolin, 2003].

d) La creazione letteraria produce delle menti finzionali (Palmer, 2004), l'artista, infatti, è da sempre uno dei migliori conoscitori del cervello umano, perché capace di creare un artefatto simbolico-culturale in grado di attivare reazioni emotive ed estetiche (Zeki, 2003). Una narrazione testuale o letteraria, infatti, prevedono la costruzione di:

 personaggi dotati di identità, con proprietà costanti e ordinate in un insieme coerente, conosciute attraverso descrizioni linguistiche-testuali e inferenze da parte di chi legge;  contesti socio-culturali plausibili, ovvero connotati da verosimiglianza e da attributi culturali

condivisi;

 azioni intenzionali che potenzialmente possono essere condivise e compartecipate;

 mondi immaginari credibili, perché basati su analogie interne, ovvero, rappresentazioni di eventi verosimili (Bronzino, 2009).

Secondo Gallese (2005), l'immaginazione visiva è equivalente alla simulazione di una reale esperienza visiva, quindi, la simulazione incarnata diventa capacità esperienziale di riconoscimento delle intenzionalità altrui. Routine di simulazione vengono a costituire la Teoria della Mente: la nostra mente crea continuamente modelli interpretativi per comprendere le menti degli altri, attingendo sia alla memoria di precedenti modelli comportamentali reali e osservati introiettati, sia a modelli immaginativi finzionali. D'altronde, come richiamato da Gallese (ib.), Husserl (1925/1962, 1989) sottolineava, mediante considerazioni fenomenologiche, un costrutto analogo a quello individuato oggi mediante tecniche di neuroimmagine: il corpo vissuto e agito rappresenta il fondamento costitutivo di ogni percezione, anche di tipo sociale. Le narrazioni possono essere, dunque, considerate trame connettive rispetto a costruzioni esperienziali di senso del mondo relazionale in cui viviamo e delle azioni che svolgiamo in esso.

e) Il linguaggio e la narrazione possono essere visti come strumenti per costruire rappresentazioni del mondo, non solo di tipo cosciente, come da sempre i vari studi del settore hanno indagato e mostrato, ma anche in modalità embodied. A partire dalle evidenze degli studi sui Neuroni Specchio (Rizzolati e Sinigaglia, 2006), alcuni autori ipotizzano, infatti, l'esistenza di un 'modulo narrativo' cerebrale specifico, capace di elaborare input sensoriali disseminati che raggiungono l'apparato percettivo e sfornare delle rappresentazioni unificate che impieghino catene causali di spazializzazione e temporalizzazione, cioè artefatti cognitivi, finalizzati al potenziamento delle capacità di cognizione (... ) determinando l'accesso alla coscienza (Berta, p. 191). C'è, pertanto, la possibilità che i neuroni specchio diano un contributo nei processi narrativi, anche nel caso di meccanismi embodied, come sembra dimostrare un famoso esperimento di conferma legato a sole evocazioni linguistiche (Singer et al., 2004), coinvolgendo strutture cognitive più arcaiche, le quali riattiverebbero aree sensomotorie tramite i neuroni specchio, coinvolgendoli nella elaborazione di esperienze attuali, di tipo simbolico: l'esperienza corporea in carne e ossa entra nel mondo del possibile, ovvero dell'uso simbolico dei segni (Berta, ib. p. 199), ma già il mondo del teatro aveva ben intuito tutto ciò (Rizzolatti e Sinigaglia, ib.). C'è, tuttavia, da tenere conto del lavoro di alcuni autori, che hanno notevolmente ridimensionato il ruolo svolto dai Neuroni Specchio nei processi di mentalizzazione (Jacob, 2008, Saxe, 2005, 2009), riportando esperimenti in grado di fornire prove rispetto all'ipotesi che i neuroni specchio rappresentino stati interni del bersaglio (es: intenzionali), piuttosto che proprietà esterne dell'azione (cit. in Marraffa e Paternoster, 2012), come quello di Umiltà e colleghi (2001), in cui non si rileva attivazione dei neuroni specchio quando un'azione viene mimata senza l'oggetto presente. Questi studi sembrerebbero dimostrare che i neuroni specchio siano effettivamente in grado di contenere rappresentazioni, anche raffinate, di sequenze

di azione previsionali su un'azione in corso, ma facendo leva su movimenti fisici e non su stati interni o atteggiamenti proposizionali (Csibra, 2009, p.450), quindi su processi mentali di alto livello (Marraffa e Paternoster, ib.). Il gruppo di ricerca di Gallese e Rizzolati dell'Università di Parma continua, tuttavia, a sostenere che i sistemi mirror siano alla base di tutta la cognizione sociale; va in questa direzione un recente esperimento neuro-estetico della stessa Umiltà con altri colleghi (2012), effettuato mediante tecniche di EEG (rilevazione del flusso di onde elettriche cerebrali che attraversa la zona centrale del cranio e si blocca quando il sistema motorio si attiva), che mostra come l'osservazione dei tagli prodotti sulla tela dal gesto creativo e intenzionale di Lucio Fontana provochi l'attivazione della corteccia motoria cerebrale, mentre tale attivazione non risulta presente durante la visione di una riproduzione dello stesso quadro rielaborato graficamente. La corteccia motoria sembra, dunque, rilevare la potenzialità dell'atto creativo anche di un segno astratto, sebbene non sia presente una rappresentazione reale (figurativa o esplicita) del movimento che l'ha eseguito.

Come evidenzia Restak (2004), la strutturazione in forma di narrazioni che il nostro cervello compie, è evoluta biologicamente nel corso di millenni ed essa può essere in grado di modificare le nostre strutture cognitive al pari di quanto accada con le esperienze personali.

Nel capitolo relativo agli studi di neuropsicologia della narrazione, si è evidenziato come, allo stato attuale della ricerca, la competenza narrativa, più che a un modulo specifico cerebrale, sembra afferire a un dominio-rilevante, così come sostenuto da Herman in ambito narratologico (ib.), tuttavia, l'avere riscontrato, attraverso studi di neuroimmagine, durante processi di elaborazione narrativa, il coinvolgimento di aree cerebrali nelle quali sono attivi anche i neuroni specchio, promette futuri sviluppi interessanti sull'individuazione più specifica delle aree e delle funzioni in cui essi potrebbero essere coinvolti.

5.9. La narrazione multilineare come artefatto cognitivo di mediazione semiotica riflessiva,

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