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CARATTERISTICHE STRUTTURALI INTEGRATE DEI TESTI MULTILINEAR

5.9. La narrazione multilineare come artefatto cognitivo di mediazione semiotica riflessiva, euristica e valoriale

Sia la conoscenza, sia la realtà sono continuamente in interazione ed entrambe si modificano in un processo di adattamento reciproco (Vygotskij, 1974).

Il grande valore, ancora attuale, degli studi di Vygotskij in ambito di psicologia dello sviluppo, sta proprio nell’avere scoperto, molto prima dei neuroni specchio, la natura sociale dell’apprendimento e dello sviluppo delle cosiddette funzioni psichiche superiori, interiorizzate, secondo lo studioso russo, mediante le seguenti modalità:

- un’operazione che inizialmente rappresenta un’attività esterna è ricostruita e comincia a prodursi internamente, di particolare importanza per lo sviluppo dei processi mentali superiori è la trasformazione dell'attività dell'uso dei segni, la cui storia e le cui caratteristiche sono illustrate dallo sviluppo dell'intelligenza pratica, dell'attenzione volontaria, della memoria;

- un processo interpersonale si trasforma in un processo intrapersonale. Ogni funzione nello sviluppo culturale del bambino si presenta due volte: prima a livello sociale e poi a livello individuale. Questo vale allo stesso modo per l’attenzione volontaria, per la memoria logica, per la formazione dei concetti;

- la trasformazione di un processo interpersonale in uno intrapersonale è il risultato di una lunga serie di eventi evolutivi (Vigotskij, 1987, p. 86-87).

Vigotskij, con una serie di esperimenti, ha evidenziato come la crescente complessità del comportamento del bambino sia correlata con i diversi strumenti che adopera per eseguire nuovi compiti e con la corrispondente ricostruzione dei suoi processi psichici. Un meccanismo essenziale dei processi ricostruttivi che avvengono nello sviluppo è la creazione e l’uso di molti stimoli artificiali e segni provenienti dall’ambito culturale di appartenenza. Questi svolgono un ruolo ausiliario che permette di padroneggiare il proprio comportamento, dapprima con mezzi esterni, poi con operazioni interne sempre più complesse.

L’apprendimento umano presuppone una natura sociale specifica e un processo attraverso il quale i bambini si inseriscono gradualmente nella vita intellettuale di coloro che li circondano e che l’interiorizzazione delle forme culturali di comportamento comporta la ricostruzione dell’attività psicologica sulla base di operazioni coi segni (ib. p. 88).

Tenendo conto del fondamentale contributo e della importanza data da Vygotskij al linguaggio, molti lavori, successivi ai suoi, considerano soprattutto i segni di tipo linguistico, ma l'autore indicava tra gli esempi di possibili tools of the mind anche il gioco, gli schemi, il calcolo e vari sistemi simbolico-culturali come la scrittura e le opere d'arte. Infatti, a questi si riferirà, in seguito, Bruner (1984), individuando quelli che egli chiamerà gli amplificatori culturali: le varie tecnologie (dalle macchine, al computer, al libro) sono da intendersi come amplificatori delle abilità motorie umane, delle capacità sensoriali e delle capacità cognitive; mentre Norman (1993) riportando l'attenzione alle basi di Vygotskji e dei suoi collaboratori, introdurrà il costrutto di artefatto cognitivo, come strumento di mediazione semiotica, caratterizzato fondamentalmente da due duplici caratteri:

 pragmatico/esperienziale-strumentale, come conduttore dell'influsso dell'uomo sull'oggetto dell'attività, orientato esternamente, deve portare a trasformazione (Vygostkij, ib., p. 85);  riflessivo/segnico, come mezzo di attività interna (ib.).

La modalità riflessiva è quella dei concetti, della pianificazione e della riconsiderazione. È lenta e laboriosa. La cognizione riflessiva tende a richiedere sia l'aiuto di supporti esterni - scrittura, lettura, stumenti di calcolo - sia l'aiuto di altre persone ... In termini di scienza cognitiva, la cognizione riflessiva è una forma di elaborazione top-down, diretta concettualmente ... gli strumenti per la riflessione hanno il compito di facilitare l'esplorazione di concetti e idee. Essi dovrebbero rendere più semplice il confronto e la valutazione, nonché l'esplorazione di possibili alternative (Norman, p. 38). Vygotskji nelle sue ricerche ha evidenziato come fattore cruciale di sviluppo dei processi psichici superiori il carattere socio-culturale, quindi mediato, delle operazioni mentali, attraverso la combinazione di strumento e segno nell'attività psicologica, infatti, come sottolineato, incisivamente, Cole e Scribner (1987, p. 20): Vygostskij credeva che l'interiorizzazione dei sistemi di segni prodotti culturalmente apportasse delle trasformazioni del comportamento e fornisse il legame tra le prime forme di sviluppo e le successive, da cui le ormai famose espressioni dello psicologo russo:

... L’apprendimento e lo sviluppo sono interdipendenti dal primo giorno di vita del bambino... (ib. p. 125)... l'apprendimento organizzato in modo appropriato ha per risultato lo sviluppo mentale e mette in moto una varietà di processi evolutivi che non sarebbero possibili a prescindere dall'apprendimento ... il processo evolutivo segue il processo di apprendimento (ib. p. 133).

Secondo la prospettiva vygotskijana, poi ripresa e ampliata dai suoi successori (Leontiev e Luria, 1968, 1976), la costruzione personale della conoscenza è l'esito di esperienze sociali condivise dentro un processo interpersonale di significazione semiotica, ovvero effettuato mediante la interpretazione, produzione, rielaborazione di segni. Strumenti psicologici, come li definiva lo studioso russo, sono, in modo analogo, i segni e gli artefatti, i quali costituiscono un legame funzionale di mediazione strutturale per supportare e sviluppare i processi mentali superiori (Vygostskij, 1987, p. 85-86).

Già Vygotskij inseriva tra gli strumenti e i sistemi psicologici anche sistemi semiotici, e simbolici complessi. Infatti, nell'uso sociale di artefatti, attraverso associazioni semiotiche di tipo sistemico, è possibile costruire complesse relazioni semantiche, che permettono significazioni condivise, anche a livello storico-culturale.

Le narrazioni sono considerate una produzione collettiva di segni a carattere universale e, come abbiamo cercato di indicare nei paragrafi precedenti, possono costituire uno strumento psicologico, permettendo una strutturazione cognitiva mediante processi semiotici distribuiti e situati, ovvero un' intelligenza distribuita: gli esseri umani producono mondi possibili creando la realtà attraverso atti mentali di creazione immaginativa.

Narrare una storia equivale a invitare non già a essere come essa è, bensì a vedere il mondo così come si incarna nella storia. (Bruner, 2002).

Bruner propone questa prospettiva a partire dalla concettualizzazione dei mondi possibili di Goodman (Bruner, 1994, p.118). Nelson Goodman fu uno dei filosofi contemporanei che maggiormente si occupò della scienza del pensiero e della riflessione sulle possibilità del suo studio oggettivo. In uno dei primi volumi di questo autore, Of Mind and Other Matters, viene difesa la filosofia costruttivista, intesa come filosofia del comprendere, in quanto composta da una filosofia della scienza, una filosofia dell'arte e una filosofia della conoscenza. Infatti, secondo Goodman (ib.), quello che noi chiamiamo mondo è il prodotto di una mente e delle sue procedure simboliche. Questo autore ha operato costantemente per mettere a punto una teoria dei simboli, capace di rendere evidenti le differenze di questi mondi plurali, individuando quelli che lui chiama i sistemi simbolici:

Gran parte del conoscere, dell'agire, comprendere, nelle arti, nelle scienze e nelle vita in generale, comporta l'uso, l'interpretazione, l'applicazione, l'invenzione, la revisione, di sistemi simbolici (ib., p.118).

Il criterio di definizione del pensiero è il suo prodotto, e secondo Bruner i prodotti corrispondono a strutture, rappresentazioni e realtà diverse, poiché abbiamo la capacità di vedere il mondo da prospettive molteplici. Il narratologo David Herman, recentemente, (2006, 2013) riprende le linee socio-costruttiviste delineate da Vygotskij e da Bruner, focalizzate sui concetti di cognizione distribuita, attività situata, azione mediata, approfondendo maggiormente la loro integrazione con i paradigmi narratologici, e arrivando, così, a ipotizzare che alcune strutture narrative costituiscano dei sistemi intelligenti, in quanto consentono il processo di un pensiero condiviso sulla propria o altrui menti, sugli eventi, sulla capacità di risolvere in modo socialmente condiviso problemi basilari in vari settori di attività:

… tali sistemi si propagano come telai esperienziali – specificamente in relazione alle esperienze dei personaggi-narratori - attraverso il tempo e lo spazio (ib. 2006).

Herman, come già accennato precedentemente, parte dall'idea che i concetti e i metodi dalla teoria narrativa dovrebbero essere integrati in una più vasta area interdisciplinare di inchiesta, vale a dire lo studio dei fondamenti socio-interazionali dell'intelligenza nelle storie. Secondo l'autore il concetto di agenti-all'interno-un-ambiente-storia, inteso come una gestalt sovraordinata alla somma delle sue componenti, permetterebbe di spiegare l'organizzazione individuale e collettiva dei processi cognitivi:

...these initiatives allow framed narratives to be conceived as part of functional, cognition-enabling or -supporting systems – systems in which stories within- stories take on the role of ‘psychological tools’ in Vygotsky’s sense, or ‘cognitive artefacts’ (1978; cf. Herman, 2003a, 2005)

Questo studioso, a partire da analisi testuali effettuate prevalentemente su base semiotico- linguistica, sebbene notevolmente integrata da altri paradigmi e prospettive epistemologiche, in particolare le neuroscienze, costruisce un corpus di studi consistente per supportare le sue concettualizzazioni, tuttavia, ci sembra utile, ai fini del nostro studio, soffermare l'attenzione sul fatto che egli scelga alcuni specifici generi o strutture testuali come maggiormente in grado di costituire ed esplicitare quelli che Vygotskij definiva strumenti psicologici di cognizione distribuita o scaffolding per lo sviluppo cognitivo:

In the case of narrative embedding, the distributed cognition enabled by framed tales is a complex whole irreducible to any one of its components. Narrative embedding, like other sense-making activities, involves a functional system; each part of the system (framing tale, teller of framing tale, framed tale, teller of framed tale, events of framing tale, events of framed tale, etc.) is a necessary though not sufficient condition for the intelligence it generates. The gestalt itself is the sufficient condition for the intelligence afforded by the system. To characterize framed narratives as a means for distributing intelligence across groups, then, it is necessary to take the complex, multi-layered narrative transaction – someone’s-telling-the-story-of-someone’s-storytelling-act – as the primary unit of analysis (ib.).

Nello studio Narrative Embedding and Distributed Intelligence, inserito nel volume Storytelling and the Sciences of Mind (2013, p.263-281), Herman, prende in considerazione un emblematico esempio di racconto-cornice: il poema The Ruine Cottage, composto da William Wordsworth a cavallo tra il 1797 e il 1798, costruendo un'analisi esplorativa a supporto dell'ipotesi che questo genere di racconti, ampiamente diffuso e universalmente praticato, dall'antichità (es: Decameron, The Canterbury Tales, Le Mille e una Notte), ai giorni nostri (es: testi ludici postmoderni, fiction interattive), rappresenti e supporti la distribuzione di strategie di costruzione di senso, attraverso differenti cornici temporali e spazi sociali, costituendo quello che si potrebbe definire uno strumento primario per la narrazione e la cognizione situata, socialmente distribuita.

Riteniamo di potere attribuire ai racconti classici con strutture complesse, come quello preso in considerazione da Herman (ib.), alcune caratteristiche della multilinearità:

a) una generale percezione di naturalità e automatismo nella narrazione degli avvenimenti, che tuttavia implicano operazioni cognitive complesse, come gli spostamenti tra livelli narrativi e le riconfigurazioni a seguito di tali spostamenti (ad esempio, dovuti al moltiplicarsi dei narratori). Herman nella sua analisi (ib.) evidenzia la possibilità di una sorta di de-automatizzazione dei meccanismi trasformazionali coinvolti, che permetterebbe di tenerli alla luce di un controllo consapevole, ma nel contempo mantenendo anche il loro ancoraggio con la struttura testuale;

b) sono presenti diverse situazioni narrative simmetriche e ad incastro. Nel caso del racconto analizzato da Herman, sono presenti innesti poetici, inoltre, la simmetria è dovuta dal fatto che, sia il narratore primario che secondario, raccontano storie precedenti o relative a se stessi come partecipanti, interagendo con altri personaggi o compiendo proiezioni, dunque, transazioni e passaggi tra i livelli, che Genette (1980) aveva definito diegetici, extradiegetici, ipodiegetici;

c) attraverso questa tipologia di artefatto sono forniti degli strumenti rappresentazionali in grado di gestire e rendere comprensibile la complessità della esperienza, aiutando a organizzare la costruzione di senso funzionale al sistema presentato, non si tratta di strumenti tecnologici di tipo rappresentazionale che si frappongono tra 'utenti' e 'compito', ma piuttosto utenti e attività che costituiscono i nodi del fondamentale e sovra-individuale sistema o ambiente, in cui si può radicare la costruzione di senso (ib.);

d) l'attivazione della cognizione distribuita è un complesso irriducibile ad uno qualsiasi dei suoi componenti, infatti, ogni parte del sistema-racconto (es: inquadramento, narratori incrociati, eventi della cornice e la cornice stessa) è necessario, ma non sufficiente; ad esempio, per caratterizzare le narrazioni-cornice come un mezzo per costruire l'intelligenza distribuita tra i gruppi, è necessario considerare il complesso della narrazione (multilivello e transazioni) come unità primaria di analisi (es: qualcuno racconta la storia di un'azione qualcun altro);

e) i personaggi-narratori sono impegnati in uno sforzo di collaborazione situato per dare un senso ad aspetti centrali dell'esperienza umana;

f) le inferenze vengono fatte su prove limitate, su stati non prossimi, non direttamente collegati a situazioni, entità, eventi, in movimenti retrospettivi e prospettici. Nel caso di racconti-cornice, ad esempio, vengono attivate proiezioni analogiche ed empatiche a catena telescopica: la reazione del narratore per la storia di un altro personaggio, da egli evocata, offre un modello di empatia, regolando e cristallizzando la risposta del lettore. Tutti i componenti di questa struttura distribuita offrono proiezioni multiple: la storia del narratore principale, l'identificazione del narratore con i personaggi nella storia del narratore principale e l'identificazione del lettore con il narratore. Tali identificazioni, in racconti di questo tipo, sono necessarie per costruire una intelligenza storico- sociale, ovvero, una mirata comprensione empatica dei personaggi, delle situazioni e degli eventi passati. Inoltre, viene anche resa possibile l'attivazione delle menti sociali in azione, poiché vengono presentate nel racconto-cornice una serie di attribuzioni che permettono di fare inferenze sui sentimenti non dichiarati direttamente dai personaggi, quindi in modo distribuito. Come dice Herman:

...le persone partecipano a un processo di distribuito e collaborativo di mentoring, apprendistato, o di partecipazione guidata quando si impegnano in attività di problem solving come quelli descritti e individuati in queste tipologie narrative (ib.).

Il poema di Wordsworth, analizzato da Herman, ritrae una situazione che coinvolge dei mentori, in cui lo sviluppo individuale del narratore primario - la sua capacità di cogliere la storia del cottage in rovina e di ottenere un apprezzamento sentito delle esperienze dei suoi ex abitanti - è mediata dalla sua interazione con il narratore principale, una persona esperta nell'uso di storie come strumento per collocare gli esseri umani all'interno del loro ambiente più ampio.

Senza la pretesa di essere esaustivi, richiamiamo, sommariamente, anche alcuni elementi presenti in uno dei più importanti testi di letteratura italiana, il Decameron di Giovanni Boccaccio, ampiamente analizzato nei percorsi italiani di studi superiori, ritenendoli emblematici e, sostanzialmente, analoghi a quanto fino ad ora presentato nell'analisi di Herman, infatti, anche un' analisi del Decameron mostra come la cornice non costituisca un elemento solo formale o estetico, ma contenga una funzione strutturale sistemica:

a) intenzionalità multilineare storico-narrativa: “Intendo di raccontare cento novelle, o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo, raccontate in diece giorni, ... da una onesta brigata” (Decameron); nell'opera, infatti, vengono utilizzati tutti i vari generi narrativi della tradizione storica (novelle, favole, parabole, istorie), con le numerose implicazioni complesse che ciascuno di questi generi apporta e nei quali l'autore vuole inserirsi, tuttavia, con l'intento di scomporre, arricchire, riconfigurare, trasformare;

b) intrecci, configurazioni, riconfigurazioni di prospettive plurali: “Raccontare ... novelle ... raccontate...”(ib.). Il processo di presentazione in una pluralità di prospettive eventi, situazioni, fatti, azioni e argomenti, viene costruito in modo complesso attraverso vari gradi o livelli, in un sistema organizzato: il racconto di primo grado è quello narrato direttamente dall'autore al lettore (il Boccaccio nel Proemio introduce la causa scatenante -la peste- e la conseguente costituzione della compagnia di giovani); il racconto di secondo grado è quello costituito da ciascun giovane della compagnia che narra la sua novella; il terzo grado è costituito dal racconto del protagonista della novella che narra la sua propria storia. Questa struttura, come già evidenziato nell'analisi di Herman per il poema inglese, costituisce uno strumento in grado di rendere trasparenti le menti in azione dei vari personaggi, evidenziandosi come bridge tra la finzione e la realtà;

c) una impalcatura per un'architettura possibile e verosimile ad alto grado di complessità. La cornice assume una valenza strutturale e configurante rispetto a: differenza di stili dei racconti, permettendo di mantere in parallelo molteplicità e composizione; plurivocalità dei diversi narratori, attraverso un movimento di oggettivazione e soggettivazione delle azioni e delle situazioni presentate, quindi, una potenzialità inferenziale; dimensioni valoriali, in quanto, la cornice, offre il contesto per compiere metariflessioni e giudizi rispetto ai contenuti dei vari racconti; mondi possibili, in quanto le figure narrative si muovono dentro una dimensione finzionale, che a sua volta contiene e configura la realtà: i protagonisti dei vari racconti (a più livelli) si spostano su dimensioni alternative (peste, palazzo, giardino, racconti) per costruire un ordine, un mondo coerente, mediante il loro stesso narrare.

A supporto dell'ipotesi che queste tipologie narrative possano costituire esempi letterari classici di multilinearità narrativa, recentemente, l'anglo-linguista e semiologo John Pier, professore presso la Université François-Rabelais de Tours, co-direttore del seminario Narratologies contemporaines presso il Centro per la Ricerca su Arti e Linguaggio (CRAL) al Centro Nazionale per la ricerca Scientifica di Parigi e membro del comitato direttivo dell'ENN (European Narratology Network), compie un'analisi semiotica di una famosa opera dello scrittore americano John Barth, intitolando lo studio: “Narrative Embedding in the Multilinear Text: The Case of John Barth's Lost in the Funhouse” (2011)2

2. Nella traduzione italiana, Perso nella casa stregata, è il titolo di uno specifico racconto di Barth, inserito nella raccolta La vita è un'altra storia-Racconti scelti (edizioni minumumfax, 2010).

Come si può vedere, Pier ha utilizzato, sostanzialmente, paradigmi analoghi a quelli individuati da Herman, attribuendo a questa famosa opera di Barth, più specificatamente, la definizione di Testo Multilineare.

Secondo questo studioso la ricerca narratologica ha permesso considerare in modo diversificato le diverse tipologie embedding che offrono i racconti-cornice.

Vengono infatti distinti gli elementi prevalentemente narrativi microstrutturali: modi logici e condizioni lessicali/sintattiche, attraverso cui le sequenze narrative possono essere combinate in sequenze più complesse (oltre a collegamenti e alternanze, anche relazioni tematiche, ovvero spiegazioni causali, giustapposizioni tematiche, contrasti, rallentamenti nella progressione narrativa, simultaneità), dagli elementi individuati da Genette e citati precedentemente anche nell'analisi di Herman, in cui i livelli delle storie, più che modellati in 'incassi' sintattici, sono integrati nei macro livelli testuali narrativi, ad esempio di tipo 'orizzontale' (una storia viene raccontata da due o più narratori senza modifiche, introducendo un elemento dialogico), metadiegetico generativo (una storia che scaturisce da un'altra storia, la quale, a sua volta proviene da un'altra, ecc...), predittivo, persuasivo, digressivo, metanarrativo

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Secondo questo studioso la ricerca narratologica ha permesso considerare in modo diversificato le diverse tipologie embedding che offrono i racconti-cornice.

I racconti-cornice ci affascinano, forse perché la loro struttura narrativa riflette, o semplicemente rende complesse, almeno due proprietà formali, non solo della sintassi, ma sopratutto dell'esperienza e dell'attività ordinaria: cioè, la regressione (o digressione) e il ritorno, e il tema e la variazione (Barth, 1984, cit. in Pier, ib.).

Come ricorda Pier (ib.), lo scrittore americano John Barth vede in queste tipologie di racconti una fonte importante per ricostituire la letteratura e il discorso narrativo, a tale scopo, lo scrittore non costruisce un racconto analogo a quelli classici fino ad ora esaminati (Decameron, The Ruine Cottage), che egli considera sostanzialmente leggibili linearmente dall'inizio alla fine, invece, progetta una narrativa che invita e perfino impone traiettorie multiple, attraverso una struttura testuale che prevede diverse conseguenze a seguito dei possibili rimescolamenti del testo in vari ordini. Barth, verso la fine degli anni Sessanta, si era trovato a riflettere con Borges e Calvino, come studioso, oltre che come scrittore, sulla letteratura cosiddetta potenziale e la narrativa postmoderna, che non poteva essere considerata solo decadenza modernista, parodia o travisamento dei maestri del passato, ma un segnale che le risorse di un testo letterario singolo non possono mai essere esaurite e che questi tipi di testi permettono una struttura di rallentamento, contribuendo a intensificare e prolungare un utile atteggiamento di sospensione del lettore, anche in prospettiva euristica (cit. in Pier. ib.). Pier, dunque, sottolinea la scelta di un approccio euristico, più che strutturale, per l'analisi narratologica del testo multilineare, in quanto esso permette di individuare tensioni, legate al genere testuale, e potenzialità, che potrebbero essere generate proprio dalla sua natura pluri-genere e multilivello, fedele, quindi, allo spirito per prove ed errori, concretizzato mediante l'applicazione e la sperimentazione di un insieme di postulati e ipotesi, compiendo una sorta di isomorfismo tra l'analisi narratologica e la struttura del testo multilineare stesso. Infatti Barth si riferisce ai quattordici testi presenti in Lost in the Funhouse, come a una serie organizzata per contenuti, tuttavia, la serialità, come segnala Pier, è

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