• Non ci sono risultati.

2. FUNZIONI ESECUTIVE E TRAIETTORIE DI SVILUPPO DALLA SECONDA INFANZIA ALLA PRIMA ADOLESCENZA

2.2. Sviluppo delle FE: traiettorie neuropsicologiche in età scolare e prescolare

Pur consapevoli del fatto che non ci siano ancora solidi accordi sui livelli di sviluppo dei domini relativi alle FE, tenteremo di sottolineare alcune evidenze maggiormente consolidate e presenti nel panorama internazionale degli studi di questo settore, presentando qui di seguito una breve sintesi degli studi sullo sviluppo neuropsicologico delle FE dalla seconda infanzia alla prima adolescenza - un periodo considerato particolarmente critico e significativo- tenendo presente che, mentre negli adulti si riscontrano alcune evidenze in riferimento al frazionamento delle FE, queste evidenze sono meno rilevabili durante l'età evolutiva, specialmente nella fascia prescolare; gli studi, inoltre, come indicato precedentemente, sono fortemente condizionati dal tipo di modelli interpretativi e di prove utilizzate, che, spesso, sono molto diverse tra loro.

Studi neuroanatomici e studi di psicologia dello sviluppo evidenziano come alcune attivazioni prefrontali, riconducibili ai domini delle FE, siano rilevabili precocemente, già durante il primo anno di vita, tuttavia, negli anni recenti, una maggiore concentrazione di studi evolutivi ha preso particolarmente in considerazione la fascia scolare e prescolare, durante la quale sembra evidenziarsi uno sviluppo critico delle FE.

Nel periodo prescolare (3-6 anni), si rileva prevalentemente un significativo aumento:

- della capacità inibitoria e del controllo attentivo (Davidson et al, 2006, 2013; Brocki et al., 2007; Espy et al. 1997);

- della generazione di concetti e di strategie, della flessibilità cognitiva (Jacques e Zelazo, 2001; Smidt et al., 2004, Dibbets e Jolle, 2006);

- della memoria di lavoro, quindi, il primo emergere di alcuni comportamenti pianificatori finalizzati ad obiettivi (Brocki et al, 2007).

Durante il periodo scolare (6-14 anni), matura progressivamente:

 la flessibilità cognitiva, che, secondo alcuni studi (Luciana e Nelson, 2002; De Luca et al., 2003), raggiunge livelli simili a quelli misurati negli adulti, intorno ai 10 anni;

 il controllo inibitorio e attentivo, anche con il correlato incremento della Memoria di Lavoro (Brocki e Boholin, ib.; Carlson, 2005; Anderson, 2001; Best et al., ib.), che presenta un picco critico di miglioramento tra gli 8 e gli 11 anni; in particolare, alcuni studi, evidenziano uno sviluppo decisivo della capacità inibitoria intorno agli 8 anni;

 l'abilità di pianificazione e di gestione efficiente della memoria di lavoro, che, intorno ai 12 anni, quindi con l'entrata nella prima adolescenza, presenta un successivo picco incrementale (Anderson et al., 2001; Luciana e Nelson, ib.; Brocki e Boholin, ib.).

Secondo la review di Anderson e colleghi (2002), che hanno utilizzato il modello presentato nel capitolo precedente, una certa flessibilità cognitiva, relativa alla modificazione controllata delle risposte su feedback ambientali in prove semplici, è presente già nel periodo della Scuola dell'Infanzia (3-5 anni), ma poi il suo sviluppo continua, con un andamento progressivo, che permette di gestire regole e situazioni sempre più complesse. Sembrano esserci dei picchi incrementali critici intorno ai 7 anni, ai 9 anni e poi nell'adolescenza. Anche la capacità inibitoria- attentiva, nelle sue componenti motorie e istintive, è già presente dai 3 anni, tuttavia migliora progressivamente nella fascia di età seguente, con un picco di miglioramento intorno ai 6-7 anni di età e un altro intorno ai 9 anni, rendendo i bambini sempre più capaci di autoregolare le loro azioni. Altri studi, evidenziano uno sviluppo pressoché completo della capacità inibitoria già a 8 anni, tuttavia, sembra essere stata rilevata una certa involuzione di questo dominio con l'ingresso nella prima adolescenza (11-12 anni), probabilmente, in corrispondenza ai cambiamenti ormonali intervenienti. Sempre secondo questi autori (ib.), nel periodo corrispondente alla Scuola Primaria (7-10 anni), si registrano progressi rilevanti nell'elaborazione di concetti, nella pianificazione e nella capacità organizzativa. Il progresso in questi domini prosegue gradualmente nell'adolescenza, con una caduta riscontrata nel periodo dei 12-13 anni, riconducibile, per il contesto italiano, alla classe seconda secondaria di primo grado.

Secondo alcuni studi (Welsh et al, 1991), verso i 6 anni, alcune stategie di organizzazione e di pianificazione semplice sono già raggiunte, così come in alcuni compiti di switch attentivo, i bambini sembrano raggiungere livelli simili a quelli adulti già verso i 7-10 anni (Levin et al., 1991; Welsh et al., 1991; Luciana e Nelson, 2002), tuttavia, i risultati sembrano dipendere dal tipo di prova utilizzata nei diversi studi effettuati, infatti, Huizinga e collaboratori (2006), ma anche Davidson e collaboratori (2006), secondo un modello classico di 'task-switching', riscontrano età diverse di maturazione, e tale competenza non sembra essere ancora ben attivata prima dei 13-15 anni, così come alcuni aspetti della memoria di lavoro e di pianificazione complessa, che continuano a migliorare nell'adolescenza (Brocki e Bohlin, 2004; Huizinga et al., 2006; Luciana, 2003; Luciana e Nelson, 2002).

Altri recenti lavori (Shweiger e Marzocchi, 2008; Huizinga, 2011) evidenziano effetti relativi all'età per alcune componenti rilevate dagli studi, che utilizzano - inseme a test neuropsicologici - anche questionari osservativi (BRIEF, QuFE) compilati da figure significative (genitori e insegnanti), con scale che misurano diversi aspetti delle FE: regolazione del comportamento, flessibilità, pianificazione, metacognizione, memoria di lavoro. La capacità di autoregolare il comportamento, per questi autori, sembra differenziarsi nei periodi degli 8, dei 9-11, dei 12-14 e dei 15-18 anni: in queste 'finestre', infatti, si registrano incrementi critici; analogamente avviene per la Memoria di Lavoro, che evolve criticamente tra il periodo 5-8 anni e 9-11 anni (Huizinga, ib.); l'abilità di pianificazione sembra avere un periodo di sviluppo critico tra i 9-10 anni, mentre flessibilità cognitiva, capacità strategica e di pianificazione sembrerebbero avere la loro 'finestra' di sviluppo critico tra gli 8 e i 13 anni (Schweiger e Marzocchi, ib.).

Uno studio italiano piuttosto recente (Marzocchi e Valagussa, 2011, p. 70-71), effettuato su un campione di bambini dai 7 ai 14 anni, utilizzando prove ecologiche e maggiormente in grado di rilevare componenti multi componenziali interagenti delle FE (cognitive ed emotive), evidenzia sempre la fascia 8-13 come critica per lo sviluppo delle capacità strategiche, di pianificazione e di decision making; lo studio, inoltre, individua tre fasce di sviluppo: 8-9/10-11/12-13. Come indicano gli autori (ib. p.71), questo è anche uno dei pochi studi in cui si sono riscontrate differenze di genere nella misurazione delle FE: le bambine hanno ottenuto risultati migliori nelle prove che richiedono capacità di pianificazione e di gestione strategica.

Negli ultimi anni sono state particolarmente indagate alcune componenti esecutive nella fascia di età prescolare, rilevando significativi e rapidi incrementi nei diversi periodi che intercorrono tra i 2- 3 e i 5-6 anni (Garon et al., 2008), attualmente, è in corso un ampio dibattito relativo alla strutturazione del controllo esecutivo in questo periodo critico del ciclo di vita (Espy et al., 2008; Clark et al., 2013; Moriguchi e Hiraki, 2013; Clark et al., 2013).

Come abbiamo visto, negli studi svolti con adulti o con fasce di età scolare, le analisi fattoriali generalmente individuano alcune componenti principali differenziabili, quali memoria, inibizione, flessibilità cognitiva, mentre alcune altre analisi fattoriali, insieme a studi di neuro immagine svolti con bambini della fascia prescolare (Wiebe et al., 2008; Wiebe et al., 2011; Willoughby et al., 2010; Bell et al., 2007; Durston et al., 2006), evidenziano scarsa differenziazione tra le componenti individuate e, invece, un incremento della focalizzazione specifica con il crescere dell'età. Per questo periodo di vita, al momento, sembrerebbe, quindi, più corretto considerare il controllo esecutivo come un costrutto unitario, non divisibile in componenti specifiche (Wiebe et a., 2011; Clark et al., ib; 2011; Espy et al., 2008). Si può supporre che questa organizzazione maggiormente unitaria possa essere collegata allo sviluppo cerebrale, infatti, durante la prima infanzia, aree deputate all'analisi visiva e uditiva nella corteccia cerebrale primaria e aree deputate a compiti associativi nella corteccia prefrontale mediale hanno un'alta densità di connessioni sinaptiche, ma esse vengono progressivamente eliminate, assumendo differenti traiettorie nel prosieguo dello sviluppo (Huttenlocher e Dabholkar, 1997, Anderson, 2012). Queste evidenze sembrano rinforzare i modelli (Johnson, 2011) che ipotizzano una specializzazione interattiva durante lo sviluppo: le abilità in formazione riflettono i processi associati alla costruzione, all'integrazione e al consolidamento di reti neuronali funzionali, piuttosto che funzioni di specifiche regioni cerebrali (Bernstein e Waber, 2007).

Nonostante la difficoltà nell'utilizzo di neuro immagini con bambini molto piccoli, sono state rilevate, già in età dai 4 ai 5 anni, attivazioni delle aree della corteccia prefrontale in compiti di memoria di lavoro e di controllo inibitorio, paragonabili a quelle rilevate in età adulta (Tsujimoto et al., 2004; Wolfe and Bell, 2004), inoltre, alcuni studi molto recenti (Moriguchi e Hiraki, 2011, 2013), effettuati con nuove tecniche che permettono di rilevare la funzionalità cerebrale anche in situazioni di maggiore movimento motorio, tipiche dei bambini più giovani (NIRS, near-infrared spectroscopy), evidenziano un significativo incremento dell'attivazione della corteccia prefrontale inferiore nel passaggio dai 3 ai 4 anni, in compiti di switching, che migliorano progressivamente in questo range di età.

Quindi, anche se per i bambini più piccoli non sono ancora diffusi e del tutto comparabili studi mediante neuroimmagini, analoghi a quelli effettuati per età maggiori o adulte, si rileva come la modalità di maturazione neuronale e l'attivazione delle aree della corteccia prefrontale risulti molto precoce e diversa nelle varie fasce di età :

 da una maggiore attivazione nelle età prescolari e scolari, si passa a una riduzione nell'adolescenza e nell'età adulta, tuttavia, avviene un progressivo incremento dell'efficienza relativa alle reti funzionali, che sembra permettere una maggiore competenza gestionale delle componenti afferenti a questo dominio;

 da regioni cerebrali locali maggiormente interconnesse, si passa a una connettività distribuita e più complessa: varie regioni si attivano insieme per supportare la stessa funzione più specifica (Brauer e Friederici, 2007; Durston et al, 2006; Fair et al., 2009; Tsujimoto, S. , 2008).

Questa ipotesi è in linea con l'approccio neuro-costruttivista (Karmiloff-Smith, 2013) secondo cui, inizialmente entrambi gli emisferi competono per elaborare input, quindi, in seguito, circuiti dominio-rilevanti prevalgono e si specializzano al termine di un periodo critico (finestra evolutiva). Infatti, come evidenzia Zelazo (2013), in generale, si può, considerare lo sviluppo neuro-cognitivo come un processo dinamico di adattamento, in cui sistemi neurali sono costruiti in età evolutiva in modo dipendente dall'uso. Le fibre che collegano le regioni all'interno di una rete e tra le reti sono mielinizzate in modo uso-dipendente, mentre le sinapsi non utilizzate vengono progressivamente potate. Questi processi vengono accompagnati da corrispondenti variazioni nella funzione neuro- cognitiva. Per esempio, oltre a migliorare le prestazioni nelle Funzioni Esecutive, la loro formazione nella prima infanzia produce cambiamenti nell'attività elettrica cerebrale, misurati sul cuoio capelluto, riflettendo l'attivazione della corteccia cingolata anteriore, dunque, c'è una interazione dinamica tra i processi FE top-down e le influenze bottom-up sulle FE, in particolare, e sul comportamento in generale .

(Casey et al. 2005)

Una recente review di Moriguchi e Hiraki (2013) evidenzia alcuni studi esemplificativi che si muovono in queste prospettive: varie ricerche hanno dimostrato che i bambini sviluppano la memoria di lavoro visuo-spaziale durante l'età prescolare (Garon et al., 2008) ed è stato ripetutamente dimostrato che le regioni della corteccia prefrontale, come la corteccia prefrontale dorso-laterale, nei bambini più grandi e negli adulti, svolgono un ruolo importante in questo tipo di memoria, tuttavia, si sa ancora poco circa le basi neurali della memoria di lavoro nei bambini piccoli. Uno studio di Tsujii e colleghi (2009) ha confermato un effetto di miglioramento e di specializzazione, infatti, utilizzando uno stesso compito di memoria di lavoro visuo-spaziale, è stato esaminato il suo sviluppo longitudinale in bambini che hanno partecipato a due studi: a 5 e a 7 anni di età; i bambini evidenziavano un'attivazione prefrontale bilaterale durante il compito di memoria di lavoro in entrambi gli studi e hanno migliorato significativamente la loro performance dal primo al secondo studio, anche se l'attivazione all'età di 7 anni era più debole di quella a 5 anni. Inoltre, nel secondo studio, emergeva un effetto lateralizzazione, non presente nel primo

studio; i ricercatori hanno interpretato questi risultati ipotizzando che la memoria di lavoro visuo- spaziale induca una maggiore attivazione laterale a destra, mentre la memoria di lavoro verbale potrebbe indurla a sinistra. Questi risultati sembrano in linea con altri studi, che rilevano l'influenza, sull'attività nella corteccia prefrontale laterale, del carico di memoria di lavoro, infatti, Buss e colleghi (2014) hanno evidenziato prestazioni di memoria di lavoro visuo-spaziale diverse da parte dei bambini, a seconda del numero di elementi presentati e dell'età:

 l'attivazione delle aree frontali di sinistra e delle aree parietali bilaterali era significativamente più forte nelle presentazioni con più elementi;

 a parità di numero di stimoli, sono state notate differenze di attivazione nella corteccia frontale e parietale, tra i bambini di 3 e di 4 anni.

Si può, dunque, ipotizzare che interventi formativi effettuati con attività e compiti rilevanti e afferenti a queste funzioni, svolti nel periodo critico per la loro strutturazione, potrebbero migliorare l'attivazione delle zone cerebrali interessate e costituire un effetto domino per lo sviluppo.

La concentrazione di studi sulle FE in età prescolare, dai 3 ai 5 anni (Carlson , 2005; Garon et al. ,

2008), sembra, dunque, ampiamente giustificata dal loro rapido e forte incremento in questo,

relativamente breve, periodo, soprattutto riguardo ad abilità importanti quali l'inibizione, la capacità di ritardare la gratificazione e la memoria di lavoro, abilità in grado di facilitare sia l'apprendimento, che l'autoregolazione emotiva e comportamentale.

In questa fascia di età, tuttavia, lo studio di abilità multi-componenziali come quelle esecutive è ancora più complesso, sia perché esse sono in stretta connessione con altre abilità cognitive particolarmente fiorenti in questo stesso periodo: linguaggio, abilità visuo-spaziali e motorie, sia

perché, durante questo periodo, le abilità attentive, linguistiche e contestuali sono ancora limitate e quindi, la strutturazione di prove 'pure', che siano in grado di indagare esattamente costrutti riconducibili esclusivamente alle FE è ancora più complessa che per altre fasce di età, sembra, dunque, necessario utilizzare analisi fattoriali specifiche (Wiebe et al., 2008, 2011). Queste tipologie di analisi, hanno permesso, sia a questo gruppo di ricerca (Wiebe e colleghi 2008), sia a un altro gruppo (Hughes e colleghi , 2010), di rilevare, in campioni di bambini dai 3 ai 6 anni, un fattore unitario e invariante, che comprende memoria di lavoro e inibizione, soprattutto nel periodo 3-4 anni; anche alcuni altri autori non rilevano la distinzione di queste due componenti prima dei 7 anni di età (Huizinga e van der Molen, 2007). Come fa notare il primo gruppo di ricerca (Wiebe et al., 2011), questi dati sembrano confermati da studi relativi a comportamenti problematici e ad abilità matematiche emergenti (Espy et al., 2008; Bull et al., 2008), alla cui base è stato rilevato lo stesso costrutto unitario delle FE. Sempre secondo questi autori (Wiebe et al., 2011), le attività volte ad indagare le FE in età prescolare devono essere progettate per ridurre al minimo la complessità delle risposte e delle regole verbali o motorie da imparare, i compiti dovrebbero corrispondere a concetti di base, familiari, quotidiani, che tutti i bambini di qualsiasi provenienza culturale e sociale ci si aspetta abbiano già imparato in questa fascia di età.

Un altro degli aspetti, che sembra cruciale per l'investimento negli studi in questo periodo evolutivo, riguarda l'incidenza dei fattori biologici e dei fattori sociali-esperienziali: nonostante non ci sia ancora una piena condivisione dei risultati raccolti, alcuni studi rilevano che contesti familiari e sociali a rischio, siano correlati a prestazioni peggiori in prove cognitive e anche nelle prove per le FE in bambini piccoli (Allhusen et al 2005; Mezzacappa, 2004; Noble et al., 2005; 2007, Raver et al, 2013).

Poiché alcuni autori hanno riscontrato una correlazione tra difficoltà esecutive e condizioni sociali a rischio, soprattutto per la componente inibitoria, ma non per la working memory o lo switching (Friedman et al., 2008), Wiebe e colleghi (2011, ib.) ipotizzano che ciò sia congruente con il

riscontro di forti similitudini tra la capacità inibitoria degli adulti e quella raggiunta già dai bambini più piccoli, mentre la differenziazione successiva potrebbe avvenire sulla base dello sviluppo della memoria di lavoro e della flessibilità, che potrebbero essere componenti indicative di una capacità maturativa, anche seguito di processi cognitivi aggiunti e che permetterebbero di implementare e coordinare l'attenzione.

Hook et al. (2013) descrivono alcuni dei numerosi correlati socio-demografici con le FE, che comprendono lo status socio-economico e tutte le fonti di variazione che vengono catturate contemporaneamente da questo costrutto - ma anche aspetti specifici della genitorialità, del funzionamento sociale e del rendimento scolastico. Come sottolinea Zelazo (2013), è interessante notare che gli aspetti delle funzioni cognitive più fortemente correlati alla condizione socio- economica, al linguaggio e alle funzioni esecutive, sono proprio quelli che ci si potrebbe aspettare essere più dipendenti da componenti culturali.

Hook et al. (ib) mostrano come la ricerca, fino ad oggi, abbia evidenziato che i bambini di basso status socio-economico sono coloro che con maggiore probabilità riescono a trarre beneficio dagli interventi sulle FE, infatti, per questi bambini, gli interventi sulle FE offrono opportunità specifiche, che sembrano mancare nella loro vita quotidiana e che, invece, i bambini con condizioni socio- culturali più elevate potrebbero incontrare più facilmente nelle interazioni con genitori, fratelli, insegnanti o altre figure: situazioni divertenti e motivanti per costruire abilità afferenti alle FE, ambienti sicuri e coerenti, psicologicamente forti, dove venire maggiormente coinvolti in discussioni di tipo auto-riflessivo e dove è possibile ricevere scaffolding sensibili allo sviluppo specifico delle FE. Tuttavia, come ricordano gli autori, è anche possibile che bambini con solide basi relative alle FE siano evolutivamente predisposti ad un uso maggiore della riflessività e della consapevolezza, quindi possano ricavare il massimo da qualsiasi intervento ricevuto. Su questo gli studi sono ancora poco avanzati, anche perché si sa ancora troppo poco su quali variabili influenzano la plasticità cerebrale, sebbene riscontrata e riconosciuta in rapido mutamento durante alcuni periodi sensibili sui quali le influenze ambientali giocano un ruolo attivo importante.

Secondo l' approccio neuro-costruttivista, che individua per l'età evolutiva traiettorie di sviluppo dominio-rilevanti, piuttosto che dominio-specifiche (Karmiloff-Smit, ib.), gli interventi, dovrebbero iniziare precocemente, prima dello svilupparsi di abilità molto specifiche e prevedere un possibile effetto cascata oltre il periodo critico su diversi domini cognitivi.

Moriguchi e Hiraki (ib.), sottolineano l'importanza di capire meglio come l'attivazione prefrontale può cambiare evolutivamente attraverso varie attività, ad esempio in compiti di memoria di lavoro o di shifting; Wiebe e colleghi (2008, 2011), a tale proposito, indicano che -a livello di evidenze comportamentali- un modello fattoriale unico potrebbe spiegare i dati rilevati nei bambini in età prescolare, tuttavia, gli altri studi qui sopra evidenziati, sembrerebbero suggerire la possibilità che, anche per i bambini più piccoli, possano essere attivate diverse regioni prefrontali con compiti diversi, quindi, la funzionalità cerebrale, nelle fasi iniziali dello sviluppo, appare piuttosto ampia, attivandosi con stimoli vari e diversificati, ma, successivamente, la localizzazione diventa maggiormente specifica per i bambini più grandi, evidenziando anche il coinvolgimento di altre regioni cerebrali vicine, ad esempio quelle parietali (Morton, 2009, Johnson, 2011; Buss et al., 2014).

Come evidenziano Anderson e Reidy (2012) c'è da tenere presente che la fenomenologia del controllo esecutivo è varia, quindi diventa fondamentale una corretta identificazione di ciò che si intende per questo costrutto nelle diverse età e nei diversi contesti, infatti, un comportamento che potrebbe essere considerato indice di buon funzionamento del sistema esecutivo per un bambino della scuola primaria, può essere solo in fase di maturazione per un bambino della fascia prescolare, ma comunque, essere appropriato per la fase di sviluppo in cui egli si trova; diventa

importante, quindi, attivare studi che permettano di interpretare meglio i comportamenti e le performance nel contesto dell'età, dello sviluppo e degli ambiti di vita di ciascun bambino (Baron 2004). In tale direzione, sembra, dunque, decisivo sia un aumento degli studi longitudinali, recentemente incrementati a livello internazionale, ma purtroppo particolarmente onerosi, sia un aumento degli studi relativi a contesti quotidiani, anche educativi/formativi, in modo da permettere una migliore comprensione delle componenti evolutive delle FE attivate, ma soprattutto un loro ottimale sviluppo.

Come sottolinea Zelazo (2013) l'impiego delle medesime misure per le FE nel corso della vita sembra dimostrare che esse si sviluppano più rapidamente durante l'età prescolare, ma accelerano durante la transizione verso l'adolescenza. Entrambi i periodi sembrano essere caratterizzati da variazioni relativamente rapide, non solo nel comportamento, ma anche nella struttura. Nonostante siano necessarie ulteriori ricerche, questi periodi possono essere considerati periodi sensibili alle influenze ambientali; Best e colleghe (2009) sottolineano, parimenti, l'importanza di studiare le FE durante l'infanzia e le età successive, infatti, lo studio di queste funzioni in prospettiva evolutiva, permette di affrontare varie questioni, attualmente critiche:

 la strutturazione del costrutto (unitarietà, differenziazione, focalizzazione) nel passaggio dall'età prescolare a quelle successive;

 i rapporti tra le diverse componenti delle FE, soprattutto considerate in compiti complessi goal-oriented, che sembrano maggiormente variare nel corso dello sviluppo rispetto alla prima e seconda infanzia;

 il ruolo della memoria di lavoro; della capacità di spostamento tra set mentali, risposte e stimoli diversi; della pianificazione, funzioni che sembrano giocare un ruolo cruciale dopo i 5 anni di età;

 il rapporto tra FE e Teoria della mente, regolazioni emotive e sociali, che sembrano molto

Outline

Documenti correlati