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4. NEUROPSICOLOGIA DELLA NARRAZIONE E INTERAZIONE CON LE FUNZIONI ESECUTIVE 1 Introduzione

4.2. Basi neuropsicologiche della comprensione e della produzione narrativa

Sono numerosi e ormai tradizionalmente conosciuti gli studi sui processi cognitivi implicati nelle costruzioni di storie, purtroppo, questi studi, spesso vengono ancora trattati come psicologia sociale-popolare (Bruner et al., 1992) e persiste ancora una certa tendenza a considerare la Narrazione come dominio secondario da lasciare alle deduzioni artigianali del pubblico e di addetti ai lavori in ambito linguistico, letterario e mediale (Mar, ib.), tuttavia, le recenti le esplorazioni neurocognitive, soprattutto svolte con tecniche di neuroimmagine, stanno apportando nuovi contributi alla comprensione dei meccanismi implicati nella narrazione, evidenziando come questo dominio sia meno 'popolar-artigianale' di quel che spesso si pensa, infatti durante la costruzione e la fruizione di storie è possibile registrare, visibilmente, la creazione mentale di un mondo che rispecchia l'esperienza umana in tutte le sue sfaccettature, attraverso processi che risultano cruciali nei vari ambiti di vita: intenzionalità agentive e decisionali che elaborano obiettivi originali e che agiscono in modo congruente verso gli obiettivi stabiliti, per raggiungerli; inoltre, nella narrativa vengono implicati costantemente processi di comprensione degli avvenimenti attraverso l'assunzione di diverse prospettive (Özyürek e Trabasso, 1997; Rall e Harris, 2000), che rappresentano mentalmente stati emotivi e simulazioni embodied: una simulazione mentale può comportare la medesima esperienza da parte del fruitore o del produttore di storie, in maniera

congruente con la situazione di un personaggio e in modo equivalente alle esperienze incontrate nel mondo reale (László e Cupchik, 1995; Oatley , 1992, 1994, 1999). In questa direzione, studi recenti stanno evidenziando come l'attivazione degli stati mentali e di teoria della mente siano collegati alla qualità delle narrative con cui si viene a contatto: Kidd e Castano (2013), dopo aver definito tre categorie di pubblicazioni, una di tipo 'narrativo-letterario', che comprende romanzi e racconti di riconosciuto valore artistico (es: della scrittrice Alice Munro, recente premio Nobel); una di tipo 'narrativo di genere', che comprende romanzi di appendice, fantascienza, horror, e una di opere che non rientrano nelle categorie precedenti, ad esempio saggi o ricostruzioni storiche, hanno selezionato un certo numero di titoli, che hanno sottoposto in modo randomizzato alla lettura di soggetti adulti. Dopo la lettura dei diversi generi testuali, gli sperimentatori hanno testato la teoria della mente (ovvero la capacità di prevedere i comportamenti degli altri inferendo i loro stati mentali) delle persone coinvolte nello studio, usando diverse prove standardizzate, ormai ampiamente validate: test di lettura di emozioni nei volti e di falsa credenza. L'analisi dei dati raccolti ha evidenziato come il gruppo di soggetti assegnato alla lettura di testi letterari di qualità ha ottenuto risultati mediamente migliori in tutte le prove presentate, rispetto agli altri due gruppi. Secondo i due autori, un'ipotesi utile a spiegare questi risultati è collegata al coinvolgimento dei processi cognitivi e di flessibilità mentale richiesti per affrontare opere narrative di qualità letteraria più elevata.

Un secondo recente studio, parte di un progetto ancora in progress, di Philips e colleghi della Standford University (2013; Goldman, 2012); lo studio, svolto attraverso studi di imaging cerebrale, ha indagato gli effetti attenzionali provocati da due modalità diverse di lettura di un paio di capitoli del noto romanzo di Jane Austen, Mansfield Park, in un gruppo di studenti di letteratura: effettuare una prima lettura 'piacevole' e una seconda rilettura, più attenta e critica, mediante un modello di analisi classico degli studi critici letterari anglosassoni, il close reading (considerare la struttura formale e gli schemi presenti nel testo). Sono stati evidenziate diverse aree di attivazione neuronale, durante le due tipologie di lettura: nella prima modalità si sono attivati i centri del piacere, ma anche della emozione e dell'immaginazione, mentre nella seconda modalità di lettura erano evidenti attivazioni estese e intense in aree cerebrali maggiormente coinvolte in compiti attentivi e cognitivi, quindi, secondo gli autori, una lettura analitico-critica permetterebbe l'attivazione di meccanismi di controllo attenzionale e di memoria. La qualità narrativa dell'opera di Jane Austen sembrerebbe capace di stimolare, solo attraverso la parola scritta, immagini e stati emozionali, inoltre, una rielaborazione attiva e strutturata degli schemi formali del testo narrativo permetterebbe l'attivazione di aree che possiamo considerare riconducibili alle funzioni esecutive.

Nonostante risalga ormai a circa dieci anni fa, il lavoro di riferimento più ampio e completo, che ha tentato di fornire quadri interpretativi di sintesi tra gli studi di psicologia cognitiva e di neuroscienze volti a indagare i processi sottostanti la comprensione e la produzione narrativa, risulta ancora oggi la review di Mar (2004).

Sia la comprensione che la produzione di storie sembrano essere supportate da una rete neurale che coinvolge la corteccia frontale, temporale e del cingolato, che, come abbiamo visto precedentemente, sostengono anche i processi esecutivi, di memoria e di teoria della mente. Studi recenti, effettuati attraverso compiti di grammatica delle storie e test per l'esame delle FE, confermano il coinvolgimento delle aree frontali e prefrontali in compiti narrativi (Le et al, 2011; Marini et al. 2011, Cohelo et al., 2012; Mozeiko et al. 2011).

Secondo Mar (ib.) e altri autori (Davis e Cohelo, 2004), questo potrebbe dipendere dal fatto che in tutti questi processi sono implicate abilità di connessione causale-temporale di informazioni che devono essere selezionate e manipolate, infatti, i modelli utilizzati per predire gli esiti in memoria e

le rappresentazioni mentali funzionano meglio se riguardano le storie (van Oostendorp e Goldman , 1999; Clifton e Duffy , 2001; Graesser et al , 1997, 1980, 2003).

Gli studi di imaging sulla comprensione narrativa, presi i considerazione dalla review di Mar, evidenziano una relativamente buona convergenza dei risultati: è preminente la rilevazione del coinvolgimento di regioni frontali, comprese quella ventrolaterale, mediale e dorsolaterale. del giro frontale superiore e medio; di regioni ventromediali e di alcune aree motorie. Sono anche implicate alcune regioni temporali, compresa la parte centrale del giro temporale e del solco, aree superiori come il giro temporale superiore e parietale, la giunzione temporo-parietale, nonché regioni temporali inferiori, come il solco temporale inferiore, i poli temporali, il cingolo posteriore. Gli studi sulle lesioni cerebrali in pazienti adulti evidenziano il coinvolgimento prevalente dell'emisfero destro nella comprensione di storie (Marini et al., 2005), in particolare di alcune aree frontali, che si suppone siano deputate a controllare la coerenza globale, intesa come integrazione temporale, mantenimento, selezione, codifica e recupero degli elementi presenti nelle narrazioni e questo contrasta con la tradizionale attribuzione all'emisfero sinistro di compiti linguistici. Come sottolinea Mar, in questi studi specifici, abbastanza sorprendentemente, non sono state rilevate le attivazioni delle aree deputate al monitoraggio e alla manipolazione della memoria di lavoro, tuttavia erano attivate alcune aree della corteccia prefrontale dorsale laterale e altre aree affini che, generalmente, vengono attribuite alla capacità di sostenere l'attenzione attraverso processi inibitori e motivazionali. Secondo questa review, la partecipazione dei lobi frontali durante la comprensione narrativa sembra, comunque, essere comune a tutti i modelli presi in considerazione e ciò risulta congruente sia con la teoria del buffer episodico di Baddeley, da noi presentato nei capitoli precedenti, sia con la teoria di Grafman (2002), che considera le funzioni della corteccia prefrontale rilevanti per comprendere le storie. Secondo il suo modello, infatti, la corteccia prefrontale permetterebbe la rappresentazione di eventi strutturati e sequenziali, orientati a obiettivi e guidati da schemi. Più specificamente, Grafman individua proprio la corteccia prefrontale destra come il centro di elaborazione generale dei temi e della morale delle storie, vengono, inoltre, attribuite altre funzioni ad aree più specifiche della corteccia prefrontale: rappresentazione di sequenze di eventi sociali (corteccia ventromediale prefrontale) e sequenze di eventi prevedibili (corteccia prefrontale mediale), infatti, tutte queste aree appaiono rilevanti per l'elaborazione narrativa. Sono state trovate anche evidenze neuro visive di attivazione delle aree della corteccia mediale prefrontale, della giunzione temporo-parietale e temporale, che permetterebbero di sostenere il riconoscimento di personaggi, delle intenzionalità e delle teorie delle menti in azione, come prevedono i modelli cognitivi Event- Indexing Model (Zwaan e Radvansky, 1998 ) e Immersed Esperience Framework (Zwaan, 2004).

Il primo prevede, da parte di un lettore, l'elaborazione di un modello mentale composto da almeno cinque dimensioni: temporale, causale spaziale, intenzionale, persona/oggetto; il secondo modello ipotizza che le parole si attivino automaticamente in base alle esperienze a cui si riferiscono, infatti le parole potrebbero attivare ampi strati funzionali del cervello che sono stati attivati anche quando era presente l'esperienza relativa.

È ormai abbastanza evidente che un gran numero di regioni cerebrali contribuiscono alla comprensione narrativa, infatti, qualsiasi rete che supporti il linguaggio, la memoria e anche la percezione gioca un qualche ruolo, tuttavia, i processi cognitivi che sembrano descrivere meglio i processi narrativi rientrano in tre macro-categorie: codifica e recupero in memoria, integrazione, elaborazione e simulazione di informazioni. Questi modelli sono, inoltre, in linea con altri modelli più classici di tipo computazionale, costruzionista e connessionista (Kintsch, 1988, 1994, 2000; Langston e Trabasso, 1999; van den Broek et al., 1999), i quali ritengono che elementi detenuti

nella memoria di lavoro vengano utilizzati per recuperare informazioni relative alla conoscenza del mondo reale, quindi risultino una elaborazione dei dati conservati nella memoria a lungo termine, inoltre, è ipotizzabile un processo di integrazione, più strategico, che servirebbe ad inibire informazioni che sono irrilevanti per il contesto attuale, lasciando solo quelle che possono aiutare la comprensione. Le aree frontali dell'emisfero sinistro risultano specificatamente coinvolte durante processi di immaginazione autobiografica, che sembrano richiedere maggiormente l'intervento della memoria episodica, in grado di permettere una rappresentazione di sé retrospettiva e prospettica, mentre sono state riscontrate attivazioni bilaterali frontali in caso di immaginazione narrativa, che probabilmente richiedono processi di tipo più astratto e basati su schemi (Conway et al., 2002, 2003).

Come sottolinea Mar, gli studi neurocognitivi sulla produzione di storie sono decisamente inferiori a quelli sulla comprensione, poiché risultano più complessi, basti solo pensare che l'utilizzo di neuroimmagini in situazioni non statiche, come quelle previste dal flusso di produzione narrativa, prevede maggiori difficoltà di registrazione, inoltre, durante la generazione di storie, si attivano contemporaneamente più fenomeni e si aggiungono processi di selezione semantica.

Soprattutto gli studi sui pazienti cerebrolesi, evidenziano, anche per la produzione di storie, un coinvolgimento delle aree frontali e come sottolinea Mar (ib.) “there is some evidence, that executive functioning is related to the performance on storytelling tasks in this population” , infatti, in pazienti con danni cerebrali, punteggi più alti al Wisconsin Card Sort Task (una misura spesso usata per valutare il funzionamento delle aree frontali), sono associati a un insieme di compiti discorsivi e al numero di episodi generati, inoltre, si è riscontrata la produzione di frasi meno lunghe, ma più complesse (Coelho et al.1995; Tucker e Hanlon,1998; Coelho, 2002). Nei bambini con danni cerebrali, questa associazione è stata dimostrata anche rispetto ad alcune abilità verbali prese in considerazione attraverso compiti di fluenza verbale (Brookshire et al. 2000).

Sostanzialmente, un reticolo di attivazioni frontali sembra essere coinvolto nella produzione del linguaggio narrativo, indipendentemente dalla modalità di elicitazione, inoltre, queste aree sembrano rispecchiare le stesse implicate nella comprensione, infatti, sono poche le regioni che sembrano associate esclusivamente alla comprensione o alla produzione di narrazioni, in particolare uno studio di Kazmarek (1984), identifica l'attivazione del lobo frontale dorsolaterale sinistro (responsabile dell'organizzazione causale-temporale delle informazioni), come necessario per l'organizzazione sequenziale delle informazioni linguistiche, e il lobo orbitofrontale sinistro (responsabile della selezione appropriata delle informazioni e della inibizione di quelle irrilevanti), come direttamente coinvolto per lo sviluppo delle narrazioni. Uno studio più recente di Troiani e colleghi (2008), effettuato mediante fMRI e attraverso una elicitazione narrativa vocale, conferma l'attivazione neuronale estesa durante la produzione, che sembra necessaria per organizzare ed esprimere una narrazione coerente. In questo studio si sono rilevate attivazioni bilaterali della corteccia frontale inferiore, fronto-dorsale, temporo-parietale, ma anche alcune regioni temporali e occipitali del'emisfero sinistro, probabilmente collegate all'utilizzo specifico dell'espressione vocale, gli autori concludono le loro osservazioni evidenziando che le regioni frontali inferiori sembrano essere necessarie per sostenere la componente organizzativa di una narrazione, mentre le aree frontali e dorsale possono supportare la memoria di lavoro; regioni temporo-parieto- occipitali possono essere associate con il significato inferenziale della narrazione.

Mar nella sua review sostiene l'ipotesi, che vede strettamente correlate comprensione e produzione narrativa, attraverso un'elaborazione teorica che individua comuni abilità sottese ad entrambe: capacità di organizzare significativamente frasi connesse per costruire una rappresentazione globale coerente. Questo sembra giustificato da studi sulla selezione e

l'ordinamento causale-temporale delle informazioni nelle narrazioni, che differiscono da quelli per singoli eventi o frasi. La rilevazione dell'attivazione di specifiche aree cerebrali sembrerebbe supportare questa ipotesi: l'organizzazione temporale di eventi narrativi coinvolge in modo significativo la corteccia prefrontale, incluso il cingolo anteriore. Le aree temporo-parietali, la cui attivazione è comunemente rilevata nella comprensione e nella produzione narrativa, ma non nell'ordinamento e nella selezione di eventi, sono quelle coinvolte anche in compiti di teoria della mente (Frith e Frith, 1999, 2000, 2001), e sono molto probabilmente necessarie sia per inferire stati mentali dei personaggi, in caso di comprensione di storie, sia per generare caratteristiche personali, intenzionali e comportamentali degli attanti, in caso di produzioni narrative (Alexander, et al. 2001; Alexander, 2002 ).

Con il miglioramento delle tecniche di rilevazione neurologica e testistica per questo settore, sarà possibile rilevare maggiori differenziazioni tra comprensione e produzione narrativa; infatti, tenendo conto degli studi neurocognitivi, che evidenziano il coinvolgimento preponderante di aree affini a quelle generalmente indicate per le Funzioni Esecutive, noi ipotizziamo che approfondire lo studio sulle abilità afferenti a questo costrutto, ipoteticamente più implicato in fase di produzione attiva, potrebbe dare dei contributi significativi, rimane, comunque, rilevante questa 'affinità' tra le due diverse competenze, che sembrerebbe supportare la valenza enattiva della dimensione narrativa, in entrambe le modalità.

Fig. 1. Reported peak activations for studies of narrative comprehension, narrative production, selection and ordering (da Mar, ib.).

Riassumendo, possiamo evidenziare come sia la produzione, sia la comprensione narrativa siano associate con l'attivazione significativa delle seguenti aree cerebrali:

Corteccia bilaterale prefrontale mediale ordinamento e selezione di informazioni processi inibitori; processi di teoria della mente

Corteccia laterale prefrontale,

(in particolare emisfero destro) ordinamento di eventi narrativi; processi di memoria di lavoro; mantenimento degli obiettivi per la rievocazione in memoria a lungo termine; processi di pianificazione; organizzazione logica e temporale di discorsi e comportamenti

Regioni temporo-parietali

(bilateralmente) inferenza stati mentali; funzioni specifiche linguistiche Regioni temporali anteriori e poli temporali processi di teoria della mente; concatenazione di frasi e di

preposizioni

Corteccia cingolata posteriore associazione di nuove informazioni con schemi precedenti; immaginazione visuo-spaziale; rievocazione episodica; modulazione emotiva di processi mnestici.

Come sottolinea Mar (ib), la letteratura del settore, ha ampiamente dimostrato quanto l'intera configurazione neurocognitiva attivata dai processi narrativi differisca da quelle specificatamente attivate per processi attentivi, di immaginazione, di riconoscimento e produzione di parole, di memoria, di codificazione e rievocazione episodica o semantica, costituendo quello che potremmo definire un dominio-rilevante, ma non specifico, sovrapponibile, almeno parzialmente, ma in modo significativo, a quello attribuito alle Funzioni Esecutive. Uno studio recente di Cannizzaro e Cohelo (2013) , effettuato con adulti dai 18 ai 98 anni di età, mediante due diversi modi di elicitare le narrazioni e attraverso un'analisi secondo il modello della Grammatica delle Storie, evidenzia una significativa correlazione con l'età dei soggetti e con misure verbali e non verbali relative alle Funzioni Esecutive, identificando due fattori principali sottostanti: fluidità di espressione ed efficienza organizzativa. Questi dati sembrano confermare, dunque, una base comune alla struttura narrativa e alle Funzioni Esecutive, infatti, entrambe coinvolgono aspetti di costruzione della conoscenza orientata a obiettivi, che va oltre la classica divisione di dominio 'linguistico – non linguistico':

… narrative structure may represent a global and ecologically valid measure of goal- directed executive function knowledge that is also sensitive to changes associated with typical aging (ib.).

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