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CARATTERISTICHE STRUTTURALI INTEGRATE DEI TESTI MULTILINEAR

5.5. Rete, trama e polifonia, per la costruzione del plot narrativo multilineare

Il discorso narrativo appare come luogo di rappresentazioni figurative delle differenti forme di comunicazione umana, fatta di tensioni e di ritorni all'equilibrio (Greimas, 2000).

Le narrazioni costituiscono le trame connettive che danno forma al disordine dell'esperienza (Eco, 1994), costituendosi come espressione, segno e significato. Esiste una coerenza profonda dovuta alla qualificazione della testualità come sistema significante di unità di espressione, correlate a unità di contenuto (Magli, 2004).

Il testo, secondo l'etimologia latina, significa tessuto, ovvero sistemi di interdipendenze interne dotati di coerenza (dal latino cohaerere: essere in relazione) e oggetti di contrattazione, o meglio, di cooperazione interpretativa (Magli, ib, 30-31).

Negli ultimi decenni la semiotica si è orientata sempre più verso il problema della produzione di senso... ciò che conta, dunque, ancora più delle forme prodotte, è il processo che sovraintende alla loro produzione... per ricostruirne i modi della produzione, ovvero le tappe e i livelli (Magli, ib, p. 43- 44).

Dunque, se per la semiotica di Greimas, si può parlare di Percorso Generativo, in cui viene ricostruito un itinerario iniziato da istanze semantiche di tipo logico, sviluppato in livelli più superficiali, ma dal contenuto complesso e profondo (fabula), per incontrare la struttura narrativa di superficie (intreccio), per Hjelmeslev (1943) si può trattare di Struttura come sistema di elementi interdipendenti e, per Barthes (1969), di trasformazione da uno stato iniziale a uno finale, grazie a un'inversione della situazione di partenza, nella trasformazione più importante che è quella dei valori, pertanto:

sistema di opposizioni. Queste possono costituire, a livello profondo, il sistema assiologico, ovvero il sistema di valori, sul quale si fonda un intero testo. (Magli, ib., p. 55).

Questo modello classico ha permesso di costituire una forma universalizzante per tutte le tipologie narrative, nelle quali è presente una tensione, un orientamento di senso come nucleo che nasce già organizzato e che, tuttavia, attende di svilupparsi compiutamente:

La narratività, per Greimas, è una sorta di grammatica, che a livello immanente del senso articola le strutture universali dell'immaginario … un micro-universo diventa un tutto di significazione solo se può sorgere davanti a noi come uno spettacolo semplice, come una struttura attanziale (Magli, ib. p. 69).

Quasi tutte le forme narrative sono caratterizzate da un rapporto originale tra fabula e trama, o intreccio, e l'intreccio prevede, da sempre, molte forme di montaggio non lineare, in quanto la narrativa procede abitualmente per scarti temporali, analessi, prolessi, ellissi. Dunque, seguendo le indicazioni processuali euristiche di Greimas, così come indicate da Magli (ib., p. 67), essendo la fabula una struttura logico-causale immanente e generativa di senso, possiamo continuare a considerarla come il substrato profondo di tutti i processi narrativi, in quanto, consentendo l'articolazione delle strutture di rappresentazione immaginaria, costituisce quella che per alcuni autori potrebbe essere l'essenza stessa della narratività, la Grammatica, mentre l'intreccio, che appartiene al livello strutturale discorsivo, più variabile e manifesto, può assumere forme e modalità testuali diverse, anche multiple o multilineari. Greimas (1974, 1985) introduce, inoltre, alcuni concetti semantici di grande importanza nella logica della narratività, che qui indichiamo, ritenendoli la parte costitutiva della linearità multipla:

- contrattualità e conflittualità;

- intenzionalità, come regolazione del desiderio; - valori desiderabili e perseguibili;

- manipolazione, competenza, performance ; - trasformazione di stati e di valori;

- programma narrativo per il raggiungimento di uno scopo, ma differito a causa di vari programmi narrativi d'uso, che provocano la digressione, la suspance, l'effetto di moltiplicazione;

- programma narrativo come ripresa di uno stesso motivo secondo punti di vista diversi.

Se teniamo in considerazione la morfologia della Fiaba di Propp, semiologo strutturalista, gli elementi costitutivi di un intreccio fiabesco sono le azioni di personaggi, le cui caratteristiche possono cambiare in un modo pressoché infinito, non è, tuttavia, così per le loro funzioni 'agite' che, secondo Propp, sono riconducibili a solo 31 funzioni relazionali, ma soprattutto trasformazionali, regolate da un ordine causale, il quale costituisce uno schema riconosciuto come universale (1928) e che, infatti, Ricoeur (1985) definirà segmenti astratti di azione. Greimas, in seguito, ridurrà ancora il numero di funzioni riconducendo le trentuno di Propp a funzione attanziale, dove esse si configureranno in soggetto/oggetto e destinante/destinatario. (Greimas, 2000). Questa prospettiva è particolarmente utile ai fini di comporre o ricomporre la struttura narrativa, in quanto può permettere di ricondurre qualsiasi storia narrata a una computabilità. Come evidenzia Eco ( ib. p. 107), mutuando una definizione da van Dijk (1974):

una narrazione è una descrizione di azioni che richiede per ogni azione descritta un agente, una intenzione dell’agente, uno stato o mondo possibile, un mutamento con la sua causa e il proposito

che lo determina; a questo si potrebbero aggiungere stati mentali, emozioni, circostanze; ma la descrizione è rilevante (diremmo conversazionalmente ammissibile) se le azioni descritte sono difficili e solo se l’agente non ha una scelta ovvia circa il corso di azioni da intraprendere per cambiare lo stato che non corrisponde ai propri desideri; gli eventi che seguono a questa decisione devono essere inattesi, e alcuni di essi devono apparire inusuali o strani.

Queste, secondo Eco, possono essere le condizioni per poter avanzare previsioni e compiere passeggiate inferenziali nei sentieri narrativi, salvo poi, proporre modelli a grado zero, rispetto ad azioni e decorsi temporali di una storia, indicando nella fabula una struttura così trasparente da renderla in grado di condurre perfino a una vicenda immobile di soli attanti. Greimas (1966), a tale proposito, propone il sistema di relazioni tra attanti (coloro che fanno o subiscono un atto) come rappresentazione paradigmatica dentro un quadro formale generativo di senso che costituisce lo schema narrativo retto da intenzionalità essenziali e riconoscibili:

a) DIMENSIONI PRAGMATICHE: qualificazione agentiva del soggetto (Competenza- essere del fare); realizzazione attraverso un'azione (Performanza - far essere).

b) DIMENSIONI COGNITIVE: momento di acquisizione di competenza e di passaggio all'azione (Manipolazione-far fare); riconoscimento, realizzazione, ricompensa (Sanzione- essere dell'essere).

Un micro-universo diventa un tutto di significazione solo se può sorgere davanti a noi come uno spettacolo, una struttura attanziale (Magli, ib. p. 73).

Gli attanti, a livello di struttura narrativa superficiale o discorso, possono essere – ma non sempre e necessariamente- ricondotti agli attori o ai personaggi, infatti una unica funzione attanziale può essere rappresentata da diversi personaggi, così come diverse istanze attanziali possono essere svolte, in tempi e situazioni diverse, dai medesimi personaggi. Anche questa flessibilità della struttura narrativa, secondo l'approccio greimasiano, può, a nostro avviso appartenere alla dimensione multilineare, ipotizzando che i ruoli attanziali, articolati in temi o ruoli attoriali, possano assumere caratterizzazioni psicologiche, attraverso stati d'animo, intenzionalità, scambi intersoggettivi, che determinano varie configurazioni e riconfigurazioni nella strutturazione narrativa, concorrendo, dunque, in una pluralità straordinaria di variazioni, sia alla sua coerenza, ma anche a un posizionamento personale dello stesso attore rispetto a condizioni di scelta o valoriali. In riferimento queste dimensioni, possiamo richiamare brevemente alcune delle figure attanziali classiche (manifestabili in figure attoriali), che permettono una rappresentazione funzionale-relazionale all'interno di un plot narrativo:

a) Contratto e conflitto, che costituiscono i due poli opposti e complementari di qualsiasi forma di comunicazione e agentività umana. Sono frequentemente presenti in molte tipologie narrative e, a nostro, avviso, in una processualità multilineare esse possono costituire lo scaffolding semiotico- cognitivo trasparente, utile per configurare e riconfigurare scelte, decisioni, in un setting problemico dialogico plurimo;

b) Intenzionalità, che, secondo la prospettiva greimasiana (Magli, ib. p. 76), regola la relazione tra soggetto e oggetto, mediante la figura del desiderio o del proposito.

Nelle narrazioni classiche o nella esperienza umana naturale, l'oggetto è generalmente identificato con l'obiettivo, lo scopo. Posizionarsi in modo plurivocale o plurimo rispetto a questo

obiettivo/scopo, che va concertato, in modo da costituire un dispositivo valoriale su desideri o prospettive condivise, può permettere una modellizzazione (formazione) trasparente ed enattiva dei saperi e delle conoscenze messe in gioco: un voler fare e un fare che modellizza (forma) l'essere, una performanza che modellizza/trasforma situazioni, un essere che modellizza (tras- forma) il fare, un far fare come disponibilità orientante e prospettica.

Bruner, nella sua analisi della struttura narrativa, intesa come modo di pensiero (1991) indica, tra le sue dieci proprietà, il necessario riferimento a stati intenzionali, considerando che, se gli eventi svolgono un ruolo nel racconto, è perché interferiscono con gli stati intenzionali dei personaggi, i quali godono di capacità di scelta consapevole, ovvero di libertà e danno un fondamento per l'interpretazione delle loro possibilità di azione (p. 23). In una dimensione multilineare la valutazione degli esiti trasformativi-riconfiguranti, è, dunque, il risultato aperto di un fare interpretativo ed ermeneutico, in quanto la sanzione come atto epistemico, consente una dinamica dialettica e continuamente interattiva rispetto a un classico quadrato semiotico che dispone antiteticamente: ammettere e affermare, dubitare e rifiutare:

Affermare Rifiutare Affermare Rifiutare Ammettere Dubitare Ammettere Dubitare

(rielaboraz. da Magli, ib.)

Inoltre, il raggiungimento degli obiettivi trasformazionali, in una prospettiva multilineare, ingloba: a) le caratteristiche classiche della narrazione come programma narrativo d'uso, che prevede incassamenti quali digressioni, rallentamenti, differimenti e che – abitualmente- costituiscono dispositivi per suscitare attesa, attenzione, tensione;

b) il movimento narrativo tra un avanti, che vede i possibili, ammettendo il compimento in diversi reali, e un indietro verso la revisione o la creazione di un'opera la cui forma è intrinsecamente caratterizzata da una incompiutezza ontologica.

Correggersi, riprendersi ciò che si è appena detto: in letteratura, scrive La Capria, per fortuna è possibile mutare o correggere il passato, che, invece nella vita è irreversibile: dunque, perché non approfittarne? Soprattutto se chi scrive si sente l'autore di un unico libro composto di tutti i suoi libri? (Ficara, 2014).

c) le caratteristiche di altri meccanismi testuali quali ad esempio: variazioni di stile (es: Queneau), nodi di scelta (es: storie interattive); posizioni plurime delle voci dei personaggi (es: John Barth), che costituiscono dispositivi combinatori dei possibili:

il controfattuale può essere pensato a patto di restrizioni di tipo narrativo, ovvero letterario, nell'ordine (diciamo per metafora) del desiderio. E in questo ordine il controfattuale ha a che vedere in letteratura con il romanzesco e in filosofia con l'utopico... i mondi possibili come costrutti epistemici sono reali in quanto incassati, e non solo sintatticamente, nel mondo reale che li produce... non si torna nel tempo a cambiare la possibilità che si è verificata: ma contemplando il controfattuale nel quale si è verificato il suo contrario, a mo' di ripresa, saltando indietro per gioco,

si balza in avanti davvero, alla ricerca di una terza possibilità non ancora data, ma la cui possibilità è stata rivelata dal gioco della combinatoria dei possibili. (Eco, ib. p.209-210).

In questa prospettiva, ci sembra che Eco abbia precorso di un trentennio le ipotesi post strutturaliste attuali di Herman (2013), che considera le storie, non solo come oggetto di interpretazione, ma come un mezzo per costruire il senso della esperienza stessa: desideri, credenze e intenzioni associati alle persone sono spesso ancorati alle pratiche narrative, le quali costituiscono una risorsa primaria per configurare circostanze, eventi, in scenari (più o meno) coerenti, che coinvolgono le esperienze delle persone... offrendo una base per abilitare e dare senso a intenzioni, obiettivi, emozioni e azioni, emergenti dalla negoziazione di agenti intelligenti... (ib., p. XI).

…il nostro specifico essere nel mondo è caratterizzato prima di tutto dall’azione. Essere umani è essere già situati nel mondo attraverso l’azione in maniera tale da definire l’utilità organizzata delle cose che ci troviamo attorno, per poi poterle anche pensare (Gallagher e Zahavi, 2009, p. 257).

Come ricorda Ricoeur in Tempo e racconto (1985), se la Mimesis subordina la considerazione dei personaggi a quella dell'azione, riportando la concezione aristotelica secondo la quale la tragedia non è mimesi di uomini, bensì di azioni e di vita - infatti, senza azione non ci potrebbe essere tragedia, senza personaggi sì - il romanzo moderno, conferisce al personaggio un diritto uguale o superiore all'intrigo, intendendo con intrigo quella unità implicita concettuale che ha dato all'azione la sua attuale forma (ib); un esempio emblematico in questa direzione viene considerata l'opera di Henry James. Bruner indicava nella elaborazione di intenzionalità consapevoli il fondamento della narrazione:

... a conferire unità al racconto è il modo in cui personaggi e consapevolezza interagiscono tra loro, dando vita a una struttura che ha un inizio, uno sviluppo e il senso di un compimento (1994, p. 27). Herman (2007) individua un principio omodiegetico di colui che narra o di colui che fruisce di una narrazione, ossia egli è protagonista diretto del tempo narrato, è egli stesso attore, costituendo una strutturazione retrospettiva e prospettica del narrare, che fornisce così un senso profondo di agentività.

Le narrazioni devono permettere la ricostruzione di una rete interpretativa di scopi, piani e motivazioni psicologiche (quindi di una casualità mentale) intorno agli eventi narrati per dare intelligibilità agli eventi fisici (Ryan, 2004).

Dunque, si può attualmente sostenere che le narrazioni siano il modo non scientifico migliore per presentare aspetti specifici delle menti agentive e per formare sempre più raffinate rappresentazioni di teoria della mente (Margolin, 2003).

Un'altra delle principali qualità fenomenologiche, strutturali e funzionaliste della narrazione multilineare, ci sembra altrettanto importante e integrabile con la precedente: la polifonia delle voci dei personaggi in relazione con i processi contestuali culturali, concetto mutuato da Michail Bachtin:

...la libertà del personaggio è un momento del disegno dell'autore. La parola del personaggio è creata dall'autore in modo che essa può fino all'ultimo dispiegare la sua interna logica e autonomia

come parola altrui, come parola del personaggio stesso (Bachtin, 2002, 89).

Secondo questo autore, che è partito dallo studio dell'opera di Dostoevskij, considerandolo come il primo romanziere ad utilizzare, in modo consapevole nel romanzo, la polifonia dei personaggi in relazione con i processi storico-culturali, permette:

- il principio dialogico: ogni personaggio deve interagire con gli altri e con i loro punti di vista, le loro convinzioni;

- l'autonomia e la responsabilità del personaggio; - la molteplicità di stili e discorsi;

- l'espressione di un punto di vista personale; - l'intenzionalità;

- la volontà proattiva.

Nella struttura narrativa polifonica il personaggio diventa, dunque, soggetto attivo e dialogico, esprimendo la sua autonomia caratterizzata da intenzionalità e senso, in una continua interattività.

L'idea non è una formazione soggettiva psicologica-individuale con 'domicilio permanente' nella testa dell'uomo: è interindividuale e intersoggettiva, e la sfera del suo essere non è la coscienza individuale, ma la comunione dialogica tra le coscienze. L'idea è un fatto vivo che si crea nel punto dialogico di due o più coscienze. L'idea è per sua natura dialogica (ib., p. 116).

... Dostoevskij pensò mediante immagini elaborate psicologicamente, ma pensò socialmente (ib. p. 53).

5.6. Narrazione multilineare e semantica semio-narrativa: strutturare configurazioni e

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