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CARATTERISTICHE STRUTTURALI INTEGRATE DEI TESTI MULTILINEAR

5.7. Schemi, script e grammatiche delle storie: una base sicura per architetture narrative flessibil

Sul piano della organizzazione gerarchica della mente il modello narrativo è generalmente cosciente, verbale, narrabile, sociale ed è costituito da riferimenti sperimentati attraverso le parole (Stern, 1991, p. 9).

La sensibilità a tutto ciò che si esprime in modo narrativo emerge già molto precocemente nella specie umana, poiché fin da piccoli ci troviamo a provare emozioni durevoli e profonde per le storie che ci sono state raccontate nelle più diverse forme, orali, visive o multimediali (Alexander, Miller, Hengst, 2001). Innumerevoli sono gli studi che esplorano le strutture base utilizzate per comunicare, per attivare meccanismi di coerenza e di autorappresentazione o ristrutturazione di esperienze vissute, anche a partire da differenti storie o posizioni (Pennington e Hastie, 1992, Shank e Abelson, 1995, Herman, 1992, King, 2001). Come si è più volte ripetuto, nonostante la stessa definizione di Narrazione non sia sempre condivisa in modo univoco, nell'articolata review di Raymond Mar (2004), approfondita maggiomente nel capitolo relativo alla neuropsicologia della narrazione, vengono ribadite come fondamentali caratteristiche delle storie:

- la presenza di una struttura causale di eventi;

- la descrizione di una serie di azioni ed eventi che si svolgono secondo principi causali e secondo un ordine logicamente e temporalmente coerente (se...allora, poiché... dunque, prima... quindi); - un significato determinato da scopi e intenzioni dei personaggi del racconto;

- la presenza di un setting (sfondo, ambiente, scenario), di uno o più agenti che perseguono una certa meta, obiettivo, scopo, ma che vengono impediti, ostacolati, agevolati da altri eventi.

In molte tipologie di narrazione gli elementi sopra citati vengono lasciati alla inferenza del fruitore di storie e spesso alla sua immaginazione, tuttavia, ricorda Mar (ib), non va confusa la narrazione con la fiction: anche narrazioni di fatti reali possono costituire la base di una narrativa di tipo 'realistico', come dimostrano quotidianamente, ad esempio, i giornalisti o le persone che raccontano aneddoti.

I modelli cognitivi per spiegare nelle narrazioni la comprensione, la produzione e l'interrelazione tra questi due processi sono molteplici, tuttavia, dentro un panorama vastissimo e spesso poco connesso di ricerche sulle narrazioni, gli studi di psicologia della narrazione hanno offerto, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, alcuni importanti modelli, ormai ampiamente conosciuti e sperimentati, che ancora oggi sono in grado di rendere adeguatamente conto di alcune strutture mentali alla base dei processi narrativi nel corso dello sviluppo evolutivo, costituendo lo scaffolding mentale e culturale, attraverso cui la specie umana riesce a produrre e a comprendere le storie.

Come ricorda Levorato (2000, p. 12 e seg.), la teoria generale della cognizione prevede alcune componenti basilari, che vengono tradizionalmente poste alla base della costruzione narrativa, in particolare processi di memoria, la quale prende in carico il materiale linguistico/informativo e lo elabora attraverso adattamenti trasformazionali mentalmente significativi: l'eleborazione, infatti, permette il riconoscimento del significato all'interno di strutture di conoscenza che vengono continuamente create e aggiornate attraverso modalità interattive. Una rappresentazione semantica, analoga a quella dei modelli mentali introdotti da Johnson-Laird (1983) e da van Dijk & Kintsch (1983), prevede che sia possibile una costruzione di un modello mentale, attraverso l'attivazione di processi cognitivi complessi, in cui la memoria di lavoro tratta, trasforma e significa le informazioni in arrivo in un linguaggio mentale, come insieme organizzato delle nuove informazioni, utilizzando memorie rappresentazionali semantiche coerenti e caratterizzate da relazioni temporali e causali. La flessibilità del sistema 'memoria di lavoro' permette di superare i

suoi limiti attraverso un'organizzazione del materiale tale per cui a ciascuna unità informazionale corrisponda un insieme strutturato (Levorato, 1988, p. 99), mentre la memoria episodico- semantica rappresenta le conoscenze in modo sistematizzato attraverso strutture interconnesse, indicate come frames (Minsky, 1975), scripts (Shank & Abelson, 1995) o schema (Rumelhart, 1975).

Quanto più la rappresentazione cognitiva è ricca, complessa e articolata, tanto maggiore è la possibilità di integrare le informazioni nuove in un sistema preesistente. Tale sistema (semanticamente strutturato) le rende più comprensibili e quindi più memorabili (Levorato, 1988, p. 119).

Secondo gli studi evolutivi, già verso i 3-4 anni, i bambini cominciano a rievocare storie che evidenziano alcuni elementi di rappresentazione semantica, soprattutto di tipo temporale; intorno ai 6 anni sono acquisite anche le abilità di cogliere le relazioni causali, che danno coerenza al discorso (van der Broek, 1994), permettendo l'affinamento della capacità di basarsi sulle proprietà strutturali della narrazione, che si dimostra, quindi, più stabile rispetto ad altre informazioni superficiali. Processi inferenziali migliorano nel corso della Scuola primaria, consentendo processi cognitivi che implichino costruzione di significati e capacità di rappresentazione mentale analoga a quella adulta.

Alla base di molti modelli rappresentazionali, possiamo riconoscere la teoria formale della rappresentazione di Anderson e Bower (1973), come prodotto di un'attività di analisi dello stimolo, che porta all'individuazione del suo significato e viene conservata più facilmente in memoria, così da permetterne un recupero, ma anche una riorganizzazione, mediante connessioni con altre rappresentazioni, costituendo così una rappresentazione globale (Levorato, ib., p. 134), essa presenta alcune caratteristiche principali, che riteniamo ancora valide: è svincolata da contenuti specifici, è applicabile a qualsiasi sistema di idee; permette una ricerca e una rievocazione efficace, presenta un valore di adattamento; contiene informazioni salienti e significative; è economica e semplice; si collega e integra ad altre rappresentazioni.

Se una struttura si manifesta in un linguaggio, si assume che questo debba rispecchiare un aspetto della mente umana; una coerenza strutturale (ad esempio testuale o narrativa) corrisponde, dunque, a una struttura di rappresentazione mentale e la coerenza rispecchia il fatto che chi costruisce un testo attualizza un piano.

Il sistema cognitivo, utilizza, dunque, la coerenza testuale per per costruire una rappresentazione interna che rispecchia l'organizzazione tematica del testo (Levorato, ib., p.142-143).

In questo processo, secondo il modello di Kintsch e van Dijk (ib.), la memoria di lavoro gioca un luogo chiave nella codifica di un testo, procedendo parallelamente alla costruzione di microstrutture (strutture di significato che rappresentano in modo integrato parti superficiali del testo, sostanzialmente corrispondenti a frasi complesse o periodi) e macrostrutture (strutture che esprimono o riassumono il contenuto principale di un testo, rappresentandolo come significato globale), conservando informazioni già elaborate neccessarie a mantenere la coerenza (Levorato, ib., p.151). Processi top-down, come la formulazione di ipotesi e aspettative basate su conoscenze precedenti (frame-conoscenze tematiche e superstrutture-macrosintassi del discorso, tra cui le narrative, che risultano particolarmente familiari), facilitano la determinazione delle informazioni rilevanti che devono entrare nelle macrostrutture (Levorato, ib. p. 171). Questi due autori, all'interno del loro modello, includono l'uso di strategie per la gestione dei processi, individuandone il carattere programmativo, in quanto ne viene facilitata la selezione che consente

la soluzione di problemi o il raggiungimento di scopi (Carelli, 1992).

Gli schemi possono perciò essere definite sommariamente delle strutture funzionali di tipo concettuale, rappresentazionale, inferenziale-interpretativo, programmativo-esecutivo (Smorti, 1994 p.55; Rollo, 2007).

E' stato ormai ampiamente dimostrato come la comprensione di storie sia, generalmente, migliore di altre tipologie testuali e questo è dovuto all'attivazione di un modello di rappresentazione mentale comune relativo alle azioni umane organizzate temporalmente e dirette a uno scopo, al quale esse sono connesse causalmente (Levorato, ib. p. 198).

Shanck e Abelson (1977), a seguito delle elaborazioni di Minsky (1975) sul concetto di frame, inteso da questo autore soprattutto come struttura di conoscenza relativa a scene e oggetti, hanno ipotizzato il modello di rappresentazione mentale dello script, che permette l'organizzazione potente di un insieme di conoscenze relative ai piani e agli scopi che regolano le azioni umane. Lo script presenta una struttura astratta, generalizzabile di tipo causale e temporale, in grado di comprendere anche informazioni inferenziali o implicite, in quanto bastano pochi elementi presentati per permetterne la rievocazione o il riconoscimento, dato che si basa su esperienze ripetute da parte di coloro che appartengono a culture comuni (Levorato, ib. p.241 e seg.).

Le qualità formali e pragmatiche dello script, che ne fanno una guida per l'attività di pianificazione del comportamento pratico e verbale, ma anche per processi di comprensione di eventi osservati o rappresentati, sono sommariamente le seguenti:

- capacità di strutturare delle esperienze concrete in una forma organizzata e gerarchica astratta; - capacità funzionale, consentendo di guidare le interazioni con la realtà e la sua comprensione attraverso processi di intercambiabilità;

- capacità di codifica economica, permettendo una focalizzazione su informazioni salienti e distinguendo quelle inattese, atipiche. Un certo grado di canonicità è accettato, non porta alla disattivazione dello script, eventualmente ne permette una maggiore memorabilità (Graesser e Nakamura, 1982) o una ristrutturazione;

- dinamicità e flessibilità, in quanto permette di anticipare e predire eventi ricorrenti nel nostro mondo e di fornire la struttura necessaria alla comprensione di eventi nuovi (Neisser, 1989);

- una strutturazione precoce nello sviluppo: come hanno dimostrato gli studi ormai classici di Nelson (1981, 1986) e di Pinelli, Rollo e colleghi (1997), bambini di 3 anni sono in grado di riprodurre discorsi in cui sono riscontrabili azioni, ruoli, sequenze temporali ordinate e principali di un evento, relazioni causali; questi elementi non risultano legati a conoscenze ed esperienze personali di tipo episodico, ma riferiti a strutture di conoscenza generali e convenzionali, quindi di tipo rappresentazionale astratto. Bambini più giovani, intorno ai 20 mesi, già attivano script situazionali legati alle routine di vita (es: andare a fare la spesa) o a cartoni animati.

Lo sviluppo evolutivo della strutturazione degli script prevede non solo una maggiore complessità, ma anche una maggiore astrazione e flessibilità, combinando, suddividendo, ed è maggiormente collegato all'intervento di componenti mnestiche, tuttavia secondo il modello di Nelson (1996), la maggiore flessibilità potrebbe essere connessa all'acquisizione di abilità di usare il linguaggio come strumento di mediazione, sostituendo la stabilità nell'azione con la stabilità del linguaggio (Nelson, 2007).

La forma generalizzata delle routine, incluse nella costruzione rappresentativa degli script prevede la possibilità di variazioni, riferite a degli slot-fillers (elementi che, seppure diversi, hanno la stessa funzione nello schema dell'evento considerato), che costituiscono, secondo il modello di Nelson (ib. p. 18 e seg.), un elemento chiave, per processi di concettualizzazione, infatti, la base esperienziale delle strutture cognitive è una costante nello sviluppo, ma viene trasformata dal

linguaggio: le memorie individuali del bambino vengono trasformate in storie condivise che incorporano, oltre a sequenze essenziali di azioni anche emozioni, motivazioni e valutazioni, quindi implicando aspetti della cognizione sociale. La ricerca, in ambito evolutivo, della metà degli anni Ottanta del secolo scorso di Nelson e colleghi (1986) sullo sviluppo di memoria, concettualizzazione, linguaggio, gioco e narrazione ha dimostrato che:

a) la conoscenza degli eventi è fondamentale per lo sviluppo in tutti questi domini; b) la rappresentazione della esperienza è a un livello più generale della esperienza stessa;

c) la rappresentazione mentale permette l'elaborazione e la costruzione di nuove organizzazioni (memorie episodiche, script schemi, categorie), basate sugli slot-filler o su conoscenze inferenziali. Come ricorda Nelson (2007, p. 19), la conoscenza basilare di un evento, assemblata attraverso l'esperienza diretta di interazioni partecipative, è una conoscenza implicita, non è prontamente accessibile a riflessione e manipolazione consapevoli; inizialmente, avviene mediante gli avvenimenti ripetuti, che costituiscono un repertorio/modello in grado di fornire le basi per ripetute o nuove azioni, in seguito, avviene mediante la ricostruzione simbolica (in particolare attraverso il gioco), verbale e riflessiva, che permette di raggiungere scopi diversi. Tali costruzioni mentali portano la conoscenza a una forma esplicita, in grado di trasformarla in modi anche molto diversi. Come modalità di organizzazione concettuale, il linguaggio narrativo, secondo questa autrice, permette il passaggio dal piano esperienziale al piano categoriale astratto e paradigmatico (1996).

Il discorso narrativo non è (dunque) una semplice traduzione linguistica di una serie di eventi, poiché esso conferisce un ordine e una struttura al continuo fluire della esperienza. Si può parlare di struttura dell'evento per riferirsi alla sequenza di fatti e di struttura del discorso per riferirsi a come i fatti vengono organizzati. (Rollo, ib., p 32).

La narrativa è una struttura simbolica che permette di tradurre in discorso il mondo degli eventi e delle azioni, fornendo interpretazioni di vicende e fatti umani possibili, permettendo di coniugare canonicità e violazioni, offrendo referenzialità concrete e componibilità ermeneutica (Bruner, 1986). In riferimento allo schema proprio delle storie, dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso, sono numerosi gli studi che ipotizzano una sistema formalizzato deputato specificatamente a descrivere l'organizzazione dell'insieme di informazioni in una storia, ovvero la sua forma specifica, definita Grammatica delle Storie (Rumelhart, 1975, 1980, 1980b; Mandler, 1984; Stein e Glenn, 1979), la quale, come tutti gli schemi rappresentazionali precedentemente presentati, risulta astratta, generalizzabile, predittiva, gerarchica, permettendo di individuale regolarità strutturali e categorie astratte costituenti e ordinate: presenza di protagonisti caratterizzati, eventi nuovi o inattesi, introduzione di mete conseguenti, azioni, realizzazioni o mancate realizzazioni. Questi elementi sono stati forniti dalle teorie linguistiche e psicolinguistiche (Lakoff, 1972).

Rumelhart (ib.) nello specifico, individua due elementi strutturali propri dello schema di una storia organizzati in modo logico, per contiguità temporale e rappresentazione causale di eventi: l'ambiente, con caratteristiche spazio-temporali, e l'episodio, strutturato come un problem-solving, in quanto il protagonista della storia è chiamato a decidere uno scopo e a mettere in atto alcune azioni o tentativi in risposta a un evento, che lo possono portare a una soluzione o meno. Stein e Glenn (ib.) hanno fornito un modello di Grammatica delle Storie molto simile a quello di Rumelhart, tuttavia strutturato non in modo nodulare gerarchico e su articolazioni subordinate, ma ad albero binario:

Storia = ambiente+episodio; Episodio= evento inziale+sviluppo; Sviluppo= reazione + scopi; Scopi = tentativi+risultato+finale.

In questo modo è possibile costruire un modello rappresentazionale schematico, potenzialmente computabile, in cui le categorie costituenti (ambiente, evento, ecc...) compongono la storia e relazioni semantiche collegano causalmente e sequenzialmente ciascuna categoria alla seguente (consente, inizia, motiva, produce, ecc..).

I collegamenti tra vari episodi di una storia possono essere di diversa complessità, ad esempio, lineari (uno dopo l'altro), ma anche paralleli, quindi possono accadere contemporaneamente. Questa caratteristica evidenzia l'intrinseca flessibilità strutturale di questo modello, che esplica l'estrema duttilità dello schema narrativo, permettendo molteplici variazioni (es: ordine temporale non canonico, omissioni, ricorsività) su fondamenta stabili.

Come ormai ampiamente dimostrato, le caratteristiche strutturali della Grammatica delle Storie permettono una migliore rievocazione di una storia e una comprensione controllata dalle aspettative da essa generate (Levorato, ib., p. 270), in particolare, sembra che l'organizzazione temporale-sequenziale delle informazioni contenute in una storia sia la caratteristica cruciale e ciò che guida i soggetti nella ricostruzione del materiale narrativo (ib. p. 290), insieme alle categorie rilevanti che contengono informazioni sulle azioni intenzionali (ib. p, 298). Riassumendo le numerose ricerche svolte in ambito narrativo, possiamo, quindi, dire che una struttura narrativa per essere considerata buona deve: coinvolgere un protagonista agentivo e una sequenza di eventi connessi causalmente; presentare una catena di eventi articolata, ricca di tentativi e ostacoli; corrispondere alla grammatica delle storie e quindi alla concettualizzazione mentale; includere elementi non canonici, quali variazioni, suspance, humor.

Gli adulti, rispetto ai bambini, generalmente, hanno un riconoscimento più flessibile rispetto ai diversi esemplari di storia e danno una minore importanza alle sequenze di azioni intenzionali riferite a un personaggio.

All'interno dei modelli delle strutture del pensiero narrativo giocano un ruolo cruciale i processi inferenziali. La sede privilegiata in cui le inferenze prendono forma è la memoria di lavoro, particolarmente coinvolta, soprattutto quando le informazioni necessarie per fornire una coerenza non sono del tutto esplicite, ed è, dunque, richiesto un carico cognitivo maggiore per collegare le informazioni nuove a quelle precedentemente immagazzinate in memoria a lungo termine, operando proceduralmente in modo flessibile, inibendo informazioni irrilevanti o utilizzando e connettendo appropriatamente quelle necessarie, arricchendo così la rappresentazione semantica (Levorato, ib., p.343 e seg.). In questo modo le connessioni causali consentono di individuare un piano nella sequenza di scopi, azioni o eventi diretti a una meta. In questo processo, secondo il modello Causal Inference Making (van der Broeck, 1994), vengono incluse:

 inferenze retroattive, ovvero, informazioni precedenti, anche scriptiche, collegamenti con eventi, azioni, stati connessi tra loro, che permettono di spiegare lo sviluppo causale;

 inferenze proattive, basate su informazioni attuali, prevedono informazioni future e permettono di prevedere una serie di cause possibili.

Trabasso, Secco e van der Broeck (1984) individuano, nelle categorie previste dalle grammatiche delle storie, il campo in cui avvengono le connessioni causali e le relative inferenze (es: ambiente determinerà un campo causale e le circostanze, che giustificheranno lo svolgimento degli eventi seguenti, creando possibili aspettative). Nel loro primo modello, accompagnato da esperimenti svolti in età evolutiva (1984; 1985), si dimostrava che la percezione di discontinuità in una sequenza narrativa veniva risolta mediante processi inferenziali più ricchi, utili a costruire una coerenza e che i bambini ricordavano informazioni integrate in una catena causale, meglio di quelle non connesse alle altre informazioni (es: informazioni accessorie, conseguenze non collegate allo

scopo dei personaggi). In particolare questi autori e altri collaboratori, nel prosieguo delle loro ricerche, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso (1993), individuano alcuni criteri per identificare le relazioni causali: priorità temporale (causa I - conseguenza II); operatività (una causa attiva una conseguenza); circostanze e necessità (senza il verificarsi di una causa, la conseguenza non si attua, tenendo conto delle circostanze della narrazione); circostanze sufficienti (al verificarsi di una causa, è probabile che si verifichi anche la conseguenza, date le circostanze della narrazione). Come si può vedere, questo modello, prevede una rappresentazione in forma reticolare-causale del testo narrativo, adotta, dunque, le categorie delle grammatiche delle storie, ma non la sua strutturazione gerarchica, permettendo così di rendere conto di narrazioni complesse e non solo lineari (Boscolo, 1999). Inoltre, le diverse tipologie di nessi-relazioni causali individuate da questi autori, nella loro teoria di reticolo causale delle narrazioni, implicano varie tipologie di causalità: fisica, motivazionale, psicologica, condizionale, fornendo ulteriori supporti esplicativi e modellizzanti alla struttura rappresentazionale e funzionale di molteplici tipologie narrative.

Vari studi più recenti, riportati da un lavoro di Albanese e Molina (2008), rilevano come l’abilità di compiere inferenze, sia anche collegata alla capacità di comprendere le emozioni e gli stati mentali altrui. Ancor più nello specifico, si è visto come un deficit nell’abilità di inferire gli stati mentali dei protagonisti di alcune storie sia maggiormente correlata all’attribuzione di stati mentali appropriati al contesto della storia. Difficoltà in questa abilità, oltre che nei bambini affetti da autismo, sono presenti anche in bambini con disturbi specifici nell’area pragmatica e con difficoltà di comprensione dei testi.

Semantica, sintassi e pragmatica si sviluppano in maniera saldamente interrelata nei bambini. Tali aspetti sono altresì correlati allo sviluppo di abilità di comprensione degli stati mentali… (ib).

Come abbiamo accennato precedentemente, un interessante filone di studi sta attualmente esplorando la presentazione di diversi punti di vista, sia durante la conversazione tra adulti e bambini, sia durante attività di lettura. Viene attribuita a questa attività un’importanza fondamentale per lo sviluppo di un’adeguata Teoria della Mente (comprensione di stati mentali e di emozioni proprie ed altrui). L’abilità di compiere inferenze, in cui si parte dalla comprensione verbale (sintassi e semantica) per arrivare al ragionamento astratto complesso (organizzazione delle diverse conoscenze), si può collocare nell’area più generale del problem solving, infatti, come sottolineano questi autori:

... la comprensione di stati mentali più complessi richiede la capacità di andare oltre la corretta comprensione del messaggio verbale, per costruire rappresentazioni di livello più complesso riguardanti domini astratti e non osservabili e che riattivino informazioni derivanti da diverse fonti, compresa l’esperienza personale (ib., 2008).

La presentazione di narrazioni multilineari potrebbe potenziare lo sviluppo delle abilità qui sommariamente presentate, poiché avvia il riconoscimento di azioni e pensieri afferenti a diversi personaggi e a più punti di vista. Se poi tale attività viene svolta in un contesto sociale, l’incremento può essere ancora più rilevante.

Più recentemente, Herman e colleghi (2002, 2005), con riferimenti agli studi degli autori precendentemente presentati, hanno introdotto in ambito narratologico, la categoria di storyworld, ovvero una classe di modelli mentali usati per comprendere o creare un discorso organizzato narrativamente (Fioroni, 2010), nel quale viene ricostruito non solo ciò che accade, ma

anche il contesto, l'ambiente-universo degli eventi, gli attributi, le azioni, attraverso la progettazione di un ambiente mentale, immaginativo, emozionale, quindi modelli mentali (o frames) cognitivi-contestuali (Overton, 1994, Jahn, Emmott, 1997). Il potere della narrativa consiste, dunque, nel creare mondi finzionali possibili, in cui le interazioni si spostano da un mondo reale a una posizione dentro lo storyworld, che contiene coordinate spazio-temporali specifiche. Le narrazioni complesse richiedono spostamenti multipli tra le coordinate, richiedendo processi attentivi e cognitivi particolarmente elaborati; ad esempio, nei racconti di fantascienza una metalessi, tecnologicamente indotta, innesta il simulato nel reale (Fioroni, ib., p. 73-74).

È, quindi, evidente che la narrativa può innestarsi nella 'base sicura' di una struttura organizzata di tipo rappresentazionale, ma questa implica un processo costruttivo, che permetta una

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