2. La nuova struttura dei delitti di corruzione
3.3 La Legge 6 novembre del 2012, n.190
3.3.2. La punibilità del privato indotto
Una delle novità di maggior rilievo è costituita dalla punizione anche del privato, nel caso di induzione indebita, con una pena fino a tre anni di reclusione, sul presupposto che l’induzione non cancella la libertà di autodeterminazione del privato e che quindi avrebbe, comunque, la possibilità di resistere al pubblico agente451.
La ragione addotta dal legislatore per punire anche il privato sarebbe quella di “orientare” il comportamento di quest’ultimo, attraverso la minaccia di una sanzione penale, verso la legalità e, quindi, l’osservanza del divieto di promettere o dare denaro o altra utilità ad un pubblico agente452. Infatti, la
449G. BALBI, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione, diritto penale contemporaneo 6 3-4/2012.
450 V. VALENTINI, Dentro lo scrigno del legislatore penale. Alcune disincantate osservazioni sulla recente legge anti-corruzione, in dir. pen. Cont. p.24.
451 A. MANNA, La scissione della concussione in due fattispecie distinte, nell’ambito di uno sguardo generale sulla recente riforma dei reati di concussione e corruzione, Archivio Penale gennaio–aprile 2013 fascicolo 1 anno LXV pp. 15–36.
452
P. SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, in DPP, 2013, 7 ss. e, quivi, 10, infatti, afferma che nell’induzione il privato, non essendo costretto, ma, appunto, «semplicemente indotto alla promessa o dazione, mantiene un margine di scelta criminale, che giustifica una,
165
punibilità del soggetto indotto nel delitto di cui all’art. 319-quater c.p. vorrebbe, secondo l’intento del legislatore, fungere da norma propulsiva di un nuovo modo di porsi del privato nel rapporto con la pubblica amministrazione; costui non può più cedere nei confronti di una blanda spinta a pagare, se non vuole essere coinvolto nella responsabilità penale453. In tal senso si è anche pronunciata autorevole dottrina, secondo la quale occorrerebbe spezzare «la catena di più o meno interessati adeguamenti e connivenze dei privati rispetto a prassi devianti dei titolari dei pubblici uffici»454.
È necessario indagare a questo punto le ragioni di una tale opzione: «se, proprio le esigenze di difesa sociale avevano portato la giurisprudenza a creare una condizione di sostanziale impunità per il privato, attraverso il ricorso alla concussione ambientale, anziché di corruzione propria, per garantirne la collaborazione sul piano processuale, secondo l’ottica “premiale” dei “ponti d’oro al nemico che fugge”, tanto è vero che una fattispecie sffatta era stata anche prevista nel “Progetto Pagliaro”455
di riforma del codice penale, appare invero eccentrica la scelta del legislatore della riforma, che punisce il privato a prescindere dal comportamento processuale “sterilizzando”, in questo modo, un importante strumento di ricerca della prova456».
sia pur limitata, pena» (corsivo aggiunto) in A. MANNA, La scissione della concussione in due fattispecie distinte, nell’ambito di uno sguardo generale sulla recente riforma dei reati di concussione e corruzione, Archivio Penale gennaio–aprile 2013 fascicolo 1 anno LXV pp. 15–36.
453 In questo senso, PELLISSERO, La nuova disciplina della corruzione tra repressione e prevenzione, in La legge anticorruzione, a cura di MATTARELLA- PELLISSERO, Torino, 2013, 350; in Relazione n. 19 del 3 maggio 2013, a cura del dott. Raffaele Cantone in Dir. pen. Cont., Maggio 2013.
454 Così, testualmente, DOLCINI–VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Diritto penale contemporaneo, (inserito il 27 aprile 2012), 15; in A. MANNA, La scissione della concussione in due fattispecie distinte, nell’ambito di uno sguardo generale sulla recente riforma dei reati di concussione e corruzione, Archivio Penale gennaio–aprile 2013 fascicolo 1 anno LXV pp. 15–36.
455
Ove all’art. 138, n. , la concussione ambientale consisteva: «nel fatto del pubblico agente che riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità patrimoniale, sfruttando l’altrui convinzione, determinata da situazioni ambientali reali o supposte, di non poter altrimenti contare su di un trattamento imparziale». Cfr. PISANI (a cura di), Per un nuovo codice penale. Schema di disegno di legge–delega al Governo, Padova, 1993, 99. 456 A. MANNA, La scissione della concussione in due fattispecie distinte, nell’ambito di uno sguardo generale sulla recente riforma dei reati di concussione e corruzione, Archivio Penale gennaio–aprile 2013 fascicolo 1 anno LXV pp. 15–36.
166
Appare opportuna una premessa di carattere criminologico: è un dato di comune esperienza che i reati di concussione e/o corruzione sono in genere reati che si realizzano fra due persone, il pubblico agente e il privato, che “stipulano” un patto illecito. In questa prospettiva risulta logico che il modo principale per scoprire la sussistenza di siffatti reati è necessariamente legato alla circostanza per cui uno dei due soggetti riveli l’esistenza del pactum
sceleris e, quindi, del reato. Se ciò risulta più difficile che si verifichi in tema di corruzione, «proprio perché il privato è punito al pari del pubblico agente, per cui devono necessariamente ricorrere altri strumenti probatori, come, in particolare, le intercettazioni telefoniche ed ambientali, al contrario, nella concussione, la prova del reato è sempre risultata più agevole per la decisiva ragione per cui il privato, essendo qualificato dall’ordinamento come vittima del concussore, era chiaramente predisposto ad una collaborazione processuale, fra l’altro doverosa, in quanto quest’ultimo, oltre che persona offesa, rivestiva la qualità di testimone». Oggi, il privato non sarà portato a collaborare con la pubblica accusa, ma anzi, essendo co–indagato, si avvarrà della facoltà di non rispondere, per cui si perderà una fonte “privilegiata” nell’individuazione di un reato, e peggio ancora, non avrà alcun interesse nemmeno a denunciare il fatto, perché ciò contrasterebbe con il principio del
nemo tenetur se detegere. Quindi, legittimo è il timore di una sempre più
elevata “cifra oscura”.
Inoltre, ciò è confermato dal distacco topografico della nuova fattispecie rispetto alla concussione ex art. 317 c.p., collocandosi su una linea intermedia tra corruzione e concussione o, se si vuole, su una posizione più prossima al reato di corruzione457. Se è prescritta la punibilità di chi paga o promette, l’orbita non può essere che quella dei delitti di corruzione. Giunti a questo punto il dubbio sarebbe legittimo circa il rapporto di continuità, in termini di successione di leggi, tra la fattispecie dell’art. 317 c.p. (nella forma della concussione per induzione) e quella introdotta con l’art. 319–quater c.p., ma non lo è. La riqualificazione del contributo necessario da parte del soggetto disposto a dare o a promettere, sia pure per effetto dell’induzione, da condotta
457 Relazione n. III/11/2012 del 15 novembre del 2012 dell’Ufficio del Massimario presso la Corte di Cassazione
167
non punibile a condotta penalmente rilevante costituisce una nuova incriminazione, come tale irretroattiva; ma rispetto all’agente pubblico la simmetrica corrispondenza degli elementi costitutivi del nuovo tipo criminoso rispetto al precedente esclude la possibilità di avanzare dubbi sul rapporto successorio. Una volta chiarito che la nuova fattispecie è, rispetto agli agenti pubblici, “erede universale” della concussione per induzione, rimane il fatto ch’essa ruota ora nell’orbita della corruzione. Allora dobbiamo definire più da vicino il senso e la portata di questa nuova collocazione, tenendo conto che l’art. 319–quater, comma I°, c.p. contiene una clausola di riserva espressa per l’ipotesi che il fatto costituisca più grave reato. L’induzione di cui all’art. 319–quater c.p. deve, in pratica, essere circoscritta alle ipotesi tradizionali in cui il privato si determina al pagamento per lucrare un vantaggio o per scansare un danno. «Se il vantaggio è “giusto” o il danno “ingiusto”, l’applicabilità della nuova fattispecie non sembra destinata a cedere, in linea di principio, di fronte ad alcuna diversa disposizione incriminatrice, in particolare in materia di corruzione: non rispetto all’art. 318 c.p., in quanto reato meno grave; non rispetto all’art. 319 c.p. in quanto non sarebbe in gioco il pagamento di alcun atto contrario ai doveri d’ufficio. Se viceversa il vantaggio è “ingiusto” e il danno “giusto”, il pagamento finisce con l’essere diretto all’acquisto di un atto contrario ai doveri d’ufficio: quello in cui si concretizza, per l’appunto, il vantaggio “ingiusto”, ovvero l’omissione dell’atto che provocherebbe un danno “giusto”. In questo caso, poiché la pena edittale comminata dall’art. 319–quater c.p. è la reclusione da tre a otto anni, è facile constatare che più grave dell’induzione indebita risulta la corruzione propria (reclusione da quattro a otto anni). Ironia della sorte, allora: la gloriosa concussione per induzione, signora nel definire i limiti applicativi della corruzione, si è ora ridotta a subirli. Non sembra tuttavia che analoga sorte competa anche al privato indotto alla dazione o alla promessa». La fattispecie del co. 2 dell’art. 319–quater c.p. si riferisce ai “casi previsti dal primo comma”, ma non richiama la clausola di riserva: ne deriva che il regime sanzionatorio previsto per il privato indotto debba comunque rimanere fermo, anche quando l’agente pubblico sia tenuto a rispondere a
168
norma dell’art. 319 c.p458
. In pratica, proprio la entità più ridotta della pena prevista per il “concusso” per induzione (reclusione fino a tre anni) rispetto alla pena, ben più grave, prevista per il corruttore (come visto, da quattro ad otto anni nella nuova formulazione), è sintomatico del fatto che il legislatore sembra avere considerato l’idoneità mitigatrice, sul piano sanzionatorio, della “induzione” proveniente dal pubblico ufficiale quale elemento di diversificazione rispetto alla corruzione459.
Nonostante l’autorevolezza sia del legislatore, che della dottrina appena riportata, sia consentito manifestare serie perplessità sull’efficacia di tale norma penale per il privato, perché, laddove a quest’ultimo, come avviene nel caso dell’induzione, viene prospettato il rischio di un male ingiusto c’è da chiedersi se costituisca un’adeguata “controspinta” l’eventualità dell’aprirsi di un procedimento penale a suo carico, fra l’altro per un reato punito per il privato medesimo con una pena così bassa, cioè fino a tre anni di reclusione —equiparabile, quindi, a quella prevista per il furto semplice, che notoriamente non sussiste nella prassi, se non accompagnato da qualche aggravante — e, per di più, con un elevato rischio prescrizionale460. Piuttosto, l’impressione è quella che si sia di fronte ad un’ipotesi criminosa dal sapore più che altro “simbolico–espressivo”, in quanto, siamo assai scettici che una norma penale siffatta possa davvero fungere da efficace “deterrente” per il privato.
Per di più la norma in oggetto rischia anche di risultare affetta da un evidente
deficit di effettività: per l’elevato rischio della c.d. cifra oscura, per le
connesse difficoltà probatorie che produce e per il ridotto termine prescrizionale, spalmato nell’ottica dei tradizionali tre gradi di giudizio461
.
458
T. PADOVANI, Metamorfosi e trasfigurazione. La disciplina nuova dei delitti di concussione e di corruzione, in Archivio Penale settembre–dicembre 2012, fascicolo 3, anno LXIV, p. 787 ss.
459
Relazione n. III/11/2012 del 15 novembre del 2012 dell’Ufficio del Massimario presso la Corte di Cassazione
460 F.PALAZZO, Concussione, corruzione e dintorni: una strana vicenda, in Diritto penale contemporaneo, I/2012; in A. MANNA, La scissione della concussione in due fattispecie distinte, nell’ambito di uno sguardo generale sulla recente riforma dei reati di concussione e corruzione, Archivio Penale gennaio–aprile 2013 fascicolo 1 anno LXV pp. 15–36.
461A. MANNA, La scissione della concussione in due fattispecie distinte, nell’ambito di uno sguardo generale sulla recente riforma dei reati di concussione e corruzione, Archivio Penale gennaio–aprile 2013 fascicolo 1 anno LXV pp. 15–36.
169