4.3 Il pactum sceleris nella corruzione sistemica
4.3.1 La perdita di “dualità” del patto corruttivo
Per quanto riguarda i soggetti, nella corruzione sistemica, il patto corruttivo perde carattere rigorosamente “duale”. Ed infatti, nella vicenda corruttiva sono coinvolti oltre al corrotto e al corruttore anche altri soggetti aventi ruoli diversi e funzioni di intermediazione negli scambi corruttivi163. In passato, le fattispecie di corruzione e concussione rappresentavano «copioni di una commedia» i cui protagonisti assumevano ruoli ben precisi: le «dramatis
personae» ricevevano collocazioni funzionali e intrattenevano relazioni in un
contesto scenografico determinato. I coprotagonisti erano: il pubblico ufficiale detentore del potere ed il privato verso cui tale potere si indirizzava. Il loro rapporto poteva essere «paritario», e di carattere «contrattualistico» (secondo il canovaccio della corruzione), oppure «non paritario», e tendente verso la soggezione del secondo al primo (secondo il canovaccio della concussione); ma comunque restava un rapporto bilaterale. Corrispondentemente, tra l’attività del pubblico ufficiale e la prestazione del privato vi era un rapporto di connessione funzionale: connessione «bilanciata» a guisa di compravendita (nel caso della corruzione) e connessione «sbilanciata» per effetto della costrizione o dell’induzione (nel caso della concussione).
Nella fenomenologia della criminalità politico-amministrativa emersa da Tangentopoli, queste «costanti» sceniche sono saltate: il copione che si recita è diverso. Effettivamente, tale criminalità presuppone come precedente storico e logico una dislocazione del potere politico-amministrativo che, dalle sedi istituzionali proprie, è «transitato» in sedi private: congreghe partitiche,
163 F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 31.
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lobbies, centri direzionali infiltrati, e così via. Ad un potere «visibile» si è
contrapposto un potere «invisibile»: «sempre più evanescente il primo, sempre più incombente il secondo, tanto che, alla fine, le sedi del potere istituzionale “visibile” (ma in realtà solo “apparente”) si sono ridotte a camere passive di registrazione della volontà (di indirizzo politico e di azione amministrativa) maturata altrove». Questa degenerazione, «autentico cancro del regime democratico», che è per antonomasia basato su un potere reale «visibile» ha determinato una diramazione del rapporto tra pubblico ufficiale e privato. L’originale dualità è stata spezzata dall’intervento di un terzo soggetto: il “mediatore politico-affaristico”, figura camaleontica la cui fonte può essere la congrega politica di riferimento per il «controllo» dell’apparato di potere «visibile» o anche la lobby economica interessata al medesimo «controllo». Tale soggetto ha assunto un ruolo essenziale nella nuova commedia, ridefinendo quelli del pubblico ufficiale e del privato. Il primo si è trasformato in un ingranaggio attivabile a piacimento dal mediatore e la «signoria del fatto» è stata trasferita in mani diverse da quelle «pubbliche»164. Tali personaggi – che possono essere legati ai medesimi centri di potere politico corrotti oppure alle imprese o essere addirittura veri e propri free-
lance – oltre a creare occasioni di corruzione, «contribuiscono ad opacizzare
la vicenda corruttiva prestandosi a consulenze fittizie per occultare la tangente pagata al corrotto»165. Ovviamente ciò rende più problematica la ricostruzione del processo formativo della deliberazione corruttiva, ma dato che le tangenti sono destinate a soggetti distanti dall’imprenditore (corruttore), il rapporto tra atto retribuito, tangente, corrotto e corruttore tende a non essere trasparente166. Quindi, il privato non compra più direttamente dal pubblico ufficiale, e nulla ha da temere direttamente da lui:
164 T. PADOVANI, Il problema «Tangentopoli» tra normalità dell’emergenza ed emergenza della normalità, in Riv. it. dir. proc. pen., XXXIX, 1996, p. 459.
164 F.CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 31.
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A. SPENA, Il «turpe mercato», cit., p. 43 ss. in F.CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 31.
166 F.CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 31.
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«deve comprare da chi può su di lui, deve temere chi su di lui esercita una nuova, antica manus»167.
Analizziamo in concreto tali figure:
-i c.d. ‘faccendieri’, la loro funzione ‘istituzionale’ è «quella di mettere in contatto corrotti e corruttori potenzialmente interessati ad entrare in affari assieme, raccogliendo e trasmettendo selettivamente informazioni riservate, facendosi carico dei rischi della transazione corrotta (l’identificazione della controparte, la trasmissione delle contropartite ecc.) e favorendone così la positiva conclusione». In generale, gli intermediari della corruzione operano «come ‘camera di compensazione’ tra gli interessi di una pluralità di individui che, pur di non essere esclusi dal loro reticolo di relazioni fiduciarie, hanno un incentivo a tener fede agli impegni assunti»168.
-il ‘professionista con tessera’, il quale svolge funzione d’intermediazione tra gli imprenditori e i decisori politici, esperto nel curare i rapporti tra enti che finanziano l’opera, imprese che si aggiudicano gli appalti, enti finanziati. Si realizza così uno scambio che coinvolge le imprese esterne alla realtà locale, i vertici politici regionali, che decidono i flussi di spesa, i professionisti- mediatori, le amministrazioni e le imprese locali. Nasce la figura del c.d. professionista di riferimento, che può essere un architetto, un avvocato, un commercialista. L’azienda, in prossimità di un appalto, stipula con lui un contratto e lo incarica a seguire la procedura. Logicamente quando viene avviata l’indagine, si scopre che l’incarico per cui è stato retribuito è del tutto inesistente, e che i soldi sono andati a un pubblico ufficiale169.
La presenza di tali figure testimonia l’elevato livello di diffusione del sistema di scambi corrotti, la conseguente redditività di attività specializzate nella loro agevolazione, gestione e regolazione, nonché la persistente
167 T. PADOVANI, Il problema «Tangentopoli» tra normalità dell’emergenza ed emergenza della normalità, in Riv. it. dir. proc. pen., XXXIX, 1996, p. 459.
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A. VANNUCCI-DELLA PORTA, Corruzione politica e amministrazione pubblica, pp. 293-32, in A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, in Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da «mani pulite», G. FORTI (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 61.
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«L’Espresso», 13 giugno 2002, p. 64 in A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, in Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da «mani pulite», G. FORTI (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 61.
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‘sequenzialità’ della corruzione. Il medesimo schema triangolare di trasferimento delle contropartite caratterizzava non pochi episodi svelati da ‘Mani pulite’: le imprese corruttrici sono terreno per il collocamento clientelare di personale segnalato dai politici, con una transazione a tre che vede il sostegno dei ‘clienti’ ai protettori politici fornito in cambio dell’erogazione di benefici pubblici e dell’assegnazione di appalti alle imprese. Queste ultime, a loro volta, si fanno carico di assumere personale su segnalazione dei politici170.
In conclusione, ‘Mani pulite’ ha mostrato che nei casi in cui il fallimento dello Stato nel produrre certezza investe la sfera dei rapporti tra cittadini, imprese e agenti pubblici, alcuni soggetti politici – partiti, correnti, frazioni, ‘clan’, comitati d’affari ecc. – possono specializzarsi nel rispondere alla conseguente ‘domanda’ di protezione nelle relazioni con lo Stato171
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