• Non ci sono risultati.

1. Il contesto internazionale in cui è maturata la riforma

1.3. Sul piano interno

1.3.1. L’inchiesta giudiziaria “Mani pulite”

Innanzitutto per “Mani pulite” si intende «un insieme di indagini e di procedimenti giudiziari che hanno per oggetto reati di corruzione (intesa in senso lato, in quanto comprensiva anche di altri reati come concussione, illecito finanziamento ai partiti, turbata libertà degli incanti ecc.)», che presero avvio nel febbraio 1992 e hanno avuto come epicentro Milano, ma più tardi hanno interessato anche il resto d’Italia. L’inchiesta giudiziaria “Mani pulite” ha avuto per oggetto vicende ed episodi tra loro intersecati, nel

310 G. FIANDACA, Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione, Riv. it. Dir. proc. pen., 2000, 03, 883.

311

Cfr. G. BARBACETTO-P. GOMEZ-M. TRAVAGLIO, Mani pulite. La vera storia, Roma 2002; in A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, cit., p. in Il prezzo della tangente. G. FORTI, (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 3.

115

senso che i loro sviluppi si alimentavano grazie alle informazioni che si erano rese disponibili nelle fasi precedenti. Tale inchiesta è stata importante per due motivi: «il primo è dato dalla sua ampiezza e dal suo spessore, cioè dal numero e dalla posizione di vertice di molti soggetti - soprattutto politici e imprenditori, ma anche burocrati, militari, magistrati, ecc. – che vi sono stati coinvolti; il secondo, che ovviamente deriva dal primo, è la rilevanza delle sue conseguenze sul tessuto politico e istituzionale». Al di là dei suoi esiti giudiziari, «essa ha rappresentato una straordinaria e forse irripetibile fonte di informazioni sulle caratteristiche degli scambi occulti e dei legami sotterranei tra potere politico e mondo imprenditoriale, sul rapporto perverso tra denaro, politica e amministrazione pubblica, sulle modalità nascoste con cui la classe politica italiana ha gestito il potere nel corso degli ultimi decenni». Infatti, «l’inchiesta “Mani pulite” ha così rivelato alla pubblica opinione uno scenario di corruzione che non ha precedenti nella storia delle moderne democrazie occidentali»312.

Sul versante del mondo politico, i principali partiti della c.d. ‘prima repubblica’ non si sono destrutturati perché i magistrati che indagavano sulla corruzione hanno incarcerato i loro principali esponenti, ostacolando il proseguo dell’attività investigativa. Al contrario, coloro che erano ai vertici di quei partiti, salvo qualche eccezione, continuavano a svolgere funzioni politiche, nonostante inquisiti e talora persino condannati, reinserendosi nei nuovi o, meglio, rifondati partiti della c.d. ‘seconda repubblica’. I ‘vecchi’ partiti scompaiono perché gli elettori smettono di votarli. E gli elettori cessano di votare quei partiti, «e continuano a rifiutarsi di votarli anche quando come arabe fenici risorgono a nuova vita (come nel caso della ‘nuova Dc’ o del ‘nuovo Psi’), essenzialmente perché, grazie alle indagini sulla corruzione, hanno avuto accesso a informazioni sull’attività dei loro rappresentanti che hanno incrinato in modo irreversibile quel rapporto di fiducia che è alla base di ogni scambio politico e di molte decisioni di voto». Rapporto di fiducia che aveva già iniziato a vacillare molto tempo prima e a

312 A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, cit., p. in Il prezzo della tangente. G. FORTI, (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 3 ss.

116

prescindere dalle indagini di “Mani pulite”: mi riferisco alla disastrosa situazione dei conti pubblici e alla crisi finanziaria che resero ancor meno tollerabile la rivelazione dello spreco di risorse pubbliche da parte dei cittadini; al noto deficit concorrenziale del sistema produttivo italiano, non più compensabile con manovre di svalutazione della moneta; all’indebolirsi dei tradizionali vincoli ideologici a seguito della caduta dei regimi socialisti, che rese l’opinione pubblica italiana più disponibile a cambiare orientamento di voto e meno disposta a ‘turarsi il naso’ di fronte alla corruzione dei partiti. Le elezioni politiche del 5-6 aprile 1992, tenutesi prima che Mario Chiesa desse vita alla catena di confessioni che avrebbe di lì a poco condotto all’esplodere dello scandalo, causarono un vero e proprio scompiglio nello scenario politico, fino ad allora caratterizzato dalla massima stabilità, e furono contraddistinte da una percentuale record delle astensioni e dalla sconfitta per la prima volta della coalizione pentapartitica di governo. Da quel momento in poi, la circolazione di informazioni sulle indagini in corso ha determinato un vero e proprio effetto-valanga: dopo i primi arresti, l’appoggio dell’opinione pubblica favorì l’azione dei magistrati e incoraggiò la divulgazione di notizie attraverso i mezzi di comunicazione, indebolendo contestualmente proprio quei partiti politici che fino ad allora avevano garantito, con i loro poteri sull’apparato pubblico, la spartizione delle tangenti e la protezione degli esponenti politici sottoposti ad indagini. Quando si diffusero le prime voci sul fatto che diversi indagati collaboravano coi giudici, questi ultimi hanno posto gli indagati di fronte a una secca alternativa – confessare o meno quanto sapevano – insinuando in loro il sospetto che altri avessero già parlato e prospettando, in caso di reticenza, l’applicazione di misure cautelari.Come osservano i giudici di “Mani pulite”: «la notizia della piena collaborazione di Chiesa con il magistrato inquirente […] ha determinato alcuni pubblici amministratori ad abbandonare le cariche ricoperte e ad assumere un atteggiamento di disponibilità verso l’autorità procedente»313. La consapevolezza della massa crescente di notizie di reato in

313 Cfr. Camera dei Deputati, Domanda d’autorizzazione a procedere, doc. VI, XI legislatura, n. 81, 31 luglio 1992, p.3; in A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a

117

possesso dei giudici ha poi fatto il resto: gli indagati, consapevoli che le ammissioni di altri potevano metterli in guai ancora peggiori, hanno avviato una rincorsa a confessare per primi. In assenza di efficaci protezioni politiche in grado di garantire il rispetto degli instabili (se soggetti alla pressione dei giudici) patti di omertà tra i corrotti e i corruttori, il sistema di omertà e connivenze incrociate è crollato come un castello di carte.

Dagli sviluppi di “Mani pulite” sorge la premessa del conflitto tra magistratura e classe politica: il progressivo grado di esposizione al pubblico dell’azione dei magistrati andava in parallelo con il venir meno del sostegno alla classe politica, sempre più delegittimata. Ebbe inizio così una sorta di competizione tra magistrati e classe politica «per appropriarsi di una posta in palio non politica, ossia il riconoscimento pubblico, in relazione all’espandersi della funzione di ‘controllo di correttezza politica’ esercitato dalla magistratura». È sintomatico, a conferma del carattere ‘pubblico’ e non istituzionale delle ‘sentenze’, che il vero timore dei politici corrotti non fosse la punizione, ma l’essere indagati: «è la denuncia pubblica che consegue all’indagine della magistratura, la vera punizione, non la sentenza […]»314

. Negli anni ’70 e ’80, indagini potenzialmente altrettanto pericolose per i corrotti, infatti, erano state insabbiate o neutralizzate senza suscitare alcuna reazione pubblica degna di rilievo, anzi hanno usato il sostegno e la protezione politica per porsi al riparo dalle inchieste, facendosi eleggere in Parlamento e ponendosi dietro lo schermo invalicabile dell’immunità parlamentare. Eloquente in tal senso è il caso di Antonio Natali, esponente socialista milanese e presidente della Metropolitana Milanese, nonché ideatore della spartizione sistemica in percentuali fisse delle tangenti pagate ai partiti su ogni contratto di quell’ente, e poi dell’intero sistema di appalti pubblici dell’area milanese. Dopo il suo arresto per corruzione, nel marzo

dieci anni da ‘mani pulite’, cit., p. in Il prezzo della tangente. G. FORTI, (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 18 ss.

314 Sul rapporto tra magistratura e classe politica, in relazione al problema della corruzione, cfr. D. DELLA PORTA-A. VANNUCCI, Magistrati e corruzione politica: la ‘felice anomalia’ del caso italiano, in I. DIAMANTI-M. LAZAR (a cura di), Stanchi di miracoli. Il sistema politico italiano in cerca di normalità, Milano 1997, p. 115-130; in A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, cit., p. in Il prezzo della tangente. G. FORTI, (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 20 ss.

118

1985, Natali ricevette manifestazioni di fortissima solidarietà dall’intero partito, fino al punto che vi fu addirittura una richiesta di visita in carcere dell’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, «avendo quest’ultimo espresso la necessità di parlare con l’imputato di problemi politici ed organizzativi del partito[…]. Si ignora se il permesso in questione fu oppure no utilizzato dall’onorevole Craxi, atteso che di lì a poco il Natali fu scarcerato315». Nel 1986 Natali fu candidato ed eletto al Senato, dove l’autorizzazione a procedere fu sempre negata ai magistrati, bloccando così l’inchiesta. Al contrario, Mario Chiesa non ha beneficiato di un equivalente sostegno politico, stante la flagranza del reato (la ‘mazzetta’ appena pagata ancora in tasca), ma anche per il diverso panorama politico; anzi, Craxi in un’intervista televisiva giunse persino a bollare Chiesa come un “mariuolo” che «getta un’ombra su tutta l’immagine di un partito che a Milano in cinquant’anni, non ha mai avuto un pubblico amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione»316. Ben presto, però, il sostituto procuratore Antonio Di Pietro, che dirigeva le indagini, scoprì l’esistenza di conti bancari miliardari in Svizzera: alla fine di marzo Mario Chiesa, isolato in carcere, sprovvisto di ogni appoggio da parte degli ex compagni, tradito dagli stessi appaltatori dell’ente che iniziavano a descriverlo come un instancabile concussore, cominciò a collaborare coi magistrati, dando a “Mani pulite” una spinta propulsiva che sarebbe durata diversi anni317.

315 Cfr. Camera dei Deputati, Domanda d’autorizzazione a procedere, doc. VI, n. 202, 8 febbraio 1993, pp. 12-13 ; in A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, cit., p. in Il prezzo della tangente. G. FORTI, (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 21 ss.

316 Cfr. G.M. BELLU-S. BONSANTI, Il crollo, Roma-Bari, 1993, p. 122 in A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, cit., p. in Il prezzo della tangente. G. FORTI, (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 22 ss.

317 A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da ‘mani pulite’, cit., p. in Il prezzo della tangente. G. FORTI, (a cura di), Vita e pensiero, Milano 2003, p. 22 ss.

119